Parmenide: Dal greco Parmenidez, filosofo greco (prima metà del V secolo a.C.). Si sa ben poco sulla sua vita e sulla sua formazione, probabilmente pitagorica. La tradizione lo vuole discepolo di Senofane, ma la critica più recente ha contestato tale derivazione. Di lui gli antichi una sola opera, un poema Sulla natura (Peri jusewz), diventato già raro al tempo di Simplicio (VI secolo d.C., v.). Nel proemio il filosofo parla della necessità di scegliere tra la via della verità e quella dell’opinione. La via dell’opinione molto probabilmente si riferisce alla filosofia pitagorica, ma rappresenta anche la tesi del senso comune, che ammette il movimento ed il divenire, affidandosi alla conoscenza sensibile. Al contrario la via della verità insegna l’unità e l’unicità dell’essere, negando la realtà al mutamento. La proposizione centrale della filosofia di P. è infatti quella secondo cui l’Essere è, mentre il Divenire è illusorio, poiché suppone il non essere. L’Essere è Uno, e non ammette pluralità. Sull’interpretazione dell’Uno in senso idealistico o materialistico si è discusso molto; L’opinione sostenuta dalla maggioranza degli studiosi è che P. fosse materialista, e sostenesse una specie di monismo materialistico (v.).

Parola perduta: Secondo la tradizione massonica, dalla leggenda di Hiram (v.) si apprende che la P. era a conoscenza esclusiva di tre Maestri, re Salomone, re Hiram di Tiro e l’architetto Hiram Abif. Con l’assassinio di quest’ultimo la parola andò perduta. Viene però ritrovata ogniqualvolta Hiram risorga attraverso il rituale di iniziazione di un Fratello a Maestro Massone. Secondo Schwaller de Lubicz (Aor, sa vie, son oeuvre, Ediz. Lauzerai, 1979) "Ogni epoca ha il suo verbo, il proprio vocabolario, che ne è l’impronta poiché racchiude la sua natura segreta. Quando una certa epoca, od una determinata razza umana, giungono ad un’età decisiva, sia essa la pubertà, la maturità od il declino, manifestano nuove tendenze, proprie della loro età, germinate segretamente e già rivelate di quando in quando attraverso intimi turbamenti. In quel momento, qualunque sia quell’epoca, una voce lo chiama per nome, e le propone il verbo nuovo, il più consono alle sue tendenze reali, finalmente riconosciute dopo tante falsità, poiché le Parole nascondono per molto tempo le idee morte, e l’uomo si accorge un giorno di come le sue parole convenzionali non siano che menzogne".

Parole di passo: La Massoneria non può aprire le porte dei suoi Templi ai profani, così come non può farlo con i Fratelli visitatori che non siano in grado di farsi riconoscere come membri della Fratellanza. Pertanto le P. sono identiche per l’intera Massoneria universale, in ogni parte del mondo, e variano a seconda del Grado acquisito. Per l’Apprendista Libero Muratore essa è Tubalcain (v.); per il Compagno d’Arte è Shiboleth (v.); per il Maestro Massone è Giblim (v.) nella Massoneria latina, mentre in quella nordica è esattamente quella del 1° Grado, a significare l’opportunità che ogni buon Fratello deve considerarsi Apprendista per tutta la vita..

Parole sacre: La Massoneria considera sacre le parole che vanno pronunciate all’atto del Toccamento (v.), ovvero quale parte del riconoscimento rituale ed iniziatico tra Fratelli. Esiste una P. per ciascun Grado dell’Istituzione, ed ognuna va scambiata secondo modalità ben definite, talvolta anche attraverso la sillabazione.

Parsi: Comunità zoroastriana dell’India, fuggita dalla Persia a causa delle persecuzioni musulmane (VIII secolo). I P. si trasferirono dapprima ad Ormuz, poi (766) nel Gujarat; dal XVIII secolo si installarono stabilmente a Bombay. Abili commercianti e cultori del mazdeismo (v.), hanno saputo conquistare posizioni di prestigio in campo economico, culturale e politico. Lo ha dimostrato un rinomato membro dei P., il politico Rajiv Gandhi, figlio di Indira Gandhii che, dopo l’assassinio della madre (primo ministro indiano dal 1966 al 1977, e poi ancora dal 1980 alla morte nel 1984 per mano di soldati della comunità fanatica Sikh), prese le stesse redini del potere fino al 1989. Venne anch’egli assassinato nel 1991 durante un comizio elettorale. I P. vivono tuttora in comunità di circa 100.000 membri, e parlano il gujarati. Tipiche dei P. sono le "torri del silenzio" (dakhma), dove vengono esposti i cadaveri dei loro morti perché vengano divorati dagli avvoltoi.

Parusia: Termine derivato dal greco Parousia, presenza, che per Platone significa presenza delle idee al mondo sensibile (mimesi). Aristotele parla di P. della forma nella materia. Nei testi neotestamentari il termine acquista un nuovo significato peculiare, indicando la presenza messianica del Cristo, in particolare la sua venuta nel giorno del giudizio finale (v. Giudizio e Giudizio Universale). Il problema dell’imminenza temporale della P. finale è sicuramente il più discusso dalla esegesi biblica.

Pasqua: Festività religiosa, celebrata sia dagli Ebrei che dai Cristiani. La P. ebraica commemora il passaggio (Pesah) del Mar Rosso, e cade il 14 ed il 15 del mese di Nisan (marzo-aprile), ha la durata di sette giorni. Vi si riconoscono due diversi riti: l’uccisione dell’agnello col cui sangue si tingevano gli stipiti delle porte, l’arrostimento della vittima ed il pasto consumato in forma rapida (Esodo 12, 2-11), e la festa degli azzimi e delle primizie (Levitico 23, 9-14). Il primo suggerisce un’antica festa di pastori, con il rito del sangue per tenere lontani dal gregge e dalla casa i demoni ed i malanni; il secondo una festa propiziatoria agricola per l’inizio del raccolto. Le due feste, fuse, acquistarono poi significato storico-religioso, in cui l’uscita dall’Egitto venne simboleggiata nell’agnello (sostituzione dei primogeniti d’Israele nella decima piaga), nell’azzimo e la fretta del pasto (rapido abbandono dell’Egitto. La P. divenne così la festa della liberazione e della libertà (Esodo 23, 15; 34, 18). La P. ebraica viene tuttora celebrata con la cena pasquale, il cui elemento essenziale è il pane azzimo (v.). La P. cristiana invece, nei primi anni del cristianesimo ricordava sia l’istituzione dell’Eucarestia (il giovedì della settimana di passione) che la morte e la Resurrezione di Cristo. Nel 325 il Concilio di Nicea, in base ad un passo di Paolo (I Corinzi 5, 7) stabilì per tutti i cristiani la festa mobile, per cui la ricorrenza da allora cadde tra il 22 marzo ed il 25 aprile, nella prima domenica dopo il plenilunio successivo al 21 marzo: Molte chiese orientali però continuano a celebrare la Pasqua rispettando il calendario giudaico, ma festeggiando il 14 nisan, vigilia di quella ebraica e giorno della crocifissione di Gesù (Giovanni 18, 28; 19, 14 e 31); in seguito però prevalse il carattere di festa della Resurrezione. I cristiani che nel II secolo seguivano tale uso erano chiamati Quartodecimani oppure Quattuordecimani.

Pasqua, Isola di: Nome di un’isola di 400 kmq. (Easter Island) ubicata nell’Oceano Pacifico, scoperta dal capitano Jakob Roggeveen, olandese, il giorno di Pasqua del 1722 (v. Isola di Pasqua o Rapa Nui).

Passagini: Termine di derivazione greca che significa tutto santo, con il quale erano chiamati i seguaci di una setta eretica sorta in Lombardia nel XII secolo, i quali avevano accolto tra loro molti ebrei. Furono ripetutamente condannati in varie opere, tra le quali la "Summa contra Catharos et Passaginos" di incerto autore, e venne formalmente condannata da papa Lucio III 81181-1185). Banditi dall’imperatore Federico Barbarossa (v.), la setta scomparve ben presto del tutto.

Pastorale officium: Breve (v.) con il quale papa Paolo II nel 1537 condannò i conquistatori spagnoli che trattavano da schiavi gli Indiani d’America. Vi si diceva tra l’altro che "essi non siano per nulla estirpati con la schiavitù, ma piuttosto siano invitati alla vita cristiana con l’istruzione e con l’esempio. Nel B. si ricordavano soprattutto ai Cristiani le parole del Vangelo: "Andate ed insegnate a tutte le genti".

Patarini: Aderenti al movimento politico religioso sorto a Milano in opposizione agli abusi del clero e dell’aristocrazia nel corso del IX-XI secolo, durante le lotte per le investiture, e che prese il nome di pataria, dal quartiere milanese in cui si riunivano i Cenciaioli. Essi intendevano promuovere una riforma dei costumi, specie nell’ambito del clero, accusato di corruzione, di concubinaggio e di simonia (v.). Fra loro emersero Sant’Arialdo e Sant’Arlembardo, ma soprattutto Anselmo di Baggio, che divenne poi papa con il nome di Alessandro II (1061). Durante il secolo XIII i P. divennero veri e propri eretici, confondendosi con i Catari.

Pater noster: v. Padre nostro.

Patriarca: Termine usato nella traduzione della Bibbia de Settanta (v.), per indicare i capi del popolo d’Israele. Traduce l’ebraico ahot, padre, antenato. Nell’uso ebraico sono chiamati P. i tre progenitori delle dodici tribù, Abramo, Isacco e Giacobbe, la cui storia è raccontata in Genesi 12-50. L’epiteto è anche assegnato a dieci personaggi antidiluviano da Adamo a Noé (Genesi 5), tra cui Set, Enoch, Matusalemme e Noé, caratterizzati per la loro longevità; e ad altri dieci personaggi da Noé ad Abramo (Genesi 11, 10-26). Il titolo di P. è passato al cristianesimo, e corrisponde al più alto grado di dignità e giurisdizione dell’episcopato. È titolo valido nelle sole chiese orientali, mentre è soltanto onorifico nella Chiesa romana (v. Testamento dei 12 P.).

Patrimonio interiore: (Massoneria) Secondo le maggiori filosofie orientali, oggi piuttosto diffuse anche in occidente, ogni essere umano percorre l'impervio cammino della vita accompagnato da un capitale che gli viene fornito in dote fin da prima della nascita. Tale capitale è soprattutto costituito dalla sua propria scala dei valori interiori, che gli consente di prendere in considerazione le percezioni e di valutarle. Senza di essa non sarebbe possibile annotare le esperienze, e farle poi entrare a far parte della coscienza. Nel corso della vita il P. si accresce, ma non necessariamente migliora. È responsabilità diretta di ognuno il suo arricchimento oppure il suo sperpero. Senza entrare qui in spiegazioni di come avvengano realmente tali variazioni di ricchezza interiore (occorrerebbe qui parlare di Karman, v.), è opportuno notare che il P. è una somma di modi di essere. Anche le esperienze più materiali basate sul verbo avere in ultima analisi si traducono in modi di essere.

Patripassionismo:  Nome di un'eresia antitrinitaria del II secolo, nota anche come Modalismo (v.), Monarchismo (v.) e Fotinianesimo (v.).

Paulicianesimo: Movimento che definisce una setta di origine armena, vagamente simile al marcionismo, in realtà intessuta di elementi manichei e gnostici, specialmente sotto il profilo cristologico, sorta in opposizione alla struttura gerarchico-feudale della chiesa armena, e più tardi di quella bizantina. Viene menzionato per la prima volta, fissandone quindi la datazione, durante il sinodo di Dowin (719), per raggiungere poi la massima espansione nel corso dell’VIII e del IX secolo. In seguito decaddero rapidamente, per confluire quasi interamente nel cristianesimo nel XVII secolo. La sua dottrina respinge in blocco l’Antico Testamento ed anche parte del Nuovo; rifiutava infatti i sacramenti, la gerarchia ed il culto delle immagini (v. iconologia), specialmente della croce. Il nome derivò da quello dell’Apostolo Paolo, che era particolarmente venerato, sebbene addirittura deriso dal pauliciano Paolo di Samosata.

Pavimento: Al limite Nadir del Tempio massonico si trova il Pavimento a mosaico, a scacchi bianchi e neri, che evidenzia il concetto duale del mondo manifesto, raffigurando l'insieme di quanto è sotto il dominio dei sensi. I suoi riquadri sono multipli di 64, ovvero quattro al cubo, come nella classica scacchiera, il cui totale (10) equivale ad 1: l'uomo quaternario nella sua triplice natura ma simile all’Essere Supremo, l’Unità alchemica. Le scacchiere sono tre, e formano pertanto un rettangolo: quindi 1 x 3 = 3, il numero sacro ai Massoni. Il P. è emblema della vita terrestre dell'uomo, con le sue alterne vicende di gioie ed afflizioni, frammista di bene e di male, di speranze e di delusioni. Inoltre esso rappresenta la rigorosa esattezza con cui tutto si compensa, nel dominio delle sensazioni fatalmente soggette alla legge dei contrasti, e raffigura l'armonia dei contrari. Vi si possono scorgere le varie forme assunte dal cammino umano nel mondo fisico: il profano si muove come il pedone degli scacchi, passando alternativamente dal bianco al neo; il mistico come l'alfiere solo sui riquadri bianchi, ed il materialista su quelli neri; l'iniziato (durante la marcia o squadratura del Tempio) sui margini dei riquadri, al di fuori di ciascuno di essi, nella condizione di giusto compromesso tra i due estremi. Quindi i riquadri significano fisicamente tenebre e luce, moralmente vizio e virtù, intellettualmente errore e verità: essi rappresentano le basi su cui si eleva la simbologia massonica.

Peccato: Violazione dell’ordine morale, specialmente in quanto motivo di condanna o di pentimento nell’ambito della legge e dell’esperienza religiosa. Nelle religioni primitive a sfondo magico il concetto di P. era legato all’infrazione materiale del rituale magico o dell’ordinamento sociale, alla quale corrispondevano precise sanzioni. Tale concezione si modifica parzialmente con l’introduzione del concetto di sacro (atti o persone, v.). La formazione degli stati autonomi e totalitari, cui si collegano particolari divinità, estese poi la concezione di P. ad ogni pratica di culti stranieri (ebraismo, parsismo ed islamismo). Nell’Antico Testamento il concetto di P. (espresso in ebraico con varie parole, tra le quali la più usata era het, omissione, infrazione) si riferisce ad un atto concreto di infrazione od omissione nelle relazioni tra gli uomini ed in quelle fra Dio e l’uomo (I Samuele 2, 25). In questo senso costituiscono P. sia l’infrazione religiosa che quella morale. La stipulazione del patto tra Dio ed il popolo d’Israele produce, secondo il pensiero vetero-testamentario, una relazione, che crea il diritto alla protezione di Dio, ma anche il P., in quanto infrazione delle prescrizioni incluse nel patto (Geremia 16, 10-12). Ciascuno è responsabile del proprio P. e per esso punito; ma il popolo d’Israele, in quanto firmatario del patto, se ne è trasgressore è peccatore, e punito con la distruzione e l’esilio. In base a tale concetto la morale è diventata, nei profeti, il fattore essenziale della storia d’Israele. Secondo l’Antico Testamento, il P. nasce dalla stessa volontà umana, in base alla libertà di scelta concessa da Dio all’uomo (Genesi 3; Deuteronomio 30, 15). Nel Nuovo Testamento, con il termine P. viene indicato l’allontanamento della creatura razionale dal giusto fine, la trasgressione di una legge, o la caduta da un precedente stato di perfezione. Perciò essa ha un significato morale ed insieme ontologico. Nella tradizione cattolica, il P. è inteso nel suo aspetto prevalentemente giuridico, come trasgressione della legge eterna, che esprime il rapporto essenziale di ogni creatura con il Creatore, nonché delle creature tra loro. Nella terminologia teologica si distinguono P. originale e personale, P. attuale ed abituale, P. formale o materiale, P. grave (mortale) o veniale, per indicare tecnicamente le diverse forme della trasgressione. Sul significato ontologico del P. come mancanza metafisica, ha portato la sua attenzione soprattutto Kirkegaard, che nella sua analisi filosofica concede molto spazio a questa nozione. Il P. ha una natura mista di essere e non-essere, e come tale è continuamente annullato nella propria realtà. Quanto alla sua origine, si pone come discontinuità, salto ed irrazionalità, e come tale non può essere affermato da nessuna scienza né dalla filosofia, ma solo dalla considerazione religiosa (dogmatica).

Peccato originale: Definizione del primo peccato commesso dall’uomo, per cui Adamo ed Eva disubbidirono a Dio mangiando il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male (Genesi 3, 1-7). Per San Paolo (Romani 5, 19 e 12) questo primo peccato ha coinvolto tutti gli uomini: "Per la disobbedienza di uno solo, tutti sono stati costituiti peccatori. Come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo, e con il peccato la morte, così anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato". La verità del P. comprende due aspetti: il peccato viene dall’uomo, è opera della sua volontà, e si diffonde a tutti gli uomini come una drammatica eredità. Tale affermazione rifiuta tanto la concezione tragica del mondo greco, secondo cui l’uomo si piega sotto il fardello di un destino cieco e crudele, quanto la concezione gnostica e manichea, per le quali il male è una realtà che imprigiona l’uomo nel corpo e nella materia, corrompendolo. La seconda invece richiama che il peccato non è un fatto puntuale ed isolato, ma fa parte di un tessuto sociale negativo, essendo già all’opera fuori e dentro di noi prima ancora che lo si commetta. Nella dottrina cattolica, la presa di coscienza del P. si ebbe con Sant’Agostino d’Ippona (v. Agostino Aurelio). Prima di lui, salvo poche eccezioni, i Padri della Chiesa (v.) erano più preoccupati di tutelare la libertà dell’uomo che di chiarire l’origine storica del P. Le stesse Scritture parlano di un peccato universale più che di un peccato ereditario, ed esemplificano il fatto che tutti sono peccatori nella storia simbolica di Adamo, l’uomo. Invece con Agostino la verità del P. entra a far parte della fede cristiana: proclamata nel Concìlio di Cartagine (418), a conclusione di una polemica con i pelagiani (v.), venne autorevolmente ribadita nel decreto De peccato originali del Concilio di Trento. Il magistero non lega il suo insegnamento al peccato di Adamo, ma alla necessità della grazia battesimale per essere salvi; quindi il P., presente in tutti gli uomini fin dalla nascita, può essere cancellato solo dalla grazia di Cristo concessa attraverso il battesimo (v.).

Pelagianesimo: Eresia elaborata da Pelagio (v.) e diffusasi enormemente all'inizio del V secolo. La dottrina fu presto condannata attraverso l'opera di confutazione svolta energicamente da Sant’Agostino, affiancato in Oriente da Girolamo. Ebbe però un seguito in Gallia, nella forma attenuata detta del semipelagianesimo, condannato dal concilio di Orange (529), riaffiorò sotto altre forme ed altri nomi in dottrine anche molto posteriori. Il P. si fondava sulla convinzione che il peccato originale non fosse trasmesso all'umanità, e quindi, non essendo corrotta la sua natura, che l'uomo potesse salvarsi con l'unico aiuto del libero arbitrio, senza che fosse necessaria la Grazia. Ne conseguivano la negazione del valore assoluto del battesimo ai fini della salvezza, e lo svuotamento della Rivelazione. Tali idee, sempre predicate con grande fervore, più che da Pelagio dal suo discepolo Celestio, poi adattate dal vescovo Giuliano di Eclano, furono condannate nei concili e sinodi di Cartagine (411, 417 e 418) e di Milevi (416) dalla Chiesa africana, le cui decisioni vennero ratificate da papa Zosimo. Anche in Oriente, dove il P. ebbe più spazio tanto da uscire assolto dal concilio di Diospoli (415), e dove si rifugiarono i vescovi pelagiani deposti ed esiliati dall'Italia meridionale, si giunse alla condanna pronunciata dal concilio di Efeso (431).

Pelagio: Scrittore cristiano (Irlanda 354 ca. - Alessandria 427 ca.). Venuto a Roma verso il 384 per compiervi gli studi, vi visse come monaco laico, godendo stima generale per il rigore morale e la cultura, fino all'invasione di Alarico (410), che lo costrinse a riparare in Sicilia ed in Africa, con l'amico e discepolo Celestio. Fu qui che iniziò la lotta della Chiesa africana, guidata da Agostino, contro la sua dottrina (v. Pelagianesimo) diffusa da Celestio. P. si recò in Palestina trovandovi buona accoglienza, ma anche l'avversione di Girolamo, nonostante l'assoluzione del concilio di Diospoli (415). In seguito alla condanna per eresia, pronunciata dal concilio di Cartagine (418) e ratificata da Roma, si rifugiò in Egitto. Scrisse numerose opere, di cui rimangono complete: Expositiones alle tredici lettere paoline, Epistulae ad Demetridatem seu liber de institutione virginis, Libellus fidei ad Innocewntium papam; inoltre una serie di dodici opere di diverso argomento, già attribuite in parte ad altri autori, gli è stata restituita di recente, mentre la discussione resta aperta per altre opere.

Pellerossa: Nome attribuito dai primi coloni bianchi (dal francese Peaux-rouges) alle tribù indigene dell’America settentrionale, Abnaki e Mohicani, per la loro abitudine di tingersi il viso con ocra rossa. Il nome venne poi esteso a tutti gli indiani delle praterie e, in genere, dell’intera America del Nord, anche se avevano usi e costumi diversi. Tale popolazione discende direttamente dagli indigeni che circa 12.000 anni orsono immigrarono nel territorio americano da quello siberiano. I P. erano organizzati in grandi famiglie patrilineari, riunite in clan totemici dediti, a seconda della collocazione geografica, alla caccia, alla pesca, all’agricoltura od alla raccolta di prodotti naturali. Più clan formavano una tribù, più tribù una nazione, tra cui la più vasta e potente era quella dei Dakota. I clan erano di norma nomadi, ma si riunivano con tutti gli altri della nazione una volta all’anno, per celebrare il rito che simboleggiava l’unità del gruppo. In tale occasione si organizzava una grande festa, durante la quale si svolgevano i riti di iniziazione dei giovani e la danza del sole. La lotta con la quale si opposero ai coloni bianchi che li cacciavano dai loro territori, durò oltre quarant’anni. I gruppi superstiti vivono ora in riserve, istituite dalla metà del XIX secolo in vari Stati degli Stati Uniti. Alcune tribù, ma soprattutto gli Algonkini, credevano in Manitù (Grande Spirito, v.), una forza magica ed impersonale, presente in qualsiasi fenomeno naturale come in ogni attività umana. Un concetto simile a quello del Mava indonesiano. Si rivela agli uomini nel sogno o nelle visioni provocate dal digiuno, sotto diverse forme animali concretizzate nei totem. Il paradiso degli indiani è costituito dalle Grandi Praterie sempre verdeggianti e gremite di bisonti, dove i defunti con onore cacciano sotto l’occhio benevolo di Manitù. Gli indiani dell’attuale Canada sono noti come eschimesi, un termine dispregiativo dal significato di mangiatori di pesce, ma il loro nome corretto è inuit (uomo). Tale popolazione, oggi ridotta a circa 25.000 individui, dal 1° aprile 1999 ha ottenuto la costituzione di una provincia autonoma, chiamata Nunavut (v.), "la nostra Terra", avente per capitale Iqaluit (baia del pesce), con 4.220 abitanti, di cui il 62% sono inuit (v. Ambiente).

-Pellicano: Simbolo esoterico adottato dall'Ordine dei Rosa+Croce, viene raffigurato mentre alimenta i suoi piccoli con il proprio sangue. Insegna l'Amore, senza il quale il più colto e potente degli esseri umani non saprebbe essere, secondo San Paolo, che una campana che risuona od un cimbalo fragoroso. Da sempre si sa e viene riconosciuto che il Saggio più perfetto sarà colui che saprà amare meglio d'ogni altro il suo prossimo. I Musulmani considerano il P. un uccello sacro poiché, come narra una loro leggenda, allorché i costruttori della Ka’ba (v.) dovettero interrompere i lavori per mancanza d'acqua, stormi di pellicani avrebbero trasportato nelle loro borse naturali l'acqua occorrente a consentire il completamento dell'importante costruzione sacra.

-Pentacolo: Termine con cui sono definiti certi amuleti, costituiti ma monete, pietre o pezzi di pergamena, sui quali venivano incisi o disegnati vari simboli considerati magici, quali pentalfa, esagrammi, figure o formule composte particolari, spesso in caratteri ebraici. Loro scopo era: la protezione di chi lo indossava dalle avversità, dai malanni o dai nemici; oppure la propiziazione della salute o della ricchezza. La Massoneria ha mutato il P. in Gioiello (v.), privandolo quasi completamente di ogni finalità magica, salvo forse la protezione da influenze dei Dignitari ed Ufficiali di Loggia, per assicurare il successo alle Tornate rituali. Vi riconosce comunque l’origine alchemica di taluni simboli che vi sono impressi, come nel caso del P. di Salomone, costituito dall’esagramma circondato dall’Uroboros (v.), il serpente che si morde la coda. Tale simbolo viene però di norma raffigurato da Squadra e Compasso sovrapposti.

Pentagramma: Simbolo pitagorico, noto in Massoneria come Stella Fiammeggiante o Pentalfa (v.).

-Pentalfa: Antico simbolo esoterico che per gli Egizi raffigurava Horus, figlio di Iside e di Osiride, il Sole. Rappresentava la materia prima alchemica, sorgente inesauribile di vita, fuoco sacro, germe universale di tutti gli esseri. Il Pentalpha è un simbolo ideato da Pitagora, dopo che ebbe risolto il problema del segmento aureo, la parte del raggio di in cerchio corrispondente all’alto del decagono in esso inscritto. Il termine significa "cinque alfa", ossia cinque principi. Ai quattro già convalidati da Empedocle, Pitagora ne aggiunse un quinto che è unitario, ovvero la natura. Il Pentagramma era dunque il simbolo dei pitagorici, ed era tracciato con una circonlocuzione che significava un triplice triangolo intrecciato. Veniva usato nella loro corrispondenza a significare "sta bene". Il P. dei greci significava vita e salute. Nella magia bianca rappresenta il microcosmo umano: le cinque estremità del corpo (v. la figura detta Agrippa), ed i suoi cinque segreti centri di forza, che proprio la magia bianca avrebbe il potere di risvegliare. Il P. con una punta rivolta verso l’alto è considerato simbolo attivo e benefico (Magia Bianca) mentre, rovesciato, con due punte in alto, è considerato passivo e malefico (Magia Nera, Baphomet v.). Y (Massoneria) L’Istituzione Muratoria conferisce al P. il significato particolare detto "numero d’oro", oppure "proporzione aurea": è la proporzione ermetica per la quale la parte minore sta in rapporto alla maggiore come la maggiore sta al Tutto. È ciò che la geometria indica come divisione di una retta in media ed estrema ragione. Il valore numerico del numero d’oro è 1,618, che in pratica non viene mai usato in quanto, per la tracciatura del P., la rappresentazione geometrica è più immediata e precisa. Le proporzioni del numero d’oro si ritrovano in tutto ciò che nell’uomo crea una sensazione di armonia e di bellezza, ed il loro impiego è di grande aiuto nell’architettura. Per la Libera Muratoria la Stella Fiammeggiante simboleggia esotericamente il genio umano, inteso come raggio di Luce divina. Quindi essa costituisce sempre una promessa della Luce che deve venire. Essa rappresenta il Fuoco filosofico degli Alchimisti, che il Testi definisce la scintilla vitale comunicata dal Creatore alla materia, alchemicamente ottenuta non con la comune combustione, ma con l’acciarino o la lente ustoria. All’interno della Stella, partecipe della sua luce, staziona la lettera "G" (v.), alla quale sono attribuiti remote significanze, quali: G.A.D.U. (v.), God (Dio), Gloria, Grandezza, Gravitazione, Gnosi (v.), Geometria, Genio e Generazione. La Massoneria ha sostituito con tale lettera l’originale " y ", (yod) ebraico, iniziale di "hahy", il nome ebraico impronunciabile di Dio, Yhoah (Yehowah). Il P. è l’emblema del libero pensiero e del sacro fuoco del genio, che eleva l’essere umano alle grandi conoscenze superiori.

Pentateuco: Termine derivato dal greco h pentateucoz, (bibloz), {(libro in) cinque astucci}. È la denominazione complessiva dei primi cinque libri dell'Antico Testamento, ovvero Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio. Corrisponderebbe alla denominazione ebraica humas (cinque libri), ma il nome ebraico più usato è Torah (Legge). Tratta la creazione, la storia dell'umanità primitiva, il diluvio universale, la torre di Babele ed i progenitori di Abramo (Genesi 1-11). Inizia quindi la storia del popolo d'Israele e del monoteismo con Abramo, e la sua migrazione nella terra di Canaan: il patto stabilito con Dio ed i patriarchi, rinnovato poi tra Dio ed il popolo tramite Mosè, sul monte Sinai. Quarant'anni di vita nel deserto dopo la liberazione dalla schiavitù in Egitto; promulgazione della Legge; prime conquiste nelle terre di Moab e di Edom; morte di Mosè. I cinque libri costituiscono un insieme di leggende, alcune di chiara origine semitica, di racconti etnici e folcloristici, di legislazione sacra e profana, nella cornice di una scelta teologica definita. La tradizione ebraica e cristiana ne attribuisce la paternità a Mosè. Fin dall'antichità erano stati espressi dubbi in proposito. Nell'epoca moderna, B. Spinoza adottò una posizione decisamente critica. Alla fine del XVIII secolo, J. Astruc avanzò l'ipotesi dell'esistenza di diversi documenti, osservando l'uso di differenti nomi divini (Jahveh o Yahweh, Elohim). Su questa base si svolse nel XIX secolo tutta la critica biblica, che cercava anche di spiegare la coesistenza nel testo di redazioni diverse dello stesso racconto (due creazioni, Genesi 1 e 2), di relazioni interrotte e poi riprese allo stesso punto dopo un testo intromesso, e così via. Si giunse così alla formulazione dell'ipotesi documentaria di J. Wellhausen, secondo cui il P. sarebbe costituito da quattro documenti fusi insieme e redatti nell'epoca esilica e postesilica (V secolo a.C.). I quattro documenti sarebbero: "J" (dall'uso del nome divino Yahweh, X secolo a.C.), "E" (dall'uso del nome divino Elohim, VIII secolo a.C.), "D" (il Deuteronomio, costituito dal testo rinvenuto nei sotterranei del Tempio di Gerusalemme all'epoca di re Giosia, VII secolo a.C.), "P" (Priestly Codex, codice sacerdotale, redatto nell'epoca esilica e postesilica, Ezechiele ed Esdra). Questa ipotesi, che ancora oggi ha molti sostenitori, ebbe molto successo. Negli ultimi cinquant'anni, gli abbondanti ritrovamenti archeologici, la lettura di vari testi giuridici mesopotanici anteriori all'epoca di Mosè, dei testi ittiti, di quelli ritrovati a Ras Shamra-Ugarit (alcuni dei quali possono chiaramente essere confrontati con testi dell'Antico testamento), lo studio critico delle lingue, delle forme letterarie, delle chiavi ermetiche di lettura, ed infine la teoria della scuola scandinava sulla tradizione orale, hanno fatto cambiare l'atteggiamento della critica biblica. Già nel 1934 U. Cassuto (La questione della Genesi) combatteva l'ipotesi documentaria, e sosteneva l'unità del testo, attribuendo la compilazione dei primi quattro libri ad un poeta scrittore dell'epoca di Davide. Oggi la critica biblica, sia cristiana che ebraica, è concorde nel riconoscere nel P. un abbondante nucleo genuinamente antico, sinaitico, redatto quasi sicuramente già prima dell'esilio di Babilonia, dove sembra che gli ebrei avessero portato con loro un testo della Torah. Una redazione completa potrebbe risalire all'epoca di Esdra (V secolo a.C.). I manoscritti più antichi del P., anteriori alla redazione masoterica, sono stati ritrovati nel 1947 nelle grotte del Mar Morto (il più antico, un frammento del Levitico, V secolo a.C.). Della redazione masoterica, il manoscritto più antico è il codice di Aleppo del X secolo d.C. La redazione samaritana del P., attribuita dalla tradizione ad Abisha, pronipote di Mosè, sembra essere stata scritta addirittura poco prima del XII secolo d.C.

Pentecostalismo: Movimento di risveglio spirituale che si richiama all’effusione carismatica dello Spirito nella prima Pentecoste. Esso è sorto negli Stati Uniti ed è presente in tutto il mondo. Le sue correnti principali sono tre: il P. classico, sviluppatosi in seno al metodismo (v.) all’inizio del XX secolo; il neo P., sorto nell’area protestante a partire dagli anni Sessanta; i carismatici cattolici, o gruppi del rinnovamento dello Spirito, che hanno avuto origine nel 1967 dall’esperienza carismatica di insegnanti e studenti dell’Università cattolica di Duquesne e Pittsburgh, in Pennsylvania (U.S.A.). Oltre alla Holiness Church fondata da H. Wallace (1896), altre importanti chiese pentecostali sono la Pilgrim Holiness Church, fondata da M.W. Knapp a Cincinnati (1897), e la Pentecostal Holiness Church fondata ad Anderson nel 1898. Fra le diverse chiese esistono divergenze sia di carattere organizzativo che di carattere dogmatico (trinitarismo od unitarismo).

Pentecoste: Termine derivato dal greco penthcosth, cinquantesimo giorno, che definisce la seconda delle tre grandi feste ebraiche, celebrata il 6 Sivan. In origine era la festa agraria della mietitura (Esodo 23, 16) e delle primizie (Numeri 28, 26), è chiamata anche festa delle settimane, hag hasabuot (Esodo 34, 22), perché si celebra sette settimane, cioè cinquanta giorni, dopo la Pasqua (v.). Nei tempi rabbinici della Mishnah assunse il significato storico di commemorazione della Legge data sul Sinai, dal che deriva l’altro nome matan torah, dono della Legge. Come festa cristiana, la P. ricorda il miracolo della prima P. ebraica dopo la morte di Gesù: lo Spirito santo sarebbe disceso in forma di lingue di fuoco sulla comunità cristiana, e tutti si misero a parlare in lingue straniere (Atti degli Apostoli 2, 1-4).

Perbenismo: Termine generalmente dispregiativo, spesso associato a falsità ed ipocrisia, che rappresenta il desiderio di apparire ad ogni costo onesti, costumati e ligi alla morale sociale comune. Talvolta tale atteggiamento costituisce una sorta di maschera, indossata per nascondere il pensiero e le intenzioni reali, di norma opposti a quelli manifestati attraverso il P. Viene talvolta impiegato durante riunioni ed assemblee per far apparire normali la condotta, l’atteggiamento, l’esposizione di opinioni anche estremiste (anarchiche, rivoluzionarie, distruttive ecc.), espresse da un oratore allo scopo di tentare la coercizione degli uditori onde perseguire finalità di norma contrastanti con quelle formalmente propugnate nell’ambito sociale in cui si svolge la manifestazione. Rappresenta quindi un subdolo e pericoloso inganno, fuorviante in quanto falso e larvato, un vero attentato alla buona fede dell’uditorio. Y (Massoneria) Rappresentando il P. l’espressione innaturale della falsità, la cui manifestazione contrasta con i principi fondamentali propugnati dall’Istituzione massonica, non può che essere condannato e combattuto, specie se adottato nel corso dei Lavori rituali. Contrastando la finalità primaria della Libera Muratoria, rappresentata dalla ricerca della Verità mediante la ragione attivata dalle Virtù e spoglia dei metalli e delle passioni, dev’essere fermamente esclusa da ogni buona Loggia. Il Massone che persistesse nell’adozione del P., è senz’altro passibile di accusa di colpa massonica, ed è pertanto perseguibile dalla Giustizia muratoria.

Percezione: È un termine decisamente vago, che dovrebbe però risultare chiaro alla mente di tutti. Essa ci aiuta nel portare a livello della coscienza eventi e fenomeni che non consentono osservazioni sistematiche, ma che proprio per tali motivi possono rappresentare momenti irripetibili, spesso importanti, della nostra esistenza. Nella maggior parte dei casi, risulta difficile dare valutazioni alle esperienze che derivano dalle P. Tuttavia le P. costituiscono un mezzo ineguagliabile per la crescita interiore. Anche se non esistono regole dichiarabili per coltivare sistematicamente in noi la crescita della facoltà della P., L'attenzione interiore è condizione quasi fondamentale per tali sviluppi. Essa rappresenta uno degli attributi della disciplina nel lavoro interiore. La crescita della coscienza interiore, dovuta in parte alle P. di natura sottile, porta a sua volta all'affinamento delle facoltà percettive e del livello di attenzione, che compete a tali sensibilità. Essendo l'Esoterismo quello che è, non è proprio possibile penetrare direttamente nel suo campo di esistenza tramite i normali mezzi che sono messi a nostra disposizione dai sensi. Il meccanismo appare assai più complesso, ed è essenzialmente basato su metodi indiretti, di natura per lo più soggettiva. Con il termine P. si intendono quelle operazioni interiori che, partendo da stimoli, inclusi anche quelli sensoriali, conducono al riconoscimento ed alla valorizzazione delle esperienze. L'operazione è condotta facendo riferimento al patrimonio interiore (v.) di valori, che non è definibile e proprio perciò è esoterico. La P., considerata come metodo d'acquisizione di conoscenze, pare essere un fatto oggettivo. Il contenuto delle P. invece è un fatto esclusivamente soggettivo che, attraverso le correlazioni e le risonanze, può identificarsi con molto più ampie oggettività. Appare, per i motivi addotti, la grandissima responsabilità individuale che coinvolge l'osservatore nella decisione di interpretare le P. L'essere umano resta sempre libero nello scegliere facili vie di comodo che non conducono a nulla, oppure difficili sentieri di rigorose ispirazioni.

Perfettibilità: Termine che definisce le possibilità potenziali di cui possono essere dotate cose o creature pensanti evolute per essere migliorati o migliorarsi fino a sfiorare od anche a conseguire la condizione di perfezione (v.). Moralmente la P. rappresenta una delle principali doti dell’essere umano. Y (Massoneria): L’istituzione muratoria si appella spesso alla dote della P. per stimolare i suoi adepti alla ricerca interiore, onde sospingerli verso l’esaltazione dell’ego reale di ciascuno, attraverso l’arricchimento del bagaglio di conoscenze, l’autocritica ed il confronto con i Fratelli. Indica quindi il cammino iniziatico da percorrere per acquisire la vera evoluzione, ovvero un’identità sempre più compatibile con la scintilla esistenziale presente in ogni uomo, che lo rende e lo mantiene veramente cosciente e "vivo", una scintilla di natura superiore che ci proviene direttamente dal G.A.D.U. (v.).