Vacca Rossa, Rito della: Antichissimo rito sacrificale consistente nell’offerta di una vacca rossa allo scopo di purificare coloro che sono venuti a contatto con la morte. Già praticato oltre due millenni prima di Cristo, l’Antico Testamento lo cita in Numeri (19, 1-10): "Il Signore disse ancora a Mosé e ad Aronne: "Questa è una disposizione della legge che il Signore ha prescritta: Ordina agli Israeliti che ti portino una giovenca rossa, senza macchia, senza difetti, e che non abbia mai portato il giogo. La darete al sacerdote Eleazaro che la condurrà fuori del campo, e la farà immolare in sua presenza. Il sacerdote Eleazaro prenderà con il dito il sangue della giovenca e ne farà sette volte l’aspersione davanti alla tenda del convegno; poi si brucerà la giovenca sotto i suoi occhi; se ne brucerà la pelle, la carne ed il sangue con gli escrementi. Il sacerdote prenderà legno di cedro, issopo, colore scarlatto, e getterà tutto nel fuoco che consuma la giovenca. Poi il sacerdote laverà le sue vesti, e farà un bagno al suo corpo nell’acqua; quindi rientrerà nel campo, ed il sacerdote rimarrà in stato d’immondezza fino a sera. Colui che avrà bruciato la giovenca si laverà le vesti nell’acqua, farà un bagno al suo corpo nell’acqua e sarà immondo fino alla sera. Un uomo mondo raccoglierà le ceneri della giovenca, e le depositerà fuori del campo in luogo mondo, dove saranno conservate per la comunità degli Israeliti per l’acqua di purificazione: è un rito espiatorio. Colui che avrà raccolto le ceneri della giovenca si laverà le vesti e sarà immondo fino alla sera. Questa sarà una legge perenne per gli Israeliti e per lo straniero che soggiornerà presso di loro"".

Vahlalla: Denominazione data al paradiso di Odino dall'antica mitologia scandinava (v. Valhalla).

Vaiseshika: Sistema filosofico indiano di indirizzo teista, che assume come oggetto di conoscenza la realtà interiore ed esteriore, ripartendola secondo varie categorie (padartha). Tale conoscenza, di natura discriminativa, intende portare alla penetrazione del mondo e dei moti psichici, e quindi al distacco dall’uno e dagli altri, al fine di conseguire la liberazione (moksa). Il V. è complementare al sistema logico Nyaya che, definendo a sua volta le categorie del retto pensare, fornisce al primo gli strumenti conoscitivi. Il V. venne codificato da Kanada (I secolo d.C.), autore dei Vaiseshika-sutra (aforismi sul V.), in seguito commentati da Prasastapada (V secolo).

Valchirie: Mitiche dee guerriere che, secondo il culto dell'antica religione celtica, accompagnavano sui campi di battaglia gli eroi destinati alla morte.

Valdesi: Rappresentanti di un movimento religioso, iniziato nella seconda metà del XII secolo da un ricco mercante di Lione, di nome Valdo (v.), il quale decise improvvisamente di disfarsi di tutti i propri beni distribuendoli al popolo, e di vivere secondo i precetti di povertà evangelici. Ciò che distingueva subito il movimento di Valdo e dei seguaci, che ben presto si raccolsero intorno al fondatore, era la predicazione dei concetti evangelici, vera caratteristica del valdismo e primo compito di tutti i suoi adepti. Fu proprio questo che guastò subito i rapporti dei V. con la Chiesa ufficiale, trasformandolo da movimento interno ad uno esterno, ribelle alla Chiesa stessa. Già nel 1177 Valdo ed i suoi vennero cacciati da Lione; nel 1179, benché riconosciuti da Alessandro III, furono diffidati dal Concilio dal predicare la loro fede; infine, rientrati a Lione, ne furono definitivamente cacciati dall’arcivescovo Jean de Bellesmains e, condannati dal sinodo di Vienna (1784), divennero per sempre un movimento di eretici. Oltre al voto di povertà ed al diritto-dovere di predicare la parola della Bibbia e dei Vangeli, il valdismo sostenne l’uguaglianza di tutti i fedeli, e quindi il sacerdozio universale, non appannaggio di una casta privilegiata. Questa è naturalmente un’altra valida ragione di dissenso nei confronti della Chiesa, e di quella stessa classe ecclesiastica di cui i V. sostenevano e predicavano l’inutilità. Ma nonostante le difficoltà in cui il valdismo si mosse fin dall’inizio, la parola dei suoi predicatori non mancava di fare proseliti, e le comunità V. cominciarono a diffondersi in varie regioni europee: in Francia, dove il valdismo era nato (Delfinato, Provenza, Alsazia e Lorena), in Piemonte, in Lombardia, in Svizzera, in Germania, in Spagna e nell’Europa centrale (Ungheria, Polonia e soprattutto Boemia). Le persecuzioni, e in particolar modo la crociata di Innocenzo III, ridussero il loro numero in queste ultime regioni, dove infatti si estinsero rapidamente, con l’eccezione della Boemia, dove il valdismo sopravvisse fino alla fusione con l’hussitismo (v. Hussiti). La comunità che si mantenne più a lungo, e che ancora oggi sopravvive, fu quella stabilitasi nel XIII secolo nelle Alpi Cozie, in un certo numero di valli, sia del versante francese sia di quello piemontese, mentre un’altra comunità, stanziatasi in Calabria e nelle Puglie, fu completamente sterminata nel 1561. Nel XVI secolo i V. aderirono alla riforma, associandosi alla chiesa calvinista svizzera, ma mantenendo tuttavia caratteri assolutamente autonomi. La loro adesione alla Riforma trovò in Italia consensi soprattutto a Venezia ed in Piemonte, in particolare nel marchesato di Saluzzo. Dopo secoli di persecuzioni, il 1551 segnò un primo passo verso la libertà: i V. delle valli ottenevano infatti una certa libertà di culto da Emanuele Filiberto di Savoia. Ma i tormenti non erano finiti: momenti culminanti nella lotta antivaldese furono la strage delle Pasque piemontesi del 1655 ed il 1683-85 quando i V. vennero espulsi dalle valli e costretti in Svizzera ed in Germania. Rientrarono nei loro territori nel 1689 e, un secolo dopo, la rivoluzione francese prima e l’era napoleonica poi diedero loro libertà e diritti che vennero ulteriormente garantiti dalle lettere patenti di Carlo Alberto nel 1848. A Torino venne allora fondato un ospedale tuttora molto efficiente, e subito dopo il grandioso Tempio di corso Vittorio Emanuele, in prossimità del Parco del Valentino. Prende allora avvio un deciso scontro con Don Giovanni Bosco, che volle una Chiesa costruita nei pressi proprio per contrastare il "pericolo V.". Nel decennio cavouriano un V. (il banchiere Giuseppe Malan) era addirittura deputato al parlamento subalpino. Fu in quel periodo che veniva avviata quell’attività di evangelizzazione che doveva portare all’attuale presenza di 30.000 V. italiani, concentrati soprattutto nel pinerolese, cui si aggiungono altre consistenti comunità formatesi in Svizzera, Stati Uniti, Uruguay ed Argentina.

Valdo Pietro: Dal francese Pierre Valdes, o de Vaux, e dal latino Valdusius, fu un religioso francese (Lione 1140-1217), fondatore della setta dei Valdesi (v.). Ricchissimo mercante privo di scrupoli, sposato e con prole, un giorno sentì un menestrello cantare la storia del beato Alessio. Il giorno dopo, nella scuola di teologia che frequentava, al quesito su quale fosse la via migliore per arrivare a Dio, si sentì rispondere col famoso passo biblico: "Se vuoi essere perfetto, vai e cedi tutto quanto hai". Venne immediatamente travolto da una profonda crisi interiore, per cui decise di cambiare radicalmente vita. Spogliatosi di tutti i suoi beni a favore dei poveri, si dedicò all’insegnamento evangelico, praticando una vita del tutto simile a quella degli apostoli del Cristo. Attorno a lui si raccolsero presto i cosiddetti "poveri di Lione", ed il loro programma era composto di povertà, predicazione ed anche critica al clero, in quanto evidente struttura di potere terreno. A quanti lo accusarono di pazzia rispondeva che non si possono servire due padroni: Dio ed il denaro. Precedette Francesco d’Assisi di pochi anni, ma incorse ben presto nella sconfessione da parte della gerarchia ecclesiastica, a causa delle sue critiche ai beni temporali del clero e della sua pratica di predicazione laica. Nel Concilio Lateranense (1179), papa Alessandro III approvò le norme di vita dei suoi seguaci, ma proibì loro la predicazione e la diffusione dei testi biblici. Nel 1182 il nuovo arcivescovo di Lione, Jean de Bellesmains, bandì dalla diocesi V. ed i suoi. Infine la condanna con formale scomunica di Lucio III (1184) diede inizio ad un’aperta repressione, che costrinse la setta a rifugiarsi nelle ospitali e sicure valli del Piemonte e del Delfinato. La condanna ufficiale e definitiva della Chiesa venne divulgata nel 1215. Due anni dopo V. moriva, ma i suoi seguaci ne continuarono l’azione, costituendo la setta protestante dei Valdesi (v.).

Valentiniani: Seguaci del filosofo gnostico Valentino (m. 160 ca.), cui sono attribuiti dei Salmi, Omelie, Epistole, ed un’opera scoperta recentemente, dal titolo Vangelo della Verità. Le maggiori notizie sul suo sistema di pensiero si hanno negli eresiologi (Ireneo, Epifanio e Clemente Alessandrino), che attingono per lo più ai Commenti della sua scuola. I V. credevano in due principi che avrebbero originato il mondo: uno maschile, detto Abisso, l’altro femminile, detto Silenzio, dalla comunione dei quali sarebbero nati l’Intelletto e la Verità. Credevano anche nell’esistenza di due mondi, uno invisibile e l’altro visibile, ovvero un mondo superiore, o Pleroma (v.), formato da trenta eoni, ed un mondo inferiore, o chenoma, generato dal primo. Tra questi due mondi, in uno spazio luminoso ed infinito, era collocato Dio, Eone (v.), perfetto e Primo Padre, eterno ed incorruttibile. L’uomo sarebbe composto della sostanza dei due mondi e, a seconda del prevalere della materia o dello spirito, gli individui si distinguerebbero in ilici (pagani), psichici (cristiani) e pneumatici (gnostici). Riconoscevano ad ogni credente il diritto di interpretare liberamente e personalmente la dottrina del Maestro. Vennero scomunicati nel 143.

Valentino: Filosofo gnostico egiziano deceduto a Roma intorno al 135-160 d.C. (v. Valentiniani).

Valhalla: Denominazione data al paradiso di Odino dall'antica mitologia scandinava, detta anche Vahlalla o Walhalla.. Vi erano raccolti in stato di eterna beatitudine le anime dei valorosi guerrieri vichinghi morti combattendo.

Valle: Simbolicamente il termine definisce il luogo dove avviene il processo di fecondazione attraverso il congiungimento della terra e dell’acqua che proviene dal cielo. Considerando che per ragioni vitali fin dall’antichità gli agglomerati umani, le comunità e le tribù si stabilivano nei pressi dei corsi d’acqua, sulle rive dei fiumi o dei laghi, la Massoneria Scozzese ha adottato tale termine per definire la località in cui opera la comunità muratoria. Quindi le Logge costituite in città bagnate da un fiume, erano comprese nella V. di quel fiume. Pertanto le Logge fiorentine erano collocate nella V. dell’Arno, quelle romane nella V. del Tevere, e quelle torinesi nella V. del Po, ecc.

Valori: I significati della vita tanto più ci appaiono nel loro pieno V. quanto più trovano una risonanza con i V. che custodiamo nel profondo. È compito di ogni uomo libero raggiungere la coscienza dei propri V. interiori, attraverso una rigorosa ricerca, essendo attento a quello che gli propone la vita. I veri V. non sono comunicabili ad altri, ma solo vivibili nella nostra interiorità. La coscienza dei V. si raggiunge attraverso le esperienze che la vita ci propone tramite gli eventi. Ogni esperienza, che implica un contenuto di V. vissuti in piena coscienza, rappresenta un punto di partenza per la comprensione della sacralità della vita. Y (V. interiori) La vita sarebbe priva d'ogni significato senza la presenza dei cosiddetti V. interiori. Senza di essi nessuno sarebbe in grado di dare spessore alla propria esistenza. Questo vale per tutti gli esseri viventi. Per tale motivo si deve avere sempre presente alla nostra coscienza che i V. interiori esistono per tutti, ma non necessariamente debbono essere uguali in tutti. Ne consegue che si dovrebbe assumere, come suprema legge naturale, il privilegio di vivere seguendo i propri V. interiori in spirito di sacralità ed al meglio delle proprie capacità. Un tale privilegio implica diritti, ma soprattutto doveri nei riguardi della vita. Il vero V. della costruzione del proprio Tempio interiore è sempre commisurato allo sforzo di chi lo costruisce. Si dovrebbe considerare attentamente che quanto ha V. ai nostri occhi non può essere comunicato ad altri se non in forma estremamente imperfetta ed inadeguata. Per carenza o mancanza di Tolleranza spesso ci sfugge l'entità degli sforzi che gli altri esseri compiono nel proprio faticoso cammino della vita.

Vangelo: Termine che definisce una raccolta di testimonianze storiche, redatte dai discepoli, sulla vita e le opere di Gesù Cristo (v. Bibbia). Dopo la diffusione delle comunità cristiane al di fuori della Palestina, alcuni Apostoli sentirono la necessità di trascrivere il messaggio fondamentale di Gesù, per farlo conoscere a tutti gli uomini. Tra i diversi V. diffusi nei primi secoli, la Chiesa ne indicò quattro come ufficiali, ovvero quelli scritti da Matteo, Marco, Luca e Giovanni: tutti questi portano nell’intestazione il termine "secondo", poiché rappresentano solo quattro diverse redazioni dell’unica novella. Secondo la dottrina cattolica, la scrittura dei v. venne ispirata agli autori direttamente dallo Spirito Santo (v. Rivelazione), garantendone la veridicità. Per tale motivo, ad ogni lettura liturgica di un brano di questi V., si conclude con l’affermazione "Parola del Signore". Per quanto riguarda i V. definiti apocrifi (v. Apocrifi).

Vangelo dello pseudo Matteo: Vangelo apocrifo (v.) attribuito all’evangelista Matteo, conosciuto anche con il titolo "Libro sulla nascita della Beata Vergine e sull’Infanzia del Salvatore". Vediamone l’inizio dai Vangeli apocrifi, Ediz. Einaudi, 1978: "In quei giorni c’era a Gerusalemme un uomo di nome Gioacchino, della tribù di Giuda. Costui era un pastore di pecore sue, timorato di Dio nella sua semplicità e bontà. Non aveva altra cura se non delle sue greggi, con il frutto delle quali aiutava tutte le persone pie, offrendo doni doppi a coloro che operavano nel culto di Dio e nello studio della legge, ed offrendo doni semplici a coloro che li servivano. Pertanto, sia degli agnelli, sia delle pecore, sia delle lane, sia di qualunque cosa egli possedesse, faceva tre parti: una parte la dava alle vedove, agli orfani, ai pellegrini ed ai poveri; un’altra parte alle persone addette al culto di Dio; la terza parte la riservava a sé ed a tutta la sua famiglia. E poiché così faceva, Dio moltiplicava le sue greggi, tanto che non c’era altro pari a lui nel popolo d’Israele. Aveva cominciato a fare così fin dal quindicesimo anno della sua età. A vent’anni prese in moglie Anna, figlia di Isachat, della sua tribù, cioè della stirpe di Davide; ma, pur essendo poi rimasto con lei per venti anni, non ebbe da lei né figli né figlie".

Vangelo dello pseudo Tommaso: Vangelo apocrifo che racconta i miracoli compiuti da Gesù tra i cinque ed i dodici anni della sua vita. È anche conosciuto con il titolo "I fatti dell’infanzia del Signore". Esso inizia così: "Questo bambino Gesù, quando aveva cinque anni, stava giocando nel guado di un torrente dopo che c’era stata una pioggia, e raccoglieva l’acqua che scorreva in piccole pozze, facendola subito diventare limpida. E tutte queste cose le eseguiva solo con la parola. Poi, impastata la molle argilla, plasmò con essa dodici passeri. Era sabato quando fece queste cose, e c’erano anche molti altri bambini che giocavano con lui. Ora un giudeo, come vide ciò che Gesù giocando faceva di sabato, immediatamente andò a riferirlo a suo padre Giuseppe: "Guarda che tuo figlio è presso il torrente, e con l’argilla ha formato dodici uccellini, profanando il sabato". Allora Giuseppe, recatosi sul posto a vedere, gli gridò queste parole: "Perché fai queste cose di sabato, quando non è lecito farle?" E Gesù, battendo le mani, gridò ai passeri: "Andate via!" Ed i passeri volarono via cinguettando. Vedendo ciò i Giudei furono presi da stupore, ed andarono a raccontare ai loro capi quello che avevano visto fare a Gesù" (Vangeli apocrifi, Ediz. Einaudi, 1978).

Vangelo di Bartolomeo: Vangelo apocrifo, che vari studiosi considerano di intonazione gnostica. Questo l’inizio: "Prima della passione del nostro Signore Gesù Cristo, gli Apostoli erano tutti riuniti insieme e lo interrogarono dicendo: "Signore, rivelaci i misteri dei cieli". In risposta Gesù disse: "Se non mi spoglierò del corpo fisico non potrò rivelarveli". Ma dopo che fu sepolto e risorto, nessuno osò fargli domande, perché il suo aspetto non era quello di sempre, ma manifestava la pienezza della sua divinità. Finalmente Bartolomeo si avvicinò a lui, e gli disse: "Devo dirti una parola, Signore". Gesù lo interruppe dicendo: "Io so quello che stai per dirmi. Dimmi dunque ciò che vuoi, interrogami, ed io ti risponderò". Allora Bartolomeo disse: "Signore, quando tu andavi per essere appeso alla croce, io ti seguivo da lontano, e poi ti ho visto pendere dalla croce, mentre gli angeli scendevano dal cielo per adorarti. Quando sono scese le tenebre, ho guardato ed ho visto che tu eri sparito dalla croce, ma si udiva soltanto una voce dalla profondità della terra, ed altri gemiti, e stridori di denti che si erano levati all’improvviso. Dimmi, Signore, dove sei andato via dalla croce?" In risposta Gesù disse: "Tu sei beato, mio caro Bartolomeo, perché hai visto questo mistero. Ora dunque, qualunque cosa mi domanderai te la potrò rivelare"" (Vangeli apocrifi, Ediz. Einaudi, 1978).

Vangelo di Filippo: Vangelo apocrifo risalente al II secolo, redatto probabilmente dai Valentiniani (v.), seguaci di una dottrina di intonazione gnostica. Eccone l’inizio: "Un Ebreo crea un Ebreo, e questo viene chiamato proselito; ma un proselito non crea un proselito. Coloro che sono nella Verità sono come quelli, e ne creano altri. Ai secondi invece è sufficiente entrare nell’esistenza. Lo schiavo aspira soltanto ad essere libero, e non aspira alle ricchezze del suo padrone. Il figlio invece non è soltanto figlio, ma si attribuisce l’eredità del padre. Coloro che ereditano da chi è morto sono essi stessi morti, ed ereditano cose morte. Coloro che ereditano da chi è vivo sono essi stessi vivi, ed ereditano le cose vive e le cose morte. Coloro che sono morti non ereditano nulla. Infatti come potrebbe un morto ereditare? Ma se colui che è morto eredita da chi è vivo, egli non morirà, anzi, il morto vivrà di nuovo. Un pagano non muore, perché egli non è mai vissuto per dover morire. Colui che ha creduto nella Verità ha trovato la vita, e quest’uomo può correre il pericolo di morire, poiché è vivo. Dal giorno che il Cristo è venuto, il mondo è creato, le città adornate, e ciò che è morto viene gettato via" (Vangeli apocrifi, Ediz. Einaudi, 1978).

Vangelo di Pietro: Vangelo apocrifo, un frammento del quale venne rinvenuto nell’inverno 1886-87 ad Akhmim, località dell’Alto Egitto. Questo è il suo inizio: "Ma dei Giudei nessuno si lavò le mani: né Erode, né alcuno dei suoi giudici. E Pilato, visto che essi non volevano lavarsi, se ne andò. Allora il re Erode comandò che il Signore fosse tenuto in arresto, dicendo: "Tutto ciò che vi ho ordinato di fargli, fatelo". Ma era lì presente Giuseppe, l’amico di Pilato e del Signore, il quale, vedendo che stavano per crocifiggerlo, andò da Pilato e ne chiese il corpo. Ed Erode disse: "Fratello Pilato, anche se nessuno lo avesse reclamato, noi lo avremmo seppellito, poiché sta per cominciare il sabato: infatti sta scritto nella legge: il sole non deve calare su uno che sia stato appiccato". E lo consegnò al popolo, il giorno prima degli Azimi, loro festa. Ed essi, afferrato il Signore, gli davano spintoni, correndo, e dicevano: "Trasciniamo via il figlio di Dio, ora che abbiamo potere su di lui". Poi gli misero addosso della porpora, e lo fecero sedere sul seggio del tribunale, dicendo: "Giudica con equità, re di Israele". Ed uno di essi, portata una corona di spine, la pose sul capo del Signore. Ed altri, standogli attorno, gli sputavano in viso, altri lo schiaffeggiavano sulle guance, altri lo colpivano con una canna, ed alcuni lo flagellavano dicendo: "Rendiamo onore, con questi omaggi al figlio di Dio" (Vangeli apocrifi, Ediz. Einaudi, 1978).

Vangelo di Tommaso: Vangelo apocrifo che non ha alcunché da spartire con il Vangelo dello pseudo Tommaso (v.). Vari studiosi lo considerano come il quinto Vangelo, degno perciò di far parte dei Vangeli sinottici. Fu scritto nella seconda metà del II secolo. Eccone l’inizio: "Queste sono le parole segrete che Gesù il vivente ha detto e che Didimo Giuda Tommaso ha scritto. Egli disse: "Chiunque trovi la spiegazione di queste parole non conoscerà la morte". Gesù disse: "Colui che cerca non cessi di cercare, finché non trova, e quando avrà trovato sarà commosso, e quando sarà stato commosso contemplerà e regnerà sul Tutto". Gesù disse: "Se coloro che vi guidano vi dicono: ‘Ecco, è il regno dei Cieli’, allora gli uccelli del cielo vi saranno prima di voi. Quando conoscerete voi stessi, sarete conosciuti, e saprete che siete figli del padre vivente. Ma se non conoscerete voi stessi, allora sarete nella privazione, e sarete voi stessi privazione". Gesù disse: "L’uomo vecchio di anni non esiti ad interrogare il fanciullo di sette giorni sul luogo della vita, ed egli vivrà. Poiché molti che sono i primi saranno gli ultimi, e diventeranno uno solo". Gesù disse: "Conosci ciò che sta davanti al tuo viso, e ciò che ti è nascosto ti verrà rivelato, poiché non vi è nulla di nascosto che non venga un giorno rivelato"" (Vangeli apocrifi, Ediz. Einaudi, 1978).

Vasi canopi:  Giare in terracotta che dall'Antico Regno erano destinate alla conservazione degli organi interni del corpo, estratti prima della mummificazione dello stesso. All'inizio erano dotate di coperchio raffigurante una testa umana, identificate con Canopo, personaggio mitologico greco, timoniere di Menelao, sepolto a Canopo, nel delta del Nilo, e lì adorato. A partire dalla XIX dinastia ogni coperchio assunse le sembianze di uno dei figli di Horus. Il vaso con coperchio del sciacallo Duamutef (sacro ad Anubis) conteneva lo stomaco, protetto dalla dea Neith; quello col babbuino Hapi (sacro ad Amon-Ra) i polmoni, protetti dalla dea Nefti; il vaso con il falco Qebehsenue (sacro ad Horus) gli intestini, protetti dalla dea scorpione Selkis; infine quello con il capo umano Imset il fegato, protetto direttamente da Iside. Dalla XXI dinastia in poi gli organi interni vennero dapprima mummificati, e poi deposti all'interno dei V. Essi facevano parte del corteo funebre, in cui erano posti in casse portacanopi trascinate da una slitta. Facevano infine parte del corredo funebre, ed erano deposti a fianco del sarcofago contenete il corpo mummificato. Le quattro figure erano ritualmente collegate ad Anubis (v.) per l'apertura della bocca, e ad Osiride nella psicostasia (v.).

Vaticano: Denominazione dello stato indipendente in forma di enclave (0,44 kmq), situato all’interno del territorio italiano, nella zona occidentale della città di Roma. Tale territorio fu ufficialmente delimitato dal trattato stipulato l’11.2.1929 tra il governo italiano e la Santa Sede, ed è interamente circondato da una cinta muraria continua, dette Mura Leonine. L’intera sua parte orientale è costituita dai monumentali edifici dei Palazzi Apostolici, dei Museu Vaticani e della Basilica di San Pietro. Allo Stato della città del Vaticano, sede apostolica dei pontefici della Chiesa Cattolica Apostolica Romana, appartengono inoltre altri edifici ed aree con requisiti di extraterritorialità, sia all’interno di Roma (San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore, San paolo fuori le mura, e numerosi altri palazzi e chiese) sia fuori di essa, come la residenza estiva di Castel Gandolfo sui colli Albani (dotata di osservatorio astronomico), e la vasta area a N di Roma, che ospita la potente stazione radio di Santa Maria di Galeria. Lo Stato del V. adotta come lingue ufficiali il latino e l’italiano, batte moneta propria, ed è collegato alla rete ferroviaria italiana con una stazione interna alle Mura Leonine. Il V. è uno stato teocratico con carattere di monarchia assoluta, il cui sovrano è il pontefice in carica (monarchia elettiva) cui sono delegati i poteri legislativo, esecutivo e giurisdizionale, da lui parzialmente esercitati mediante alcuni organismi: la pontificia commissione; il governatore, per il normale esercizio del potere esecutivo e, limitatamente, anche legislativo; il consigliere generale, organo consultivo; il giudice unico, per le cause civili, contravvenzioni e simili; coadiuvato da tribunali collegiali, alla cui testa sta il tribunale della Segnatura. Durante la vacanza pontificia, il potere viene esercitato dall’intero collegio cardinalizio.

Vaticano II: Denominazione ufficiale attribuita al ventunesimo (secondo la numerazione tradizionale) concilio ecumenico. La sua convocazione venne annunciata da papa Giovanni XXIII il 25 gennaio 1959, dopo soli tre mesi dalla sua elevazione al trono di Pietro. Dopo una lunga fase preparatoria, la costituzione apostolica Humanae salutis del Natale 1961 ne diede formale avvio, celebrato l’11 ottobre 1962 nella basilica di San Pietro, alla presenza di circa 2500 padri conciliari convenuti da tutto il mondo. La prima sessione si concluse l’8 dicembre 1962. Dopo la morte di papa Giovanni XXIII (3 giugno 1963), il suo successore (Paolo VI) decise di proseguire i lavori del concilio. La seconda sessione durò dal 29.9 al 4.12 1963, cui ne seguì una terza dal 14.9 al 21.12 1964, ed una quarta ed ultima dal 13.9 all’8.12. 1965. Al termine del concilio furono redatte quattro costituzioni, in cui erano schematizzati i risultati acquisiti nel corso dei lavori: 1) Sacrosanctum concilium, sulla liturgia; 2) Lumen gentium, sulla Chiesa; 3) Dei Verbum, sulla Rivelazione; 4) Gaudium et spes, sul mondo contemporaneo. Inoltre vennero approvati nove diversi decreti: sui mezzi di comunicazione sociale, l’ecumenismo, le Chiese orientali cattoliche, l’ufficio pastorale dei vescovi, il rinnovamento della vita religiosa, la formazione sacerdotale, l’apostolato dei laici, l’attività missionaria e la vita dei presbiteri. Infine vennero pubblicate tre dichiarazioni, sull’educazione cristiana, sulla libertà religiosa e sulle relazioni con le religioni non cristiane. Tra i contributi più significativi del concilio, se ne possono citare alcuni a titolo esemplificativo. La liturgia viene considerata come fulcro dell’intera struttura ecclesiale, terreno in cui germinano la fede e la pratica cristiane. La condivisione e l’accostamento alla Bibbia ed alla preghiera comune, reso più accessibile grazie all’impiego delle lingue correnti, in sostituzione del latino. Nella concezione di Chiesa, presentata come sacramento dell’unione con Dio e dell’unità del genere umano, spazi peculiari sono riconosciuti ai laici, dichiarati partecipi del sacerdozio di Cristo. Un ruolo imprescindibile è attribuito ai vescovi, padri nelle proprie diocesi e collaboratori, nell’unico collegio apostolico di cui il papa è capo, principio visibile e fondamento dell’unità dei vescovi e dei fedeli.

Veda: Termine sanscrito che significa "io so", ovvero conoscenza, con cui sono identificate le raccolte di inni, melodie, formule magiche e sacrificali, che costituiscono i libri sacri fondamentali del brahmanesimo (v.). Si tratta di scritti redatti tra il XVI ed il IV secolo a.C., derivati dalla tradizione orale propria al patrimonio indoeuropeo e compilati in tempi diversi. Sono tradizionalmente suddivisi in quattro parti: 1) i Rig.veda, il più antico, che contiene oltre mille inni religiosi molto lunghi, riuniti in dieci volumi denominati Mandala; 2) il Sama-veda, o V. degl'inni, contenente migliaia di versi che vanno recitati o cantati; 3) il Yajur-veda, costituito in gran parte da argomentazioni liturgiche; 4) gli Atharva-veda, o V. dei poteri psichici, composto da venti volumi che trattano essenzialmente di formule magiche e di poteri paranormali. Questo corposo complesso di opere è arricchito dai Sutra (v.) e da molti trattati di scienze varie, detti Vedanga o membra dei V. (v.), tra cui le Upanishad (v.). È da questi testi che trae origine la maggior parte della mitologia indiana. I valori religiosi contenuti sono quelli più rappresentativi e viventi nella popolazione indiana e nelle varie caste che ne costituiscono la storia. Già in tempi protostorici è ravvisabile l'imporsi di queste ideologie sull'antico costume sivaita, il culto aborigeno matriarcale, e sul successivo arrivo degli ari dal culto celeste e solare. Inizialmente il patrimonio religioso vedico era stato sentito come il frutto della saggezza primordiale posseduta dai veggenti (rsi) i quali, meditando nell'etere del cuore, avevano intuito il mistero della creazione come un "vuoto" originario, dal cui calore (tapas) era sorto l'Uno, seme di tutte le cose. Questa saggezza aveva rivelato agli uomini l'ordine cosmico (rta), inteso dai V. come il rapporto analogico tra cosmo e terra: tre ordini di divinità nei cieli e tre caste principali nella società umana. Infatti il mondo celeste, per gli indiani, è suddiviso in questo modo: la sovranità è posseduta dalla coppia Mitra-Varuna, il primo dei quali è signore dei contratti e della fedeltà, mentre il secondo è possessore del potere sacrale (ksatra) che consente l'investitura dei re; seguono le divinità guerriere con a capo Indra, il Signore, dio dell'uragano, accompagnato dalla sua schiera di Marut; infine gli Asvin, i Dioscuri indiani, i Nasatya, le stelle mattutina e vespertina, ed il Soma. Questo triplice ordine cosmico ispira la creazione di tre diverse classi sociali, o caste: i brahmana (v.), i re sacerdoti, custodi del sapere esoterico e dello rta sulla terra, ai quali è riservata la conoscenza e la trasmissione delle tradizioni sapienzali; i ksatriya, i guerrieri, dai quali erano prescelti i re (raja) poi iniziati dai brahmana; infine i vasya, gli agricoltori e gli allevatori, il cui precipuo rapporto con il divino era la devozione (bhakti). Il legame tra ordine celeste ed ordine terreno, l'armonia dei due ordini nello rta, è alimentato e conservato attraverso il sacrificio vedico (yaina). Questo sacrificio è generalmente offerto al dio Agni (il fuoco), la somma forza volitiva ed ispiratrice, nei V. identificato allo rta ed alla verità (satya), e preso a simbolo dello sforzo attivo e contemplativo degli uomini verso gli dei, per i quali Agni è mediatore di offerte votive. Il sacrificio consisteva nell'oblazione di burro fuso (ghrta), di latte, di grani d'orzo o di soma, sia per i riti domestici che per quelli pubblici. Tra i domestici figurava l'Agnihotra, celebrato giornalmente dal capo famiglia o dal cappellano (purohita). Tra i pubblici era importante la consacrazione regale (rajasuya), con il quale il sovrano posto al centro d'uno spazio sacro (mandala) e su un trono ricoperto da una pelle di tigre, veniva consacrato con l'abhiseka, (aspersione di latte, miele, ecc.); erano poi evocati in lui lo rta e lo ksatra. Il più noto tra i sacrifici vedici è quello del cavallo, l'asvamedha, mediante il quale il re veniva proclamato sovrano universale, cakravartin, volgitore della ruota. Un cavallo pregiato, lasciato libero un anno prima, vagava con altri cavalli inseguito dal sovrano, il quale annetteva ai suoi possedimenti tutti i territori attraversati dall'animale. Questo era poi immolato per soffocamento con un panno nel secondo giorno del sacrificio. La simbologia dell'asvamedha consisteva nel far rivivere il corso dell'anno mediante l'animale, che era visto come dio anno ed il simbolo della regalità. Sono infine compresi nel rituale vedico i sacramenti (samskara), che accompagnano l'indiano per tutta la vita: tra questi la concezione sacra (garbhadhana), il battesimo o rito della nascita (jata-karman), l'imposizione del nome (nama-dheya). la consegna del fanciullo di 8-12 anni al maestro (guru) che faceva di lui un iniziato (dvi-ja ovvero due volte nato), il matrimonio (vivaha), il ritiro nella foresta (vanaprastha) ed infine la cremazione del suo cadavere. Vi sono alcuni miti associati all'ideologia vedica, tra cui sono degni di nota il mito di Indra, che combatte contro il mostro Vrtra, che tratteneva le acque celesti. Gli dei, atterriti dal mostro, lasciano ad Indra il compito di sopprimerlo. Questi, con l'aiuto di Visnù, dei Marut e della sua folgore, ne squarcia le spire nubiformi, così consentendo alle acque di fluire sulla terra. Da qui il nome Vrtrahan, uccisore di Vrtra, assegnato ad Indra, da alcuni studiosi comparato a Bellerofonte, l'uccisore della Chimera. Altro mito famoso è quello di Visnù, il principio solare permeante il cosmo, che con tre passi manifesta il trimundio, terra, atmosfera e luce, in cui resta eternamente presente. Infine un ultimo mito, imperniato sulla figura dell'uomo cosmico (Purusa), narrato nel Purusa-sukta. Questa figura divina simbolicamente rappresenta la società vedica, formata dai brahmana, ksatriya, vaisya ed anche dagli sudra, i servi, che venivano tutti fatti derivare dallo smembramento sacrificale di quest'essere in quattro parti: rispettivamente, dalla bocca, dalle braccia, dalle cosce e dai piedi. Dagli altri organi invece si originavano: dalla mente la luna, dall'occhio il sole, dal respiro il vento, e dall'ombelico l'atmosfera. Quasi tutte le scuole e le correnti di pensiero indiane si sono collegate ai V., fino alle moderne correnti hindu, nate da Ramakrsna e Vivekananda, che ancora insegnano a sentire i V. come rivelazione divina.

Vedanga: Insieme di composti tra il VI ed il II secolo a.C., sulla scia dei Veda, comprendono i cosiddetti Sutra (v.), che in stile aforistico insegnano le modalità secondo cui compiere i sacrifici, costruire gli altari, ecc., nonché trattati di fonetica, grammatica, etimologia e metrica. Furono composti al solo scopo di fissare l'esatta pronuncia delle formule rituali, e la giusta salmodia degli inni cantati durante i sacrifici. Il V. ha valore unicamente didattico, e non è considerato frutto di rivelazione divina, come i Veda, ma opera puramente umana.

Vedanta: Termine sanscrito che significa l'ultimo dei Veda, che è la denominazione della principale scuola di filosofia indiana a carattere simbolico e metafisico. È anche nota sotto il nome di Uttara Mimansa, che significa ultima indagine. Fu molto probabilmente fondata intorno al 70 a.C. da Badarayana, in un'epoca in cui fioriva anche la dottrina Samkya (v.). Il V. approfondisce le idee delle Upanishad (v.), l'ultima parte dei Veda che tratta della ricerca del Brahman, od assoluto, e delle manifestazioni del mondo fenomenico. Secondo l'Eliade (Storia delle credenze e delle idee religiose, vol. II, Ediz. Sansoni, 1980) nella dottrina di Badarayana si trovano indicazioni sufficienti a tratteggiare grossolanamente il pensiero V., prima ancora dell'intervento di Sankara. La dottrina della maya (illusione od inganno delle facoltà sensorie) acquista un rilievo centrale. Vi si analizzano soprattutto i rapporti fra Brahman, la creazione, e la maya, rapporti che costituiscono l'oggetto della speculazione vedantica. L'antica concezione della creazione cosmica, in quanto manifestazione della potenza magica (maya) del Brahman, passa in secondo piano rispetto alla funzione che la maya svolge nell'esperienza di ciascun individuo, ovvero la funzione di accecamento. In definitiva la maya è assimilata all'ignoranza (avidya) e paragonata al sogno. Le realtà multiformi del mondo esterno sono altrettanto illusorie del mondo dei sogni. La tendenza ad accentrare il reale in Dio, vale a dire nell'Uno-Tutto, giunge a formulazioni sempre più ardite. Se l'essere è l'eterna Unità-Totalità, non soltanto è illusorio il Cosmo, cioé la molteplicità degli oggetti, ma lo è anche la pluralità degli spiriti. In realtà esiste soltanto un unico essere, Brahman, e allorché il saggio riesce, attraverso la meditazione Yoga, a cogliere sperimentalmente il proprio Atman, si risveglia nella luce e nella beatitudine di un eterno presente. Alla fine del XII secolo il grande filosofo Ramanuja, già seguace di Visnù, formulò la teoria del monismo qualificato (visist-advaita), che considera gli elementi del mondo come qualità manifestate da Dio, aventi pertanto un valore intrinseco. La liberazione (moksa) viene conseguita attraverso la conoscenza, ma soprattutto con la devozione fervente (bhakti) che conduce all'unione con Visnù.

Vedova, Figli della: Espressione con la quale vengono definiti tutti i Liberi Muratori (v. Figli della Vedova).

Vello d'oro: Il mitico mantello dell'ariete (v.) che Mercurio aveva consegnato a Nefele che, in groppa a quello, sottrasse i propri figli Frisso ed Elle all'odiosa persecuzione della loro matrigna Ino. Fu per il suo recupero che ebbe origine l'antica e famosa spedizione degli Argonauti, capitanata dall'eroe Giasone.

Venerabile: Titolo massonico attribuito al Primo Dignitario di Loggia, anche nel suo superlativo assoluto (v. Maestro Venerabile).

Venere: È il nome attribuito dai latini alla dea greca Afrodite (v.). Presso le popolazioni italiche era considerata la dea della primavera, della grazia, della bellezza, della concordia e della socialità tra gli esseri umani. Y (Massoneria) Nelle Logge massoniche una raffigurazione di V. viene posta accanto al seggio del Primo Sorvegliante, il Dignitario delegato a trasmettere ai Compagni d'Arte la conoscenza, ovvero la dote della Bellezza, che dovranno poi esaltare. La Bellezza, riferita naturalmente all'interiorità, viene considerata la caratteristica prima che deve distinguere il Libero Muratore che aspira ad incedere sui sette Gradini (v.) che conducono alla Maestranza.

Vergine nera:  Numerose sono in Europa le raffigurazioni della V considerate sacre. Quella venerata nel santuario di Oropa (Biella) è forse la più famosa: è alta un metro e 32 centimetri, con una coroncina di gusto gotico sul capo, ed è in legno di cirmolo colorato in nero nelle parti scolpite. Il volto è brunito, secondo una tipologia non rara e che si riscontra in molte parti d'Europa fra il XII e il XIII secolo. Il volto brunito della statua potrebbe evidenziare la volontà di tradurre figurativamente il versetto del Cantico dei Cantici "Bruna son io e pur leggiadra, non state a guardare se io son bruna, perché mi ha abbronzato il sole" oppure parrebbe avvalorata l'ipotesi dell'uso, soprattutto in area Medio Orientale, di antiche statue egiziane raffiguranti soprattutto la dea Iside, poi reimpiegate per l'adattamento al culto cristiano. Un'ultima ipotesi vede nella brunitura del volto l'influenza esercitata dall'iconografia di divinità galliche e romane, spesso brunite, venerate in cripte sotterranee come taumaturgiche per la fecondità ed il parto. La V. di Oropa (fig 1) è rappresentata in piedi, con il Bambino seduto sul braccio sinistro ripiegato. La più recente critica ritiene che la statua possa essere stilisticamente riferita ad un ignoto artista valdostano, e databile al finire del XIII secolo. Alcune ipotesi scientifiche sulle ragioni del colore scuro delle V. sono: · annerimenti per cause chimiche e temporali; · l'impiego di un particolare tipo di legno scuro; · l'unione della tradizione bizantina con il reimpiego cristiano di gruppi egizi in ebano; · la già citata influenza esercitata dalla iconografia di divinità galliche e romane talvolta brune. Tra le più note V. ricordiamo: ¨ La Madonna nera del Sacro Monte di Varese, in uno sperduto convento di Romite Ambrosiane Qui il padre cappuccino G. B. Aguggiari, volendo agevolare il flusso dei numerosi pellegrini, ottenne dal giudice delle strade l'autorizzazione a costruire una nuova via che salisse comodamente al monte. Per offrire al pellegrino spunti di preghiera durante il cammino, la strada venne trasformata in via sacra, dove meditare sui misteri del Rosario. San Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano, sostenne il monumentale progetto assieme al fratello, il ben noto cardinale Federico, e in piena controriforma ne fece un baluardo contro il protestantesimo. ¨ La Madonna nera (fig. 2) di Tresivio (Sondrio), cui sono state dedicate molte tabelle e quadri votivi, che testimoniano la grande devozione dei fedeli di tutta la Valle per le numerose grazie ricevute. ¨ Nostra Signora di Czestochowa (fig. 3), venerata nel monastero polacco costruito dal re di Opole Ladislao sul Jasna Gora, incoronata nel 1717 dopo la vittoria sull'esercito svedese; ¨ Santa Maria nel Santuario di Sovereto, a pochi chilometri dal famoso Castel del Monte (Terlizzi). In esso oltre all'immagine della V., fra le più belle in assoluto, sono visibili l'altare maggiore, restaurato di recente, tre lastre tombali appartenenti a due cavalieri Templari ed un chierico, e il simbolico albero dalla triplice radice. Il luogo, avamposto Teutonico e Templare, era ed è un omphalos, dove la natura convoglia le sue forze telluriche; ¨ Santa Maria, nell'omonima chiesa eretta in san Nicola, una delle isole Tremiti, inserita nell'imponente fortificazione dell'Abbazia, dove si respira ancora l'atmosfera medievale, fra simboli e segreti legati all'adorazione di una Madonna dal colorito bruno; ¨ Nella cripta di Notre Dame de la Mer (IX secolo) è custodita una Madonna nera, denominata Sara dai gitani, che ogni anno si riuniscono qui da tutto il mondo a maggio per onorare e celebrare la loro patrona; ¨ Nel complesso di Montserrat, la montagna segata alta 1.236 metri che ha ispirato anche Wagner per il Parsifal si trova il monastero, posto a 720 metri di altezza, fondato nel 1205 su un precedente edificio sacro del secolo IX da Oliva, abate del monastero benedettino di Ripoli. All'interno della Basilica di Santa Maria, edificata nel 1592, è custodita la statua romanica della Mére de Dèu de Montserrat, la Madonna nera patrona della Catalogna, detta la Moreneta; ¨ Degno di attenzione è il Museo Frederic Marès, grande scultore e collezionista di arte religiosa: qui è possibile ammirare alcune V. molto interessanti.  Y  (Esoterismo): La V. è sicuramente collegata al culto di Iside (v.) con in braccio il figlio Horus (v), diffuso fino al VI secolo sia in Oriente che in Europa, cui si riferiscono quasi tutti i rituali iniziatici. Ne furono influenzati soprattutto i Cavalieri dell'Ordine Templare, sensibili al fascino d'ogni dottrina esoterica, come Sufismo ed Islam, che lo parafrasarono a fondo. Il relativo simbolo iconografico venne introdotto nelle loro Cappelle, Chiese ed Abbazie, diffuse ovunque e tuttora esistenti in varie località, anche africane (Alto Egitto, Etiopia, ecc.). All'inizio venne sfruttato piuttosto diffusamente il riciclo di antiche immagini egizie, adattate ed esibite per la venerazione, specie in antichi templi pagani convertiti al culto cristiano. Intendeva evidenziare simbolicamente il loro amore per la verità assoluta ed adogmatica, scevra d'ogni servilismo e da ogni imposizione insultante le loro profonde conoscenze. Il colore nero, che ricorda il culto del Baphomet adottato dagli Assassini (v.), evidenzia la rilevanza dell'occulto sulle conoscenze superficiali note ai profani. Rappresentava le perle, da negarsi sa ai cani che ai porci, ovvero al volgo ignorante poiché non iniziato.

Vino: Bevanda tra le più diffuse nel mondo, seconda soltanto all'acqua, conosciuta almeno dai tempi del diluvio universale. Infatti dopo l'approdo dell'Arca sulla cima del monte Ararat, Noè stesso avrebbe scoperto la possibilità di produrre questo gradevole ed inebriante liquido spremendo i grappoli d'uva dei vigneti posti sui fianchi del monte, dando così avvio all'enologia. Nella Grecia antica il V. rappresentava la bevanda dell'immortalità, facendo di Dioniso (il romano Bacco) il dio della vite, del V. e del delirio mistico. Il mito sostiene che tale dio fosse stato attratto da un grappolo d'uva che, poi pressato, produceva un liquido purpureo. Questo donava a chi lo beveva un giusto ed equilibrato ritemperamento delle forze, la capacità di scordare pene e dolori, provando solo ebbrezza ed euforia. Il dono di Dioniso, considerato dio della liberazione, aveva quindi contribuito al benessere del corpo ed alla serenità dello spirito, offrendo agli uomini una più compiuta ed euforica concezione della vita. Aveva così aperto la strada dell'emancipazione, conseguibile attraverso la totale eliminazione di ogni tabù (v.). Un vecchio proverbio francese, riprendendo l'espressione "in vino Veritas" di Plinio il Vecchio, sentenzia che "prima di Noè l'uomo non poteva scoprire la verità, poiché non beveva che acqua". Y (Simbologia): Il V. è sistematicamente associato al sangue, anche dalla medicina, ed è considerato bevanda di vita e di immortalità. Lo dimostra il fatto che l'ambrosia non mancava dalla mensa degli dei dell'Olimpo, avendo come illustre coppiere addirittura Mercurio Hermes, di norma messaggero degli dei stessi. Per l'ebbrezza da esso provocata, le tradizioni semitiche ne fanno il simbolo della conoscenza e dell'iniziazione ai grandi Misteri. Tale ebbrezza psico-fisica arricchisce e stimola le facoltà mentali, liberando l'uomo dai condizionamenti che il mondo impone alla coscienza imprigionandola. Nel mondo pagano ha sempre svolto funzioni specifiche nei sacrifici cultuali, in cui veniva molto sfruttata la nozione di alimento divino. Ne è stato talvolta proibito l'uso dopo l'avvento delle religioni monoteistiche, in quanto considerato simbolo dello smarrimento inviato da Dio quale punizione di uomini e nazioni infedeli e ribelli (Geremia), o poiché espressione della collera divina (Isaia, Apocalisse). · Il Cantico dei Cantici ne elogia invece le qualità, ed Origene (v.) arriva ad accostare il V. alla gioia, allo Spirito Santo, alla Saggezza ed alla Verità, un elogio presente negli antichi Misteri, nella leggenda del Santo Graal (v.) e nello stesso culto cristiano. · Omero (Odissea, XVI) ne parla come di bevanda "che mi spinge, che fa cantare anche il più saggio tra gli uomini, facendolo ridere e costringendolo a danzare mollemente, a dire cose che andrebbero taciute". · Nel Talmud è detto che "Alla testa di tutte le medicine c'è il V., ed i farmaci diventano necessari solo quando esso manca", come anche "Come il V. migliora invecchiando, così le parole della Torah (v.) migliorano il loro effetto invecchiando nella mente dell'uomo". Ed ancora: "Non c'è gioia senza V.", e "Il V., così come le parole della Torah, rallegra il cuore". Le tradizioni associate alla celebrazione del Purim (v.) incoraggiano a bere fino all'eccesso. · Cratino (203 a.C.) ribadisce che "Se bevi solo acqua non puoi partorire alcunché di buono". · Il Corano (v.) ne sostiene ripetutamente il consumo, considerando il V. "bevanda dell'Amore divino", e simbolo della conoscenza iniziatica riservata ai soli eletti". · Per il Sufismo (v.) il V. rappresenta l'amore, il desiderio ardente e l'ebbrezza spirituale, ed il Roseto del Mistero (trattato sufo) dice: "Bevi a lunghi sorsi il V. dell'annientamento. Bevi il V., poiché la coppa non è che la faccia del vero amico". · Nei Veda (v.) è stata l'aquila, uccello solare, a portare il V. all'uomo. · Il Taoismo (v.) esalta i saggi bevitori che consumavano il V. attraverso complessi preparativi rituali. · Il Martinismo (v.) considera il V. "agente attivo generato nella Grande Opera (v.), in quanto Zolfo alchemico, legato al fuoco ed alla Terra, simbolo quindi del matrimonio dello Spirito con l'Aria, ovvero della Saggezza con la Passione". · Anche Martin Lutero (v.) ne incoraggia il consumo, sostenendo che "chi non ama il vino, le donne ed il canto rimane uno stolto per tutta la sua vita opaca". · Per la Chiesa il V. è simbolo del sangue di Cristo associato al pane eucaristico, ed è oggetto di invocazione allo Spirito Santo nel "Veni, sanctificator" che nel V. genera, riempie e trasforma (Jung). Y (Massoneria): Gli Antichi Doveri (v.) esortano alla moderazione nel consumo del V., imponendo a non spingere alcun Fratello a berne oltre la sua propria inclinazione naturale, evitando in assoluto l'ubriachezza. Ma occorre considerare che un azzimo (v.) ed un sorso di buon V. tengono indubbiamente ogni Massone lontano dal giudizio severo, quindi "Bere come un Templare" (Il Laboratorio N. 41 di Luglio 1999, Simbologia del vino, di Sergio Jonas, Grande Oriente d'Italia, Collegio Circoscrizionale della Toscana).

Vischio:  Pianta semiparassita e sempreverde, dalle foglie carnose verdi giallastre, con bacche sferiche il cui colore varia, dal bianco perlaceo al giallastro, a seconda della pianta sulla quale crescono, dal pino silvestre alla quercia. Ha conservato valori simbolici e magici sin dal tempo celtico dei Druidi, ed è tuttora considerato un efficace amuleto contro le disgrazie ed ogni influsso negativo. I Celti lo consideravano misterioso, dono degli dei poiché privo di radici, nato dov'era caduta una folgore, simbolo della discesa del dio e quindi di immortalità e rigenerazione. I Druidi lo ritenevano sacro, come l'albero sul quale era cresciuto e, a detta di Plinio il Vecchio, veniva raccolto nel corso di particolari riti mistici con grande devozione, al secondo giorno della luna, soltanto con la mano destra (per evitare effetti contrari) e mediante un falcetto d'oro, e poi deposto in un bacile pure d'oro. Veniva immerso nell'acqua, che era distribuita a quanti desideravano guarire da qualche malattia o preservarsi da malanni e guai futuri, un'usanza che in Francia doveva sopravvivere fino agli inizi del XVI secolo. Il V. si trova al centro delle vicende dell'Eneide, dov'è chiamato «Ramo d'oro», titolo di un'opera di James F. Frazer pubblicata a Torino nel 1963.

Volgata:  Versione latina della Bibbia denominata anche Vulgata.

Vulgata:  Versione latina della Bibbia adottata dalla chiesa cattolica (detta anche Volgata), eseguita da Gerolamo (IV secolo), il quale nella traduzione si ispirò a criteri di fedeltà al senso del testo più che alla forma letteraria. Della V. di Gerolamo, presto diffusasi nel mondo cristiano, ci rimangono circa 8000 manoscritti. Messa in dubbio da diversi studiosi umanisti, e soprattutto da Erasmo da Rotterdam (v.), l'autenticità della V. venne invece solennemente affermata  dal Concilio di Trento. Nella sua quarta sessione (8.4.1546), dopo averne stabilito il canone, la V. fu dichiarata autentica. Lo stesso Concilio diede però avvio ad una sua revisione. Attraverso un lungo e travagliato lavoro, si pervenne a due nuove redazioni, la Sistina (da Sisto V, 1590) e la Clementina (da Clemente VIII, 1598), che hanno fra loro circa 3000 varianti. All'inizio del XX secolo Pio X incaricò i benedettini di collazionare le varianti degli 8000 manoscritti e delle molte citazioni patristiche per elaborare il testo critico della V.