Triteismo: Termine che definisce un’eresia trinitaria che ammetteva in Dio non solo le tre distinte persone, ma anche tre diverse nature. Sorta nel VI secolo per opera di un religioso di nome Filopomo, venne in seguito rispresa da vari teologi, tra i quali Gioachino da Fiore (1135-1202), la cui dottrina fu condannata nel 1215 dal Concilio Lateranense IV (v. Gioachimiti).

Troia: Antica città, capitale della Troade (Turchia), i cui resti furono localizzati sulla collina di Hisarlik, presso l’imbocco sud-occidentale dei Dardanelli. Una serie di campagne di scavi condotta da H. Schliemann tra il 1870 ed il 1890, pare abbia dimostrato trattarsi della T. omerica. In seguito le esplorazioni archeologiche furono continuate dal Dörpfeld (1893-94) e da Blegen (1932-38), ed i sette livelli identificati da Schliemann divennero ben 46, come conseguenza delle sempre più accurate analisi dei dati di scavo e della stratigrafia, che verificarono una continuità d’insediamento dall’antica età del bronzo sino al periodo ellenistico e romano, allorché venne edificata la città di Ilium novum. Omero aveva ricordato precedenti distruzioni di T., prima di quella degli Achei. Di fatto i primi cinque strati degli scavi appartengono alla prima età del bronzo, dalla fine del IV a quella del III millennio a.C.: T. era un centro saldamente fortificato, e la cultura dei suoi abitanti, che presenta connessioni con quelle egee di Lesbo e di Lemno, era di livello piuttosto elevato. Particolarmente prospera appare la città del II strato, cui va riferito il tesoro di gioielleria e di vasellame che lo Schliemann attribuì a Priamo, e che appare distrutta da un violento incendio. I tre strati successivi appartengono alla stessa cultura, ma testimoniano una fase di decadenza. Comunque dopo il 2000 a.C. la città fortezza fu occupata da un altro popolo, che conosceva il cavallo, e che sviluppò un’intensa attività edilizia, costruendo tre successive cinte di mura con portali e torri di difesa. La città del VI strato fu distrutta, verso il XIV secolo a.C. da un rovinoso terremoto, ma i superstiti proseguirono la loro cultura. Il VII strato, che presenta tracce d’incendio e di violenta distruzione, va quasi certamente identificato con la T. omerica. La città fu comunque rioccupata e ricostruita dai superstiti (strato XVII b), su cui però s’impose (strato XVII b2) il dominio di una popolazione primitiva, probabilmente proveniente dalla Tracia (fine del XII secolo). A questo punto pare che la località sia rimasta abbandonata per circa quattro secoli, fino all’arrivo dei primi coloni greci. La T. greca, resa illustre da un maestoso santuario di Atena edificato sull’Acropoli, seguì il destino della regione: fu distrutta da Fimbria, luogotenente di Mario, come punizione per le sue simpatie per Silla (86-85 a.C.), e subito ricostruita, e prosperò fino al IV secolo d.C. (v. Troia nordica)

-Troia nordica: Plutarco (v.) nel suo saggio "Il volto che appare sulla Luna", aveva ipotizzato che i viaggi di Ulisse si fossero svolti nei mari nordici, ovvero nel Baltico, e che l’isola Ogigia fosse situata nel nord Atlantico. A questo occorre aggiungere che fin, dai tempi antichi, la geografia omerica ha originato problemi e perplessità, poiché si riferisce ad un mondo non sempre confrontabile con la realtà fisica del contesto greco-mediterraneo, presentando numerose ed incomprensibili anomalie. Felice Vinci, un ingegnare nucleare italiano, partendo dalla teoria di Plutarco, da più di un decennio si è dato ad un ampio monitoraggio delle fonti della mitologia nordica. Pur condizionato dai limitati mezzi disponibili, ha compiute diverse escursioni nelle terre che si affacciano sul mar Baltico, arrivando a conclusioni rivoluzionarie rispetto a quelle ufficiale e storiche. Il Vinci, partendo dalle asserzioni alternative e seguendo la rotta percorsa da Ulisse ed indicata dall’Odissea, dopo la sua partenza dall’isola (identificabile con una delle Fär Oer), ha localizzato la terra dei Feaci, la Scheria, sulla costa meridionale della Norvegia (nell’antica lingua nordica skerja significa scoglio). Partendo ancora dalla costa norvegese, precisi riscontri gli hanno consentito di individuare l’arcipelago in cui Omero colloca Itaca, in un gruppo di isole della Danimarca. Inoltre è riuscito ad identificare la stessa Itaca con l’isola danese di Lyo, le cui caratteristiche geografiche e topografiche combaciano perfettamente con le indicazioni omeriche. Quanto ad Ulisse, il Vinci ha individuato significative convergenze tra la sua figura e quella di Ull, guerriero ed arciere della mitologia nordica; inoltre le sue avventure sono localizzabili lungo la costa norvegese, lambita da un ramo della corrente del Golfo, a sua volta identificabile con il mitico fiume Oceano. Nella sua ricerca della Troade, in un’area nel sud della Finlandia, ad ovest di Helsinki, ha identificato molte località i cui nomi ricordano in modo impressionante quelli dell’Iliade, in particolare degli alleati dei Troiani, enumerati da Omero dopo il "catalogo delle navi": Askainen (l’Ascania), Reso, Karjaa (i Carii), Nästi, Lyökki (i Lici), Tenola, Killa (Cilla), Esbo, Kiikoinen (i Ciconi), Aijala, e molti altri ancora. Al centro dell’area così individuata, si trova oggi Toija, un pacifico villaggio finlandese, il cui territorio circostante conferma la precisa coincidenza con le descrizioni dell’Iliade: lo dimostrano tra l’altro l’altura che domina la vallata con i due fiumi, la pianura che raggiunge la costa ed i monti dell’entroterra. Nei suoi due libri pubblicati, Homericus Nuncius e Omero nel Baltico, Felice Vinci ha fuso archeologia e filologia omerica, accumulando una lunga serie di indizi che avvalorano sempre più la sua affascinante ipotesi, per cui ora, per usare un’espressione dell’autore, la parola dovrebbe passare alla vanga dell’archeologia ufficiale (v. Troia).

Tronco della Vedova: Borsello o sporta in cui ogni Libero Muratore depone anonimamente la propria oblazione a scopo esclusivamente filantropico (v. Sacco dei poveri). Il T. viene fatto circolare prima della chiusura dei Lavori rituali, di norma, insieme al Sacco delle Proposte Tacite (v.), a cura del Fratello Elemosiniere, e consegnato direttamente al Fratello Oratore che ne controlla il contenuto riferendo alla Loggia il risultato. Le oblazioni, come evidenziato dalle norme del Comportamento (v.), vanno inserite nel T. con la mano sinistra, quella del cuore, il lato spirituale, ed al termine dell’offerta non va mai aperta, dato che dal T. si può anche prelevare se si è in stato di bisogno, una condizione che non va certo ostentata.

Tubalcain: Parola di passo (v.) dell’Apprendista Libero Muratore e, sia nella ritualità delle Obbedienze nordiche che nel rituale del R.S.A.A., anche del Maestro Massone. Il termine, scritto anche Thubalcain, è riportato nell’Antico Testamento, dov’è attribuito al figlio di Lameth, il quale inventò l’arte di lavorare i metalli. In ebraico il termine significa possesso del mondo, e quindi (secondo il Ragon) esprime la potenziale influenza delle dottrine massoniche su tutti i popoli della terra. Negli ultimi tempi è diventato molto diffuso, nell’intero mondo massonico, un distintivo particolare, costituito da una mazza e da due palle da golf, il cui insieme, in lingua inglese, viene denominato "two ball caine", la cui pronuncia corretta (tuubolchein) ricorda proprio la parola di passo T.

Tutankhamon: Faraone egizio della XVIII dinastia (ca. 1575-1808 a.C.), figlio di Amenophis III e della regina Tuye, e sposo di Anhesenamon, figlia di Amenophis IV (v. Akhenaton) e della regina Nefertiti. T. salì al trono all’età di nove anni, e morì a diciotto. Durante il suo regno (ca. 1358-1349 a.C.), T. riportò in auge il culto di Amon tebano, dopo il tramonto dell’eresia amarniana. Sovrano di scarsa importanza storica, tantoi da essere quasi sconosciuto, poiché il suo nome era stato cancellato dalla lista dei sovrani dell’Egitto. T. è comunque diventato molto celebre agli inizi del XX secolo, per il ritrovamento da parte di una spedizione archeologica inglese della sua tomba ad ipogeo nella Valle dei Re (26 novembre 1922). La spedizione era guidata da Howard Carter, ispettore dei monumenti dell’Alto Egitto e poi archeologo, ed era finanziata da Lord Carnarvon, deceduto subito dopo la scoperta in seguito ad una banale puntura di zanzara. Si era trattato del ritrovamento di un sepolcro regale ancora sigillato, mai violato da ladri sacrileghi, un caso veramente unico nella storia dell’archeologia. I sigilli egizi erano in argilla, e recavano incisi il nome del sovrano. Sul sigillo era riprodotto uno sciacallo, rappresentante il dio Anubi (v.), e nove personaggi prigionieri, inginocchiati e con le mani legate sulle spalle. -Nella camera funeraria vi erano quattro cappelle di legno dorato, di cui la prima era stata forzata, mentre la seconda portava ancora i sigilli originali. Queste cappelle, incassate una dentro l’altra, custodivano il feretro ed i tre sarcofagi di T. Il feretro era in quarzite, e racchiudeva il primo sarcofago il legno dorato. All’interno di questo vi era un secondo sarcofago ancora in legno dorato, ma molto più ricco del primo. All’interno un ultimo sarcofago, la bara vera e propria, costruita in oro massiccio a 22 carati e pesante ben 1110 kg. nel suo interno la salma mummificata, con la splendida maschera funeraria ormai nota in tutto il mondo. Il faraone era raffigurato come Osiride, dio dei morti, con le mani incrociate strette sui simboli del potere: lo scettro e la frusta. Il capo era ricoperto dall’acconciatura a raggi denominata nemes, ornata con il cobra e l’avvoltoio, i protettori del sovrano. Il ricchissimo tesoro riportato alla luce in sette settimane di intenso lavoro, comprendeva tra l’altro un prezioso vaso di alabastro destinato a contenere profumi, la cui forma rappresenta l’unione del loto e del papiro, piante simboleggianti l’Alto ed il Basso Egitto. Vi erano tre letti rituali, decorati con teste di ippopotamo, di mucca e di leonessa, rappresentanti le dee Amrit, Mehet Uaret (v. figura all’uscita della tomba) ed Iside Mehet. Compito di questi letti era la rigenerazione dell’anima (v. Ka) del defunto. I mobili, le sedie, il trono, i ventagli, i bauli ed i cuscini servivano al sovrano per la sua vita nell’aldilà. Per nutrirsi aveva scatole di cibo raffinato, recipienti di bevande, insieme agli ushabiti, i servitori che svolgevano ogni lavoro per lui. Essendo stato in vita un bravo guerriero, fu munito di carro da battaglia e di armi, così come di materiale scrittorio. Per i momenti di svago venne sepolto con giochi e strumenti musicali. I gioielli rinvenuti nella tomba avevano fini decorativi ma anche poteri magici. La catalogazione dei reperti e la successiva esplorazione metodica e scientifica della tomba di T. proseguì poi per oltre dieci anni. Il suo splendido tesoro è oggi interamente esposto nel Museo del Cairo, insieme al decisamente spettacolare corredo funerario. Hanno fatto notizia sia la scoperta della tomba che i protagonisti di questo avvenimento storico. Oltre all’improvvisa morte di Lord Carnarvon, si registrarono i decessi di altre persone coinvolte nell’apertura della tomba reale. Questi fatti furono associati ad una frase scritta nella tomba di T., che diceva: "La morte si avvicinerà rapidamente a chiunque osi disturbare il riposo del faraone", una frase ovviamente diretta contro i profanatori di tombe. Senonché, proprio a causa della morte di tali persone, avvenute sempre in circostanze particolari (un accidentale colpo di pistola, un suicidio od una caduta), si cominciò a parlare, e se ne parla tuttora in tutto il mondo, della "maledizione di T.".