Teocrasia: Termine derivato dal greco teoz (dio) e cerannumi (mescolare), indicante la fusione di più divinità che spesso si verifica nelle religioni politeiste. In Egitto, la diffusione del culto di Osiride fu accompagnata dal progressivo assorbimento delle figure di altre divinità. Il dio supremo di Menfi, Ptah, già sovrapposto ad un processo di identificazione con Sokaris, dio dei morti, entrò in simbiosi con Osiride nel culto funerario, dando luogo all’unica figura di Ptah-Sokaris-Osiride. Nel periodo della supremazia di Tebe, Amon, dio della città, si identificò con le maggiori divinità egiziane: Re’ o Ra, il dio sole, ed Osiride. La T. può nascere come fenomeno spontaneo, in seguito all’evolversi della sensibilità religiosa o ad avvenimenti contingenti che determinano nuovi contatti fra credenze religiose diverse, ma può anche essere il risultato consapevole di una speculazione teologico-religiosa. Fenomeni di T. sono spesso conseguenza di una concezione della divinità che ne sottolinea una qualità particolare od un aspetto, tanto da identificarla, magari apparentemente, con un’altra, come accade nelle forme duali di nomi divini vedici: Indragni, da Indra ed Agni, è Indra per le caratteristiche religioso-cultuali, che sono proprie anche di Agni, e che vengono a prevalere su altre, determinando il significato complessivo della divinità. Spesso i fenomeni di T. sono connessi allo sviluppo di formazioni sincretistiche; nell’età dell’ellenismo, grazie alla ricca fioritura sincretistica, si ebbero vari processi di identificazione di divinità greche, romane ed orientali, con risultati che trascendevano le singole figure divine assimilate: per es. Giove Dolicheno non era né il Giove romano né il Baal di Doliche, ma una nuova realtà risultante dalla sintesi delle precedenti.

Teodicea: Dimostrazione della razionalità complessiva del mondo creato, che tende ad escludere il male o la possibilità che questo sia in contrasto con la giustizia divina. Questa "giustificazione di Dio" venne tentata per la prima volta da Leibniz, cui è dovuta anche l’invenzione del termine. Nell’Essay de Theodicée sur la bonté de Dieu, la liberté de l’homme et l’origine du mal (1710), Leibniz intende appunto controbattere le obiezioni avanzate da Bayle alla giustizia divina, dimostrando che l’esistenza del male nel mondo non è in contrasto con la provvidenziale bontà di Dio. La considerazione del rapporto tra Dio ed i possibili mondi, porta anzi il filosofo ad affermare che quello effettivamente creato è "migliore possibile dei mondi". Il male è un fatto esistente, ma non va fatto risalire alla imperfezione del creato, bensì alla libertà dell’uomo. Inoltre quest’ultima si concilia con la predestinazione divina, in quanto libertà non è sinonimo di indifferenza, bensì semplice assenza di costrizione. Più tardi, per l’influenza del Cousin, il termine T. divenne sinonimo di indagine filosofica su Dio, confondendosi così con la stessa teologia naturale razionale.

Teodoxico, Culto Universale: Culto fondato nel 1824 dal teosofo Antoine Fabre d’Olivet (1767-1825), che lo definì il "frutto di un’ispirazione divina che abbraccia l’universalità delle cose". I membri della setta erano chiamati Cultori uraniti della Sempre-viva o Celicoli. Secondo il d’Olivet, lo scopo ultimo dei Misteri è quello di insegnare agli Iniziati (v.) la possibilità di ricongiungersi con Dio attraverso l’alleggerimento del peso della materia, la libera proiezione fuori del circolo delle generazioni, e l’elevazione fino alla sorgente dell’esistenza. Secondo Leon Cellier (Fabre d’Olivet, la vera Massoneria, Ediz. Basaia, 1986), "D’Olivet non aprì mai il suo Santuario alla folla. Come la maggior parte dei pitagorici, pensava che la folla è cattivo giudice di quello che è buono e bello. Egli celebrava il suo culto in un alloggio modesto ed appartato. Piace immaginarlo ritto ai piedi del suo misterioso altare, vestito della bianca veste di lino prescritta dal rituale pitagorico, adorare le sante energie dell’Universo, ovvero l’Uno molteplice nell’insieme delle sue infinite manifestazioni, offrendogli il pane, il vino, i frutti della terra, conformemente alla dottrina originale di Pitagora".

Teofagia: Consumazione delle carni di vittime sacrificate, identificate con la divinità stessa. Una forma implicita di T. si realizza anche attraverso l’offerta, come vittime, di animali che hanno con la divinità legami mitologici ed iconografici, come presso i Greci la cerva con Artemide, ed il toro con Zeus, e presso gli Egizi il bue con Seth (v.). Casi di T. sono anche dati dalla consumazione di cibi o bevande particolari (soma per i Veda9 consacrati ad una determinata divinità. In ogni caso dev’essere presente ai sacrificanti-consumatori il carattere divino delle vittime o delle sostanze ingerite. Presso le tribù australiane è diffusa l’usanza di nutrirsi ritualmente delle carni dell’animale totemico una volta all’anno, contro l’usuale proibizione, in segno di rinnovata alleanza e di rigenerazione delle forze vitali. Tale cerimonia è affine all’usanza dei beduini del Sinai di consumare ritualmente carne di dromedario. In certe forme di cannibalismo rituale (Messico), l’uomo sacrificato e mangiato veniva identificato con la divinità.

Teofania: Termine derivato dal greco deojaneia, da deoz, dio e jainomai, apparire, che definisce la manifestazione sensibile della divinità. In tutte le religioni l’idea di T. si lega al suddetto significato. Il termine acquista un significato specificatamente filosofico in Scoto Eriugena; l’intero mondo creato è la T. di Dio, ovvero T. è il processo che da Dio discende all’uomo con la creazione, per ritornarvi attraverso l’amore. Al di fuori di tale specifico impiego filosofico, il concetto assume significati e modalità assai diverse, a seconda dei popoli e delle tradizioni. Si può affermare che tutto il mondo antico è saturo di T.: dalla tradizione persiana di Zoroastro (v.) all’identificazione egizia della figura del faraone (v.) con la divinità solare, alle apparizioni di Yehowah nell’Antico Testamento. Anche il Nuovo Testamento riprende il concetto di T., e lo attribuisce all’Incarnazione del Verbo di Dio, ovvero alla figura di Gesù Cristo (v.).

Teogonia: Genealogia degli dei (teogonia), descrizione della nascita degli dei, spesso collegata con la cosmogonia (v.) di cui costituisce uno stadio successivo. Abbozzi di credenze teogoniche si ritrovano anche nelle religioni primitive che pongono l’esistenza di un numero limitato di divinità, ma lo sviluppo più ricco della T. si ha nelle religioni politeiste, anche in connessione con la formazione del mito come racconto sulle origini della realtà. L’evoluzione storica dei grandi politeismi, con la formazione dal nucleo originario di nuove figure divine, rende necessaria una razionalizzazione del mondo eterogeneo e stratificato delle divinità corrispondenti a diversi momenti dello sviluppo storico e religioso. Tale razionalizzazione è possibile sulla base di una visione antropomorfica della divinità, che consente di istituire rapporti generazionali attraverso intrecci di amori e matrimoni: dagli dei più antichi discendono i più recenti o di significato locale, od addirittura gli eroi (dall’antichissima Latona nascono Artemide ed Apollo, il quale è padre di eroi ed indovini). In tal modo la tradizione religiosa, storicamente modificatasi nel tempo, viene organizzata in una unità coerente e compatta. L’emergere di connotazioni cosmiche in certe divinità, o la sottolineatura di legami con eventi e fenomeni naturali, fa spesso convergere temi teogonici e cosmogonici (la separazione tra cielo e terra può essere interpretata come lo sciogliersi dell’abbraccio di un dio-cielo e di una dea-terra: Urano e Gea nella mitologia greca, Rangi e Papa in Polinesia, oppure di un dio-terra e di una dea-cielo: Geb e Nut in Egitto). Spesso all’interno di una stessa cultura si formano più T.: nell’antico Egitto se ne conoscono diverse, anche se la più nota è quella eliopolitana del faraone eretico Akenaton: il dio primordiale Aton (o Atum) genera Shu (l’aria) e Tefnut (l’umidità), da cui nascono Geb e Nut, che a loro volta generano Osiride, Seth, Nefti ed Iside. Presso i popoli mesopotanici ogni città aveva una propria T. legata al racconto delle origini della città stessa. Al tempo dell’egemonia babilonese il poema della creazione narra di Marduk (l’assiro Assur) che, vinto il caos, genera le altre divinità. Le T. del mito greco sono contenute, in massima parte, nell’opera omonima di Esiodo. Anche nei Veda si parla di vari rapporti genealogici tra gli dei. Nel Kojiki, opera teogonica dello shintoismo, vi è una forte caratterizzazione cosmogonica: perfino le piccole isole del Giappone sono fatte nascere dall’unione della coppia divina Izanagi-Izanami. Talvolta nelle religioni primitive la T. sboccia in una antropogonia, in quanto il primo uomo è considerato figlio dell’Essere Supremo. Analogamente nelle religioni politeiste, grazie anche ai rapporti intercorrenti tra mondo divino e mondo umano, i capostipiti sono spesso fatti discendere direttamente dagli dei (Enea è considerato figlio di Venere-Afrodite).

Teogonia: Denominazione di un poema epico (Qeogonia) scritto da Esiodo nell’VIII secolo a.C. In questo racconto la genealogia degli dei dell’Olimpo greco si sviluppa dopo il superamento del caos, in cui si dispiega la totalità delle cose, che da uno stato di mescolanza informe sono costrette ad ordinarsi in forme razionali. Nella T. il tipico pessimismo di Esiodo si attenua nella fiducia in un ordine imposto da Zeus. L’opera ha interesse per il materiale mitologico che conserva, e per il tentativo di interpretare secondo concetti razionali i vecchi miti della religione greca.

Teologia: Termine derivato dal greco deologia, che definisce la scienza di Dio, considerato in sé stesso e nei suoi rapporti con le creature. Nell'ambito di questa definizione generale occorre poi distinguere tra la T. sacra, che si fonda sulla rivelazione positiva di Dio ed è rivolta alla comprensione razionale del dato di fede, e la t. razionale o naturale, che si fonda su principi esclusivamente razionali, e rappresenta il coronamento delle metafisiche teistiche. La T. in senso stretto nasce nel pensiero occidentale dall'incontro tra l'idea cristiana di rivelazione e la speculazione filosofica greca, che viene applicata alla comprensione ed elaborazione sistematica del dato di fede. Nasce qui il problema del rapporto tra ragione e fede, cioè tra filosofia e T., il quale viene risolto, nell'ambito della scolastica, mediante l'affermazione del carattere ancillare della filosofia rispetto alla T. Le fonti della t. cristiana sono due: il pensiero greco classico ed il pensiero biblico ebraico. Nell'atmosfera politeistica del mondo greco, la T. è un discorso di natura mitica e poetica, prima che razionale. L'indagine su Dio si eleva sul piano razionale con Senofane e con la scuola di Elea, dove acquista un significato ontologico. L'originaria speculazione onto-teologica degli Eleati confluisce nella filosofia di Platone e del primo Aristotele, che diventeranno le fonti teoretiche della T. cristiana. Lo sfondo teologico della metafisica platonica, incentrata sull'identificazione dell'Uno con l'idea del Bene, emerge soprattutto nelle posteriori correnti platoniche e neoplatoniche. La stessa filosofia assume un significato di ascesi-contemplazione in Plotino ed in Proclo, sfociando in T. negativa. Quest'ultima sottolinea la trascendenza e l'inconoscibilità degli attributi divini, a differenza di quanto farà la successiva T- positiva cristiana, che applicherà a Dio la nozione di analogia tratta dalla metafisica aristotelica. Il carattere teologico della metafisica o filosofia prima è già presente nei testi più antichi della metafisica di Aristotele (v.), ma verrà accentuato dalla filosofia scolastica (v.). L'altra fonte della T. cristiana è rappresentata dal pensiero ebraico. In realtà le fonti bibliche non contengono una dottrina su Dio che abbia i caratteri della posteriore T. biblica; offrono piuttosto al cristianesimo l'idea di fede e di rivelazione. Perché quest'idea si sviluppi all'interno di un atteggiamento scientifico, occorre l'impatto con il pensiero greco. L'incontro tra ragione e fede, che determina una nuova coscienza teologica, si ha per la prima volta in Giustino, Clemente Alessandrino ed Origene (v.). L'idea della razionalità superiore del cristianesimo rispetto al pensiero antico, si fa strada insieme a quella di una necessaria simbiosi tra religione e filosofia. Il grande maestro della T. cristiana in Occidente è Agostino, nel quale i rapporti gerarchici tra ragione e fede, filosofia e T., sono fissati magistralmente nella duplice formula, divenuta poi proverbiale: intellige ut credas, crede ut intelligas. La filosofia costituisce una preparazione razionale alla T., che a sua volta rappresenta il coronamento della filosofia: essa muove verso una chiarificazione razionale di quel patrimonio di verità già saldamente posseduto dalla fede. A questa chiarificazione Agostino utilizza soprattutto la filosofia platonico-neoplatonica e l’antropologia (v.), da lui sviluppata in senso psicologico interiore. In lui è assente l’idea che la T. possa rappresentare una disciplina separata. Essa si fa strada per la prima volta in Giovanni Damasceno. All’idea di una compenetrazione tra filosofia e T. si sostituisce quella del carattere ancillare (v.) della prima rispetto alla seconda. Che la filosofia sia ancilla theologiae non significa che essa non abbia una sua autonomia rispetto alla T. vera e propria. L’enorme influsso esercitato da Agostino sul pensiero scolastico fa sì che non sempre i confini tra speculazione razionale e mistica (v.) siano distinti chiaramente. Dall’agostinismo derivano infatti sia l’esuberanza razionale di Scoto Eriugena, che giunge quasi a razionalizzare la stessa rivelazione, sia l’opposta mortificazione della ragione da parte delle correnti mistiche (Bernardo od i Vittorini). In polemica con le correnti mistiche si pongono i dialettici (Abelardo, Gilberto Porretano ed Alano di Lilla) che possono essere considerati i fondatori della T. occidentale come disciplina epistemologica compiuta (v.). Questa coscienza epistemologica sarà portata al suo massimo compimento con l’aristotelismo tomistico (v.). Tommaso d’Aquino considera la scientificità della T. alla luce del concetto aristotelico di scienza: ossia come un sistema di proposizioni universali e necessarie ottenute per dimostrazione da principi primi. Benché i principi della T. siano rivelati, tuttavia il suo procedimento argomentativo rigoroso merita alla dottrina sacra l’appellativo di "scienza". La concezione tomista, mantenuta da Duns Scoto (che tuttavia sottolinea il carattere di scientificità imperfetta della T. e la considera scienza pratica più che teoretica), entra in crisi con Guglielmo d’Ockham, che opera uno sganciamento della fede dalla ragione, provocando un indebolimento della T. come scienza, e preparando la strada alla concezione luterana della fede come opposta alla ragione. Nell’Umanesimo il termine T. assume un duplice significato: quello tradizionale di dottrina sacra fondata sulla rivelazione, e quello di dottrina del soprasensibile (e quindi metafisica), in polemica con il naturalismo e l’aristotelismo ortodosso. In seguito alla polemica anti protestante si sviluppa, soprattutto nel mondo cattolico, la T. positiva, che si rivolge allo studio delle fonti della t. scolastica tradizionale, anche se non viene meno la trattazione teorica del dato di fede. Il protestantesimo, insieme al moderno razionalismo (v.), determina la crisi definitiva della T. sacra, e la sua sostituzione con l’ideale di una T. naturale, libera dai vincoli della tradizione rivelata. Nel Settecento si sviluppa la cosiddetta T. fisica, cara al deismo (v.) ed all’Illuminismo (v.), che tende a privilegiare l’idea di Dio come architetto del mondo e suo ordinatore, più che come Creatore. In riferimento alle correnti del razionalismo religioso, si sono sviluppati nell’Ottocento, soprattutto nella Germania protestante, movimenti di T. liberale (Bauer, Strauß), che si dedicano allo studio filologico delle fonti cristiane, e concludono alla riduzione del cristianesimo nei limiti di una normale esperienza storica e religiosa. Contro il razionalismo religioso (continuato nel Novecento dal Modernismo francese) si sono avute forti reazioni del mondo protestante. La figura di maggior rilievo del nuovo "fideismo" teologico è K. Barth, che si ispira all’esistenzialismo kierjegaardiano e configura una nuova T. della crisi.

Teomachia: Termine di derivazione greca, dal significato di battaglia contro Dio, che indica ogni dottrina implicante una decisa forma di opposizione alla volontà della divinità.

Teopantismo: Termine di derivazione greca impiegato per indicare una dottrina secondo la quale "Dio è la sola realtà".

Teosofia: Termine derivato dal tardo greco deosojia, sapienza divina. Indica la conoscenza delle cose divine, in quanto direttamente ispirata da Dio. La T. si distingue dalla teologia (v.) in quanto non è scienza né dottrina rivelata, e costituisce piuttosto una sorta di ispirazione mistica. Il termine è di origine neoplatonica, e viene ripreso in questo senso da Böhme e da altri mistici della Riforma. In Paracelso la T. si mescola alla magia (v.), e rappresenta una forma superiore e profonda di conoscenza della natura, rispetto a quella offerta dalla scienza. Questa combinazione di misticismo ed indagine scientifica si ritrova nella cosiddetta Società teosofica, fondata nel 1785 da Henry Steel Olcott (1832-1907), che ne rimase presidente fino alla morte, e la cui rappresentante più famosa fu Helena Petrovna Blavatskij (1831-1891, v.), autrice di due opere: Isis devoilée (1875) e La doctrine secrète (1888). La società, che ha trovato diffusione soprattutto a Londra, rappresenta una sorta di setta religiosa di ispirazione mistica e panteistica. La T. non vuole però essere una religione, bensì una specie di super-religione, che contiene quel nocciolo di verità assoluta presente solo in forma parziale nelle diverse religioni. Di qui i frequenti accostamenti di Cristo a Visnù, di Buddha a Paolo, di Mosé a Confucio, operati dai teosofi. È definibile movimento e dottrina del tipo religioso esoterico che, in un sistema sincretistico di elementi cristiani, orientali e filosofici, assume la possibilità di un contatto diretto con la divinità. Predica la metempsicosi (v.), ed è una sintesi di occultismo e di credenze orientali, che si ripropone comunque il fine di condurre l'uomo moderno alle fonti della conoscenza del divino.

Terafim: Termine impiegato nelle Sacre Scritture per indicare le statuette degli idoli pagani che erano stati ripudiati dai Patriarchi (v.) e dai Profeti (v.). Alcune di queste, rappresentanti i geni protettori del paese o della casa, erano di dimensioni molto ridotte, come si rileva nell’episodio di Rachele (Genesi 20, 11-34), in cui si dice che "Rachele aveva preso gli idoletti e li aveva nascosti sotto il basto del cammello, e ci si era seduta sopra. Labano frugò per tutta la tenda, ma non trovò niente".

Terapeuti: Denominazione derivata dal greco, avente il significato di curatori di anime, attribuita ai membri di una comunità contemplativa ebraica fiorita in Egitto, noti anche come segregati, modestamente diffusa dal I secolo a.C. al I secolo d.C. Si guadagnarono le simpatie di Filone (v.), il grande pensatore ebreo, che scrisse di loro che leggevano i libri sacri durante tutto il giorno, esercitandosi nella filosofia loro trasmessa dagli antenati. Si stabilirono sui colli nei pressi del lago Mareotide, alla periferia di Alessandria, dove avevano costruito delle celle, casette vicine tra loro, che costituivano piccoli villaggi da loro denominati Semnea, o monasteri. Amanti della solitudine, trascorrevano in meditazione sei giorni alla settimana, incontrandosi dopo il tramonto solo il sabato e nei giorni festivi, in un vasto edificio, ove restavano fino all’alba successiva, per leggere ed interpretare allegoricamente la Bibbia, e cantare inni al Signore. Praticavano il digiuno, ed avevano costumi molto rigorosi simili a quelli degli Esseni (v.). Si ritiene che siano stati influenzati dai pitagorici, sia nelle dottrine che nelle formule, mentre è certo che mescolarono le credenze orientali con quelle giudaiche. Ne ha scritto Ulisse Bacci (Il Libro del Massone italiano, Vol. I, pag. 62, Ediz. Forni, 1972), che ci riferisce che tenevano solenni assemblee ogni sette settimane, un numero mistico venerato anche nella sua moltiplicazione. Nelle loro assemblee sedevano composti, la mano destra sul petto poco al disotto del mento, la sinistra lungo il fianco, una posizione molto simile all’Ordine in Grado di Apprendista Libero Muratore. Nonostante fossero divisi in gradi, si professavano uguali fra loro, non ammettendo altra distinzione che quella degli anni, della saggezza e della virtù.

Terna d’Acqua: La Massoneria definisce T.d.A. tre segni zodiacali "d’Acqua" collegati analogicamente a tre Ufficiali di Loggia, secondo i seguenti accoppiamenti: Cancro = Maestro delle Cerimonie; Scorpione = Secondo Esperto; Pesci = Ospitaliere. Vedere le singole voci per il chiarimento dei dettagli dell’abbinamento.

Terna d’Aria: La Massoneria definisce T.d.A. tre segni zodiacali "d’Aria" collegati analogicamente a due Dignitari e ad un Ufficiale di Loggia, secondo i seguenti accoppiamenti: Gemelli = Oratore; Bilancia = Copritore Interno; Acquario = Segretario. Vedere le singole voci per il chiarimento dei dettagli degli abbinamenti.

Terna di Fuoco: La Massoneria definisce T.d.F. tre segni zodiacali "di Fuoco" collegati analogicamente ai tre primi Dignitari di Loggia, secondo i seguenti accoppiamenti: Ariete = Maestro Venerabile; Leone = Primo Sorvegliante; Sagittario = Secondo Sorvegliante. Tali abbinamenti sono simbolicamente interpretabili come la fornitura energetica della Loggia a chi è delegato a presiederla, a dirigerne i Lavori, a mantenere l’armonia tra i Fratelli ed a garantire la formazione degli Apprendisti, dei Compagni d’Arte e dei giovami Maestri Massoni. Dettagli a chiarimento dell’argomento sono forniti alle singole voci (v.).

Terna di Terra: La Massoneria definisce T.d.A. tre segni zodiacali "d’Aria" collegati analogicamente ad un Dignitario ed a due Ufficiali di Loggia, secondo i seguenti accoppiamenti: Toro = Tesoriere; Vergine = Primo Esperto; Capricorno = Grande Esperto Terribile. Vedere le singole voci per il chiarimento dei dettagli degli abbinamenti.

Ternario: Termine appartenente al linguaggio dell’Occultismo (v.), indicante un complesso di principi cabalistici, costituito da Kether (Intelligenza suprema), Geburach (Giustizia) ed Hesed (Misericordia). Nel linguaggio alchemico essi corrispondono allo Zolfo (v.), al Mercurio (v.) ed al Sale (v.).