Saba, regina di: Personaggio biblico semileggendario (I Re 10, 1-13; II Cronache 9, 1-9) che, indotta dalla fama di re Salomone, si recò a visitarlo con un grande seguito, recando doni preziosi. Forse regina di un regno dell’Arabia settentrionale, come sembra potersi dedurre da documenti assiri, e non del regno dei Sabei (v.). La leggenda della regina di S. ha trovato ampio spazio nel Corano ed in racconti musulmani posteriori. In Etiopia la leggenda è raccolta ed ampliata nel Kebra Nagast (Gloria dei re, XIV secolo, v.), dove la regina è indicata con il nome di Makeda: dal suo incontro con il re Salomone sarebbe nato il figlio Menelik, capostipite della dinastia salomonide, che regnò nell’Amhara. La figura della regina di S. ricorre spesso nella decorazione scultorea di portali di chiese e cattedrali medievali e rinascimentali, come nel gruppo dell’Antelami per il battistero di Parma (1208-1210), la formella del Ghiberti per la porta del paradiso del battistero di Firenze, e la raffigurazione compresa tra le sculture del portico settentrionale della cattedrale di Chartres. Numerose anche le opere ispirate al biblico personaggio eseguite dai pittori Piero della Francesca, Raffaello, Tintoretto, Paolo Veronese e Mattia Preti.

Sabactani: Parola di origine aramaica, compresa nell’espressione "l’mma s’baktani", pronunciata da Cristo sulla croce. "Dall’ora sesta all’ora nona si stesero le tenebre su tutta la terra. Verso l’ora nona Gesù gridò ad alta voce. "Elì, Elì, l’mma s’baktani", ovvero: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato" (Matteo 28, 45-47).

Sabaoth: Termine ebraico che significa eserciti, che compare nei testi dell’Antico Testamento, in cui Dio è spesso denominato "Yahweh (v.) Sabaoth", ovvero "Signore delle schiere angeliche".

Sabato ebraico: Termine derivato dall’ebraico sabbat, riposo, riferito al settimo giorno della settimana ebraica. Nei calendari assiri sabatu indicava il settimo giorno in cui bisognava astenersi da qualsiasi attività lavorativa, considerata nefasta. Nell’Antico Testamento il S: è interamente dedicato al riposo, in ricordo del riposo di Dio nel settimo giorno della creazione (Genesi 2, 2). Il Comandamento del S. è incluso nel Decalogo (Esodo 20, 9-10; Deuteronomio 5, 14-15) e, nella sua estensione agli stranieri, agli schiavi ed agli animali, aggiunge al carattere di sacralità un nuovo contenuto sociale, ripetutamente sottolineato nel Pentateuco e nei libri profetici. Due trattati della Misnah (v.) sono dedicati alle prescrizioni del S., giorno di allegria, di studio e di riflessione. Il S. costituisce uno dei più sentiti legami degli Ebrei. Nello Stato di Israele il S. è giorno festivo dedicato al riposo civile.

Sabba: Convenzionalmente definisce una riunione notturna di streghe, stregoni e maghi in onore del Demonio, considerato il loro blasfemo ispiratore e dispensatore di poteri straordinari. Il nome deriva probabilmente dalla credenza che tali riti fossero celebrati di sabato, sennonché fonti diverse parlano di una sola riunione annuale, convocata nella notte tra fine aprile ed inizio maggio, o comunque poche volte all’anno. Le origini del S. risalgono al paganesimo classico, ma è nel Medioevo, forse come deformazione fantastica dell’attività delle sette eretiche, che si forma un corpo organico di leggende sulle riunioni sabbatiche, nel corso delle quali si sarebbero rappresentate parodie blasfeme della messa cattolica, atti osceni ed orge sessuali.

Sabbatari: Denominazione di varie sette post-riformate, derivata dalla ripresa dell’usanza del sabato ebraico (v.) festivo, ma con intenti diversi. Infatti alcuni si ricollegarono al significato letterale del testo biblico, come i S. della Transilvania (XVII secolo); altri sottolinearono la funzione del sabato in una nuova visione escatologica, come i S. moravi combattuti da Lutero; altri ancora, sotto l’influenza della propaganda ebraica, riaffermarono la fedeltà alle pratiche tradizionali giudaiche, come i S. finlandesi (metà XVI secolo). Il sabato sostituto della domenica venne riconosciuto anche da alcuni gruppi del movimento battista inglese, i Sabbatarian Baptists, creati nel 1631. Altri gruppi S. sono i nuovi israeliti, istituiti da Johanna Southcott alla fine del XIX secolo, ed i Subbotniki (gente del sabato) russi, legati alla rigida osservanza delle pratiche religiose giudaiche.

Sabbatianismo: Movimento ereticale sorto nell’ambito del giudaismo, fondato dall’agitatore ebreo Shabbetaj Zewi (1625-1676) di Smirne, da cui deriva il nome, e che ebbe il suo teorizzatore nel qabbalista Jizchaq Luria. Punti principali della dottrina sono: l’anima del Messia cade nel Regno delle Tenebre; rinascita del Messia e conseguente restaurazione cosmica; venuta sulla terra del Messia nella persona di Shabbetaj Zevi nel 1625. Dopo un periodo di grande diffusione, la setta, attraverso complesse vicende, si andò sempre più assottigliando, soprattutto a causa di scissioni interne. Da queste nacquero i Convertiti, che professavano segretamente l’Islamismo (v.) e celebravano riti ebraici. Il movimento del S. scomparve del tutto nella seconda metà del XVIII secolo.

Sabbatico, anno: v. Anno sabbatico.

Sabei: Nome derivato dall’ebraico Seba di un antico popolo dell’Arabia meridionale. Nella Tavola dei popoli (Genesi 10, 7) i S. sono compresi tra i figli di Kus. Sono poi ricordati (I Re 10, 1-3) come commercianti di incenso, spezie, oro e pietre preziose. Sembra che già nel X secolo avessero costituito un regno fiorente, mantenendo rapporti commerciali con Palestina, Siria, Mesopotania ed Egitto; un indizio di questi contatti sarebbe la leggenda della visita della regina di Saba (v.) a re Salomone. Alla fine del I secolo i S. assorbirono i regni dei Minei, di Qataban e di Hadramaut, formando un unico stato con capitale Maryab, l’attuale Marib. Quando nel VI secolo il re Dhu Nuwas si convertì all’ebraismo, lo stato cristiano di Abissinia invase il regno S. e lo sottomise (525). Espulsi gli Abissini dall’invasione persiana (575), seguì un periodo di anarchia, ed infine i S. furono assorbiti nell’impero islamico. Le abbondanti iscrizioni in alfabeto sudarabico, derivato dal fenicio, in lingua mineo-sabea, si sono rivelate importanti per la storia delle religioni; scarse invece sono le informazioni storiche sui popoli sudarabici. Nell’arte, un carattere particolare, anche se strettamente collegato con la cultura dell’Arabia meridionale, hanno le manifestazioni dei S. L’architettura realizza nel grande tempio di Yeha un monumento originale rispetto ai tipi santuariali sudarabici, che hanno forma essenzialmente ovale. Infatti l’edificio ha pianta rettangolare, con cella a quattro colonne, basamento con blocchi disposti con una struttura piramidale e fregio a testa d’ariete, del tutto simili ai tipi sudarabici. Un gruppo numeroso è quello degli altari con decorazioni a bucrani, teste di leone ed il segno geroglifico Ankh (v.). Nella scultura domina il tipo del personaggio seduto su un trono, come la statua di Hawila Hassaraw. Insieme alla sfinge (Cascasè) ed al collare a pettorale, si riscontrano influssi egiziani, confermati dal ritrovamento di coppe importate di epoca saita. Caratteristici della ceramica sono i sigilli in bronzo con motivi animalistici e lettere.

Sabeismo: Termine derivato dal nome dei Sabei (v.), che indica una corrente religiosa seguita dagli abitanti di Harrar, in Mesopotania, anche in epoca successiva alla diffusione dell’islamismo. I suoi seguaci, diffusi tuttora in Iran, credono nel Sole come divinità suprema, nella Luna, in Venere, ed in altri astri. Con il termine S. la storia delle religioni indica il monoteismo giudaizzante preislamico, ed il mandeismo (v.).

Sabellianismo: Termine che definisce una dottrina eretica antitrinitaria fondata da Sabellio di Libia, la cui dottrina si diffuse a Roma tra il 210 ed il 240. Dando un particolare contributo al Modalismo che, originatosi in Asia Minore con Noeto, con Prassea si diffuse in Africa ed in Italia all'inizio del III secolo. IL S., che ebbe particolari sviluppi con Paolo di Samosata, con Marcello di Ancira e con Fotino, si estinse come scuola eretica organizzata entro il V secolo, soprattutto a seguito della scomunica di papa Callisto I (218-223) e delle ripetute condanne emesse da vari Concili nel corso del IV secolo (v. Fotiniani). Poiché i seguaci del S. ammettevano solo la monarchia, ovvero l'unità sia della persona che della natura divina, l'eresia venne denominata Monarchismo, mentre i cristiani ortodossi li chiamarono Patripassiani, poiché affermavano che il Padre aveva sofferto nella persona del Figli. Secondo la dottrina del S., Dio è un'unica Persona invisibile (Monade) che assume nomi diversi a seconda dei diversi aspetti in cui si manifesta: in quanto Creatore del mondo è Verbo, in quanto si rivela nell'Antico Testamento è Padre, nell'incarnazione è Figlio, e come santificatore nell'opera di illuminazione degli Apostoli è Spirito Santo.

Sabellio: Religioso cristiano di incerta origine, forse libica (III secolo d.C.), la cui dottrina si diffuse a Roma all’incirca tra il 210 ed il 240 d.C., e dal suo nome prese la denominazione di Sabellianismo. Tale dottrina diede un particole contributo all’eresia trinitaria del Modalismo (v.) che, originatosi con Noeto nell’Asia Minore, si diffuse all’inizio del III secolo in Africa ed in Italia con Prassea. Il Sabellianisno, che ebbe sviluppi particolari con Paolo di Samosata (III secolo) e con Marcello di Ancira e Fotino (IV secolo), si estinse come scuola eretica organizzata entro il V secolo. Secondo S., Dio è un’unica persona invisibile (Monade, v.), che assume nomi diversi a seconda dei diversi aspetti in cui si manifesta: in quanto creatore del mondo è Verbo, in quanto si rivela nell’Antico Testamento è Padre, nell’incarnazione è Figlio, e come santificatore delle anime è Spirito Santo.

Sacco dei poveri: Sporta o borsello nella quale i Massoni depongono anonimamente le loro oblazioni prima della chiusura dei Lavori rituali nel Tempio. La raccolta delle oblazioni rappresenta un dovere massonico, ed ha finalità esclusivamente filantropiche (v. Tronco della Vedova).

Sacco delle Proposte Tacite: Borsello o sporta in cui il Libero Muratore depone, con modalità di assoluto rispetto dell’anonimato, proposte (p. es. di Aumenti di Salario o passaggi di Grado a favore di Fratelli giudicati meritevoli), istante e richieste rivolte alla Loggia cui appartiene. Il S. viene fatto circolare prima della chiusura dei Lavori rituali, di norma, insieme al Tronco della Vedova (v.), a cura del Fratello Elemosiniere, che deve curarne la differenziazione. Va poi consegnato direttamente al Maestro Venerabile, che ne controlla con cura il contenuto. Le proposte, come evidenziato dalle norme del Comportamento (v.), vanno inserite nel S. con la mano destra, il lato maschile e della materia (v. Rebis), ovvero della ragione, dell’intelletto e della mente; e la mano va visibilmente aperta dopo l’operazione, a dimostrazione che nulla è stato tolto di quanto eventualmente deposto da altri.

Sacra Rota: Denominazione comune ma impropria del Tribunale della Rota Romana, il più noto dei tribunali pontifici. Costituita nel Medioevo la S. svolge le funzioni di tribunale d’appello e di ultima istanza per le cause di annullamento matrimoniale, come per tutte le cause di competenza dei tribunali ecclesiastici, tranne quelle di beatificazione e di canonizzazione. È anche competente in cause riguardanti i regnanti, o coloro che detengano il potere più alto dello Stato. Il tribunale della Rota Romana, presieduto da un decano e formato da ecclesiastici specialisti nel campo del diritto canonico, funziona con turni (o sezioni) di tre giudici. Oltre ai giudici ed al personale di cancelleria, operano presso la S. i difensori del vincolo ed il promotore di giustizia, una figura paragonabile al pubblico ministero. Presso la S. è istituito lo Studio Rotale, una scuola dove di norma insegnano gli stessi giudici rotali, che serve alla preparazione dei futuri avvocati rotali. Anche gli avvocati fanno parte in senso lato del tribunale, in quanto sono sottoposti alla specifica normativa del rotale stesso.

Sacra Vehme: Denominazione di una società segreta, una specie di tribunale, dove il termine sacra deriva dal fatto che operava nell’ambito del Sacro Romano Impero, mentre Vehme fa parte del tedesco antico e significa "pena". Secondo uno tra i più antichi documenti (1230) che ne tratta i compiti, doveva giudicare "tutto quanto si fa contro Dio, contro l’uomo e contro i Comandamenti". Adottava procedimenti molto rapidi, e pronunciava sentenze quasi esclusivamente di pena capitale. I condannati venivano appesi ad un albero, sul cui tronco, dopo l’esecuzione, veniva piantato un coltello per rendere pubblica la sentenza. Gli adepti avevano adottato una parola d’ordine ed un linguaggio occulti. La società fu formalmente abolita nel 1811 da Napoleone Bonaparte.

Sacralità: Qualità di quanto è sacro o sacrale. La Massoneria considera la S. come condizione spirituale da introdurre nel tempio attraverso la spoliazione dai metalli, operazione cui deve sottoporsi ogni adepto nella Sala dei Passi perduti, prima di accedere ai Lavori rituali. Un'azione individuale realizzabile mediante la concentrazione e la meditazione. Con la successiva squadratura tale azione viene completata, ed il tempio diventa "consacrato". I lavori vengono poi eseguiti in quel clima diventato sacro, ed ogni sua fase dovrà rispettare appieno tale condizione, semplicemente rispettando le regole ed i principi muratori. Y (G.O.I.) Le esperienze che viviamo sono sempre legate a nostri modi di essere, dei quali possiamo essere coscienti in varia misura. Più consideriamo in profondità i modi di essere, maggiormente ci appare svelato il mistero delle profondità della Vita. È allora che compare la coscienza della S., che è un modo di considerare noi stessi in rapporto alla Vita. Vivere in coscienza la S. è un modo di essere che non dipende dagli eventi, ma piuttosto da una conquista della nostra stessa coscienza. La S., oltre a dare un particolare significato al nostro modo di essere, ci consente di entrare in sincronismo con i ritmi della Vita, facendoci concepire la Ritualità.

Sacramentari: Denominazione attribuita nel 1524 ad alcuni teologi della Riforma (v.) protestante, tra i quali Zwingli (v.) e Carlostadio, che negavano la presenza di Cristo nell’Eucarestia (v.). Essi sostenevano che allorché Cristo riferendosi al pane aveva detto "Questo è il mio corpo", per pane intendeva soltanto la Fede ed il Vangelo. Martin Lutero (v.) stesso sconfessò tale interpretazione con l’opera Confessione della cena di Cristo (1528), in cui sosteneva la reale presenza di Cristo nell’Eucarestia, anche se negava la Transustanziazione (v.) accettando invece la Consustanziazione (v.).

Sacramento: Termine usato nel cristianesimo per indicare un segno sensibile ed efficace della Grazia divina, istituito da Gesù Cristo. In origine il termine venne impiegato da Tertulliano per indicare il battesimo, la cresima e l’eucarestia, e poi esteso dai Padri della Chiesa (v.) anche alla penitenza, all’estrema unzione, all’ordine ed al matrimonio. Per i Romani sacramentum indicava il denaro dell’aerarium consacrato alla divinità, nonché il giuramento militare. Nella storia delle religioni, il S. è un atto rituale con il quale i fedeli partecipano della vita soprannaturale divina, presupponendo la possibilità di colmare la distanza tra uomo e Dio attraverso il compimento di un rito; perciò il concetto di S. manca nelle religioni prive di ritualità, come l’islamismo ed il confucianesimo, ed anche nelle religioni nazionali politeiste (greca, romana, babilonese, ecc.), che mantengono un rapporto di distinzione tra uomo e Dio. Nei misteri classici sono previste abluzioni od immersioni (culti di Mithra ed Iside), pasti di comunità (culti di Dioniso, Cibele e Demetra), a volte in forma di imitazione, come nel caso dei misteri eleusini. Nel Nuovo Testamento non si hanno specifiche testimonianze sei singoli S,. fatta eccezione per il battesimo e l’eucarestia. Tuttavia la Chiesa cattolica fa risalire l’istituzione di tutti i S. all’epoca neotestamentaria, sottolineando il valore della tradizione. Elementi fondamentali del S. cristiano sono il segno e la causa. Nella Lettera ai Romani, Paolo afferma che nel battesimo l’immersione e l’emersione rappresentano simbolicamente la morte e la resurrezione (segno), ed insieme agiscono affinché i catecumeni (v.) muoiano al peccato e vivano nella grazia (causa). Quindi il S. come fatto naturale è causa di effetti soprannaturali. La qualifica di efficacia indica la certezza assoluta che l’applicazione esteriore del S. produca effettivamente la trasmissione della grazia. Contro l’interpretazione dei protestanti che intendono il S. come un segno esterno che ravviva la fede, il Concilio di Trento riaffermò il conferimento della grazia a chi riceve i S. senza interporre ostacoli; precisò gli effetti dei S. necessariamente connessi alla loro natura (conferimento della grazia ex opere operato) e quelli specificatamente conseguiti nei casi concreti; stabilì che i S. che imprimono un carattere (battesimo, cresima ed ordine), possono essere ricevuti una sola volta. Riprendendo precedenti formulazioni del Concilio di Costanza (1418) e di un decreto di Eugenio IV (14399, il Concilio di Trento affermò che i S. sono composti di materia (cose) e forma (parole). Chi amministra i S. deve compiere il rito secondo le intenzioni della Chiesa, ma la sua eventuale indegnità morale non influisce sul valore del S. Abitualmente il ministro è persona qualificata: il vescovo per l’ordine e la cresima, il sacerdote per gli altri; nel matrimonio gli stessi sposi sono considerati ministri. Per il battesimo, in caso di necessità chiunque può essere ministro, purché usi la forma e la materia previste, ed agisca secondo le intenzioni della Chiesa. Per la lecita ricezione dei S. da parte dei fedeli, si richiedono determinate condizioni (come il battesimo per l’eucarestia ed il sesso maschile per l’ordine), la cui mancata osservanza costituisce sacrilegio (v.).

Sacrificio: Termine che definisce l’offerta di doni ad un dio, ad un essere umano divinizzato come ad un defunto, un evento presente in tutte le religioni. Attraverso la rinuncia ad un proprio bene, che viene offerto o bruciato sul fuoco, si intende rinsaldare, come anche restaurare, un rapporto di comunione con l’essere a cui il S. è dedicato. L’oggetto del S. è reso sacro dallo stesso atto sacrificale. La pratica del S. generalmente prevede tre diverse fasi: · la preparazione in luogo consacrato, effettuata con particolari riti, la consacrazione della vittima e la purificazione del celebrante; · l’azione, ovvero l’uccisione rituale della vittima; · l’uscita, comprendente la desecrazione degli strumenti del rito. Mentre per la teoria animistica il S. è un dono dell’offerente per ottenere in cambio benefici, e per quella totemistica è all’origine un fenomeno di comunione, secondo altri è un dono vivente, offerto alla divinità quando l’uomo deve usare i frutti della terra. Presso i popoli primitivi il S. assume soprattutto la forma di offerta alla divinità delle primizie del raccolto o della caccia, riconoscendo il potere e la proprietà del dio sulle cose, di cui si riscatta l’uso proprio attraverso il S. Presso le culture che riconoscono il sangue come sede della forza vitale, si sviluppa il S. cruento con uccisione di animali e uomini. L’offerta di S. umani avviene in varie forme, tra cui l’antropofagia come conclusione di un’uccisione rituale, destinata a mantenere od a ripristinare l’ordine cosmico. Il S. umano può anche assumere la forma di accompagnamento di un defunto nell’al di là (da parte di mogli o schiavi) o del ristabilimento dell’ordine turbato da azioni sacrileghe, come presso Balti, Slavi e Germani, che seppellivano gli omicidi con il cadavere della vittima. In India la casta sacerdotale brahminica aveva la specifica funzione di celebrare i S. Nel Rgveda il S. è indicato come lo strumento fondamentale per impetrare grazie e benefici dalla divinità. L’ascetismo indiano pre-buddista predicava l’autosacrificio celebrato con la morte nel fuoco, in base alla credenza che il fuoco e la fiamma avessero il potere di rendere gli asceti superiori agli dei stessi o capaci di ottenere grandi benefici. Presso gli Iranici, prima della riforma di Zoroastro, erano diffusi i S, di animali, ma anche l’offerta di fiori e frutta. In seguito si offrì il succo dell’heoma, un liquore inebriante, agli dei celesti e terrestri, a Zarathustra ed agli spiriti dei morti. Presso i popoli semitici il S. consisteva nell’offerta fatta a dio di incensi, cibi e bevande; talvolta i S. erano cruenti, con l’uccisione di animali ed anche di uomini. Anche nell’antica Grecia si verificavano S. incruenti (con l’offerta di primizie, focacce, libagioni di miele, vino, latte, olio o combustione di profumi) oppure cruenti (uccisione di buoi, capre, pecore, maiali od altri animali commestibili). Il sacerdote, coperto di infule e talvolta inghirlandato di fiori, sgozzava la vittima, lasciando colare il sangue sull’ara; le viscere e altre parti del corpo venivano bruciate in onore della divinità, poi sacerdoti ed astanti consumavano il resto. In origine forse anche i Greci praticavano S. umani, come farebbero pensare i miti di Ifigenia, Polissena, Eretteo e Codro. Analogamente, presso i Romani vi erano offerte incruente di farro, miele, vino, latte e focacce. Nei S, cruenti le vittime (tori, buoi, capre, pecore, a volte cani e pesci) non dovevano avere difetti fisici, e venivano dichiarate idonee al S. dopo un loro esame ufficiale. Plinio e Plutarco testimoniano l’esistenza anche di S. umani, sopravvissuti poi solo in forma simbolica. Durante la cerimonia degli Argei venivano buttati nel Tevere ventisette fantocci di paglia, sostituti di antiche vittime umane. . Presso gli Ebrei antichi i S. erano offerti dal sacerdote, che operava per il sacrificante, nei templi più antichi sull’altare, in varie località del paese, più tardi nel solo tempio di Gerusalemme. Vi si praticavano giornalmente tre S.: il quotidiano, il vespertino ed il mattutino. Nell’Antico Testamento il S., atto di obbedienza e mezzo di espiazione, è considerato una forma di comunione tra il sacrificante e Dio, mentre è assente l’idea, diffusa nel mondo semitico, che esso servisse ad alimentare la divinità. Per il cristianesimo, nel S. dell’eucarestia si verifica l’identità della vittima sacrificale con la divinità; la consumazione del corpo di Cristo rappresenta l’incontro mistico tra Dio e la comunità dei fedeli.

Sacrilegio: Profanazione di un atto di culto, di oggetti o di persone investite di carattere sacro. Costituisce il più grave dei peccati, in quanto contaminazione del sacro (v.). Presso i popoli primitivi, S. era la violazione di un divieto sacro (v. tabù): come l’offesa fatta al totem (v.) del gruppo. In quanto offesa al sacro, il significato di S. è legato all’ambiguità della nozione del sacro: p. es. presso i Lapponi è insieme azione gloriosa e colpa da espiare, per cui il cacciatore viene recluso in un ambiente dove si purifica camminando in cerchio intorno ad un fuoco, prima d’essere riammesso nella comunità. Anche più tardi, nella gnosi e nella mistica ebraica, si riscontrano forme di antinomismo, per cui la violazione della Legge sacra è anche la via di elezione verso la più alta e perfetta forma di santità (seguaci di Carpocrate; Sabbatai Zewi, v. Sabbatianismo); il S. si qualifica così come violazione della legge, ma anche come assunzione in sé dell’elemento sacro. Tale ambiguità è presente anche nel mito di Edipo che, dopo il parricidio e l’incesto sacrileghi, entra nel territorio di Atene in posizione di proscritto, ma anche come fonte di benefici. Successivamente il S. assume significato prevalentemente negativo. Tipici sacrilegi sono il furto di oggetti sacri, l’ingresso il luoghi proibiti (moschee per l’Islam, il Sancta Sanctorum del tempio per gli Ebrei), la presenza di profani alle cerimonie riservate agli adepti (culti misterici), l’uso cultuale di elementi impuri, la mancata osservanza dei rituali, la violazione di tombe e del diritto di asilo. Presso gli antichi Greci e Romani, in relazione al carattere statale della religione, il S. era punito con la morte o con l’esilio. Nell’Antico Testamento si comminava la pena di morte ai violatori del sabato ebraico (v.). Il diritto canonico cattolico distingue tre tipi di S.: reale, che consiste nella profanazione di cose sacre; personale, che consiste nella profanazione e nel trattamento indegno di persone sacre; locale, consistente nella profanazione di luoghi sacri (chiese, cimiteri, ecc.). Il Corpus Iuris Canonici stabilisce pene gravissime contro chi commette S. Nel campo del diritto, in quello romano il termine sacrilegium indicava il furto di cosa sacra. Mentre nell’età più antica era considerato delitto contro la divinità, assunse gradatamente il carattere di reato contro un interesse della comunità e, nel diritto imperiale, fu concepito come furto qualificato. Solo nel tardo impero assunse il significato attuale.

Sacro: Concetto fondamentale nella storia delle religioni, indefinibile al di fuori della relazione con il suo opposto: il profano. Una fenomenologia del S. ne mette in evidenza le diverse forme di realizzazione storica, il cui carattere comune è la possibilità di essere inerente alle cose più varie: luoghi (templi, santuari naturali), periodi di tempo (festività contrapposte ai giorni comuni, cicli cultuali), azioni (riti, cerimonie), testi pronunciati, tramandati, scritti (miti, preghiere, formule, narrazioni sacre), persone (re divino, sacerdoti, monaci), oggetti (feticci, oggetti sacri. Il S. richiede comunque un comportamento umano particolare, cioè diverso da quello messo in atto di fronte a realtà dello stesso tipo ma non investite da sacralità, come la presenza in un luogo a piedi nudi, a capo scoperto, ecc.). Queste norme nascono dalla convinzione che la sacralità conferisca particolari poteri alle cose ed alle persone in cui ha sede; tali poteri possono assumere forma impersonale (mana), oppure possono originariamente essere in una persona (divinità) che le trasmette alle cose. Il potere del sacro può avere significato positivo o negativo. Nei luoghi S. si possono ottenere particolari benefici, ma se il comportamento richiesto viene violato, accadono conseguenze deleterie, com’è testimoniato dalle credenze nell’infrazione del tabù (v.). Tale ambiguità è presente anche nell’etimologia del termine S. Servio, commentando l’espressione virgiliana auri sacra fames, parla del S. come contaminazione ed orrido per eccellenza, ma anche come purezza e positività rasserenante. Così il greco agioz ha il doppio significato di S. e contaminato. La sacralità è solitamente legata alla presenza di qualità eccezionali od eminenti (monti, boschi, fiumi, come elementi caratterizzanti di un ambiente, momenti significativi nel ciclo delle stagioni o nell’economia del lavoro, persone con posizione sociale dominante). In campo filosofico, in opposizione a profano, S. è ciò che è separato, riservato ad un essere superiore, come la divinità. Il S. indica la caratteristica essenziale del divino, la trascendenza. Le persone o le cose che vengono che vengono messe a disposizione del culto, finiscono per assumere la stessa sacralità e separatezza di Dio. Alla trascendenza è legato anche il senso del mistero, che costituisce l’altra caratteristica del S. Secondo R. Otto, che ha dedicato al S. un’opera fondamentale (Das Heilige, Il sacro, 1917), si tratta di un mistero fascinoso e tremendo. Il duplice sentimento di attrazione e repulsione che accompagna il senso del S., si spiega con il carattere della garanzia soprannaturale offerta dalla religione, che è sempre positiva e negativa. Ovvero il S. si specifica in ciò che è santo e ciò che è sacrilego, prescritto o proibito dalla divinità. La concezione irrazionalistica del S. che traspare in Otto, e prima di lui in Schleiermacher, è estranea alla concezione della trascendenza quale è presente, per esempio, nel tomismo (v.). Al S. si lega qui anche l’idea della perfezione morale, ossia del santo, attributo di Dio, cioè colui che è al di sopra di ogni possibile corruzione.

Sadducei: Membri del partito religioso-politico delle classi ricche e dirigenti, nato nel II secolo a.C., il cui nome deriva dall’ebraico Sadduqim, a sua volta derivato da Zadoq. Tale partito era avversario del partito popolare dei Farisei (v.). Durante il periodo degli Asmonei (v.), ebbero una supremazia che in parte mantennero con Erode ed il governo romano, conservando il sommo sacerdozio. Scomparvero poi con la fine dello stato ebraico. Politicamente aperti alle influenze esterne ellenistiche e romane, dal punto di vista religioso erano strettamente conservatori. Secondo Giuseppe Flavio, accettavano la Legge scritta (Torah), ma rigettavano la legge orale accettata invece dai Farisei, con i quali ebbero importanti contrasti giuridici e rituali. Negavano la sopravvivenza dell’anima, la risurrezione dei morti, l’esistenza degli angeli e degli spiriti.

Saggi: Nell'antica Grecia erano famosi i sette S., ovvero Talete di Mileto, Solone d'Atene, Chilone di Sparta, Pittaco di Mitilene, Biante di Priene, Cleobulo di Lindi e Periandro di Corinto. Più tardi se ne aggiunsero altri quattro, cioè Anacarsi di Scizia, Ferecide di Sciro, Epimenide di Creta e Misone di Chene. Erano loro attribuite massime di singolare ed acuta saggezza, che arricchendosi passavano rapide da bocca ad orecchio, e tramandandosi di padre in figlio, spesso oscurandosi, ma comunque contribuendo così a mantenere vivi nei cuori umani i più elevati ed immortali fondamenti della morale (v. Saggio).

Saggio: Figura tradizionale del sapiente, così come ce la tramanda l’antichità classica, ed in particolare gli Stoici (v.). Il S è dominato dall’apatia e dal distacco rispetto agli avvenimenti esteriori. L’isolamento e l’indipendenza rispetto agli altri esseri umani ne rappresentano le altre due principali caratteristiche, che derivano dal carattere eminentemente contemplativo della sua attività. Molti uomini hanno vantato la propria saggezza, ma i filosofi assicurano che nessun vero S. farà mai sfoggio di tale dote superiore.

Sagittario: In alcuni zodiaci antichi il S. è raffigurato da un centauro, metà uomo e metà cavallo, mentre sta per scoccare una freccia in direzione delle stelle, ponendo quindi la vita nella più grande apertura verso l'universo. Nello zodiaco egizio di Denderah la testa del centauro è bifronte, ovvero quella umana che guarda avanti e leonina volta all'indietro, sintesi dell'unione tra natura animale e spirituale. Nella mitologia esistono molti centauri, buoni e cattivi: fra i buoni il più noto è Chirone, detto il saggio, maestro di Achille, di Giasone e di Teseo e soprattutto di Dioniso, a cui insegnò i misteri che poi presero il suo nome, i misteri dionisiaci. Giove lo innalzò alla gloria delle stelle, assegnandogli la costellazione del S. Il segno del S. ha come glifo una freccia, I, simbolo che sintetizza l'uomo che, attraverso la conoscenza, si trasforma da essere animale in essere spirituale. Il nono segno dello Zodiaco ospita il sole dal 22 novembre al 20 dicembre, ed è segno di Fuoco. I nativi sono sempre in bilico tra vizio e virtù, fra la prepotente sopraffazione e la giustizia. Sono ottimisti, hanno fiducia in sé stessi, sono dotati di entusiasmo, vitalità, intuizione, indipendenza e coraggio. Sono egocentrici che non amano ascoltare, parlano molto, sono mutevoli, talvolta indiscreti, prepotenti ed irresponsabili. Sono portati all'azione ed al moto, e cambiano facilmente opinione. Leali, emotivi, sensuali ma non erotici, orgogliosi, quando puntano ad uno scopo non demordono facilmente, a meno che non intervengano cambiamenti che fanno loro volontariamente cambiare il fine da raggiungere. Dotati di ottima memoria, possono essere superficiali ma mai cattivi nel giudizio, simpatico, accomodante e gradevole. Sono istintivamente tradizionalisti, amano molto viaggiare e conoscere il mondo. Suscettibili di natura, non amano la critica, ne soffrono e lo ricordano a lungo, grazie alla loro già citata ottima memoria. Amano la calma e le comodità, prediligono una vita indipendente, attiva e libera. Partecipano allegramente ai piaceri della vita, essendo cortesi, coraggiosi, estroversi e sociali, ricchi di grande dignità. Nei momenti difficili trovano in loro la capacità di risollevarsi da qualsiasi caduta, grazie al loro spirito pratico. Aspirano con sincerità ad un mondo migliore in cui credono, e sono anche pronti ad aiutare e proteggere i più deboli, proprio come gli antichi cavalieri erranti delle leggende. Presa coscienza dei ritmi dell'evoluzione umana, tendono ad unirsi al Tutto quali servi e sostenitori della sua Legge.

-Sahasrara: Nome del settimo Chakra, localizzato al vertice del cranio, nella zona del Bregma. Non è un Chakra fisico, e si può in buona sostanza definire l’interfaccia tra la coscienza individuale e quella cosmica, universale. Non esiste un S. bloccato, può essere soltanto più o meno sviluppato, in relazione al personale cammino spirituale dell’individuo. Non vi sono patologie note e specifiche legate a questo centro energetico, né a livello fisico né a livello mentale o spirituale; si sa solo che l’energia elaborata a questo livello ha effetti su tutti i tessuti e le funzioni dell’organismo, in modo più o meno evidente, intenso ed efficace. Il S. è collegato al centro della sommità della testa, ed è rivolto verso l’alto; è collegato con il cervello e la ghiandola pineale. Qui siamo collegati con la sfera dell’essere, che racchiude tutte le forme e le caratteristiche non manifestate. Da questo luogo, un tempo abbiamo iniziato il nostro viaggio verso la vita, e sempre qui proviamo l’unità con il nostro principio originario divino, del quale tutti noi facciamo parte; ed è qui che il nostro campo personale d’energia diventa un tutt’uno con l’universo. Il cammino verso lo sviluppo del S. viene indicato dal colore viola. Viola è il colore della meditazione e della devozione. mentre siano in grado si influenzare intenzionalmente l’attivazione dei sei centri energetici inferiori, nel caso del settimo centro, tutto quello che possiamo fare è aprire noi stessi, e lasciare che le cose accadano attraverso di noi. Utilizzare le energie del S. in terapia può essere utile quando si debba fare fronte a situazioni traumatiche gravi; infatti, per es. in relazione ai Fiori di Bach (v), il rimedio che più frequentemente viene associato al S. è Rescue. Le pietre collegate al S. sono: Quarzo Ialino o Cristallo Di Rocca, Pietre/Quarzo Ialino, Selenite, Quarzo Elestiale, Calcite Trasparente, Apofillite o Pietra di Poona, Quarzo Latteo, Diamante, Fluorite e Diamantino di Herkimer. Va ancora detto che il sesto ed il S. risultano raramente squilibrati, mentre negli adulti quelli più frequentemente scompensati sono il terzo ed il quarto, e nei bambini il primo ed il secondo. A proposito del secondo Chakra, occorre precisare che spesso si trova scompensato nei soggetti femminili che vivono la loro sessualità, intesa sia in senso fisico che psichico, in modo conflittuale, sia a livello d’interiorità sia a livello di rapporti interpersonali o sociali. Nella valutazione dello stato di questi importanti centri energetici, occorre tenere presente anche il processo di crescita dell’individuo, poiché ogni età ha uno specifico Chakra associato ad essa. Nell’età associata ad un determinato centro energetico, questo sarà predominante sugli altri in termini di funzionalità energetica, secondo i seguenti valori (M. maschio ed F. femmina): Chakra1: 0-7 (M) e 0-6,5 (F) anni; Chakra2: 8-14 (M) e 7-12 (F) a.; Chakra3: 15-21 (M) e 13-18 (F) a.; Chakra4: 22-28 (N) e 19-24 (F) a.Chakra5: 29-35 (M) e 25-30 (F) a.; Chakra6: 36-42 (M) e 31-36 (F) a.; Chakra7: 43-49 (M) e 37-42 (F) a. (v., Chakra).

Sahu: termine arabo avente il significato di corpo luminoso. Presso gli antichi Egizi indicava un elemento incorruttibile ed eterno che promanava dal "Kha" (o Ka, v.), ovvero dal corpo materiale, dopo un’intensa e specifica attività fisica. La nascita per endogenesi del S. (corpo divino) dal corpo fisico dava origine alla resurrezione.