R.L.: Sigla massonica, quasi sempre scritta con i tre puntini (v.) in luogo dei punti, da alcuni interpretata come Reale Loggia (v. Arte Reale), da altri, in maggioranza, come Rispettabile Loggia (v. Abbreviazioni). In Germania è comunemente sostituita dalla sigla J.L., dal significato di Johannis Loge (v. Massoneria Johannita))

R.S.A.A.: Sigla abbreviativa designante il Rito Scozzese Antico ed Accettato (v.), talvolta modificata in R.S.A.& A.

Ra: Antica divinità del ricco pantheon egizio, fonte di energia, di calore e di luce. Ra (oppure Re’) è all'origine della vita, è l'anima cosmica, il creatore e l'animatore dell'universo. Come parte integrante, con Osiride, del ciclo giorno e notte, vita e morte, egli domina il tempo. Durante le sedici ore della notte diviene Af, la materia putrida, il sole nero, raffigurato da un corpo avvolto nelle bende, con la testa di ariete coronata dal disco solare. Come incarnazione del principio regale che mantiene l'equilibrio del mondo, ogni Faraone è Sa-Ra, figlio di Ra. I suoi attributi sono il disco solare con un punto centrale, gli obelischi che rappresentano il primo raggio e la pietra Benben, il perno del mondo, dove la fenice (il Bennu) va a consumarsi per poi rinascere. Gli furono dedicati molti animali, tra cui la mangusta che divora i serpenti, il toro Mnevis, il gatto maschio, il cobra, il falco e lo scarabeo Khepri. La triade Khepri-Ra-Atum esprime una completa manifestazione della vita, Khepri al mattino, Ra a mezzogiorno e Atum la sera. Il tempio di Ra, denominato Eliopoli (città del sole) dai greci, portava il nome di Iunu, ovvero il Pilastro, o Perno del mondo. "Io sono l'Eterno, sono Ra emerso dal Nun, sono il signore della Luce" (Testo dei sarcofagi).

Rabbi: Termine ebraico ed aramaico, avente il significato di mio Signore, o mio Maestro. Ai tempi di Gesù era un appellativo rispettoso, impiegato soprattutto verso i dottori della Legge, i cosiddetti rabbini. Nel Nuovo Testamento il termine ricorre solo nei vangeli e, ad eccezione di Giovanni 3, 26 dove parla di San Giovanni Battista, è riferito esclusivamente a Gesù.

Rabbino. Contaminazione dell’ebraico rabbi (v.), mio maestro, e rabban, titolo del presidente dell’Accademia ebraica palestinese. Il termine costituisce titolo onorifico attribuito ad un uomo saggio, interprete della Bibbia e della Legge orale. Nel Medioevo indicò anche il capo della comunità ebraica, mentre in Spagna ebbe rango di giudice. Attualmente il R. ha quasi ovunque funzioni esclusivamente religiose, sia rituali che educative.

Raca: Termine aramaico spesso presente nel Talmud (v.), dal significato di vuoto, nel senso di incapace di comprendere l’insegnamento impartito dal Maestro. Lo si trova anche nel Vangelo di Matteo (26, 47-49): " … ma io vi dico: chiunque va in collera con suo fratello sarò condannato in giudizio; e chi avrà chiamato R. suo fratello, sarà condannato nel Sinedrio (v.)".

Radiestesia: Scienza praticata in Cina nel 3000 a.C., trovò largo impiego in epoca etrusca e romana: gli operatori erano rivestiti di funzioni sacerdotali. Nel Medioevo fu considerata pratica diabolica, incorrendo nei rigori dell’autorità religiosa. Già usata nel XVI secolo in Germania per ricerche minerarie, nel XVII secolo fu applicata per la ricerca di falde acquifere sia in Gran Bretagna che in Francia, dove fu impiegata per finalità giuridiche: famosa la scoperta effettuata nel 1692 dal rabdomante J. Aymar di uno degli assassini dei coniugi Sauvatre. Propugnatore in Italia della R. è stato P. Zampa (1877-1944). Per vari secoli la R. è stata considerata una pratica di probabile natura medianica, consistente nella captazione di radiazioni emesse da sostanze o da corpi di norma nascosti nel sottosuolo. Strumenti di ricerca sono il pendolo o la bacchetta (in quest’ultimo caso si parla di rabdomanzia). Essa implica lo sfruttamento di facoltà sensoriali di norma ignorate, ma di cui ogni essere umano sarebbe dotato. Il fenomeno si manifesta mediante torsione della bacchetta ed oscillazioni o rotazione del pendolo; l’interpretazione di tali momenti è connessa alla sensibilità dell’operatore. La R. è da poco diventata materia di studio scientifico ed universitario in molti paesi, ed avrebbe carattere biofisico: correnti radioattive ecciterebbero il sistema nervoso dell’operatore, provocando involontarie contrazioni muscolari che causano il movimento dello strumento impiegato. Secondo altri studiosi invece la R. costituirebbe una forma paranormale di conoscenza (criptestesia). La Teleradiestesia compie ricerche con il pendolo su persone o terreni anche lontani dall’operatore, purché questi disponga di fotografie delle persone o di mappe dei terreni in oggetto. La R. verrebbe oggi anche applicata per diagnosi di patologie a distanza, nell’inseguimento di criminali, in teleprospezioni di cadaveri sepolti o sommersi, e di giacimenti minerari o di tesori nascosti.

Ragione e Fede: Rapporto già manifestato nella sapienza di Israele e, nei primi secoli cristiani, nella teologia dei Padri della Chiesa. Entrambe le testimonianze esprimono una fondamentale simpatia della fede per le capacità ed i cammini dell’intelligenza, ma rivelano anche il carattere paradossale con cui spesso la fede si presenta, scontrandosi con le certezze della ragione e le costruzioni della filosofia. La sintesi trasmessa dal cristianesimo primitivo, come la sapienza biblica, vede la ragione operante all’interno della visione del mondo e della storia offerta dalla fede. Nel secondo millennio la relazione tra ragione e fede presenta aspetti nuovi. La teologia scolastica medievale tenta di organizzare in sistema razionale la verità della fede. L’assunzione della filosofia di Aristotele, da parte di Abelardo e di San Tommaso d’Aquino, impegna la fede al dialogo con una costruzione della ragione autonoma dalla fede stessa. Infine la sfiducia nella ragione, generata dall’involuzione della scolastica (XIV secolo), incrementa la separazione, quasi che la ragione sia un ostacolo alla fede. Questa posizione è caratteristica della Riforma protestante, mentre da parte cattolica si accentua la fiducia nelle capacità dell’uomo, tra cui è fondamentale proprio la ragione. La tensione tra le confessioni cristiane e l’attenzione del pensiero occidentale per la questione delle forme e dei metodi della conoscenza, hanno fatto del problema del rapporto R.F. un tipico problema moderno. Un’equilibrata soluzione è stata offerta dal magistero del concilio Vaticano I, che ha difeso la capacità innata della ragione umana di giungere alla conoscenza di Dio, ma ha affermato anche il sicuro accesso a Lui che la fede offre all’umanità, nella condizione ferita in cui essa esiste nella storia. Inoltre il concilio ha affermato la trascendenza della verità offerta dalla fede rispetto alle capacità della ragione e, viceversa, la necessità della fede di presentarsi come atto ragionevole e non cieco. Nella riflessione del XX secolo, la questione è stata liberata da formalismi astratti. Ragione e fede appaiono intricate saldamente tra loro, sia perché la ragione scopre una dimensione fiduciale intrinseca ai propri dinamismi di accesso alla verità, sia perché la fede prende coscienza dei condizionamenti linguistici, dialettici e culturali che ne segnano intrinsecamente ogni espressione.

Ragione: Scienza, dottrina. Facoltà di pensare stabilendo rapporti e legami tra diversi concetti, e di giudicare bene discernendo il vero dal falso, il giusto dall'errato. Nel linguaggio filosofico s'intende sia la facoltà discorsiva del pensiero umano sia il fondamento oggettivo ed intelleggibile di qualcosa. Tradizionalmente la R. distingue la facoltà di conoscere l'universale, aprendo diatribe quantitative tra la conoscenza umana (razionale) e quella animale (istinto), nonchè qualitativa tra R. umana (discorsiva) e divina (intuizione). La Scolastica nell'analisi della differenza tra R. ed intelletto ha avviato praticamente lo studio della differenza tra la conoscenza come ricerca e deduzione (discorso) e la conoscenza come intuizione e penetrazione dell'universale. L'orientamento razionalistico della filosofia moderna, da Cartesio all'Illuminismo, porta a concepire la R. essenzialmente come guida e regola universale di condotta teorica e pratica. Secondo la concezione radicale di Hume, R. ed abitudine rappresentano "un meraviglioso ed inintelleggibile istinto dell'anima che ci trasporta per una serie di idee e le arricchisce di qualità particolari a seconda delle diverse situazioni a relazioni". Grandi filosofi moderni come Kant, Hegel, Fichte, Schopenhauer e Nietzsche hanno approfondito l'argomento, su cui si sono sviluppate svariate ipotesi interpretative. Y (G.O.I.) Il termine R. si presenta sotto una grande quantità di significati non sempre coerenti. Al ricercatore interiore dovrebbe interessare soprattutto il rapporto razionale fra potenza (v.) ed azione. L'aggettivo razionale deve però essere approfondito. La potenza e l'azione, essendo riferiti a noi stessi, comportano un rapporto esistenziale. Ne consegue che la razionalità assume un aspetto molto più vasto di quello che normalmente le viene attribuito nei casi dove sia possibile e più facile arrivare a definizioni. Se da un lato possiamo sempre parlare di logica raziocinante, da un altro dobbiamo anche prendere in considerazione gli equilibri di giudizio ed anche le responsabilità inerenti a tali equilibri. In altri termini, la R. non può essere considerata in modo del tutto astratto. Appare invece necessaria una partecipazione distaccata, ma sempre decisamente individuale (v. Ragione e Fede).

-Raimondo di Sangro: Principe di San Severo, Duca di Torremaggiore (1710-1771), fu uno dei personaggi più complessi, discussi e controversi della storia napoletana del XVIII secolo. Intorno alla sua figura ruotano molti miti e leggende, che evocano misteri e segreti impregnanti la sua attività di scienziato, chimico, alchimista, militare e mecenate, noto soprattutto per le sue invenzioni, quali le macchine belliche e le macabre macchine anatomiche (v.), ben più che per le sue eccezionali doti umane e sociali, per lo più ignorate dai biografi superficiali che se ne sono interessati. Rampollo di una illustre casata di antica discendenza carolingia, legata alla casa di Borgogna (di cui condivideva il blasone nobiliare), titolare nel regno di Napoli di oltre 600 feudi, fu avviato alla carriera militare, ove raggiunse presto il grado di maresciallo del Regio Esercito napoletano. Ancor giovane ufficiale, scrisse un’Enciclopedia universale sull’arte della guerra ed un approfondito Trattato sui sistemi di fortificazione, arrivando a realizzare alcune apprezzate invenzioni, come la Carrozza anfibia. Nel 1735 venne iniziato alla Massoneria presso la Loggia La perfetta Unione, cui aderì con entusiasmo, incurante della recente scomunica papale. L’eccezionale carisma di cui era dotato lo portò presto ad assumervi la carica di Maestro Venerabile, attivandosi per l’adozione degli alti gradi templari detti "di Vendetta", nell’ambito del Rito Scozzese Antico ed Accettato. Dopo l’elevazione alla carica di Gran Maestro, dava poi alle Logge napoletane una prima completa stesura della Costituzione Massonica, sfruttando una sua attivissima tipografia. Per natura era spoglio di ogni falsa deferenza nei confronti dei potenti, sia verso il suo Re Carlo III che al cospetto di papa Clemente XII e dei suoi biechi servi napoletani (il card. Spinelli ed il mons. Francesco Maria Pepe). Eccezionale (ed incompreso) protettore dei fratelli massoni, non esitò ad adottare ogni misura valida a consentire il prosieguo dell’attività delle Logge, a dispetto degli innumerevoli tentativi persecutori attuati direttamente ed indirettamente dalla Chiesa. Attraverso la sua tipografia, creò ripetute occasioni per scagliarsi contro certi atteggiamenti della corte pontificia: · con i "quipu" incaici aveva prodotto un’opera apologetica sulla scrittura con le cordicelle policrome annodate, un sistema di scrittura sofisticato che il R. (noto come o’ Principe) aveva tradotto anche in chiave alchemica, ma che la miopia della Chiesa aveva definito "merce del demonio", rendendosi artefice della totale distruzione di immensi patrimoni culturali compresi in intere ricche biblioteche; · con la pubblicazione dell’opera già all’indice "Il Conte di Gabalis, ovvero ragionamento sulle scienze segrete", diffondeva le antiche tesi rosacrociane; · grande scalpore suscitava però un suo trattato, diffuso nel 1746, dal titolo "Relazione della Compagnia dé Liberi Muratori", edito quale opera di divulgazione della Massoneria, di richiamo ai suoi principi universali, non asserviti ad alcun potere spirituale o temporale, in aspra polemica con il feroce dogmatismo della Santa Romana Chiesa. R. auspicava la divulgazione di una Massoneria universale cosmopolita fortemente esoterica, il che scontentava sia i massoni intrallazzati con il potere politico e religioso, sia il sovrano turbato dalle voci di cospirazione fomentate all’interno delle Logge, sia il papa per la presenza tra i massoni di alti prelati come il vescovo di Avellino, Benedetto Latilla, Grande Oratore dello stesso Gran Maestro. Il 17 giugno del 1751, nel turbamento creatosi per il mancato miracolo della liquefazione del sangue di San Gennaro, R. viene convocato dal re Carlo III, pressato dal papa Benedetto XV, che pretende ed ottiene rassicurazioni sui pacifici intendimenti della Massoneria, e lo convince a tranquillizzare anche la Curia Romana attraverso una lunga e dotta epistola, redatta in forbito latino ed il italiano volgare. Essa si rivelò un atto di grande umiltà e di profondo rispetto, mai di sudditanza nei confronti della Chiesa, un’esaltazione dei valori etico morali della Libera Muratoria di ispirazione templare, respingendo e disconoscendo certe derivazioni controllate da avventurieri e sobillatori. Quando R. fu costretto a consegnare al re un elenco di affiliati, con personaggi ambigui, ininfluenti e comunque ben poco massoni (che comunque uscirono assolutamente indenni dalle intricate maglie di ben quattro diverse commissioni d’inchiesta, istituite per i nobili, per i militari, per i religiosi e per i membri della borghesia, grazie all’amicizia tra R. ed il re), molte frange massoniche accusarono aspramente R. di alto tradimento. Il Principe R. fu bersagliato da più parti dalle accuse più infamanti, come stregoneria e necromanzia (le macchine anatomiche), che non si lasciò distogliere dal suo intento di dedicarsi per intero all’Arte Reale, realizzando il "Lume Eterno". Negli ultimi anni di vita R. fondò una Loggia degli Eletti, dalle caratteristiche esclusive, non per casta o censo, ma per le doti richieste a chi voleva farne parte. Si trattava di qualità umane e culturali richieste dal livello dei Lavori svolti nel suo Tempio, incentrati sull’ermetismo, sulla cabala, sull’alchimia e sulle conoscenze templari, aspetti esoterici che, criptati e simboleggiati, avrebbe riversato a piene mani nelle grandiose opere d’arte del suo Tempio della Pietà, o Pietatella (v.).