Nuova Consapevolezza: Dottrina filosofica della New Age, sviluppata dal medico indiano ayurveda Deepak Chopra. Laureatosi in medicina negli Stati Uniti dove tuttora risiede, tende a fondere la ricerca occidentale con l’antica sapienza orientale, ricercandone comuni radici ed analoghe intuizioni, finalizzandole alla cura psico fisica degli individui. Direttore di centri per il benessere sparsi in tutto il mondo (prossima l’apertura di uno in Italia), guru di molte personalità (Derni Moore, Sylvester Stallone e Liz Taylor), filantropo (devolve in beneficenza il 15% dei suoi guadagni) e ricchissimo, a chi lo accusa di commercializzare l’anima risponde: "La miseria non aiuta ad essere spirituali. I poveri pensano al denaro molto più dei ricchi". Egli sostiene che "la percezione dei sensi è ingannevole; l’apparenza corporea non è solida e finita come sembra. A livello subatomico non siamo più materiali dell’aria che ci circonda. Negli atomi, commistione di informazioni ed energia, domina il vuoto". Vediamone sinteticamente la dottrina. "La malattia non è scatenata da un evento esterno, ma è frutto di uno squilibrio interiore, della rottura dell’armonia tra corpo, mente, spirito e spirito universale. Guarigione e benessere vanno visti come comunione estatica (o meglio enstatica, poiché si realizza dentro l’individuo e grazie all’individuo), tra l’energia individuale e l’energia cosmica, divina. Le terapie che guida a questa N.C. di sé sono molteplici, dalla dieta alimentare alle erbe, dalle tecniche di respirazione alla meditazione. Ribadisce che stiamo vivendo in un momento particolare, un periodo di trasformazione epocale. La specie umana negli ultimi diecimila anni ha attraversato diverse fasi: l’uomo da cacciatore è diventato agricoltore, da costruttore s’è trasformato in protagonista della rivoluzione industriale. L’attuale era dell’informatica ci sta portando molta ansia, un segno del fatto che si è riusciti a risolvere molti misteri biologici. Ma le ansie esistenziali si presentano al cospetto della coscienza umana, e fanno sorgere il dubbio se sia questo il significato della vita. Per la prima volta nella storia dell’umanità i progressi realizzati dalla scienza consentono risposte ai quesiti che da sempre assillano l’essere umano, come chi siamo, da dove veniamo, che accade dopo la morte e se esiste Dio. Riuscendo a superare tale ansia, tale paura, per avviarsi verso un’era di N.C., si assisterà ad una trasformazione evolutiva storica. Nel passato l’idea del mondo si basava sulla concezione meccanicistica (v.) newtoniana: si era macchine fisiche in un universo fisico, ed i pensieri, le emozioni, i desideri e le pulsioni erano effetti naturali di macchine efficienti che avevano imparato a controllare i propri pensieri. Oggi ci si avvicina ad un nuovo mondo già descritto da scienziati come Ilya Prigogine (v.), le cui scoperte consentono di sfuggire alla superstizione materialistica. Le tecnologie quotidiane date per scontate, come il fax, i computer, il telefono cellulare ed Internet, sono tutte basate su una premessa fondamentale: l’essenza del mondo non è materiale, l’essenza del mondo fisico non è più fisica, l’atomo che rappresenta l’unità di base della materia non è un’entità solida ma una serie di stati, di informazioni e di energie. Si tratta di idee che portano ad una nuova fase dell’evoluzione umana, definita evoluzione metabiologica. La precedente evoluzione biologica era connessa all’evoluzione della specie, ed ha insegnato a sopravvivere perché si è sviluppata una risposta biologica, per cui in situazioni di ansia, di paura e di minaccia s’è imparato a correre ed a lottare. Si è riusciti a sopravvivere e, grazie a tale efficiente risposta, si è diventati predatori, che cercano di sfruttare il pianeta come se fosse estraneo all’uomo, lontano da lui. L’uomo è diventato l’animale più pericoloso della terra. È l’unica specie che uccide i suoi simili, l’unica che provoca l’estinzione delle altre specie, razzista, etnocentrica, satura di pregiudizi e di presunzione. Una specie paradossale, in quanto si è creata una Cappella Sistina, la musica e l’arte. Perciò ci si trova oggi una nuova fase evolutiva, che trascende quella biologica. Ci si trova davanti ad un bivio: scegliere se essere predatori rischiando l’estinzione com’è già successo ad altri predatori, oppure diventare creatori. Finora si è stati vittime della biologia, dello stimolo a scappare per poi rincorrere chi ci minacciava: Questo ha portato distruzioni, guerre e devastazioni. Grazie allo sviluppo della ricerca, oggi è possibile dare risposte diverse, non solo biologiche, risposte di tipo intuitivo: Si può esercitare l’intelligenza in modo lineare, ma si può anche applicare un tipo diverso d’intelligenza, più contestuale, più olistica (v.), che non porta solo alla mentalità dell’essere vincitore per non essere sconfitti. Si può cioè andare oltre, avendo una visione creativa, che consente di trovare una risposta sacra alle domande che l’uomo si pone, entrando così in contatto diretto con la fonte prima dell’essere umano. Tale contatto profondo, che è armonia pura con sé stessi, porta al benessere ed alla guarigione. Infatti il benessere è uno stato di vitalità e di creatività; è la capacità di provare gioia e compassione per il prossimo; è avere la certezza che la vita abbia un senso; è avere una connessione con il potere creativo dell’universo, ovvero con lo Spirito Cosmico, l’Essere Supremo, Dio. Il benessere è guardare al mondo non più come separato dall’uomo ma come qualcosa di cui l’uomo fa parte. Un medico può diventare un tecnico eccellente del corpo umano, ma l’esercizio di tale professione non porta alla conoscenza dell’anima. Finora la scienza si basava sull’idea che essendo in grado di capire i meccanismi patologici si riesce ad eliminare la disfunzione, la malattia. Se si fosse in grado di capire come le cellule tumorali si replicano al livello del DNA, si potrebbe interferire con questo ed eliminare il cancro. Il tutto non ci consente però di capire il vero meccanismo della malattia, poiché la sua origine è collegata all’espressione della vita. C’è la vita, e c’è la vita come si esprime nella mente e nel corpo, con i processi di digestione, il sistema sensoriale, ecc. Anche se il corpo umano è apparentemente qualcosa di anatomico, in realtà è saturo di energia. Si è parte dell’universo, anch’esso energetico. Essendoci un rapporto dinamico tra l’umano e l’universale, tra il microcosmo ed il macrocosmo; com’è il corpo e la mente dell’uomo, così è il corpo e la mente del cosmo. Suonando eccessivamente spirituale l’idea di mente cosmica, si può parlare di campo di separazione. Resta il fatto che se il mondo appare formato di oggetti separati nel tempo e nello spazio, superata tale apparenza si giunge ad un mondo di energia e di informazioni. L’universo allora diventa unico ed inseparabile, in cui tutto è intercollegato. È un universo che è anche un campo di intelligenza, che si evolve costantemente verso più elevati livelli di astrazione (v.), di imprevedibilità e di creatività. L’uomo è quindi formato da una serie di rapporti: l’osservatore non è separato dall’osservato, come il peccatore non è separato dal peccato. Si è semplicemente parte della natura: se si hanno sentimenti, emozioni, desideri e pensieri, questi sono insiti in ciò che è la natura, fanno cioè parte dello stesso tessuto della natura. La natura e la nostra consapevolezza sono legate: la N.C. non è che l’espressione della natura, il cui motto è: "Fa ciò che dici, dì quello che fai"".

Nuova Gerusalemme: Denominazione di una setta protestante fondata nel 1743 dal naturalista e mistico svedese Emanuel Swedenborg (v.). Essa sosteneva che Gesù Cristo sarebbe venuto nuovamente sulla terra per fondare il Regno della Verità e dell’Amore, e credeva nella possibilità di realizzare una comunicazione interiore con il mondo degli spiriti. Tale setta è sopravvissuta in piccole comunità sparse negli Stati Uniti ed in Inghilterra.

Nuovo Testamento: Espressione comparsa per la prima volta in Tertulliano, intorno alla fine del II secolo d.C. Tutte le chiese cristiane lo considerano il secondo dei due grandi gruppi di scritti che formano la Bibbia. Il N. è composto da 27 libri contenenti la narrazione degli eventi relativi alla vita di Gesù di Nazareth, delle prime comunità credenti in lui e la rimeditazione, divinamente ispirata, del mistero della persona, delle azioni e delle parole del Cristo. Libro considerato sacro dai cristiani, esso è soprattutto la raccolta dei quattro Vangeli canonici, nonché di vari altri scritti, ritenuti tutti ispirati direttamente da Dio. Occorre notare che i primi cristiani frequentavano ancora il culto del tempio ebraico (Atti 2, 4.6; 3, 1; 5, 13-43), ma tenevano pure assemblee proprie (Atti 2, 42; 5, 42; 8, 3) in cui, accanto alle parole rivolte un giorno da Dio ai loro avi, ascoltavano anche alcuni "detti" di Gesù, applicandoli alla vita dei presenti. Quest’uso ed il progressivo espandersi del cristianesimo oltre i confini della Palestina spiegano perché, verso la metà del I secolo d.C., siano apparse le prime raccolte di detti (logia) del Redentore. Papia, discepolo di Giovanni, accenna (130) ad una raccolta di logia in lingua aramaica, attribuita a Matteo, uno dei Dodici Apostoli. Già prima del 50 i Dodici risultano tutti impegnati nel loro lavoro di apostolato fuori di Gerusalemme, mentre il mondo pagano stava aprendosi alla fede cristiana (Atti degli Apostoli 15, 3). In questa situazione, con la conseguente impossibilità che i detti di Gesù potessero essere ripetuti dalla viva voce dei testimoni diretti, apparve la necessità di fissare per iscritto quanto costituiva il patrimonio religioso della giovane fede cristiana. Verso l’anno 62 San Paolo diceva ai Colossesi la frase: "La Parola di Cristo abiti abbondantemente in voi" (Colossesi 3, 16), inserita in un contesto liturgico, induce a pensare che presso le comunità più periferiche fosse già invalso l’uso, nelle riunioni comunitarie, di una pubblica lettura dei detti di Gesù accanto ai testi veterotestamentari. Assieme ai Dodici, anche i loro primi collaboratori furono protagonisti di questa prima tradizione cristiana, non soltanto con la predicazione orale, ma anche con i loro scritti: Lo dimostrano il Vangelo di Marco, collaboratore di Pietro, il Vangelo di Luca e gli Atti degli Apostoli dello stesso, le lettere di Paolo di Tarso(v.), che non era uno dei Dodici scelti da Gesù, ma che fu come quelli impegnato nella prima evangelizzazione dopo la drammatica chiamata sulla via di Damasco (Atti degli Apostoli 9, 1). I Dodici ed i loro aiutanti svolsero, nei confronti di Gesù, il nuovo Mosé, un ruolo analogo a quello che avevano svolto rispetto al primo Mosé i vari circoli profetici e sacerdotali del popolo ebraico. Così si è lentamente costituito, nell’arco di un periodo di mezzo secolo (dal 50 al 100) il corpo degli scritti neotestamentari: dagli arcaici logia di Gesù alle elevate riflessioni cristiane espresse dall’attuale Vangelo di Matteo, e specialmente dal Vangelo di Giovanni. Fin dai primi tempi del cristianesimo furono giudicati "canonici" (v.), ovvero normativi, gli scritti che conservavano l’insegnamento di Gesù, cioè le prime raccolte di detti confluite nei nostri attuali Vangeli sinottici (Matteo, Marco e Luca). La stessa qualifica fu poi data agli scritti attribuiti a qualcuno degli Apostoli: le Lettere, il Vangelo di Giovanni e l’Apocalisse. La stessa canonicità fu riconosciuta a tali opere anche quando, magari dopo la morte dei primi autori, quelle opere furono sviluppate dai discepoli, com’è avvenuto per l’attuale Vangelo di San Matteo e per le due Lettere di Pietro. Verso la fine del I secolo, quando gli scritti cristiani cominciarono a moltiplicarsi, il criterio di canonicità (cioè di insegnamento apostolico) fu determinato dalla connessione diretta con l’insegnamento dei Dodici e dei loro primi collaboratori. Quindi non vennero accolti nel Canone altri scritti che si ricollegavano alla tradizione apostolica ma solo in forma indiretta, quali la Didaché dei dodici Apostoli e la lettura dell’Apostolo Barnaba. Fin dal II secolo l’opinione della Chiesa è concorde sugli attuali 27 libri del Canone. Nel 140 l’eretico Marcione escluse dal canone biblico (definendoli opera del genio maligno) tutti i libri dell’Antico Testamento (v.) e molti del N., risparmiando soltanto il Vangelo di Luca e dieci Lettere di Paolo. Questa tendenza è confermata dal Canone Muratoriano (una lista di libri del N. scoperta da L.A. Muratori), in cui vengono escluse la lettera agli Ebrei, la lettera di Giacomo e la III di Giovanni. Il N. è stato scritto in greco, probabilmente su papiro, e gli originali sono andati presto perduti. Ma il testo greco è stato accolto universalmente dalle varie Chiese cristiane. Nel IV secolo iniziò la produzione di grandi codici, destinati a contenere tutta la Bibbia, scritti su pergamena da esperti scribi. Questo fatto favorì la formazione di tradizioni testuali ben definite, eliminando il precedente moltiplicarsi di varianti. Nel XVI secolo si ebbero le prime edizioni a stampa del testo bizantino che verrà chiamato "receptus". Però nel XVIII secolo il favore dei critici si sposta decisamente verso il testo rappresentato dai codici più antichi: il Sinaitico ed il Vaticano. I più recenti studi critici hanno confermato la preminente antichità di questi testi.

Nuraghe: Monumenti megalitici caratteristici della Sardegna. Sono costituiti da edifici di diverse dimensioni, costruiti a blocchi a blocchi litici informi disposti senza malta in strati orizzontali aggettanti, fino a formare una rudimentale copertura a falsa cupola. Furono costruiti durante l’eneolitico, ma i tipi più evoluti sono associati a ceramica dell’età del Bronzo. Ne esistono circa 6500 esemplari, addensati particolarmente negli altopiani centrali, intorno a Marghine. L’originaria struttura circolare va articolandosi e modificandosi in tipi polilobati, con cortili a pozzo (Santu Antine), a bastione ed a nucleo pentagonale. La funzione essenzialmente militare dei N., che caratterizzano il paesaggio sardo, si arricchisce in taluni casi di significanze religiose. I N. vennero utilizzati in età punica e romana, e chiamati castra da Livio, secondo una terminologia che è rimasta nel dialetto (crasta).

-Nut: La grande dea-cielo è uno dei principali neter cosmici del pantheon egizio. Atum, divinità primordiale, ebbe due figli, Shu (l'Aria) e Tefni (l'Umidità), che a loro volta generarono Geb (la Terra) e Nut (la Cielo). Dopo lunghe peripezie N. metterà al mondo quattro figli, ovvero Osiride, Iside, Nefti e Seth. Sui soffitti dei templi e delle tombe, l'immenso corpo di N. disegna un ponte costellato di stelle. Ha il capo rivolto ad Occidente e, al tramonto, inghiotte il vecchio sole. Quest'ultimo, divenuto Af, cammina sul suo corpo durante le dodici ore del buio, ed al chiarore dell'aurora lei lo partorisce all'Oriente. L'insegnamento impartito da N. è di una luminosa semplicità: lei è il neter vivificante, la madre virtuale, che permetterà ad ogni defunto di risuscitare e di diventare immortale. Nelle necropoli N. è la Dama del Sicomoro, che offre al defunto l'acqua purificatrice, affinché egli possa presentarsi al cospetto di Osiride. La sua immagine scolpita all'interno dei coperchi dei sarcofagi guida il defunto verso la luce, incitandolo ad immergersi nell'oceano celeste in cui navigano innumerevoli stelle. "Io sono Nut l'elevata, la grande all'orizzonte. Sotto i miei alberi ti ristorerai, vivrai dei miei pani, ti disseterai con la mia birra. Ti nutrirò con il mio latte, perché tu riviva. Ristorerò il tuo cuore per un tempo infinito". (Testo di Kenamon, regno di Amenhotep II).

Nyaya: Sistema filosofico indiano che indaga le regole del giusto pensare ai fini della liberazione (moksa). Venne esposto per la prima volta da Gautama Aksapada nei Nyaya-sutra (260 d.C.), commentati nel V secolo da Pahsilavamin Vatsyana, a sua volta commentato da Uddyotakara Bharadvaja nel suo Nyaya-varttika (VI-VII secolo). Il N. è sempre accoppiato ad un altro sistema filosofico, il Vaisesika (da visesa, distinzione), il quale, a differenza del N. che si occupa della conoscenza logica, indaga l’oggetto di tale conoscenza, ovvero il reale. Per il N. la conoscenza si manifesta secondo sedici categorie: la prima è costituita dai quattro mezzi di conoscenza (pramana), ovvero: 1) premessa; 2) prova; 3) chiarificazione; 4) applicazione della prova; la seconda dalle dodici categorie del conoscibile (prameya), cioè: anima, corpo, sensi, percezioni, conoscenza superiore, mente, volontà, errore, legge karmica, dolore, liberazione ed emancipazione dell’anima. Il sistema, che testimonia la raffinatezza logica raggiunta dal pensiero indiano, ricevette nuovo impulso dal Bengala durante il XIII secolo, ad opera di Gangesa, fondatore della "nuova scuola N." (Navanyaya), il cui scopo era di riportare la propria logica alla purezza primitiva, finendo tuttavia per scadere in una cavillosità artificiosa.