Giza: Località posta a sud del Cairo, sulla riva sinistra del Nilo, presso le cave di calcare di Gebel Tura. È costituito da un pianoro roccioso livellato per opera umana su cui sorgono le Piramidi (v.), che si stende per un chilometro e mezzo lungo la valle che domina da una altezza di una quarantina di metri. Qui alcuni sovrani della IV dinastia (2613-2498 a.C.) fecero costruire le loro piramidi. Le più importanti sono, disposte da NE a SE, quella di Cheope (v.), di Chephren (v.) e di Micerino (v.). Le tre piramidi hanno base quadrata, con i lati disposti esattamente nel senso dei paralleli e dei meridiani, e sono grossomodo allineate nel senso degli spigoli, da nordest a sudovest: più a settentrione la piramide di Cheope o Grande Piramide, in mezzo la piramide di Chefren, infine la più piccola di Micerino. I sovrani che le fecero erigere sono rispettivamente il secondo, il quarto ed il quinto della IV dinastia. Le dimensioni sono stupefacenti, ma ci se ne rende conto soltanto da vicino, confrontandosi con la grandezza dei blocchi di calcare. Il lato della base della piramide di Cheope è oggi di 230 metri ed era di 233 metri, pari a 440 cubiti egiziani (la differenza è dovuta, come per altre misure, all'asportazione completa del rivestimento che rendeva perfettamente piane le facce mentre ora hanno l'aspetto di una irregolare gradinata). La stessa dimensione è, per la piramide di Chefren, metri 210.5 e, per quella di Micerino, metri 108 pari a 200 cubiti egiziani. L'altezza della piramide di Cheope è oggi di 137 metri, mentre si innalzava fino a 146 prima della demolizione della cuspide, che ha lasciato alla sommità una piattaforma di ben 10 metri di lato. La piramide di Chefren è alta metri 136.5 e poiché conserva il rivestimento nella sua parte superiore ed è sita in posizione più elevata, appare più alta di quella di Cheope. L'altezza della piramide minore è di 66 metri. Accanto a queste, in un recinto a parte, sorge la Sfinge (v.), costruita sfruttando uno sperone di roccia naturale. Nei pressi si trovano anche le grandi "mastabe", in regolare schema planimetrico, spesso decorate sobriamente nei vani interni; si nota la completa mancanza di notizie sulle vicende civili e la carriera dei titolari. Nell’altopiano sono state scoperte numerose tombe rupestri, spesso a più vani, di vari membri della famiglia di Chephren, con le pareti riccamente decorate con rilievi dipinti o con altorilievi a tondo molto evidenziato. Tra quelle di G. è importante la tomba del nano Sonb (Seneb), ritratto in un gruppo scultoreo accanto alla moglie ed ai figli. Nel 1936 vi fu scoperta una stele di notevoli dimensioni di Amenophis II, faraone della XVIII dinastia (1570-1318 a.C.).

Glagolitico: Alfabeto e forma di scrittura in uso nei primi documenti in lingua slava del IX secolo. Costituito da 40 segni derivati dai caratteri corsivi greci, modificati dall’influenza degli alfabeti ebraico e copto, e con l’aggiunta di alcuni segni speciali per rendere particolari suoni delle lingue slave meridionali, l’alfabeto G., inventato nella seconda metà del IX secolo dai monaci Cirillo e Metodio (v.), venne sostituito nel XV secolo dal cirillico (v.). Mentre il cirillico penetrò subito negli ambienti colti della Bulgaria, Serbia, Russia occidentale e meridionale, diffondendosi infine in tutto il mondo slavo, il G. sopravvisse ed ancora sopravvive con qualche modifica negli ambienti croati. Come lingua la G., adottata inizialmente solo per alcune parti della liturgia romana, tradusse anche tutte le altre parti dopo il distacco da Roma, creando le Chiese autocefale o nazionali.

Glasiti:  Termine che definisce (come anche Glassiti) i seguaci del prete presbiteriano John Glass (1695-1773), la cui dottrina sosteneva che le comunità religiose dovessero essere del tutto autonome. Vi si imponeva il divieto assoluto della consumazione di carni di animali strozzati, incoraggiando una non ben definita comunione dei beni. I G. vennero anche chiamati Sandemanisti, dal nome del genero del Glass, un sacerdote scozzese che fondò una comunità i cui membri non consumavano carni di animali strozzati e praticavano la totale comunione dei beni.

Glossolalia: Verbalizzazione di parole senza senso. Normale in bambini che, in tal modo, verificano parole od accostamenti di suoni acquisiti di recente, diviene fenomeno patologico in adulti schizofrenici che parlano senza alcun fine logico e senza attenersi a norme o regole sintattiche. Esiste anzi la volontà di creare una nuova lingua con parole inedite ed una sintassi soggettiva.

Gnoseologia: Branca filosofica che ricerca l'origine, la struttura, i modi, la validità ed i limiti della conoscenza. Può essere considerata una dottrina di recente acquisizione, poiché assume piena autonomia soltanto nell'ambito del pensiero moderno, da Cartesio a Kant, mentre nel pensiero antico e medievale non riesce a distinguersi né dalla metafisica né dalla teologia. In origine la G. è parte, con la metafisica, della filosofia speculativa, come teoria del conoscere e teoria dell'essere (v. ontologia). Dopo il criticismo kantiano hanno origine diversi indirizzi contrastanti, tra cui quello idealistico di Hegel (che tenta la fusione tra pensiero ed essere, ovvero tra G. ed ontologia), quello positivistico (che nel tempo tende all'abbandono di ogni premessa filosofica della teoria della conoscenza, aprendola ai metodi deduttivi delle scienze formali, quali logica e matematica), ed infine quello marxista, che tende a subordinare la conoscenza al processo dei rapporti sociali ed economici. Nel quadro del pensiero contemporaneo occorre sottolineare tre diverse correnti filosofiche: 1) il pragmatismo americano, che collega la conoscenza al comportamento ed al rapporto con l'ambiente; 2) la fenomenologia tendente a riesumare motivi cartesiani e kantiani per affermare la coscienza quale centro significativo d'ogni operazione umana; 3) l'esistenzialismo, che attraverso Sartre ripropone in chiave di esistenza concreta il problema del limite della conoscenza, cui sembra negata la via della costituzione positiva, avendo quindi un potere nullificante. Attualmente la G. filosofica è vieppiù autonoma dalla logica e dalla psicologia, nella misura in cui la logica formale e la psicologia sperimentale si occupano del ragionamento e degli stati della coscienza con strumenti diversi, verificabili e scientifici, anche in risposta a quesiti diversi (il funzionamento piuttosto che la natura). Un'autonomia piuttosto relativa, poiché sia la logica che la psicologia sono portate ad investigare il fondamento delle loro operazioni, mentre la G. cade in inevitabili astrazioni allorché ignora i risultati scientifici conseguiti nel campo della conoscenza.

Gnosi: Nel pensiero classico più antico il termine, derivato dal greco gnosiz, conoscenza, indica la conoscenza in generale. Nel corso del I e II secolo d.C. assume il significato di rivelazione di verità divine. La G., che secondo Clemente Alessandrino è frutto di pura intuizione, ci insegna "chi fummo, che cosa siamo diventati, dove eravamo, dove siamo stati gettati, verso quale meta ci affrettiamo, da che cosa siamo stati riscattati, cos'è la generazione, cos'è la rigenerazione". In tal senso essa fu oggetto di un vero e proprio movimento di pensiero, una delle espressioni più singolari del sincretismo ellenico cristiano, definito appunto "gnosticismo". Accanto alla G. ebraica, rappresentata da Filone, quella cristiana si svolse secondo un intrigo di sette. La distinzione più agevole e sicura è tra una G. volgare ed una G. dotta, caratterizzata quest'ultima da un maggiore impegno speculativo. Della prima, che si diffuse in Siria, in Asia Minore, a Roma e fors'anche in Egitto, sono precursori Cerinto, Carpocrate, Satornilo, Simon Mago e Menandro: vi hanno parte preponderante le pratiche magiche, astrologiche e gli elementi mitologici. Alla seconda, che ebbe il suo centro principale in Alessandria, e che risentì del giudaismo alessandrino e dell'ermetismo, appartengono le figure di maggior rilievo, come Basilide, Valentino e Marcione. Essi costruirono un sistema emanazionistico fondato su una sfera di intermediari psichici, detti eoni (v.), posti tra il Dio-silenzio e l'Anima umana, a sua volta concepita miticamente come compendio di tutte le potenze energetiche dell'universo.

Gnostici: Termine derivato dal greco gnosiz, conoscenza (v.), indicante i seguaci di una corrente filosofico-religiosa (v. Gnoseologia), risalente al I - II secolo d.C. Gli G. sostenevano che, per avere la possibilità di salvarsi, l’uomo deve attivare la conoscenza della natura e dei misteri della fede. Suddivisi in moltissime sette, gli G. comunicavano per mezzo di simboli ed emblemi, ed imitavano riti e cerimonie dei misteri di eleusi (v.). Erano organizzati in cinquanta classi o centri, che si differenziavano sensibilmente nella interpretazione delle teorie minori, delle motivazioni e degli scopi secondari, riassumendosi in una filosofia della religione risultante dalla comparazione delle varie dottrine, nonché nella fusione delle idee cristiane con la teofisica orientale, determinata dalla prevalenza del pragmatismo all’interno della Chiesa (Bauer e Neander). Erano animati da un intenso zelo cristiano teso alla ricerca di una soluzione pratica al cospetto del peccato e del male (Mohler). Una ripresa dell’attività degli G. si ebbe nel 1888, alla ricostituzione della Chiesa Gnostica operata dal massone J. Doinel, a cui aderirono anche personalità di spicco sul piano culturale, tra cui Reneé Guenon, che visse quest’esperienza sotto in nome di Tau Paligenius. Anche in Italia ci fu nella prima metà del secolo un notevole risveglio, testimoniato dalla Chiesa Gnostica Apostolica Universale, sotto la guida di Tau Johannes, Massone e Martinista. Secondo il Moramarco, "Tra le idee forza del neo gnosticismo italico troviamo quella della rinascita e del rifiuto di un dopo morte statico, al quale viene opposta l’opera perenne al servizio divino. Il Cristo adorato è quello solare, che trova la sua espressione morfologica ogni volta che occorre dare un particolare indirizzo all’evoluzione cosmica, e si manifesta a mezzo di veicoli fisici preparati al conseguimento di tale scopo, tra i quali quello dell’elargitore della Buona Novella, od Evangelo, noto sotto il nome di Gesù".

Gnosticismo: Termine sinonimo di Gnoseologia (v.).

Goethe: Johann Wolfgang von, scrittore tedesco (Franfurth 28.8.1749 - Weimar 22.3.1832). Figlio di un consigliere imperiale, nel 1765 fu mandato a Lipsia a studiarvi diritto. Vi rimase tre anni, resi fecondi dall'amore per Käthchen Schönkopf, figlia di un albergatore, che nel 1767 gli ispirò una raccolta di liriche (Das Buch Annette) ed una commedia, Die Laune des Verliebten (I capricci dell'innamorato). A 19 anni una grave e misteriosa malattia lo costrinse ad abbandonare l'università, ed a rientrare nella casa paterna. Qui viene colto da una crisi religiosa che lo fa avvicinare al pietismo, il tutto completato dal suo interesse per l'Alchimia (v.). Nel 1770 riprende gli studi a Strasburgo, dove in poco più di un anno scopre l'architettura gotica, le opere di Shakespeare e la poesia popolare tedesca. L'amore per Fredericke Brion, figlia di un parroco luterano di campagna, gli suggerisce una raccolta di liriche che colpiscono per freschezza d'immagini e ricchezza di linguaggio. Ma il giovane G. non accetta un legame permanente per cui, ottenuto il diploma, nel 1771 rientra a Francoforte, incominciando a progettare opere più ampie, prima fra tutte il dramma Götz von Berlichingen, che completerà due anni dopo. Nel 1772 soggiornò per qualche mese a Wetzlar per farvi pratica legale. Fu un soggiorno breve ma passionalmente intenso per il suo amore non corrisposto con la fidanzata di un amico, Charlotte Buff, che gli suggerì due anni dopo il romanzo che lo rese famoso in tutta l'Europa, Die Leiden des jungen Werthers (I Dolori del giovane Werther). Ritornò ancora a Francoforte, ove avviò il periodo più fecondo della sua carriera artistica, ed in tre anni collaborò con varie riviste, completa le opere prima sospese, compone due testi teatrali, e scrive l'abbozzo del suo famoso Faust, il cosiddetto Urfaust, rintracciato e pubblicato poi nel 1887. Fu un periodo inquieto, saturo di tentazioni titaniche, illuminato dall'amore per Lili Schönemann, figlia di un ricco mercante, che civettò con lui, cantando volentieri i suoi versi, senza concedergli altro. Anche per questo nel 1775 G. accettò l'invito del duca Karl August alla piccola corte di Weimar. Avrebbe dovuto restarvi solo sei mesi, ma per varie ragioni vi rimase, con qualche breve intervallo, per tutta la sua vita. Divenne primo consigliere del duca, occupandosi di tutto un pò, dalle strade alle miniere, dall'economia all'esercito. Incontrò un'altra donna, Charlotte von Stein, dama di corte e consorte da sette anni di un opaco funzionario. Fu un'amorosa amicizia, attestata da oltre 1700 lettere e da numerose liriche, che stemperò il precedente titanismo esasperato in una visione più serena, evidenziata da poesie come Grenzen der Menschheit (Limiti dell'umanità) e An der Mond (Alla luna) del 1778. Nel corso del suo primo decennio a Weimar completò la prima stesura dei drammi Iphigenie auf Tauris e Torquato Tasso, e del romanzo Wilhelm Meister. tutte opere completate e pubblicate oltre dieci anni dopo. Nel settembre 1786 chiese ed ottenne un congedo a tempo indeterminato dal duca, e partì per Roma sotto il nome di Jean-Philippe Möller. Restò assente due anni e quel viaggio, conosciuto nei dettagli grazie alle lettere alla Stein, ad un diario e ai tre volumi dell'Italienische Reise (1816-1829), lo aiutò nell'azione di indagine introspettiva tesa a veder chiaro in sé stesso, accelerando la sua evoluzione verso l'olimpica serenità che infine caratterizzò la sua produzione più matura. Lo attestano le versioni definitive di Iphigenie e del Tasso, completate dopo il rientro a Weimar, e la raccolta delle Römische Elegien (1790), sulle quali influì anche il nuovo amore per Christiane Vulpius, figlia di un piccolo burocrate, che diventò prima sua amante e poi sua moglie. Le sue mansioni a corte divennero meno impegnative, limitate ad occuparlo in faccende culturali, in musei, nell'accademia delle arti, nell'università e, dal 1791 anche nel teatro. Pubblicò testi scientifici, e fu impegnato in missioni diplomatiche a Venezia ed al seguito del duca durante la campagna militare contro la Francia rivoluzionaria, di cui è testimone la sua Campagne in Frankreich. Nel 1794 avviò la sua collaborazione con Schiller, con il quale fonda la rivista Propyläen (1798), organo di battaglia in difesa degli ideali neoclassici. Rimise mano al suo Faust, portandone a termine la prima parte nel 1806, mentre la seconda l'avrebbe ultimata solo poco prima della morte. Nel 1808 ebbe un incontro ad Erfurt con Napoleone, di cui raccontò 16 anni dopo. Di quell'inizio secolo sono le sue più significative opere, quali l'enigmatica tragedia Die natürliche Tochter (La figlia naturale, del 1802) ed il grande romanzo simbolico Die Wahlverwandschaften (Le affinità elettive, del 1809). Nel 1814 scrisse un poema allegorico per celebrare la fine dell'occupazione francese, Des Epimenides Erwachen. Nel 1816 gli morì la moglie Christiane, ma sarebbe stato solo nel 1823 che avrebbe vissuto il suo ultimo amore con la diciannovenne Ulrike von Levetzow, che gli ispirò l'Elegia di Marienbad, momento centrale dell'ultima importante opera poetica, la Trilogie der Leidenschaft (Trilogia della passione, del 1824), comprendente anche un omaggio ad una pianista polacca e versi per il cinquantenario del Werther. Portò a termine l'edizione definitiva delle sue opere, ultimò con i Wilhelm Meisters Wanderjahre (Gli anni di vagabondaggio di Wilhelm Meister, del 1829) il grande romanzo iniziato mezzo secolo prima, e mettendo finalmente la parola fine al suo Faust (1831), summa di sessanta anni di lavoro letterario, un capolavoro che G. conclude con una netta affermazione della simbolicità di tutto l'esistente. G. è stato definito l'ultimo dei grandi geni universali della gloriosa tradizione umanistica: poeta, uomo politico, funzionario statale, direttore di teatro, pittore, critico, scienziato, di tutto curioso e di tutto appassionato. La sua opera comprende poesie d'amore e poemi filosofici, romanzi e diari di viaggi, idilli e satire, commedie e tragedie, opere critiche e trattati scientifici, ma nonostante l'apparente molteplicità i suoi scritti vanno considerati tanti frammenti di un'unica confessione: gli incidenti della sua biografia, i risultati delle sue letture e dei suoi studi, i frutti delle sue meditazioni, confluiscono in una totalità armoniosa, risultato di uno sforzo consapevole dell'intelligenza. Egli vede il mondo come un'entità dinamica in continua evoluzione, e pone all'uomo il compito di inserirvisi armoniosamente, consapevole dei propri limiti ma sempre pronto ad ampliare l'universo delle sue conoscenze. Faust e Meister riassumono la sua vita e la sua opera, e fanno di lui uno dei massimi poeti della letteratura universale. Y (Massoneria) Fu iniziato Apprendista il 23 giugno 1780 nella Loggia Amalien zur drei Rosen di Weimar. Esattamente un anno dopo fu elevato al grado di Compagno, mentre il 2 marzo 1782 fu iniziato Maestro Massone. G. fu anche iniziato all'Ordine della Stretta Osservanza nell'ultima fase della sua esistenza, ed all'Ordine degli Illuminati di Baviera (v.). È a quest'epoca che risale l'abbozzo massonico-rosacrociano I Misteri (1786). Avversò causticamente tutte le società segrete, ma particolarmente l'occultismo di Cagliostro, come dimostra la sua commedia Il Gran Cofto (1791), ed altre opere come Il cercatore di tesori e L'Apprendista Stregone (1797). Per compiacere il duca di Sassonia di cui era consigliere, scoraggiò ogni appoggio politico alla proliferazione massonica, sostenendo che "La Massoneria rappresenta uno Stato nello Stato. Dove già esiste il potere deve impegnarsi a controllarla ed a neutralizzarla. Introdurla dove non esiste è sempre da sconsigliarsi". Una svolta accidentale, puramente politica, poiché G. non si allontanò mai dalla via iniziatica, come dimostrato dagli elementi massonici che popolano molte sue opere, specie il Wilhelm Meister e Le Affinità elettive. Dal 1809 fino alla morte partecipò attivamente ai Lavori della sua Loggia Amalia, in cui il 23 giugno 1830, era ormai ottantunenne, venne solennemente celebrato il cinquantenario della sua iniziazione. In quella circostanza G. compose una poesia, in cui scriveva " ... sempre vivente, una nobile attività si manifesta, fatta d'amore fraterno e di virile fedeltà, un'alleanza eternamente certa", in cui i Liberi Muratori suoi agenti "disseminati nel mondo, ... brillano come stelle, spandenti dolce e benefica Luce".

Gofer: Simbolo massonico appartenente alla tradizione noachita che, nei suoi rituali, fa riferimento al G. biblico, che costituì la materia prima per la costruzione dell’Arca di Noé. Si tratta di un albero sconosciuto, identificato dagli esegeti con il pino, l’abete od il cipresso. Nell’Antico Rito Noachita il G. è quindi simbolo di resistenza e di perseveranza della casa-tempio galleggiante sulle acque tempestose del Diluvio universale. Esso impiega ritualmente un pezzo di legno di G. per misurare i quattro guadi dell’edenico Fiume della Vita, ad indicare una geometria del legno, più plastica e comunque antecedente quella della pietra. I rapporti pietra-terra e legno-acqua sono equivalenti; nell’uno e nell’altro caso si tratta di trarre da un grado di minore ad uno di maggiore personalità, poiché come la pietra conficcandosi stabilmente nel terreno consente l’edificazione di una casa o di un tempio, così il legno, galleggiando sulle acque e resistendo ad esse, le rende abitabili all’uomo, consentendo l’instaurarsi di una forma più complessa su di una più elementare.

Goffredo di Buglione: Godefroy de Bouillon, duca della Bassa Lorena (1060-11009, figlio di Eustachio II, conte di Boulogne e di Ida di Lorena, ereditò dallo zio Goffredo il Gobbo (che lo aveva adottato) la marca di Anversa, con le contee di Verdun, Moray, Stenay e Bouillon. Nel 1089 ottenne da Enrico IV la Bassa Lorena, quale riconoscimento per l’aiuto da lui prestatogli contro Gregorio VII. La leggenda, ben più della tradizione storica, gli attribuisce il comando della prima crociata (v.), nella quale ebbe invece con ogni probabilità funzioni modeste. Partì per Gerusalemme nel 1096, e si distinse nel corso della spedizione, ma solo dopo la conquista della città santa (1099) fu messo a capo dei difensori del Santo Sepolcro, anche per il rifiuto di Raimondo di Tolosa di assumere l’incarico. La sua maggiore impresa fu la vittoria di Ascalona, ottenuta contro gli Egiziani (1099).

Golden Dawn: Termine indicante un sistema teosofico-occultista dell’Order of Eri, denominato l’Ermetic Order of the Golden Dawn in the Outer, ovvero Ordine Ermetico dell’Alba d’Oro dell’Outer, fondato nel 1888 da William R. Woodman (1828-1891), con la collaborazione dei Fratelli massoni William W. Scott e Samuel L. MacGregor-Mathers (1854-1918). Ispirata alla dottrina teosofica di Madame Blavatsky (v.) ed a quella occulta di Eliphas Levi (v.), era una segreta organizzazione magica cui aderirono pochi personaggi, tra i quali talune ben note figure nel mondo dell’occultismo e della letteratura, come il poeta William B. Yeats (1865-1939). Il sistema gradualistico del Rito era costituito da dieci gradi, più uno introduttivo riservato ai neofiti. Il 10° Grado, quello supremo che corrispondeva ad Ipsissimus, proveniva dalla Società Rosicruciana in Anglia (v.). I Gradi furono designati in corrispondenza con le Sephirot (v.), le dieci sfere dell’albero cabalistico della vita, ed alle vie che le collegano, ossia: · a) fase preparatoria: 0) Neofita; · b) Primo Ordine: 1) Zelator (Malkuth); 2) Theoricus (Yesod); 3) Practicus (Hod); 4) Philosophus (Netzach), · c) Secondo Ordine: 5) Adeptus Minor (Tipharet); 6) Adeptus Major (Geburah; 7) Adeptus Exemptus (Chesed); · d) Terzo Ordine: 8°) Magus (Chokmah); 9°) Ipsissimus (Kether). Nel grado di ammissione, quello di Neofita, il candidato si considera simbolicamente cieco, e perviene alla luce prendendo il primo contatto con il mondo della magia che lo attende. Segue una prima fase, in cui l’adepto risveglia le energie della Natura, corrispondenti ai quattro Elementi, attivandole ed imparando ad usarle nel modo migliore. Le corrispondenze esoteriche dei quattro elementi sono: Terra=Forza, Aria=Immaginazione, Acqua=Intelletto e Fuoco=Emozione. La fase successiva inizia con la Cerimonia del Portale, i cui i quattro elementi vengono posti in armonia tra loro, e compiuti dallo Spirito, in modo che il candidato sia pronto ad entrare nel Secondo Ordine Iniziatico attraverso una cerimonia sconvolgente, che si sviluppa nella cripta del Tempio, nel cui centro è posto il sepolcro dell’asceta Christian von Rosenkreutz (v.). Tale cerimonia simboleggia la morte del candidato e la sua successiva rinascita come vero adepto. Durante la permanenza del Secondo Ordine l’adepto approfondisce, in diversi anni, le tecniche di divinazione, di consacrazione di oggetti magici, come la spada e la coppa, richiesti dal rituale, di preparazione di talismani con funzioni terapeutiche, di teurgia e di evocazione degli spiriti. Ovviamente il Terzo Ordine è assolutamente segreto. La G.D. celebra annualmente la ricorrenza del Corpus Domini, durante la quale la persona più importante di ogni Tempio viene legata alla Croce detta della Sofferenza, sopra la quale invoca il Grande Angelo Vendicatore, chiamato Hua, per ottenere la prosperità della confraternita. Aspetti speculativi della G.D. sono la Cabala, l’Astrologia, i Tarocchi e la Magia. I rituali impiegati, di magia cerimoniale, pare provengano da un manoscritto cifrato degli ambienti massonici rosacrociani inglesi, contenente la struttura di cinque rituali massonici, scoperto da Westcott nel 1887. Tra i gruppi della Massoneria Occulta inseritisi nel filone pseudomassonico della G.D. vi è pure la Loggia Blavatsky, che nel 1875 si affermò con un certo seguito soprattutto in Francia come Società Teosofica (v.).

Golem: Termine derivato dall’ebraico gölem, embrione. È frutto di una leggenda del ghetto di Praga, secondo cui un rabbino creò un automa d’argilla che, inaspettatamente, si ribellò al suo creatore prima ed allo stesso imperatore poi. Il Talmud (v.), ovvero il complesso delle interpretazioni delle tradizioni e delle norme giuridiche ebraiche, dedica un passo all’analisi della creazione dell’uomo da parte di Dio: "Dodici ore ebbe il giorno; nella prima fu accumulata la terra, nella seconda egli divenne Golem (Materia informe), nella quarta fu infusa in lui l’anima". Lo Sefer Jetzirah, o Libro della Vita, indica le leggi da rispettare qualora si intenda plasmare un essere umano. Il cabalista Eleazar di Worms (XI secolo) fornisce invece la ricetta pratica per infondere la vita alla materia inerte. Il risultato di questa serie di istruzioni è il G., un uomo artificiale (come l’Homunculus o l’immaginario mostro di Frankenstein) fabbricato però con il fango da un altro uomo, e come tale privo dal soffio divino. Dall’XI secolo, in Germania, Polonia, e nell’attuale Boemia, si diffuse la leggenda secondo la quale alcuni Rabbini particolarmente esperti nelle difficili arti della Qabbalah (v.) sarebbero stati in grado di fabbricare G. Le rozze statue di fango sarebbero state animate tracciando sulla loro fronte i caratteri alif, mem e thaw, cabalisticamente analoghi a quelli che compongono il nome "Adamo". I G. avrebbero svolto umili mansioni di servitori (o di servitrici, come il peraltro unico G. femminile creato nel 1058 da Salomon ibn Gabirol) fino a quando non diventavano troppo grossi e, di conseguenza, ingovernabili. Una peculiarità di alcuni di essi era infatti quella di crescere a dismisura giorno dopo giorno. In tal caso il Rabbino doveva indurre con un trucco il G. ad inginocchiarsi, per potergli cancellare la alif dalla fronte: le lettere restanti, infatti, si leggono meth, Morte, ed una volta che esse rimanevano sole, il G. si abbatteva rovinosamente al suolo, travolgendo a volte il suo stesso creatore. Un famoso romanzo di Gustav Meyrink, Der Golem (1915), e soprattutto il film omonimo di Paul Wegener (1920), descrivono il G. come una sorta di mostro. In realtà i G. sono di molteplici razze; possono avere un aspetto umano, possedere intuito, intelligenza e compassione (come quello del racconto Il Golem di Elie Wiesel), e alcuni possono essere simili in tutto e per tutto a uomini morti o viventi. Questi ultimi, che spesso sono in grado di mutare il loro aspetto a piacimento, vengono fabbricati quando occorre possedere il perfetto duplicato di una persona. Secondo la leggenda, il 20 Adar del 5340 dell'Era Ebraica (Marzo 1580 dell'era cristiana), Jehuda Liva Ben Becalem, più noto come il Marahal o Morenu Ha-Ray Loew (Maestro Loew), si incontrò nella Sinagoga della Città Ebraica di Praga, con i suoi due più fedeli discepoli. Ognuno degli intervenuti rappresentava un elemento: il Marahal era il simbolo dell’aria; suo cognato, il Rabbino Yitzchak Hacohen, rappresentava il fuoco; il Rabbino Sosson rappresentava l’acqua. Il quarto elemento, la terra, era già pronto sull’impiantito della Sinagoga. Il rito ebbe così inizio: il Marahal cominciò a plasmare il mucchio di fango, ed i suoi assistenti lo aiutarono a dargli un aspetto umano. Quando la figura fu completa, il Rabbino Loew cominciò a recitare il primo capitolo della Genesi, insieme ad alcuni brani del Talmud; poi accese una torcia, la porse al Rabbino Sasson, e, con un bastone, tracciò un cerchio sul pavimento. Quindi il Marahal diede ai suoi discepoli precise istruzioni: Yitzchak avrebbe dovuto camminare intorno al cerchio per sette volte, pronunciando i nomi cabalistici della divinità; poi sarebbe stata la volta di Sasson, quindi quella dello stesso Loew. Quando il rito fu compiuto, la torcia si spense. "Respira", disse il Marahal, e la creatura respirò. "Apri gli occhi", e l’uomo d’argilla aprì gli occhi. "Il tuo nome sarà Yossel", continuò il Marahal, "e la tua missione sulla Terra sarà quella di proteggere il popolo di Israele dai suoi nemici. Nessuno sarà più forte di te, vincerai il fuoco e la morte, sarai indistruttibile ed immortale". Yossel, il G. del Rabbino Loew (1520-1609) è indubbiamente il rappresentante più famoso della sua specie; la sua storia è stata raccontata in Niflahot Marahal (Le meraviglie del Marahal, 1909), in Der Prager Golem (Il Golem di Praga, di Chaim Bloch), e nelle già citate opere di Meyrink e Wiesel. Era stato creato con una precisa missione: difendere la comunità ebraica di Praga, falsamente accusata di aver sacrificato un bambino, in modo da giustificare un progrom da parte di Rodolfo II. Il G. eseguì fedelmente ciò che gli era stata ordinato, e dieci anni dopo, il trentatreesimo giorno dell’Omer del 5350 (1590), tornò in polvere. Fu lo stesso Marahal a eseguire, malinconicamente, il rito finale: "Hai compiuto il tuo destino. Che il tuo sonno sia dolce, Yossel; nessuno ti disturberà più".

Gomarismo: Movimento riformista protestante fondato da François Gomar o Gomaer (1563-1641), teologo calvinista, tenace avversario dell’Arminianesimo (v.), capo della comunità riformata fiamminga di Francoforte (1587-97), professore di teologia protestante a Leida (dal 1593). Sosteneva la predestinazione assoluta, già stabilita nel giudizio di Dio prima ancora del peccato originale di Adamo. Nel 1610 pubblicò una sua Contro Rimostranza, in opposizione alla Rimostranza di Arminius. Dal 1617 Gomar insegnò a Groninga, e partecipò al sinodo di Dordrecht (1618-19) dove ottenne il riconoscimento di validità delle sue tesi e la condanna dell’arminianesimo, nonché a quello successivo di Leida (1633), nel quale venne interamente revisionata la Bibbia olandese.

Gozzano Guido: Poeta e scrittore piemontese, il cui nome completo è Guido Gustavo Gozzano, ma che si fece poi chiamare soltanto Guido. Nasce a Torino il 19 dicembre del 1883. Si iscrive alla facoltà di legge, ma non giunse mai a laurearsi, preferendo interessarsi di letteratura seguendo all'università di Torino i corsi di Arturo Graf insieme ad un gruppo di giovani, con cui successivamente costituì il gruppo dei crepuscolari torinesi. Lo scrittore, di salute malferma, non ebbe mai un lavoro fisso, ma partecipò alla vita culturale e mondana della Torino di inizio secolo. Nel 1907 rivela la sua necessità di rifugiarsi nella poesia rifuggendo le aspirazioni mondane, e pubblicando La via del rifugio. Qui lontano da mire intellettualistiche, rivela la sua originalità come nei due componimenti Le due strade e L'amica di nonna Speranza. Nello stesso anno ha inizio la sua relazione con la scrittrice Amalia Guglielmetti, ma andranno peggiorando le sue condizioni di salute che lo porteranno alla tubercolosi. Nel 1911 appare il suo libro più importante, I colloqui, i cui componimenti furono disposti in tre sezioni: Il giovanile errore, Alle soglie ed Il reduce. Per tutto il corso della sua vita Gozzano collaborò a giornali e riviste con recensioni letterarie, fiabe per bambini, (I due talismani 1914, La principessa si sposa 1917) e varie novelle (L'altare del passato 1918, L'ultima traccia 1919). Morì a Torino il 9 agosto 1916. Se il Gozzano sia stato o no affiliato alla Massoneria è e rimane un interrogativo interamente senza risposta anagraficamente certa. Talune sue sortite, certe sue confidenze del 1907 farebbero presumere che il poeta, a 24 anni, fosse piuttosto pervaso dall’atmosfera naturalistica e positivistica, in quegli anni diffusa ovunque, e del resto anche in vasti strati della stessa Massoneria italiana. In una lettera del 10 giugno 1907 inviata ad Amalia Guglielminetti egli scrive: "Voglio essere leale fin dagli inizi, come si usa fra mercatanti: io non sono un amico spirituale; sono tutt’al più un mediocre interlocutore cerebrale. Non credo nella psiche, e provo un profondo disprezzo per la mia e per la vostra anima, alle quali non attribuisco maggior valore dell’energia che muove un lombrico e della clorofilla che colorisce uno stelo d’erba". Le biografie massoniche ufficiali presumono che Gozzano sia stato membro della R. L. "G. Bertarione"; ma non se ne specificano mai né l’epoca né l’Oriente di appartenenza. Del resto anche i più recenti scavi condotti nel tessuto del suo epistolario più intimo, non hanno portato alla luce alcun segno, od accenno, o richiamo persuasivamente rivelatore. Le risultanze degli ultimi saggi e studi monografici tuttavia, pur muovendosi in questo campo estremamente mosso ed articolato, dimostrano che qualche nuovo, interessante elemento di calcolo critico sta affiorando. Citiamo innanzi tutto un saggio di Bruno Porcelli, il quale crede di individuare nell’ambiente culturale torinese di fine 800 quella che egli definisce la religiosità di Gozzano, insofferente sì ad ogni dogmatismo, ma "incline in egual misura al misticismo francescano e buddhista". È un’affermazione che non si può accogliere senza molte riserve. Carlo Vallini, amicissimo di Guido, nel poemetto Il giorno (1907), inneggiava in quegli inni al Buddha, "al chiomato principe ventenne", al "Perfetto Svegliato", al "Grande-poi che ogni impeto umano in sé contenne". Ma lui, il giovane scettico dalla vita ambigua, dal cuore spento, se pure disposto a vibrare di fraternità, non sentiva ancora a quel tempo il fascino irresistibile dell’ignoto, e tanto meno quello del misticismo buddhista. L’unica sua religione, in questa stagione letteraria de La vita del rifugio, è solo quella dell’incredulità. Il meccanicismo di estrazione positivistica, se pure già anelante ad una spiritualità di tipo pascoliano, non riesce a surrogare in lui una fede che non esiste. Soltanto nel 1912, quando metterà piede sul suolo indiano, venendo direttamente a contatto con il mondo fascinoso della religione buddhista, Gozzano ne sentirà l’irresistibile attrazione, soprattutto come esito spirituale ad una vita contemplativa ed ascetica. Ecco cosa scrisse dall’India all’amico Bolognino il 13 marzo 1912: "Amo la religione buddhista. Se potessi viver qui mi farei buddhista, allora imparerei a disprezzare questo fragile corpo che solo mi dà noie e delle malinconie. Oh, questa vita di pura contemplazione, questo solo sogno di vita ultraterrena, come dev’essere dolce! Io che fui sempre uno scettico! Sarebbe anche bello diventare asceta. Forse finirò la mia vita in completo ascetismo, e credo che la religione di Buddha mi avrà portato a ciò".