-Gallo: In Massoneria è il simbolo di Mercurio, o Hermes, od Ermete (v.), e rappresenta emblematicamente il Mercurio dei Saggi della tradizione alchemica. L'iniziando ne osserva l'immagine nel Gabinetto di Riflessione (v.), unitamente a svariati altri simboli. Il G., simbolo solare in quanto è l'annunciatore del sole che sorge, allude al risveglio delle forze ed incita all’azione, ed è anche simbolo della rinascita, e quindi del rituale di iniziazione. Se esaminato insieme alla Clessidra, simbolo dell’assopimento, del lento morire e dell’inerzia, raffigura il ciclo perenne ed immutabile della vita. È tenuto in grande considerazione dall'islamismo. "Maometto avrebbe affermato che tra le creature vi è un G., la cui cresta è posta sotto il trono di Allah, gli artigli sulla terra e le ali nell'aria. Quando i due terzi della notte sono trascorsi e non ne rimane che un terzo, sbattute le ali, egli dice: "Lodate il sovrano eccelso e santo che non ha eguali"". (Dal libro di T. Fahd La nascita del mondo secondo l'Islam, Parigi, 1959).

-Gandhi: Mohandas Karamchand, detto il Mahatma (in sanscrito Grande Anima). Grande uomo politico indiano (Porbandar, Kathiawar 2.10.1869 - Nuova Dehli 30.1.1948). Dopo aver studiato alle università di Ahmrdabad e di Londra, esercitò brevemente l'avvocatura a Bombay, da dove si traqsferì in Sud Africa nel 1893. Qui la pesante discriminazione cui erano sottoposti i suoi più che 150.000 compatrioti scatenò la sua indignazione, spingendolo alla vita politica. Nel 1903 fondò la Transvaal Indian Association ed il giornale Indian Opinion, e tre anni dopo lanciò a livello di massa la sua originale concezione della resistenza passiva, consistente in una forma di non collaborazione radicale con il governo ostile, concepita come mezzo di pressione di massa. Nel 1914 tornò in India, dove la popolazione era diventata immensa. Dopo la prima guerra mondiale e gli incidenti di Amritsar (1919) si pose a capo del movimento costituzionalista ed indipendentista, lanciando la prima grande campagna di non collaborazione. Nel 1922 subì un primo processo, restando in carcere fino al 1924. Nel 1930 lanciò una seconda grande campagna di resistenza. Incarcerato, rilasciato, partecipò alla conferenza di Londra sul problema indiano, in cui respinse ogni tesi moderata, richiedendo la piena indipendenza immediata. Fallita la conferenza, nel 1932 lanciò una terza campagna di resistenza. Negli anni successivi fu spesso incarcerato, ed agli arresti rispondeva con lunghissimi scioperi della fame. Particolarmente importante fu quello del 1933, che G. intraprese per richiamare l'attenzione sul problema della condizione degli intoccabili, la casta più bassa del sistema indiano. Ritiratosi dalla politica attiva dal 1934 al 1939, ritornò in quell'anno a capo del Congresso. Incarcerato durante la seconda guerra mondiale, partecipò poi alle trattative che sancirono l'indipendenza dell'India (1947). Il suo atteggiamento moderato sul problema della divisione del paese fra indù e musulmani, cui G. si rassegnò molto a malincuore, scatenò l'odio di un fanatico indù, che lo assassinò. Il pensiero politico di G. è nutrito di liberalismo occidentale, laico e progressista, ma anche di spiritualità ascetica orientale (G. apparteneva alla religione jain). I postulati della sua teoria sono la rinuncia a qualsiasi forma di violenza fisica (ahimsa), ed il ricorso invece a mezzi di pressione morale a livello di massa, ovvero non collaborazione, resistenza passiva, sciopero della fame, obiezione di coscienza, ecc. Il suo sistema teorico, il cosiddetto Satyagraha (insistenza verso la verità) contiene, accanto ad una solida teoria politica, una straordinaria ed affascinante lezione morale.

Garanti di Amicizia:  La Libera Muratoria definisce con questo appellativo i Fratelli designati dal Gran Maestro (v.) a rappresentare formalmente la Comunione Massonica del Grande Oriente d'Italia presso determinate Comunioni straniere.

-Garibaldi Giuseppe: Generale e patriota (Nizza, 1807-Caprera, 1882), fu uno degli artefici dell’Unità d’Italia. Figlio di Domenico, capitano mercantile di origine genovese, e di Rosa Raimondi. A 26 anni entro nella Giovine Italia. A Marsiglia conobbe Mazzini, e decise di partecipare alla rivolta di Genova (1834). Fallito il moto e condannato a morte in contumacia, dovette riparare in Brasile (1835), dove comandò una flotta da guerranell’insurrezione di Rio Grande do Sul contro il governo brasiliano, e creò un corpo italiano (le camicie rosse) nel movimento indipendentista uruguaiano. Tornato in Italia nel 1848, con un gruppo di volontari si batté contro gli Austriaci a Luino ed a Morazzone, ma fu costretto a rifugiarsi in Svizzera. Dopo la proclamazione della Repubblica romana, si recò in quella città, dove gli fu affidato il comando della Legione italiana contro il corpo di spedizione francese del gemerale Oudinot. Dopo la caduta di Roma, si sottrasse alla cattura riparando a San Marino. Fuggendo verso Venezia perdette, uccisa dalla malaria e dalle fatiche, la moglie Anita. Dopo il suo secondo esilio, durante il quale fu a Tangeri, New York ed in Perù, nel 1854 era di nuovo in Italia, e nel 1856 aderiva alla Società Nazionale di La Farina. Nominato dal primo ministro Camillo Benso conte di Cavour generale dell’esercito piemontese, per la guerra del 1859 arruolò 5.000 volontari, costituì il corpo dei Cacciatori delle Alpi (poi Alpini) con cui vinse gli Austriaci a Varese ed a San Fermo, ed entrò trionfalmente in Brescia. Ma l’armistizio di Villafranca e, soprattutto la cessione di Nizza alla Francia, lo amareggiarono profondamente, raffreddando i suoi rapporti con il governo piemontese. Nel 1860, alla notizia della rivolta scoppiata a Palermo, organizzò a Genova la leggendaria spedizione in seguito definita "dei Mille": salpati da Quarto nella notte tra il 5 ed il 6 maggio, e sbarcati a Marsala l’11, i volontari occuparono tutte l’isola. Quindi, attraversato lo stretto di Messina, raggiunsero Napoli il 7 settembre. Dopo l’incontro a Teano con Vittorio Emanuele II, G. si ritirò a Caprera. Ma non aveva rinunciato al proposito di fare di Roma la capitale d’Italia, e nel 1862 marciò verso la città. La minaccia di un’azione da parte delle truppe di Napoleone III convinse però il governo italiano a troncare l’iniziativa. Sull’Aspromonte G. fu battuto, ferito e fatto prigioniero dai soldati italiani. Trasferito alle carceri di La Spezia, fu liberato poco dopo. Nel 1866, allo scoppio della guerra, G. accettò nuovamente il comando dei volontari, che guidò alla vittoria della Bezzecca, nel Trentino (21 luglio). Dopo questa campagna vittoriosa, tornava all’antico proposito, più che mai attuale, di liberare Roma. G. diede allora inizio ad un’intrepida azione, che però, dopo un successo contro i papalini a Monterotondo, si concluse infelicemente a Mentana 83 novembre 1867). Seguirono la prigionia ed il ritiro a Caprera. Dall’isola si allontanò solo una volta, nel settembre 1870, per offrire i suoi servigi alla Francia, contribuendo alla liberazione di Digione nel 1871. Eletto deputato dal 1874, favorì negli ultimi anni della sua vita l’affermarsi della I Internazionale e del movimento operaio. Y (Massoneria) Iniziato nella Loggia brasiliana Asilo della Virtù nel 1836, nel 1844 fu affiliato alla Loggia uruguaiana Amici della Patria, e successivamente alla Loggia I Philadelphi di Londra ed a varie logge statunitensi. Egli fu sempre Massone entusiasta, destinato a ricoprire alti ruoli nella gerarchia dell’Istituzione, sia nei corpi massonici che nell’Ordine dell’obbedienza italiana. Non è certo che sia stato un vero iniziato, ma era indubbiamente dotato di particolare sensibilità e di amore per gli uomini e per la natura. Già alla guida dal 1860 del Rito di Misraim siciliano, nel 1863 raggiunse i vertici del R.S.A.A. nel Supremo Consiglio di Palermo, e l’anno successivo fu elevato alla carica di Gran Maestro nel corso del Convento massonico di Firenze del Grande Oriente d’Italia. La sua vocazione anticlericale emerge da una polemica e dissacrante missiva da lui inviata all’Anticoncilio di Napoli del 1869, nella quale definiva il papa d’allora "un metro cubo di letame". Il suo pensiero può essere riassunto nei sei punti lanciati durante il Congresso della Pace di Ginevra: 1) Ogni nazione è sorella dell’altra; 2) La guerra tra loro è impossibile; 3) Ogni conflitto va regolato attraverso un arbitrato; 4) I membri dei consigli debbono essere nominati dalle società democratiche e dai popoli; 5) Il papato è decaduto essendo la più dannosa delle sette; 8) Proclamazione della religione di Dio, della Verità e della Ragione. Nel 1872 venne acclamato Gran Maestro onorario a vita del Grande Oriente d’Italia. Nel 1881 fu proclamato Gran Gerofante e Gran Maestro Generale del neo costituito Antico e Primitivo Rito di Memphis e Misraim (v.). La notizia della sua improvvisa morte giungeva nel corso della riunione del Consiglio dell’Ordine, il 26 febbraio 1882, e veniva subito decretata la pubblicazione in tutto il territorio nazionale del seguente manifesto: "All’Italia. Spegnendosi la vita di un oscuro ma onesto cittadino, gli amici ed i solidali sogliono dirigere conforti e rimpianti alla famiglia dell’estinto. Alla perdita di uno di quei grandi che, con le virtù, il genio e le opere forti hanno onorato l’Umanità, il compianto non si può manifestare che alla madre di tutti i cittadini, alla Patria. La Massoneria Italiana si rivolge perciò all’Italia, ed in nome della sua antica e nobile Istituzione, che rispecchia il progresso illimitato del mondo civile, le dice che l’Eroe Redentore di gran parte del territorio italiano, il Grande Propugnatore della libertà di tutti i popoli, Colui che le ha rivendicato nella sua bella giovinezza l’augusto nome di Santa Madre di Eroi, "Giuseppe Garibaldi" vive nella riconoscente memoria dei popoli, vive nella verace immortalità della storia. La Nazione, che l’Eroe dei due mondi ha tanto cooperato a far libera e grande, gli erigerà un monumento degno di lui e di sé stessa. La Massoneria, che è un’istituzione mondiale, e che l’ebbe suo Gran Maestro ad vitam, gli erigerà un monumento ancor più grande, perché concorreranno ad innalzarlo tutte le Nazioni che professano l’unico culto ammesso dalla ragione umana, quello del Genio e della Virtù. Roma, 3 giugno 1882. Per l’Assemblea delle Officine Massoniche della Comunione Italiana, il Gran Maestro: Giuseppe Petroni".

Gea: Divinità primigenia, risalente cioè all'origine del mondo e degli dei. La leggenda del Caos primordiale fa nascere G., la gran madre Terra, da cui nacquero senza connubio Urano, il cielo, ed il Ponto, il mare; nonché Eros, l'amore creatore della vita. Così fissata l'origine, la fantasia dei primitivi cominciò a lavorare, e creò le gerarchie celesti, ovvero la rappresentazione mitologica dei fenomeni naturali, che sarebbero stati per loro inesplicabili senza un riavvicinamento degli esseri superiori alla natura umana, fatti quindi partecipi, seppure ingranditi, delle virtù e dei vizi dei comuni mortali. Fu così, ingenuamente, che nacque l'antropomorfismo, ovvero il bisogno di creare dei su un modello, ingentilito o deformato, degli stessi uomini. Con il trascorrere del tempo vennero attribuito a G. caratteri meglio definiti, e fu considerata madre di tutti gli esseri viventi e, insieme, del mondo sotterraneo, nel quale essi, compiuto il loro ciclo, vanno a finire. Nel mito latino G. diventa la Terra, con tutti gli attributi che sovente la fanno assomigliare alla dea Cerere ed alla dea Cibele. Nell'anno 268 a.C. Roma le eresse un tempio, consacrandole feste che si svolgevano nei villaggi, i latini Pagi, da cui derivò il loro nome di Paganalia.

Geenna: Termine di derivazione ebraica, che significa Valle dei figli di Hinnah, indicando il luogo nei pressi di Gerusalemme dove, secondo la tradizione, gli Ebrei idolatri sacrificavano i loro figli, gettandoli nella bocca infuocata di un'enorme statua del dio Baal. Per ordine del re Giosia (639-609 a.C.) il luogo venne sconsacrato e ricoperto di immondizie e di ossa umane, onde renderlo definitivamente inaccessibile. È per queste ragioni che il Nuovo Testamento cita G. per indicare un luogo di pena e di grandi sofferenze, ovvero sinonimo dell'Inferno.

Gemelli: In tutte le mitologie i G. hanno costituito un interessante fenomeno, sia nel caso fossero simmetrici sia che rappresentassero la dualità dell'uomo: le tenebre e la luce, la terra ed il cielo, il bianco ed il nero, la notte ed il giorno. Talvolta venivano raffigurati l'uno con la testa di toro e l'altro di scorpione. Hanno rappresentato le opposizioni interiori umane come sono stati simbolo di unità e dell'armonia dell'Uno. La mitologia greca evidenzia i Dioscuri (v.), Castore e Polluce, divinità mediche; infatti il loro tempio di Bisanzio era un santuario per i malati, un vero centro di guarigioni. Allora era anche diffusa la credenza per cui la nascita di G. presupponesse l'unione di un mortale con un dio. La Bibbia ricorda Esaù e Giacobbe, la cultura indù comprende gli Ashvin, padroni dell'aurora che, presso i germani erano gli Alkes. I latini infine basavano la fondazione di Roma sulla leggenda di Romolo e Remo. È il simbolo del doppio e della polarità umana. Il suo glifo è " C ", ed il sole vi si trova tra il 21 maggio ed il 21 giugno. Appartiene all'elemento Aria. L'astrologia considera il nativo incapace di premeditazione, con un comportamento molto contraddittorio, quasi inconscio. È un irrequieto, talvolta superficiale ma anche capace di genialità, suscettibile, facile ad irritarsi e piuttosto presuntuoso, non serba rancore e sa adattarsi sia alle circostanze che alle persone. Di solito quando è dominato da un’idea deve metterla in atto, sia in campo creativo che nell’azione vera e propria. Se desidera un oggetto lo compra subito, senza pensarci. Non premedita le proprie azioni, ed a volte agisce al di là delle convenzioni. I suo comportamento è fortemente contraddittorio, quasi inconscio; è in sostanza un irrequieto, a volte leggero e superficiale, altre volte geniale. La sua morale è molto particolare. È suscettibile, facile ad irritarsi, piuttosto presuntuoso. Difficilmente serba rancore, e sa adattarsi alle circostanze ed alle persone. Fra i suoi difetti vanno annoverate la presunzione e talvolta la dispersività, nonché la mancanza di costanza nell’applicazione. Fondamentalmente è libero, difficilmente si adatta ad una disciplina, ha bisogno di muoversi, di spostarsi, di darsi da fare. È un estroverso, con moltissimi interessi. Profondamente gentile, non dice mai di no, e con questo si guadagna una reputazione da possibilista, se non di ipocrita o di bugiardo. È portato ad agire in gran fretta, ed è incuriosito da tutto. Per farlo soffrire occorre tacergli o nascondergli qualcosa: la sua curiosità è tale da farne un dramma. Assimila con facilità, ma senza approfondire, e difficilmente si specializza in qualcosa. La necessità di cambiare è un fatto per lui istintivo, e grazie alla sua intuizione, come ad un senso psicologico innato, riesce a trarre vantaggio da ogni situazione, per cui è facile gli arrida il successo. È intelligente e veloce, piuttosto egoista, e possiede anche una logica stringente. Gli piace molto parlare, ed a volte è caustico e capace come pochi di distruggere con una parola. La sua superficialità si esprime talvolta nel sentimento e nell’esecuzione del proprio lavoro. I suoi principi etici sono poco profondi, e spesso è un indeciso, avendo una morale molto personalizzata. È portato al compromesso, che ben si addice alla doppiezza del segno dei G.: ciò lo induce ad aggirare un ostacolo piuttosto che affrontarlo. Nei confronti del denaro manifesta un duplice atteggiamento, che oscilla fra la più sordida avarizia e la più splendida generosità. Durante l’infanzia è avido di sapere, curioso di tutto, ed uso la simpatia che emana –per ottenere quanto vuole. È molto furbo, e non è facile scoprire le sue marachelle, ed educarlo ad una morale corretta. A scuola è abilissimo nelle contrattazioni, ed abbisogna di un insegnante capace di dirigerlo incuriosendolo, poiché non sopporta l’autorità. Promette molto mantenendo poco, ed è decisamente infedele in amore.

Genesi: Nome del primo libro del Pentateuco (v.); dalle sue parole iniziali il titolo ebraico è bere’shit, in principio. Nella prima parte (1-11) il racconto della creazione è seguito dalla storia dell’umanità, restringendosi poi a quella del gruppo semitico e, infine, a quella della tribù dei Terahiti, a cui apparteneva Abramo, considerato il fondatore del monoteismo. La seconda parte (12-50) è la storia leggendaria dei patriarchi, progenitori della tribù d’Israele, del loro primo patto con Dio per il possesso della terra di Canaan, e del loro trasferimento in Egitto. La tradizione attribuisce alla G., insieme agli altri libri del Pentateuco, a Mosé. La scuola di Wellhausen (XIX secolo) lo fa derivare dalle tre fonti E.J.P. (c. Bibbia), e colloca la sua redazione verso il V secolo a.C. Studi più recenti (Cassuto) lo attribuiscono all’epoca davidica (X secolo a.C.); farebbe parte della storia del re David, alla quale si volle presumere un prologo cosmico (1-11) ed un inizio sacro, riportando ad epoca leggendaria l’elezione divina del popolo d’Israele. Vi si trovano tracce di antiche tradizioni di origine specialmente mesopotanica: creazione (Enuma elis), diluvio (epopea di Gilgames), torre di Babele (ziqqurat); la storia dei patriarchi è inquadrata in quella dell’oriente del II millennio. Il libro è scritto in prosa narrativa semplice, ma colorita ed efficace, con pagine di alta drammaticità e di raffinata psicologia.

Genizah:  Termine ebraico dal significato di ripostiglio od archivio, designante il deposito di manoscritti ebraici considerati sacri, di cui la Legge vieta la distruzione quando siano fuori uso. Dalla G. della sinagoga di Esdra (Cairo), alla fine del XIX secolo furono recuperati e trasportati a Cambridge ed in altre biblioteche circa 200.000 frammenti, tra i quali importanti erano quelli di gran parte del testo ebraico dell'Ecclesiastico (v.), la traduzione greca dell'Antico Testamento di Aquila, e frammenti del Patto di Damasco. È stato ipotizzato che le grotte di Ein Feshka, dove nel 1947 vennero ritrovati importantissimi frammenti (v. Manoscritti del Mar Morto), costituissero una G.

Gentili: Termine riportato dall’Antico Testamento, con il quale gli Ebrei identificavano gli stranieri ed in particolare i pagani, ovvero quanti non aderivano alla pratica della Circoncisione. Più tardi, in epoca rabbinica, venne impiegato anche per gli stranieri professanti una religione monoteista. I primi cristiani definivano G. i pagani in generale; l’Apostolo Paolo di Tarso (v.), in quanto cittadino romano, era detto apostolo dei G. (Atti degli Apostoli, 9, 15).

Genuflessione:  Atto di rispetto e di devozione, consistente nel piegare fino a terra un ginocchio (G. semplice) od entrambe le ginocchia (G. doppia), in segno di adorazione, di venerazione o più semplicemente di rispetto. Era già praticata presso i Babilonesi, quale riconoscimento della propria sottomissione alla divinità ed ai sovrani, e si diffuse poi in tutto il Medio Oriente, come attestato nella Bibbia nei Libri dei Re, in Daniele ed altrove. Nell'ambiente greco e romano la G. era un atteggiamento riservato ai soli supplici. Anche il cristianesimo primitivo non adottò tale pratica, e gli stessi Vangeli alludono alla G. soltanto in casi particolari (Matteo 17, 14; Marco 1, 40), riservandola a chi richiede favori. Matteo (17, 29) ricorda la G. ironica dei soldati romani che intendevano beffeggiare Gesù. Più tardi però, sulla scorta degli Atti degli Apostoli (7, 60; 9, 40; 20, 36; 21, 5 ecc.) la G. entrò nella liturgia cattolica occidentale. In quella greca venne sostituita dalla metanoia, consistente in un inchino fino a toccare terra con la mano destra, gesto seguito dal bacio sulle estremità delle dita riunite e dal segno della croce.  Y  (Massoneria): La Libera Muratoria ritualmente richiede la G. semplice nelle cerimonie di apertura e di chiusura dei Lavori, allorché viene sistemato sull'ara il Libro della Legge Sacra, nonché in determinati momenti compresi nei Riti di Iniziazione, di aumenti di salario (v.) e di installazione dei Dignitari di Loggia, allorché è richiesto un giuramento od una promessa solenne.

Geomanzia: Pratica divinatoria attuata attraverso l’interpretazione di segni tracciati sulla sabbia, allo scopo di trarne indizi o di predire il futuro (v. Divinazione).

Geometria: Scienza dello spazio, avente origini pratiche nelle osservazioni sui metodi impiegati dagli egizi nelle loro opere di ingegneria, fu approfondita da Euclide che pubblicò il primo trattato (Elementi). Dalla G. elementare nasceva così quella antica, che impiegava la sintesi. Avrebbe avuto enorme influenza non solo nella matematica, ma anche sul pensiero scientifico e filosofico successivo. Entro una logica aristotelica, da concetti primitivi indefiniti si deducevano teoremi, riguardanti punto, retta, cerchio, piano, ed altre figure e solidi da questi generati. Con Pappo ed Apollonio, sulla linea euclidea, venivano pubblicati altri trattati, specie sulle sezioni coniche. Erano principi che sostituivano la loro verità all'intuizione, applicando metodi rigidamente deduttivi, in modo che ragionamenti analogici non introducessero errori. Il disaccordo presuppone errore da almeno una delle due parti, non essendoci gradazioni di verità. L'estensione dei principi geometrici alle scienze umane ed alla filosofia usurpava così il posto dovuto alla retorica tradizionale. Nulla doveva cambiare nel tempo, fino al tardo medioevo, allorché veniva scoperta e sfruttata l'algebra. Con Descartes (G. analitica) e Fermat, si avviò poi il ricorso ai metodi algebrici ed all'analisi infinitesimale. La topologia, le G. descrittiva e proiettiva, la prospettività che ne deriva, rappresentano tuttora percorsi di studio per l'ulteriore approfondimento delle conoscenze geometriche. y (Filosofia): La scuola di Platone proibiva l'accesso ai comuni ascoltatori, impreparati a pensare da soli perché non geometri. Si trattava di una G. diversa da quella di Euclide, scienza della misura dello spazio, più sottile nella sua spiritualità. Rappresentava già un'Arte più che una comune scienza, un'Arte consistente nel ricollegare le idee alle forme, e nel leggere i segni fatti di linee e curve, come le figure dei geometri. Applicando tale Arte al tentativo di dare un senso ai tracciati più semplici, la mente risale alle concezioni fondamentali dell'intelligenza umana. Quanto si può così scoprire, con le sole forze proprie, in virtù dell'autonomo funzionamento delle facoltà intellettive, assume un carattere di verità, almeno nell'interessato. Il valore attribuito al segno è vero per noi, e se gli restiamo fedeli attribuendo altri valori ad altri segni, costruiamo in modo corretto. Imperativo che la Materia Prima, ovvero l'idea pura, venga estratta dalla sua miniera, da noi stessi, dal pozzo ove si nasconde la Verità. Nel medioevo gli ermetisti erano piuttosto reticenti nei confronti dei procedimenti mediante i quali effettuare la trasmutazione del piombo in oro. Era prudente lasciar credere ai profani, specie agli inquisitori, che le formule degli adepti fossero da prendersi alla lettera. Molti ignoranti si erano così rovinati, mentre schiere di ciarlatani sfruttavano la cupidigia degli ingenui. I veri alchimisti però sapevano bene che il Piombo era la volgarità, la pesantezza, l'ignoranza e l'imperfezione, mentre l'Oro era l'esatto contrario. Punto di riferimento restava l'uomo, essere perfettibile, nel quale il Piombo è veramente trasmutabile in Oro. Nell'antico Compagnonaggio tale interpretazione e sfruttamento della G. era definita del Compasso, ed era appannaggio esclusivo dei Maestri d'Opera. La Libera Muratoria identifica la G. nella lettera "G" evidenziata in Tempio al centro del Pentalfa posto all'Oriente in Camera di Compagno, nonché al centro dei sigilli dell'istituzione, tra la squadra ed il compasso.

Geova: Nome di Dio, modernizzazione del termine Yehowah, o Jehovah od ancora Jehovah, derivazioni del termine Jahvé, che Dio stesso si attribuì sul Monte Horeb, al cospetto di Mosé: "Io sono Colui che sono (cioè l’Essere infinito ed Assoluto); così risponederai ai figlioli di Israele. Colui che è, il Signore dei vostri padri, il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe mi manda a voi. Questo nome io ho in eterno" (Esodo, 3, 14-15). Fu così che il nome Jahvé diventò Jehovah secondo l’uso del tempo, che significa "Io sono" quando è Dio che parla, e "Colui che è" allorché l’uomo vuole indicare Dio. Prima di incontrare Mosé Dio si era manifestato come "Shaddai", l’Onnipotente (Esodo 6, 3). Secondo la Qabbalah il nome Jehovah si pronuncia compitando lettera per lettera: "y" (jod), "h" (hé), "w" (vau), "h" (hé). Nell’Alchimia (v.) i quattro segni indicano: · Jod il principio creatore attivo, lo spirito maschile, la Colonna J, lo Zolfo (v.); · Hé la sostanza passiva, lo spirito femminile, il male in potenza, la Colonna B, il Mercurio (v.); · Vau l’unione armonica dei due principi maschile e femminile, l’Azoto (v.); · Hé le espressioni generatrici del mondo fisico, l’incarnazione del pensiero, il Sale (v.). Secondo il Ventura (Vie della Tradizione, N° 11, 1973), Geova e Jehovah sono termini errati, coi quali si indica Dio con un preteso nome ebraico. In verità il nome ebraico di Dio è il Tetragramma divino, Jod Hé Vau Hé (Jahvéh) composto di quattro consonanti. Gli Ebrei, nel rispetto dei comandamenti affidati a Mosé e da questi portati giù dal Sinai, per molti secoli si astennero dal pronunciarlo. Solo una volta all’anno il capo dei Leviti lo invocava non pronunciando la parola ma scandendo le quattro consonanti, nella loro trasposizione vocale. Quando volevano nominare il nome di Dio gli Ebrei lo chiamavano Adonai (Signore). Quando i Masoreti introdussero le vocali tra le consonanti, non conoscendo l’esatta pronuncia del tetragramma, erroneamente indicarono le vocali di Adonai. Da tale errore le consonanti Jod Hé Vau Hé furono affiancate dalle vocali di Adonai, originando l’ibrido pronunciato Jehovah. In tal modo Jehovah o Geova restò ad indicare il nome ebraico di Dio, finché gli studi biblici approfonditi non consentirono di restituire al Tetragrammaton le vocali corrette. Molti studiosi (tra i quali Luigi Troisi) sono comunque del parere che il Tetragramma divino vada pronunciato consonante per consonante, onde evidenziarne la spiegazione tradizionale ed esoterica del suo significato, non soltanto letterale. I Testimoni di Geova (v.) lo hanno adottato per identificare la loro setta che nega la divinità di Gesù Cristo, e l’esistenza dell’Inferno, attendendo l’avvento del regno di G:

Geozia: Termine che definisce la pratica della Magia Nera (v.) consistente nell’evocazione dell’intervento di una potenza malefica, specialmente allo scopo di vendicarsi nei confronti di un nemico.

Gergo Massonico: La Libera Muratoria impiega particolari espressioni che la caratterizzano, e che fanno parte del G. comunemente usato tra loro dai Fratelli nelle più svariate circostanze, sia in Loggia che allorché si incontrano nel mondo profano. Alcuni termini sono di impiego tanto comune da essere oggetto di trattazione particolare, come voci parte del normale vocabolario. Tra questi si collocano, e sono consultabili, i termini Ambulazione, Capitazione, Copertura, Simboli, Squadratura, Tavola, nomi di Dignitari ed Ufficiali di Loggia e loro funzioni, particolari ed oggetti d'arredamento del Tempio, termini Rituali ed alcune espressioni usate in determinate circostanze, come le Abbreviazioni, l'Alfabeto Massonico, il Calendario Massonico e Piovere. Termini peculiari sono tuttora usati soprattutto nel corso di agapi, riunioni conviviali rituali e non, in un linguaggio colorito che ricorda quello militare, particolarmente riferito all'artiglieria, come Caricare (riempire il bicchiere per un brindisi e sostenerlo con la mano destra, con l'indice puntato in alto, ad indicare la dedica A.G.D.G.A.D.U.), Cannone (calice), Fuoco (profferito coralmente, intende l'atto del bere), Piattaforma (tavolo), Velo (tovaglia), Bandiere (tovaglioli), Tegoli (piatti), Cazzuole (cucchiai), Zappe (forchette), Spade (coltelli), Barili (bottiglie), Stalli (seggiole), Materiali (vivande), Pietra grezza (pane), Polvere forte, bianca o rossa (vino), Polvere debole (acqua), Polvere gialla (birra), Polvere fulminante (liquore), Sabbia (sale), Cemento (pepe), masticare (mangiare), Tirare una cannonata (bere), Trinciare (digrossare, spezzare, tagliare), Armi in riposo (riporre i calici).

Gerofante: Termine moderno con cui viene comunemente identificato lo Ierofante o Hyerophante (v.).

Geroglifico: Secondo la mitologia egizia, sarebbe stato Thoth (v.) ad inventare la scrittura geroglifica (detta ideoscrittura) e ad introdurne l'impiego. Il termine venne usato dai greci ellenistici per indicare i segni di quest'antica scrittura egiziana. Deriva dal greco ieros (sacro) e glujw (inciso). I G. ammontano a circa 3000, ma i più comuni non sono più di 600. Nell'Egitto antico il sistema G. era già conosciuto all'inizio della I dinastia faraonica (ca. 3000 a.C.), nella forma che durò per oltre 3400 anni, senza grandi variazioni. Infatti l'ultimo documento in G. risale al regno di Teodosio (394 d.C.). La necessità di semplificare i segni comportò l'adozione di una scrittura corsiva facilitata, denominato ieratico (v.). Nel corso dei secoli molti tentativi furono effettuati per interpretare i segni, coinvolgendo Tacito, Diodoro Siculo ed Horapollo (V secolo). Nel XVII secolo il gesuita tedesco Kircher tentò lo studio scientifico dei G., arrivando a spiegare molte voci attraverso il confronto con la lingua copta, ma concluse giudicando quei segni come semplice scrittura simbolica. Soltanto dopo il ritrovamento della stele di Rosetta (1799), redatta in G., demotico e greco, ci si avviò lentamente verso la loro corretta interpretazione. Fu però solo nel 1822 che il francese Champollion, grazie ad un'iscrizione di File riportante i carteggi (cartouches) di Tolomeo e Cleopatra, partendo dai suoni semplici e riportando il loro valore fonetico, con l'aiuto del testo greco e della lingua copta, riempì i vuoti tra i suoni già riconosciuti prima. Il sistema completo di decifrazione fu pubblicato solo due anni dopo (1824) nei "Précis du système hiéroglyphique".