Ditelismo: Dottrina secondo la quale nel personaggio di Cristo coesisterebbero due differenti volontà, rispettivamente discendenti dalla sua duplice natura umana e divina.

Divinazione: Dal latino divinatio, che proviene da Dio. Nelle antiche credenze religiose, definiva l’arte di prevedere il futuro attraverso l’interpretazione dei segni divini. La D. si esplica essenzialmente in due modi: con segni o simboli esterni, e con manifestazioni dirette della divinità. Quasi ogni realtà naturale è stata fatta oggetto di D. Gli antichi Babilonesi interrogavano gli astri, studiandone le posizioni e le congiunzioni (v. Astrologia). Altre forme di D. riguardano: gli uccelli (voli e canto); i visceri (esplorazione del fegato, od epatoscopia, e delle interiora, lat. extispicio, praticata già dagli Assiro Babilonesi, dagli Etruschi e dai Romani, detta anche aruspicina); il fuoco (piromanzia); il fumo (capnomanzia); il fulmine ed il tuono; lo specchio ricurvo (lecanomanzia); la lettura delle linee della mano (chiromanzia, v.); i sogni (oniromanzia); le carte (cartomanzia); gli oracoli (cresmologia), ecc. Astrologia, chiromanzia e cartomanzia godono tuttora di notevole favore nel costume odierno.

Divino: Aggettivo qualificativo che definisce qualità, atti o cose bellissime ed in genere molto rare, in diversi contesti: avente la natura di divinità, di Dio, che si riferisce a Dio od agli dei, partecipante alla divina perfezione, proveniente da Dio, che è voluto od ispirato da Dio, che è degno di Dio, quindi eccellente, straordinario e sovrumano.

Docetismo: Complesso di dottrine ereticali che negano la realtà carnale del corpo di Gesù Cristo. Il D. sorse già in era apostolica, si affermò nel II e III secolo, poi scomparve per ripresentarsi nel VI secolo in alcune sette monofisite (v. Monofisismo). La dottrina docetista nacque dalla difficoltà di concepire una realtà umana materiale ed immanente nella sua intima unione con una realtà divina spirituale e trascendente. Per il D. il Cristo divino dimorò solo temporaneamente nel corpo dell’uomo Gesù: nascita, vita, morte e resurrezione di Cristo non possiedono una realtà umana, ma sono puri jantasmata (fantasmi, apparenze, da cui D.); sulla croce non morì Cristo, ma Simone il Cireneo. Il D., più che un’eresia, fu un aspetto particolare di eresie sistematiche, come il gnosticismo, il manicheismoedil monofisismo. Fra i più importanti docetisti sono Simon Mago, Basilide, Valentino, Marcione ed altri. Tuttavia tracce di D. si possono trovare perfino in Clemente Alessandrino, Origene ed Ilario di Poitiers.

Dodici Patriarchi, Testamenti dei: Scritti apocrifi dell’Antico Testamento, quasi sicuramente appartenenti agli Esseni (v.), i cui autori narrano le volontà che i dodici figli di Giacobbe affidarono ai loro discendenti. Questo rappresenta l’inizio del primo testamento, quello di Ruben, primogenito di Giacobbe e Lia, capostipite dell’omonima tribù di Israele, stanziata nella Transgiordania meridionale, tra il Mar Morto ed il deserto di Moab: "Io vi scongiuro dinanzi al Dio del cielo, di non lasciarvi trascinare dalla dissolutezza e dalla lussuria della giovinezza, come ho fatto io che ho macchiato il letto di Giacobbe mio padre (Ruben aveva avuto rapporti sessuali con Bila, la concubina del padre, e per questo aveva perduto il diritto di primogenitura). Dio mi colpì con una piaga dolorosa ai reni per la durata di sette mesi, e se mio padre non avesse pregato per me, Dio mi avrebbe certo fatto perire".

Dodici: Viene considerato il più sacro tra i numeri. La Bibbia ricorda D. seggi allegorici su cui prendono posto i D. apostoli, che avrebbero dovuto giudicare le D. tribù di Israele, che nella tradizione esoterica ebraica simboleggiano tutto il popolo di Dio. Queste inoltre simboleggiavano l’universalità degli eletti che hanno conquistato la loro eternità. Dodici sono i segni dello Zodiaco (v.), come D. sono le sorgenti nel deserto che dissetarono gli Ebrei. D. furono i cavalieri scelti da Mosè ed i cavalieri della Tavola Rotonda (v.), e D. volte è arrotolato il serpente che sostiene la Coppa dell’Eternità nelle Regole trinosofiche. Dodici infine sono i Testamenti dei Patriarchi (v.). Dunque il D. indica la ricomposizione della totalità originaria, la discesa in terra di un modello cosmico di pienezza e di armonia, il ritrovamento simbolico del Nome Divino, della Parola Perduta dell’Arco Reale.

Dogma: Dal greco dogma, per il cattolicesimo è dottrina rivelata da Dio e proposta come tale dalla Chiesa come garanzia dell’infallibilità. Questo significato tecnico è prevalso a partire dal XVIII secolo. Nei primi secoli il termine D. ebbe il significato fondamentale di ta dedogmena, ciò che è sembrato vero o buono o conveniente. L’attuale concetto cattolico di D. si riferisce ad una rivelazione soprannaturale trascendente essenzialmente l’ordine naturale. Per costituire D. non è necessario che si tratti di misteri propriamente detti, come incarnazione e trinità, ma può trattarsi anche di fatti accessibili alle forze naturali della ragione, come immortalità dell’anima, nascita, vita e passione di Cristo. Si tratta inoltre di rivelazione pubblica, destinata da Dio a tutti gli uomini, e perciò affidata alla Chiesa come pubblica società; il che esclude qualsiasi forma di rivelazione privata. Infine è da notare che, secondo la dottrina cattolica, la rivelazione pubblica si è chiusa per sempre con il decesso dell’ultimo degli Apostoli. Il contenuto concettuale del termine D. è già visibile nel Nuovo Testamento, specialmente nelle epistole di Paolo, in cui la religione cristiana è presentata (I Timoteo 6, 20; II Timoteo 1, 13) come un deposito (paradhch), termine giuridico per indicare una cosa che il legittimo proprietario affida ad un altro quale suo procuratore. D. e teologia non si identificano: infatti la teologia è in tutta la sua estensione un ulteriore studio umano scientifico dei D. e delle altre cose proposte dalla Chiesa, anche non come D. Dei due elementi che costituiscono il concetto di D., il primo (verità rivelata) è praticamente condiviso da tutte le chiese cristiane, salvo discriminazioni critiche e teologiche circa il rapporto tra testo scritturale e definizione dogmatica; invece il secondo (definizione ecclesiastica) è all’origine di molteplici polemiche dottrinali causate dalle diverse interpretazioni del concetto ecclesiale e del valore della tradizione ecclesiastica. La Chiesa greco-ortodossa, oltre ad accogliere in blocco la Scrittura con le sue implicazioni dogmatiche, accetta tutti i D. emanati dai primi concili ecumenici fino alla separazione di Fozio; anche la Chiesa anglicana recepisce i vari D. sanciti fino alla sua separazione da Roma sotto Enrico VIII. Nel luteranesimo (v.), ed in genere nelle maggiori correnti protestanti, il D. assume un aspetto più soggettivo in funzione dell’interpretazione individuale della Scrittura, così che esso, più che un fatto strettamente teologico, diventa la manifestazione di una professione di fede. Per sua natura la dottrina cattolica è oggettivamente immutabile; ma la storia dimostra che la Chiesa è arrivata per gradi alla definizione di molti D. La Chiesa cattolica passerebbe alla proposizione dei D. evoluti senza indurre cambiamento essenziale nella Rivelazione, ma limitandosi ad esporre in termini chiari quello che nella rivelazione così intesa è contenuto implicitamente. La determinazione dell’esatto significato della parola "implicitamente" ha già creato notevoli dissensi fra gli stessi teologi cattolici, in quanto molti non ammettono che la Chiesa possa definire la fede divina, cioè come D. propri, le conclusioni teologiche propriamente dette, ma sostengono che tale definizione è soltanto di fede ecclesiastica, perché solo "virtualmente" rivelate. Accanto ai D. che riguardano Dio, Cristo e l’uomo (trinità, incarnazione, redenzione, Cristo uomo Dio, ecc.), a partire dal concilio di Trento, la chiesa cattolica, in contrasto con il mondo protestante, ha introdotto nuovi D. riguardanti Maria (verginità ante partum, in partu et post partum, 1555; immacolata concezione, 1854; assunzione, 1950) ed il pontefice romano (infallibilità, 1870). La critica razionalista, avviata nel XVI secolo, considera il d. come una elaborazione arbitraria della chiesa cattolica, che avrebbe via cia assorbito, nel decorso dei tempi, argomenti e motivi della cultura moderna totalmente estranei al messaggio evangelico. Harnack (1885-90) sostiene l’influsso della filosofia greca nella formazione dei D, mentre altri ricorrono alla religiosità orientale ellenistica, di cui furono frutto i culti misterici e la gnosi. In campo cattolico la storiografia dogmatica denuncia tuttora una mancanza di sintesi storica, frutto e conseguenza di un orientamento verso uno studio monografico di questioni particolari.

-Dolmen: Termine derivato dal bretone dol, tavola, e min, pietra, col quale si identificano le costruzioni fondate sul sistema trilitico, sia nella forma più semplice dei quattro ortostati sormontati da una lastra orizzontale sia in forme più complesse nella pianta, tipo poligonale o circolare. L’enorme diffusione induce a pensare che si trattasse di un fatto architettonico spontaneo in un contesto primitivo, ed a rifiutare la tesi monogeista. Uno sviluppo particolare è dato dalla partizione dell’ambiente originario in corridoio di accesso ed in camera propriamente detta. Comune a molti D. è un foro praticato su una lastra laterale, forse per la rimozione delle lastre di chiusura. Dal punto di vista geografico si possono distinguere tre aree di diffusione: atlantica (Spagna, Portogallo, Francia ed Irlanda), mediterranea centrale (Nordafrica, Siria, Palestina, Malta ed Italia), mediterranea orientale (costa bulgara e Crimea). La destinazione di tali costruzioni era soprattutto funeraria, per le sepolture di inumati, come dimostrano quelli ritrovati in vere e proprie necropoli, come a Dalma in Palestina ed a Roknia in Algeria.

Domenica: Nome derivato dal latino dominica, giorno del Signore. È il settimo giorno della settimana, considerato dal cristianesimo festivo e di culto, in ricordo della resurrezione di Cristo avvenuta, secondo la tradizione, il giorno successivo al sabato ebraico. Incerte le origini della liturgia domenicale: secondo alcuni sostituì già in Gerusalemme il sabato ebraico, secondo altri deriverebbe dai culti solari e mitriaci. L’obbligo di assistere alla messa nel giorno di D. (festa di precetto), e di astenersi dalle opere servili, è stato inserito nel culto cristiano a partire dal VI secolo, secondo le decisioni adottate al riguardo nel corso dei Concili di Adge (506) e di Orléans (538).

Domenicani: Ordine mendicante fondato da Domenico di Guzmàn (v.) nel 1215 con il nome di frati predicatori. L’Ordine nacque dalla trasformazione di un’associazione di chierici regolari convenuti sotto la guida di Domenico in Linguadoca, per una vasta attività di predicazione fra i Catari. L’Ordine assunse poi la regola di Agostino, e fu approvato da Onorio III nel 1216. Fino ad allora la predicazione era riservata ai soli vescovi, così l’intenzione di creare un ordine abilitato alla predicazione incontrò violente resistenze presso la Curia romana. Solo l’intervento di Innocenzo III prima, e del suo successore Onorio III poi, permise a Domenico di realizzare il proprio progetto. Fu detto che, come Francesco sposò Madonna Povertà, così Domenico, suo contemporaneo, sposò Madonna Sapienza, intendendo entrambi combattere i due maggiori vizi della Chiesa del tempo: l’ignoranza ed il culto della ricchezza. I due primi conventi fondati da Domenico furono nelle due maggiori sedi universitarie dell’epoca: Parigi (1217) e Bologna (1218). La diffusione dell’ordine fu rapidissima. Alla morte del fondatore (1221) esso aveva già parecchie case in Francia, Italia e Spagna, si era introdotto in Germania, Inghilterra ed Ungheria, e stava per penetrare in Polonia ed in Scandinavia. Il XIII secolo segna iol massimo fulgore dell’ordine, illuminato da figure di scienziati, filosofi e leologi, come Alberto magno, Tommaso d’Aquino, Eckart, Susone e Taulero. Nel 1303 l’ordine contava 13 province con 582 conventi; nelle loro chiese, tutte edificate nelle grandi città, i D. predicavano sia di mattina (sermo) che di sera (collatio), fino a 250 volte l’anno. Ma nel XIV secolo si manifestarono i primi segni di una grave crisi: la peste nera (1347-48) aveva spopolato i conventi, ed i nuovi ammessi erano stati accettati con eccessiva larghezza. La pratica della povertà, sia conventuale che individuale, fu la prima ad essere intaccata, con tutte le conseguenze che ne derivarono. Un primo movimento di riforma si manifestò in Toscana, dove sorsero conventi di "spirituali", come presso i francescani, ma senza giungere agli eccessi di questi. Grande esponente di questi riformatori fu Caterina da Siena, nel terz’ordine D., il cui confessore Raimondo di Penafort fu nominato maestro generale dell’ordine (1380). La contesa fra osservanti spirituali e conventuali fu appianata poi dal maestro generale Tommaso de Vio Gaetano (1508-18), che salvò così l’unità dell’ordine. I D. furono all’avanguardia nella difesa dell’ortodossia, specialmente durante la Controriforma. Fornirono pure i maggiori esponenti all’Inquisizione (v.). Nel campo della dottrina i D. furono sempre convinti assertori del tomismo (v.), e si urtarono con i gesuiti sul noto problema della grazia, che rimase praticamente insoluto. Leone XIII determinò la rinascita del tomismo, dichiarandolo la dottrina teologica fondamentale della Chiesa. -Attualmente l’Ordine conta 33 province con oltre 7.000 religiosi. Il second’Ordine D., fondato nel 1206 da Domenico a Prouille, in Provenza, è formato da monache di clausura. Il terz’Ordine D., maschile e femminile, è aperto a laici e chierici: fra i suoi più illustri esponenti furono Caterina da Siena e Rosa da Lima.

Domenico di Guzmàn: Fondatore dell’Ordine dei frati predicatori, detti domenicani (1170-1221). Ordinato sacerdote, venne nominato sottopriore del capitolo dei canonici di Osma. Al seguito di Diego de Azevedo, vescovo di Osma, nel 1203 giunse in Linguadoca, dove incontrò i legati di Innocenzo III, inviati per convertire i Catari (v.). Lo scoppio della guerra (crociata contro gli Albigesi del 1209-1213), non arrestò l’opera apostolica di D., ma gli suggerì nuove soluzioni: raccolse a Tolosa (1215) sei compagni, che costituirono il nucleo dei frati predicatori, di cui Onorio III approvava la costituzione (1216). D. diede all’Ordine la regola di Agostino e, dopo un incontro a Roma con Francesco d’Assisi, lo trasformò in ordine mendicante. A D.- si deve l’inizio della pratica del Rosario. A Roma D. fondava il convento di San Sisto (1217) per le monache del second’ordine, e quello di Santa sabina (1220), sede odierna del maestro generale dell’ordine. Nominato maestro dal Sacro Palazzo (1217-18), D. insegnò a Roma teologia, mentre provvedeva a dare un’organizzazione monastica e missionaria all’ordine. Morì nel 1221 a Bologna, dov’è sepolto in una tomba scolpita da Niccolò dell’Arca. Venne canonizzato da Gregorio IX nel 1234.

Dominus vobiscum: Il Signore sia con voi: nella liturgia cristiana era la formula di saluto ripetuta più volte dal sacerdote al popolo durante la celebrazione della messa, di norma prima degli Oremus (preghiamo). Il popolo risponde "et cum spirito tuo" (e con il tuo spirito). Fu il saluto dei primi cristiani, e l’espressione è assente nella Chiesa orientale, mentre è attestato nel rito romano per il VI-VII secolo dai sacrametari gelasiano e gregoriano. La recente riforma liturgica, ritornando agli antichi rituali, ha ridotto il D. ad un unico saluto al termine della messa.

Donatismo: Scisma africano, che prende il nome dal vescovo Donato di Cartagine (m. 355 ca.), che ne fu il massimo esponente. Tale scisma ebbe origine da dissensi circa le conseguenze della condotta del clero durante la persecuzione di Diocleziano (III secolo). Poiché alcuni erano stati traditores (da traditio, consegna), cioè avevano consegnato ai persecutori libri ed oggetti sacri, i rigoristi affermavano l’invalidità dei sacramenti da questi conferiti. Lo scisma nacque a Cartagine alla morte del vescovo Mensurio, quando alcuni cristiani si opposero alla nomina di Ceciliano, e nominarono in sua vece Maggiorino (312). L’imperatore Costantino, investito della questione, assolse Ceciliano; Donato si appellò contro questa sentenza, ma il concilio lateranense (314) e quello di Arles (314) la confermarono. Il D. intanto si diffondeva, specialmente nelle campagne, anche per i suoi atteggiamenti contrari ai poteri temporali, sì che nacquero eccessi e violenze. Alla controversia partecipò anche Agostino che, in unione con il concilio di Cartagine (411), chiese all’imperatore di applicare ai donatisti le leggi persecutorie stabilite per gli eretici. Quando i Vandali ariani invasero l’Africa (occupazione di Cartagine, 439), perseguitarono allo stesso modo cattolici e donatisti; ma questi sopravvissero fino alla conquista musulmana.

Doppio: In egittologia il termine è sinonimo di ombra (v. Ka) che, insieme con l’akh ed il ba, era considerato uno dei tre diversi aspetti dell’anima. Corrispondeva alla forza vitale che, generata insieme all’essere umano, sopravvive alla morte di questo nutrendosi delle offerte sacrificate al defunto da parte dei viventi. Il concetto di D. venne poi adottato dalle dottrine esoteriche e magiche, talvolta identificandolo con il Corpo Astrale (v.). Nelle cultura primitive, ed in senso ben diverso, il D. (o riflesso) era rappresentato dalla Madre Terra comparata all’Essere Supremo, ed in tal caso figura complementare e quindi positiva o buona. Talvolta però la terra è posta in opposizione all’Essere Supremo, e quindi risulta essere negativa o cattiva.

Dossologia: Termine derivato dal greco doxa, lode, e logos, discorso. Denominazione della formula liturgica usata per glorificare Dio, Cristo e la Trinità. La D. maggiore o Gloria in excelsis venne introdotta nel rito della mesa già nel II secolo e, prima d’essere definitivamente fissato, il suo testo conobbe numerose versioni. Nel medioevo venne amplificato con sviluppi dottrinali, devozionali e musicali. La D. minore o Gloria Patri, di probabile derivazione evangelica (Matteo 18, 19), entrò nell’uso al termine dei Salmi nel IV secolo, e possiede una ricca documentazione soprattutto epigrafica. Altre D. di minore importanza sono: Per ipsum, presente nel canone romano della messa; Et est tibi Deo Patri, propria del rito ambrosiano. Al contrario della pluralità delle D. latine, il rito bizantino non ammette che il Gloria in excelsis, ma soltanto alla fine delle laudi od alla compieta.

Doveri del Libero Muratore: (G.O.I.) I Liberi Muratori devono osservare gli Antichi Doveri, ed essere fedeli alla tradizione dell’Ordine Massonico Universale, sempre comportandosi da buoni e leali cittadini, rispettosi della carta Costituzionale della Repubblica Italiana e delle leggi che alla stessa si conformino; essi sono reciprocamente impegnati alla ricerca esoterica, all’approfondimento iniziatico ed alla proiezione dei valori muratori nel mondo profano. Sono inoltre tenuti: · ad osservare fedelmente la Costituzione ed il Regolamento dell’Ordine, il Regolamento di Loggia ed il Rituale; · ad operare effettivamente alla propria elevazione morale, intellettuale e spirituale; · ad assolvere gli impegni assunti, e ad esercitare scrupolosamente le attribuzioni del proprio grado od ufficio nella Comunione; · ad intervenire alle Tornate della propria Loggia; · a mantenere la discrezione sui Lavori iniziatici; · ad astenersi da ogni azione contraria alla lealtà, ed a comportarsi da uomo d’onore. Il Libero Muratore rifiuta il dogmatismo, e non accetta limiti alla ricerca della verità. Segue l’esoterismo ed il simbolismo; apprende l’uso dei tradizionali strumenti muratori; esalta il lavoro, la Tolleranza e la Virtù; opera per unire gli uomini nella pratica di una Morale universale, senza alcuna distinzione di origine, razza, credenze o condizioni sociali. Il Fratello in posizione di sonno o depennato dal piè di lista di Loggia, è soggetto ai doveri derivanti dall’iniziazione muratoria (Art. 9 della Costituzione dell’Ordine).

Druidi: Dal celtico dru, intenso, e uid, sapere: cioè il saggio. Classe sacerdotale presso gli antichi popoli celtici della Gallia, della Britannia e dell’Irlanda. Al tempo di Giulio Cesare comprendevano, oltre ai D. veri e propri, anche i vari indovini ed i bardi (v.); esistevano anche le druidesse. Essi presiedevano ai sacrifici, talvolta anche umani, ed alla raccolta del sacro vischio effettuata con un falcetto d’oro. Fautori di una politica ferocemente antiromana, avevano funzioni di carattere giudiziario, pedagogico e medico. Combattuti da Augusto e da altri imperatori, i D. sopravvissero per secoli, soprattutto in Britannia ed Irlanda. Ne parla anche Cesare (De bello gallico, VI 16). Strabone (IV 4) afferma che, per i D., "l’anima è indistruttibile, e così pure il cosmo; ma un giorno il fuoco e l’acqua avranno il sopravvento".

Drusi: Setta religiosa uscita dall’islamismo ismailita (sciita) nell’XI secolo, in Egitto, in cui si fondono concezioni tipicamente islamiche ed altre dello gnosticismo pagano. I D. (oggi circa 160 mila individui) vivono attualmente sul versante occidentale del Libano e dell’Antilibano (Repubblica Libanese), e nel Hauran o Gebel Druso (Repubblica Siriana). Secondo la dottrina dei D., la divinità si è manifestata sotto forma umana più volte nel corso della storia: il maestro ad Darazi aveva proclamato il califfo egiziano fatimita al-Hakim (996-1021) incarnazione di Dio. La comunità del D. è divisa in due gruppi: gli intelligenti od iniziati (‘uqqal) e gli ignoranti (giuhhal). Vissuti in armonia con i maroniti fino al XIX secolo, i D. si ribellarono (1842) all’emiro Yusuf Shibab, provocando l’intervento armato della Francia ed i massacri del 1845-46 e del 1860. Un’altra ribellione (1911) portò alla creazione (1920) di uno stato Druso separato, con Damasco ed il Gran Libano. La Repubblica Siriana, dopo la repressione del 1925-26, concesse ai D. una notevole autonomia, e ne ammise i rappresentanti in parlamento.

Ducoborzi:  Termine di origine russa, dal significato di lottatori dello Spirito. Indica i seguaci di una setta fiorita intorno al 1740 nell’ambito della Chiesa russa. Essi rifiutano la struttura della Chiesa e la Rivelazione Soprannaturale. Sostengono che tutti gli uomini sono uguali tra loro, si rifiutano di prestare servizio militare e di portare qualsiasi arma. Perseguitati fagli zar Alessandro I e Nicola I, vennero deportati in massa in Siberia, mentre altri si trasferirono in Canada.

Due: È il numero della conoscenza e del sapere, simbolo dell’arroganza e dei contrari, bene-male, giorno-notte, giusto-errato, ecc. Secondo Eliphas Levi è il numero della donna, sposa dell’uomo e generatrice della società, in cui l’uomo è l’amore dell’intelligenza, e la donna l’intelligenza dell’amore. Nella simbologia muratoria il concetto di dualità si presta all’accoppiamento di vari simboli. Il massone sta tra la squadra ed il compasso, la Loggia tra il Cielo e la Terra, la sfera celeste è circoscritta al Tempio, e la sua sezione piana (la circonferenza tracciata dal compasso) è circoscritta alla pianta o base del Tempio stesso, ovvero al quadrilungo (v.) i cui lati sono tracciati ad angolo retto mediante l’impiego della squadra. La coppia della verticale e dell’orizzontale, evidente nel simbolo della Croce (v.), e che ha importanza speciale nell’arte muratoria, compare nel Quadro di Loggia (v.), raffigurata dai due strumenti del Filo a Piombo e della Livella. Secondo il Reghini, la dualità è pure raffigurata dal Sole e dalla Luna, simbolo anche del giorno e della notte, corrispondenti ad Osiride ed Iside, a Marte e Venere, all’attivo ed al passivo. È buono quanto procede dall’Oriente, cattivo se proviene dall’Occidente.

Due Rose, Guerra delle:  Espressione designante la guerra civile inglese svoltasi tra il 1455 ed il 1485, che ebbe origine dalla divisione della discendenza di Edoardo III re d?Inghilterra . Da una parte la casata dei Lancaster (stemma araldico con rosa rossa), dall'altra il ramo di York (rosa bianca). Tale guerra vide schierati in campo tutta la nobiltà inglese reduce dalla guerra dei Cent'anni, mentre quasi l'intera popolazione restava del tutto indifferente. Le prime contese iniziarono alla morte di Riccardo II (1400) con la successione di Enrico VI di Lancaster, eletto re dal Parlamento, che escluse la discendenza diretta reale del ramo di York. La progressiva demenza ed il matrimonio sterile di Enrico VI con Margherita d'Angiò complicò la questione, poiché Edmondo di Beaufort, duca di Somerset ed erede dei Lancaster, rivendicò la direzione del regno con l'appoggio della regina Margherita e contro le pretese di Riccardo di York, capo degli oppositori e discendente diretto di Edoardo III. Nel 1450 Riccardo cominciò ad avanzare i propri diritti, in concomitanza con l'ultimo atto della guerra dei Cent'anni, la spedizione in Guienna. Il fallimento di tale spedizione alienò molte simpatie a Beaufort ed alla casa di Somerset, e nemmeno il tanto atteso erede reale (1453) portò la pace tra le fazioni nobiliari. Dopo l'accesso di follia che colpì Enrico VI, Riccardo di York assunse il potere (1454) con il consenso del Parlamento. L'anno dopo Enrico VI, ristabilitosi, riprese il potere, e Beaufort, che era prigioniero dei York, fu liberato. Scoppiò così la guerra civile: la prima battaglia fu quella di St. Albans (22.5.1455), che vide la vittoria degli York e la morte sul campo del duca di Somerset. Enrico VI fu fatto prigioniero, e Riccardo di York riprese la direzione dello Stato. Dopo aver vinto anche la battaglia di Northampton (1460), il partito della rosa bianca perse il proprio capo, Riccardo di York, nella battaglia di Wakefield (dicembre 1460) vinta dalla rosa rossa. Il successo dei Lancaster fu però di breve durata. Edoardo di York, figlio di Riccardo, batté i Lancaster a Mortimer's Cross (2.2.1561), ed il 4 marzo venne proclamato re col nome di Edoardo IV, ed il 29.3 vinse nuovamente contro i Lancaster a Towton. Nel 1465 Enrico VI venne fatto prigioniero, e sua moglie Margherita costretta alla fuga in Francia. Il contributo alla vittoria degli York da parte del conte di Warwick era stato notevole, ma fu accusato di preparare una rivolta, ed in seguito a profondi attriti con la famiglia della moglie di Edoardo, Elisabetta di Woodville, nel 1470 fuggì in Francia, dove si riconciliò con la regina Margherita, facendo piani per un ritorno vittorioso dei Lancaster in Inghilterra. Con consistenti truppe francesi Warwick e Margherita sbarcarono in terra inglese. Edoardo IV fuggì allora nei Paesi Bassi, ed Enrico VI, fino allora rinchiuso nella Torre di Londra, fu ristabilito sul trono. Il contrattacco della rosa bianca ebbe esito favorevole, e nella battaglia di Barnet (14.4.1471) Warwick fu ucciso e Margherita fatta prigioniera a Tewkesberry (4.5.1471). Edoardo di York riprese il trono, facendo assassinare Enrico VI (21.5.1471) nella Torre di Londra. Alla sua morte (9.4.1483) il trono passò al fratello Riccardo di York (Riccardo III, 6.7.1483). Dopo aver soffocato nel sangue varie rivolte di nobili che gli imputavano eccessiva crudeltà, Riccardo III fu battuto a Bosworth (22.8.1485) da Enrico Tudor, discendente dei Lancaster. Questa battaglia segnò la fine della guerra, dando inizio alla dinastia dei Tudor fondata da Enrico, che nel 1486 sposò Elisabetta di York, figlia di Edoardo IV, diventando poi re con il nome di Edoardo VII (1485-1509).

Dulia:  Termine teologico indicante la venerazione per esseri non divini, come per esempio i Santi, in contrapposizione a quello che indica un vero e proprio culto. Con il termine iperdulia si indica invece il culto per la Madonna (v. anche Ierodulia).