Dio: Essere Supremo, concepito e venerato quasi universalmente come eterno, creatore ed ordinatore dell’universo. Il problema filosofico di D., o problema teologico (v. Teologia), accompagna l’intera storia del pensiero. Può essere considerato come la questione prima e fondamentale della filosofia, in quanto consegue alla domanda che l’uomo si pone intorno all’origine ed alla giustificazione del mondo. Le risposte che si sono storicamente succedute, possono essere suddivise in due grandi gruppi: 1) quelle che spiegano D. come trascendente rispetto al mondo, e quindi pongono una radicale distanza tra il divino ed il mondo, e la non riducibilità del primo al secondo, risposta dominante nel mondo occidentale; 2) quelle che, all’opposto, tendono a risolvere D. nel mondo come immanenza o coincidenza con la stessa realtà (immanentismo e panteismo, v.). Un’altra osservazione generale va fatta a proposito del rapporto tra speculazione sul divino e vita religiosa, che tendono storicamente a dividersi, ma che sono inizialmente connesse nella misura in cui la filosofia teologica scaturisce nel contesto pratico religioso, tanto in Oriente quanto in Occidente, con la differenza che in Oriente si conserva anche in seguito tale fusione. La costituzione in Grecia di un pensiero filosofico autonomo coincide con un distacco dai contenuti mitici, e quindi anche dalla tradizione religiosa. Già comunque nelle prime teogonie compare una elaborazione razionale, che si trasforma in ambito filosofico nella speculazione intorno al principio delle cose. Nel pensiero presocratico, si trova una serie di risposte diverse che prefigurano gli sviluppi successivi: la risposta naturalistica degli Ionici, l’essere come assoluta unità e trascendenza rispetto all’apparenza delle cose, in Parmenide e nella scuola eleatica, l’uno come ragione di tutte le opposizioni di Eraclito, la Mente che dirige e progetta le cose di Anassagora, la risposta materialistica di Democrito e Leucippo. Anche e soprattutto a proposito del problema dell’Uno e dell’Assoluto, Platone (v.) ed Aristotele (v.) forniscono la sintesi delle posizioni precedenti e la base di tutto il pensiero occidentale: per Platone vi è un processo di ascesa dall’apparenza alla realtà delle idee, e quindi attraverso la gerarchia delle cose stesse fino all’idea dell’Uno e del Bene; inoltra egli colloca il Demiurgo (v.) come artefice diretto della realtà, ed intermediario tra le cose e le idee. Da questa teoria dell’ascesa si sviluppa l’emanatismo neoplatonico (Plotino v.). Più razionalistica è l’impostazione aristotelica, che si affida al rapporto tra potenza ed atto, ed al tema del movimento per giungere all’ipostasi del Motore immobile od atto originario; Aristotele prefigura gran parte delle argomentazioni scolastiche sull’esistenza di D. Il salto tra la filosofia aristotelica e la scolastica medievale, che fa della teologia una vera e propria scienza autonoma, è colmato oltre che dagli sviluppi neoplatonici (che hanno poi influenzato la soluzione di Agostino) dalla fondamentale acquisizione delle concezioni del cristianesimo di creazione e libertà personale di D., che sanciscono il concetto di trascendenza. La Scolastica (v.) tenta nella teologia una soluzione sistematica dell’esistenza, e dell’essenza di D. Agostino svolge l’argomento dell’esperienza interiore: le idee ed il pensiero hanno un carattere di eternità e di necessità, che non trovano nello spirito umano una spiegazione sufficiente, per cui occorre postulare uno Spirito assoluto. Anselmo fissa i caratteri del cosiddetto argomento ontologico (v.), che risale dall’idea di D. alla sua esistenza reale: se la definizione di D. è "ciò di cui non si può pensare niente di più grande", nell’idea di perfezione non può non essere contenuta l’esistenza. In Tommaso (v.) troviamo la sistemazione delle prove cosmologiche (di chiara matrice aristotelica) nelle cosiddette "cinque vie": la prima parte dal moto, e deduce un assoluto movente e non mosso dal fatto che nessuna cosa al mondo può darsi movimento da sé; la seconda si basa sulla causa efficiente, e giunge analogamente ad una causa prima; la terza si fonda sull’opposizione tra la contingenza (v.) del mondo e perviene all’essere necessario, ragione dell’essere di tutti gli altri; la quarta considera i gradi dell’essere, cioè l’ordine di perfezione nelle cose del mondo, che implica un essere perfetto; la quinta infine si basa sulla finalità interna delle cose, che postula un’intelligenza ordinatrice del mondo. La posizione di D. come trascendente viene decisamente sottoposta a critica nello svolgimento del pensiero rinascimentale, e poi moderno e contemporaneo. Dopo il prevalere nel XV e nel XVI secolo delle tendenze panteistiche (v. Giordano Bruno), nel Seicento il problema di D. viene connesso alle esigenze del razionalismo (v.). In Cartesio, Spinoza e Leibniz, D. è la garanzia interna del sistema deduttivo di spiegazione del mondo. Leibniz sviluppa nella "teodicea" una teoria della giustificazione di D. Nel Settecento, con le istanze illuministiche francesi ed empirico scettiche inglesi, il problema di D. tende ad essere scartato dal piano filosofico. Kant trae le conclusioni di questo atteggiamento, negando alla ragione la possibilità di determinare l’esistenza di D., e spostando la questione nell’ambito della fede morale. Nell’Ottocento, con l’idealismo hegeliano, abbiamo una nuova versione dell’immanentismo (D. coincide con il sistema razionale della realtà), mentre il positivismo ed il materialismo dialettico svolgono posizioni ateistiche. Allo sviluppo di queste ultime si accompagnano nel periodo contemporaneo posizioni irrazionalistiche esistenziali e posizioni spiritualistiche, tra cui quella neoscolastica, che riprende e rinnova i temi della teologia tradizionale accanto alle nuove correnti della teologia protestante. Passando alla considerazione biblica di D., il concetto ebraico di d. (‘El, ‘Elohim, Yahweh) deriva specialmente da Esodo, Deuteronomio, Osea, Isaia, Geremia e Salmi. L’esistenza di D. (Genesi 1; Esodo 20, 2), l’unità unicità (Deuteronomio 6, 4), l’eternità (Esodo 3, 15; Isaia 41, 4) sono affermate, non discusse e nemmeno dimostrate: i tre concetti sono espressi nella rivelazione del nome di D.: "Io sono colui che sono" (Esodo 3, 14). È Creatore dell’universo (Genesi 1), onnipotente (Giobbe 37, 23), vivente (Giosuè 3, 10; Salmi 42, 2), fedele (Numeri 23, 19). Signore del mondo, incorporeo (Osea 11, 9) ed imperscrutabile nella sapienza e nella grandezza (Isaia 6, 3). L’Antico Testamento rivela un monoteismo etico nelle prerogative di D.: santità, somma di tutte le perfezioni morali (Isaia 6, 3; I Samuele 2, 2; Levitico 19, 2), perdono, amore e misericordia che superano la giustizia (Deuteronomio 7, 7-8; Osea 11, 1; Isaia 55, 7; Salmi 55, 3). Esiste nell’ebraismo la tendenza a considerare D. (abinu malkhenu, padre nostro, nostro re) come un D. d’amore, che nella qualità di padre afferma la sua universalità (Malachia 1, 10-11). Nel Medioevo l’influenza platonica ed aristotelica non hanno variato tale concetto, riaffermato negli articoli di fede di Maimonide (v.) che sostengono: esistenza, unità, spiritualità ed incorporeità, eternità, onniscienza e giustizia di D. L’ebraismo moderno, in cui hanno confluito le varie correnti filosofiche, mantiene lo stesso concetto biblico e medievale di D. esistente, trascendente, creatore e giudice dell’universo, padre amorevole di tutti gli uomini. Il D. cristiano, quale si evince dai Vangeli, e quale viene interpretato da Paolo nelle sue lettere, conserva intatti gli attributi del D. ebraico. Tuttavia il D. nei tre Vangeli sinottici, parla agli uomini con la voce di Gesù, considerato suo Figlio. In quello di Giovanni (5, 18 e 19, 7) Gesù è senz’altro D. Il D. cristiano prende dimora con il suo Spirito (Spirito Santo) in chiunque creda alla sua rivelazione: in base a questa divina azione di salvezza, la fede cristiana concepisce D. come uno in tre persone Padre, Figlio e Spirito Santo), tre diverse persone di un’unica divinità che, per un mistero (v.) impenetrabile, permane sempre radicalmente una (Matteo 28, 19). Paolo afferma che D. era in crsito (II Corinzi 5, 19), e che Cristo in origine era presso d. (Filippesi 2, 5 ss). Altro attributo del D. cristiano è quello di D. = Amore, perfezionamento e riconferma della tendenza ebraica all’universalismo ed alla paternità di D., presente solo nei libri più tardi dell’Antico Testamento. In questo sta una delle massime innovazioni del cristianesimo rispetto alle altre religioni, che concepiscono D. come oggetto, mai come soggetto d’amore.

Diogene di Sinope: Filosofo greco del IV secolo a.C. discepolo di Aristene, considerato il fondatore della scuola cinica, di cui fu comunque il rappresentante più famoso, soprattutto perché ne indicò praticamente l’ideale di vita. Sulla sua figura si sono concentrati molti elementi leggendari: di fatto nessuna delle ventuno opere menzionate da Diogene Laerzio ci è rimasta, e si hanno testimonianze certe per la sola Repubblica, in cui pare difendesse il cannibalismo e l’incesto. La stessa biografia, ancora di Diogene Laerzio, non consente di uscire dalla aneddotica, da cui si deduce che D. vagabondò per tutta la Grecia, incarnando un modello di ascetismo razionale ed utilitaristico, in difesa ostentata del naturale contro qualsiasi artificiosità. Disprezzò infatti ogni convenienza sociale, vivendo conformemente al principio che il saggio deve saper fare a meno di ogni agio, riducendo al minimo i bisogni. Secondo la testimonianza di Aristotele, per la sua particolarità di fare tutto in pubblico gli fu attribuito il soprannome di cane.

-Dioscuri: Mitici gemelli, figli di Zeus, di nome Castore e Polluce. Zeus, in forma di cigno, li aveva generati con Leda, moglie di Tindaro, re di Sparta, sotto la cima del Taigeto (Inno di Omero 33, 5). Si parlava di due uova gemelle, da uno dei quali sarebbero nati i D., e dall’altro Elena con la gemella Clitennestra (Orazio, Arte poetica, 147). I D. ebbero largo culto in tutto il Peloponneso, ma soprattutto in Laconia ed in Messenia, dove erano considerati divinità nazionali. Castore, valente domatore di cavalli, e Polluce, buon pugilatore (Omero, Odissea 11, 300), compivano le loro imprese sempre insieme, ed aiutavano gli uomini specie nel corso di combattimenti, e nei pericoli del mare. Compirono molte imprese, ma la più celebre di tutte è il ratto delle Leucippidi, durante il quale Castore venne ucciso. Polluce chiese allora al padre di morire a sua volta, ma Zeus gli diede una scelta: abitare da allora nell’Olimpo oppure stare con Castore un giorno sotto terra ed un giorno presso gli dei. Polluce scelse quest’ultima alternativa, e da allora essi abitano nella dimora oscura quando non godono della luce del cielo (Virgilio, Eneide 6, 645). I D. entrarono poi a far parte anche della mitologia romana con il nome di Castori (Castores) e, secondo una leggenda, guidarono i Romani alla vittoria nella battaglia del lago Regillo (499 a.C.). In Italia erano considerati protettori dei marinai, del commercio, dei viaggi e dell’ospitalità. Nell’antichità si è tentato di spiegare la leggenda secondo la quale i D. si alternavano la vicenda della vita e della morte, basandosi sul fatto che nel segno dello Zodiaco (v.) dei gemelli, nel quale essi sarebbero stati tramutati, quando una delle due stelle appare nel cielo, l’altra si nasconde dietro l’orizzonte. Anche la protezione che si attribuiva loro sui marinai in pericolo, era legata ad un avvenimento prodigioso, secondo il quale, quando gli Argonauti levarono l’ancora dal promontorio Sigèo, si sarebbe levata una terribile burrasca, improvvisamente cessata all’apparire nel cielo di due misteriosi fuochi, che si sarebbero posati sul capo dei D. tali fuochi furono poi chiamati i fuochi di Castore e Polluce, e la loro apparizione sarebbe stata salutata come presagio di bel tempo: se invece ne appariva uno solo, chiamato fuoco di Elena, si poteva essere certi che si sarebbe scatenata una tempesta. Nell’iconografia diffusa dal VI al IV secolo a.C. con l’ellenismo, si afferma la rappresentazione più corrente dei D., con clamide svolazzante ed alla guida di un cavallo. Hanno spesso il pilos, un copricapo di forma conica, per cui sono associati alle divinità cabiriche. Erano sempre uniti, sotto forma di bellissimi giovani, talvolta nudi come gli atleti dei giochi olimpici, appoggiati l’uno all’altro. In loro onore si facevano molti sacrifici. Quando s’implorava un vento favorevole alla navigazione, s’immolavano loro cavalli bianchi, mentre per scongiurare la tempesta, si sacrificavano agnelli neri. Erano annoverati fra gli dei minori, ed era loro dedicato un tempio a Sparta, dove si conservavano le loro tombe, ed un altro ad Atene, che essi avrebbero liberata dai pirati che la infestavano; così pure a Cefalonia, dove si professava loro una grande devozione; ed in molte città Della Grecia e dell’Italia. La loro immagine trovò larga diffusione nei sarcofagi romani del III secolo d.C., collegati a simbologie funerarie. A Torino si possono ammirare le loro statue a cavallo, collocate ai margini dell’alta cancellata che delimita la piazzetta della residenza reale, nella centralissima piazza Castello.

Diritti del Libero Muratore: (G.O.I.) Il Libero Muratore attivo e quotizzante può: · visitare tutte le Logge della Comunione; · chiedere il trasferimento in altra Loggia; · essere collocato nella posizione di sonno, · chiedere un periodo di congedo. Il Libero Muratore depennato od in posizione di sonno può chiedere la riammissione dalla posizione di sonno o depennamento. I diritti massonici si perdono quando il Libero Muratore si trovi nella posizione di sonno, di decadenza o di espulsione. L’appartenenza all’Ordine Massonico non conferisce in alcun caso diritto sul patrimonio, comunque costituito, del Grande Oriente d’Italia e della Loggia (Art. 8 della Costituzione dell’Ordine).

Diritti dell’Uomo: Libertà umane fondamentali tutelate internazionalmente dalle Nazioni Unite (v.). L’espressione "Dichiarazione generale dei D." venne usata per la prima volta in occasione del progetto Dumbarton Oaks del 1944, e poi della III Assemblea Generale di Parigi il 10 ottobre 1948. L’art. 55 afferma che il rispetto dei D., senza distinzione di razza, lingua o religione, è la condizione essenziale e fondamentale della stabilità e del benessere universali. I D. possono essere considerati quattro: tutela dell’esistenza individuale; sicurezza contro i bisogni fondamentali; assoluta uguaglianza; diritti politici. Il problema più grave resta quello di trovare un adeguato strumento di difesa dei D., tale da non ledere le sovranità dei singoli Stati (Consiglio di Sicurezza dell’O.N.U.). (v L.I.D.U.).

Disciplinati: Movimenti a carattere penitenziale fioriti nel XIII secolo. I suoi aderenti usavano fustigarsi con una verga flessibile o con una frusta fatta di cordicelle, un uso già diffuso in molti paesi orientali tra i monaci e gli eremiti cristiani. San Colombano stabilì addirittura un sistema di penitenze detto "a tariffa", che prevedeva un certo numero di colpi a seconda della gravità dei peccati da espiare. L’opposizione eretica contro la Chiesa scaturita da un’ispirazione evangelica, si traduceva poi nella lotta contro l’opulenza delle chiese, lo sfarzo dei prelati e l’ingordigia dei chierici. Il motivo economico e quello religioso si alimentano reciprocamente, e l’uno serve a giustificare l’altro. Un polemista cattolico della prima metà del XIII secolo (Salce Burce) mette in bocca all’eretico queste parole: "Ci siamo separati dalla turpe meretrice, dalla Chiesa di Roma; ecco cosa sono i prelati della bestia. Hanno mille marchi di rendita, e vedete un pò come li spendono: in lusso e gozzoviglie. Come possiamo credere a questo nido di serpenti" ? (Le eresie popolari del Medioevo, di A. De Stefano, Ediz. Marzorati, Milano).

Dissidenti: Termine impiegato nel XVII secolo per indicare quanti non intendevano uniformarsi alle dottrine della Chiesa anglicana. In seguito è passato nel linguaggio cattolico ad indicare tutte le altre Chiese cristiane protestanti ed orientali. In Polonia furono detti D. sia i seguaci di Lutero sia i fratelli Boemi, seguaci e discendenti degli Hussiti (v.).

Dite: Antica divinità laziale, figlio di Saturno e di Ops, corrispondente al dio Plutone. Con Proserpina D. era il signore degli Inferi. In Roma si celebravano in suo onore i ludi saeculares, che ebbero particolare splendore sotto l’imperatore Augusto. Nella Commedia dantesca la Città di D. corrisponde ai cerchi VI-IX che comprendono eretici, violenti, frodolenti (Malebolge) e traditori.

Diteismo: Termine derivato dal greco diz, doppio, e deoz, dio, che definisce la dottrina filosofica e religiosa secondo la quale il mondo sarebbe retto da due diverse divinità, una autrice del Bene, l’altra del Male. Tra le religioni diteistiche troviamo il manicheismo (v.), con i due dei Ormuz ed Arimane.