Dalai-Lama: Termine mongolo tibetano avente il significato di maestro ( la cui sapienza è grande come) l’oceano. È il titolo conferito dal 1575 al gran lama di Lhora, nel Tibet. La sua giurisdizione spirituale si estende su tutto il buddhismo tibetano, ed è considerato la perpetua incarnazione dello spirito di Chenserik, grande bodhisattva del Tibet. Un tempo, quando un D.L. moriva, il suo successore veniva scelto tra i fanciulli nati dopo 49 giorni dalla sua morte, tempo che, secondo il Bardo Todol (v.), era richiesto per la successiva incarnazione dello spirito del defunto. Il fanciullo scelto doveva manifestare, fin dalla sua nascita, chiari segni della sua origine soprannaturale. Dopo l’occupazione del Tibet da parte dell’esercito cinese e la sua incorporazione nella Repubblica Popolare Cinese, il D.L. si è rifugiato in India, da dove continua l’esercizio dei suoi poteri spirituali.

Damanhur: Città dell’Egitto settentrionale, nel delta del Nilo, a 60 km. da Alessandria. È capoluogo del governatorato di Beheira, ed è collegata ad Alessandria dalla ferrovia e da un canale navigabile. Importante nodo stradale, centro commerciale ed industriale. Y (Esoterismo) Nome di una comunità definita spirituale e sociale, costituita da Oberto Airaudi nel 1977 in Valchiusella, a Baldissero Canavese, in provincia di Torino. È organizzata come Federazione di Comunità e Regioni, queste ultime rappresentate da piccole frazioni di poche case, denominate Etuite, Tentyris, Valdaijmil e Rama. Ogni Regione ha un suo territorio, un proprio governo e specifiche caratteristiche. I residenti ed occupati a tempo pieno nella federazione sono oggi circa 400, ma altrettanti cittadini di D. vivono nei dintorni. D. ha una sua Costituzione, la sua moneta (il Credito, valutato a 1400 lire), scuole interne elementari e medie, una sua Libera Università, un suo quotidiano, e vanta oltre 40 attività economiche e produttive. È dotata di una sua casa editrice, che produce e distribuisce libri, musicassette e videocassette. In appositi ambienti vi viene praticata la pranoterapia, la cartomanzia e la selfica (v.). L’arte svolge un ruolo fondamentale nella vita di D., che è perciò dotata di una galleria d’arte in cui sono esposti, e posti in vendita, quadri selfici, in cui i colori sostituiscono funzionalmente i metalli. Il laboratorio artistico del vetro è in grado di produrre finestre, vetrate ed anche grandi cupole, oltre a piccoli oggetti casalinghi; vi viene sfruttata la tecnica detta Tiffany, ovvero in vetro fuso, dipinto ed in grisaglia. Vi si trova anche un Atelier per la statuaria e la lavorazione della ceramica, nonché un laboratorio per la produzione di raffinati mosaici. L’ampio Tempio aperto è in stile egiziano, e viene usato ad ogni plenilunio per la celebrazione del Rito dell’Oracolo; è costituito da 24 alte colonne in argilla rossa ed un imponente altare dedicato al Fuoco, cioè all’elemento simbolo di quanto è vivo e mutevole. Tra i boschi si trovano pure gli altari dedicati agli altri tre elementi: la Terra, l’Acqua e l’Aria. Il Boschetto della Speranza, il Bosco magico ed un eliporto mettono in risalto la modernità mista all spiritualità intensa su cui è basata D. Un Governo elettivo, con vari ministeri, provvede alla gestione economica, amministrativa e giudiziaria della comunità. Le regole della convivenza sono sancite da leggi ispirate alla Costituzione, più volte modificata, fino alla versione attuale che risale al 1996. Tali regole hanno per obiettivo una società che non abbisogni più di leggi, poiché basata sull’Amore, sull’altruismo e su una Tradizione consolidata e condivisa da tutti. Molto importante per D. è il Tempio dell’Uomo (v.), scavato dagli stessi cittadini nelle viscere della montagna, in 16 lunghi anni di lavoro manuale. Essenzialmente costruito in stile egizio, è una vera opera d’arte.

Damianiti: Eretici monofiti (v. Monofisismo) seguaci di Damiano di Alessandria (578-605), il quale sosteneva che ogni persona della Trinità non era Dio per sé stessa, ma lo era soltanto in unione con le altre due Persone (Luigi Troisi).

Damnatio memoriae: Dannazione della memoria, è un’espressione che definisce una sanzione infamante prevista dal diritto romano come parte della condanna per i rei di lesa maestà ed alto tradimento dello Stato. Comportava il divieto di trasmettere ai discendenti in nome del condannato, la distruzione delle sue immagini, l’erasura del suo nome da tutte le iscrizioni. Una D. postume venne votata dal Senato di Roma nei confronti di alcuni imperatori, macchiatisi di crimini particolari nell’esercizio del loro potere, tra i quali Nerone, Domiziano, Commodo ed Elagabalo. Un famoso ed illustre precedente storico è rappresentato dal faraone Akhenaton (v,), al quale i suoi successori inflissero tale condanna, avendo osato offendere le tradizioni con l’imposizione all’intero Stato dell’adorazione di un solo dio, Aton, abolendo il politeismo in vigore nell’antico Egitto, prima e dopo di lui. Infatti le sue immagini e le numerossime iscrizioni, cartigli compresi, a lui intestate, specie nella città da lui fondata, Akhetaton (Tell-el Amarna), furono eliminate quasi del tutto.

Damocle: Nome di un cortigiano di Dionisio I di Siracusa, che lo avrebbe condannato a vivere sotto la minaccia di una spada legata ad un capello, ed incombente sul suo capo, simbolo della precarietà e rischiosità della vita regale, che D. aveva lodato eccessivamente. La storia di D. rappresenta un tipico aneddoto moralistico ma, nonostante la sua stupidità, ha fatto trasformare in proverbio il suo nome. È largamente citato da autori classici, a partire da Cicerone.

Daniele, Libro di: Libro della Bibbia, collocato nella Bibbia ebraica tra i ketuwin (altri scritti), ovvero nella terza sezione dopo la Torah ed i Profeti, mentre nella Bibbia greca dei Settanta (v.) viene inserito tra i grandi Profeti. Daniele (dall’ebraico Daniyy’el, Dio è mio giudice) fu un profeta ebreo, deportato nel 605 a.C. in Babilonia sotto il regno di Nabucodonosor, alla cui corte venne istruito, e dove visse fino al terzo anno del regno di Ciro. Fu protagonista del L.d.D., il quale è suddiviso in due parti. La prima è storico-didattica, e si compone di cinque racconti riguardanti Daniele ed i suoi compagni, per dimostrare la loro fede e sapienza, nonché la protezione divina (sogno della statua, i tre giovani nella fornace, il sogno dell’albero, il convito di Baldassarre e Daniele liberato dalla fossa dei leoni). La seconda parte è profetico-apocalittica, comprendendo quattro visioni, tra cui quella dei quattro regni pagani simboleggiati da quattro animali mostruosi, la loro distruzione, lo stabilimento del regno di Dio, e la profezia delle settanta settimane: Quest’ultima sembra riferirsi ad avvenimenti dell’epoca di Antioco IV Epifane (168-165 a.C.). Il L.d.D. è redatto in varie lingue mescolate tra loro, tra cui l’ebraica, l’aramaica e la greca. Mentre la tradizione attribuisce il libro al Daniele esule in Babilonia, la critica moderna la ritiene opera di un ebreo che lo scrisse verso il 165 a.C. ispirandosi ad antiche tradizioni. Del L.d.D. esiste anche un apocrifo dell’VIII secolo. Fra le sue parti deuterocanoniche vi è il celebre racconto di Susanna, calunniata da due anziani del popolo, che sarebbe stata condannata a morte senza l’appassionata difesa di Daniele.

-Dante Alighieri: Poeta fiorentino (1265-1321), autore della trilogia della Commedia, comprendente l’Inferno, il Purgatorio ed il Paradiso, un’opera universalmente ammirata come capolavoro della poesia e della fede. D. non fu però solo un genio della lingua e della poesia , in quanto fu anche e soprattutto un iniziato, nel senso più elevato del termine, un vero messaggero del soffio divino, ed il suo linguaggio merita d’essere proposto come la rivelazione della saggezza. Egli intendeva illustrare nelle sue opere, comprendenti anche la Vita Nova ed il Canzoniere, una parte della propria vita e dei pensieri elevati che l’assillavano. Il simbolismo ne fu il mezzo d’espressione, poiché in questo modo non si sarebbe rivelato apertamente agli occhi della Chiesa. Scelse per ispiratrice la bella Beatrice Cenci, così come Petrarca scelse Laura, immagini viventi della donna ideale, l’Iside eterna che si svela soltanto agli uomini "perfetti". L’influenza delle dottrine eretiche e, singolarmente, del catarismo, come in genere del johannismo, è notevole in tutta la sua opera. Allo stesso modo il poeta fiorentino, che si pone sotto il segno della rosa, appare quale un adepto della Cavalleria Templare. Infine D. figura sotto il patrocinio dell’Arte Reale, nel suo aspetto più elevato, quello dell’Alchimia spirituale. Un’opera di F. Aroux del 1854, Dante hérétique, révolutionnaire et socialiste, dal sottotitolo significativo: "Chiave della commedia anticattolica di D., pastore della Chiesa Albigese della città di Firenze, affiliato all’Ordine del Tempio, che dà la spiegazione del linguaggio simbolico dei Fedeli d’Amore nelle composizioni liriche, nei racconti e nelle epopee cavalleresche dei trovatori", fece ai suoi tempi l’effetto del sasso nello stagno. Un’ipotesi che appare oggi più che verosimile, considerando le trasparenti allusioni alle dottrine eretiche di cui sono sature le sue opere. Un passaggio del Purgatorio della sua Divina Commedia (Canto XXVII, 16-22) ricorda, in modo ingannevole, il martirio degli Albigesi come quello dei Templari: "In su le man commesse mi protesi, Guardando il foco e imaginando forte, Umani corpi già veduti accesi. Volsersi verso me le buone scorte, e Virgilio mi disse: "Figliol mio, Qui può esser tormento me non morte. Ricordati! Ricordati!" (…)". Occorre ricordare che la vita di D. si è svolta da poco dopo l’eliminazione degli ultimi catari ed il martirio di Montségur (1244, v.) e durante quello Templare (1307-1314), e che a Firenze i patarini erano numerosi. Per cui certo aveva potuto raccogliere testimonianze dirette sia della crociata che della persecuzione ordite contro di loro. Si capisce allora meglio il senso di quell’allusione vendicatrice. L’impiego simbolico di termini quali albero secco ed albero verde è altrettanto significativo, alludendo rispettivamente alla Chiesa di Pietro ed a quella di Giovanni. Il fatto che D. sia stato un guelfo bianco, ossia un moderato, nulla toglie alla tesi espressa, poiché egli venne perseguitato dai guelfi per il suo scarso entusiasmo, trovando rifugio presso gli amici ghibellini. In realtà D., benché seguace dell’Impero, non si era affatto compromesso con nessun partito. Il suo spirito libero volle, tra il Papa e l’Imperatore, stimati entrambi indegni, stabilire un terzo potere, quello della Cavalleria, nel suo aspetto spirituale. Nel libro La Chevalerie et les apects secrets de l’Histoire (1966) di André Gauthier-Walter, si sostiene che "D. il dottrinario ed il profeta della Cavalleria ghibellina e dell’Impero della fenice, resta per l’eternità quel volontario proscritto, fuori dal mondo e nel mondo, più illustre per la sua feconda sofferenza che il generale vittorioso di una vittoria effimera. D. garantisce la guardia dei luoghi Santi di quella futura cittadella che è la Gerusalemme celeste, con una cavalleria trascorsa, presente e soprattutto futura". Sotto questo aspetto D. fu un coraggioso ed un vero Templare. La sua appartenenza ai Fedeli d’Amore ed alla Santa Fede, terz’ordine templare, ne danno la prova. Nel museo di Vienna è conservata una curiosa pietra antica, una specie di medaglia medievale, raffigurante D. e, sul rovescio, le lettere "F.S.K.I.P.F.T.", tradotte "Fidei Sanctae Kadosh, Imperialis Principatus, Frater Templarius", ovvero "Kadosh della Santa Fede, del Principato Imperiale, Fratello del Tempio". Kadosh in ebraico significa santo o consacrato, e corrisponde al 30° Grado del R.S.A.A. (v.). Infine D. nel Paradiso scelse a sua guida simbolica proprio San Bernardo di Chiaravalle (v.), temuto fustigatore di papi e redattore della regola templare. Il terzo significato dell’opera dantesca, quello più segreto, può essere letto solo attraverso l’esoterismo rosacrociano, la cui suprema conclusione è l’Alchimia spirituale. L’analisi dell’albero genealogico del poeta rivela che egli fu un Rosa+Croce ante litteram, ragione d’una nobile filiazione iniziatica. Una tavola araldica lombarda, corrispondente al patronimico del trisavolo di D., reca le figure della rosa e del pellicano, poi per il quartiere Alighieri quello della croce e dell’agnello. Si tratta di simboli indubbiamente rosacrociani. Eliphas Levi analizza chiaramente il suo aspetto rosacrociano allorché sostiene che il Romanzo della Rosa e la Divina Commedia non sono che le opposte forme di una medesima opera: l’iniziazione all’indipendenza dello spirito, la satira di tutte le istituzioni contemporanee e la formula allegorica dei grandi segreti della Confraternita dei Rosa+Croce. Il Levi, nella sua Storia della Magia, ribadisce che "La rosa di Flamel (v.), quella di Jean de Meung e quella di Dante, sono tutte nate nello stesso roseto". Tale roseto essenziale non può che essere l’albero dell’Alchimia. Il frequentissimo impiego dei numeri e la scelta di Virgilio quale guida nell’Inferno e nel Purgatorio, si ricollegano al simbolismo pitagorico. Infatti l’aritmetica appartiene alla scala mistica della divina Commedia, rappresentata dalle sfere del paradiso. Le allusioni dantesche al Sole, alla Luna ed alle stelle, così come il numero dei canti e soprattutto la divisione tripartita in Inferno, Purgatorio e Paradiso, rappresentano le tre fasi della Grande Opera, nera, bianca e rossa. D. pare indicare la via all’iniziazione allorché nel Canzoniere evoca quel Campus stellae (Compostela): "E la stella d’amor ci sta rimota per lo raggio lucente …". Dal Composto alchemico nasce la Stella mattutina, o perla, che viene ad elaborarsi nella conchiglia di San Giacomo, uscendo dalle acque primordiali (v. La nascita di Venere, del Botticelli). Soltanto allora potrà essere ottenuta la Pietra Filosofale, o cubo di saggezza eterna. "O voi, che avete gl’intelletti sani, mirate la dottrina che s’asconde sotto il velame delli versi strani!" (Inferno, IX, 61-63).

Darbiti: Membri della setta protestante dei "Fratelli di Plymouth", fondata nel 1830 da John Nelson Darby (1800-1882), avvocato e pastore anglicano, autore di numerosi inni religiosi e di 32 volumi di opere diffuse in tutti i continenti. Opponendosi alla Chiesa anglicana, la sua dottrina auspicava l’unione delle varie chiese cristiane senza alcuna organizzazione gerarchica, attuata attraverso l’ausilio della sola Bibbia. Negava la validità di ogni legge promulgata dall’uomo in nome di una religione nonché la legittimità del ministero ecclesiastico.

Debhir:  Termine sacro ebraico indicante la parte più profonda e nascosta del Tempio, corrispondente al Sancta Sanctorum cristiano. Secondo il Kotska, si tratterebbe di un acronimo che cela l’espressione «Diaboli Ecclesia Beata Hiram Invocat Reverenter», ovvero «La chiesa del Diavolo invoca con reverenza Hiram» (v.).

Decadenza: Provvedimento disciplinare, definito anche depennamento, adottato nei confronti di un Fratello inadempiente ai suoi doveri nei confronti della Loggia, per quanto riguarda la frequenza ai Lavori e la puntualità nel pagamento delle capitazioni. Non richiede la regolarizzazione dei sospesi con il tesoro di Loggia (v. Assenza e Morosità).

Decalogo: Termine derivato dal greco decalogoz, dieci parole, con cui sono definiti i dieci Comandamenti ricevuti da Mosé sul monte Sinai, a fondamento della prima alleanza tra Yahweh ed il popolo d’Israele, scritti su due tavole di pietra (Esodo 31, 18) e poi deposte e conservate nell’Arca Santa o dell’Alleanza (v.). In due versioni leggermente diverse (Esodo 20, 1-17; Deuteronomio 5, 6-21) sintetizza con norme etiche e non cultuali la base esistenziale del popolo ebraico, chiarendo il rapporto tra uomo e Dio. La critica biblica, dapprima incerta tra l’epoca dell’esilio babilonese (VI secolo a.C.) e quella dei primi profeti (VIII secolo a.C.), a seguito dello studio di antichi testi legislativi egiziani, accadici ed ittiti, messi a confronto con tradizioni ebraiche, attribuisce ora il D. all’epoca mosaica (Rowley) od addirittura allo stesso Mosé (Stamm). Il cristianesimo riprende il D. con Sant’Agostino, lo include nel catechismo (IX secolo), e lo conferma nel Concilio di Trento, omettendo il secondo comandamento (divieto delle immagini), e scindendo il decimo in due: il IX dedicato esclusivamente alla donna, il X alle cose. Il più antico manoscritto ebraico del D. risulta essere finora il papiro Nash, del I secolo a.C.

Decima: Termine indicante la decima parte di un reddito, in genere di una rendita fondiaria, dovuta a titolo di imposta. Già nel diritto romano si trovano tracce di un’imposta fondiaria, definita D. e corrispondente appunto alla decima parte del reddito di un terreno agricolo. Anche nel diritto feudale si trovano vari istituti fiscali riconducibili al concetto generale di D. Oggi il sistema fiscale ha creato nuovi strumenti tributari più articolati, comunque eredi del vecchio sistema delle D. Un problema del tutto particolare si è posto per le cosiddette D. ecclesiastiche, distinte in D. sacramentali, dovute da tutti i fedeli, ed in D. dominicali, dovute da singole persone per concessioni su terre di proprietà ecclesiastica. L’uso delle D. ecclesiastiche ebbe inizio subito dopo le invasioni barbariche, come omaggio spontaneo alla Chiesa di un decimo delle proprie rendite da parte di re e signori. Già nel VI secolo però cominciarono ad essere considerate obbligatorie, ed in seguito, nonostante numerose opposizioni, divennero una delle principali risorse ecclesiastiche. Gli stati moderni hanno ostacolato la pretesa della chiesa cattolica di continuare a raccogliere le D., sia perché non poteva più essere ammessa l’esistenza di un vero e proprio sistema fiscale non statale entro uno Stato sovrano, sia perché veniva ostacolata la circolazione di beni immobili. Lo Stato italiano nel 1887 abolì ogni forma di D. sacramentale e, con provvedimenti successivi, consacrati nei Patti lateranensi (1929), si assunse direttamente gli oneri del mantenimento dei servizi spirituali privi di entrate sufficienti. Il nuovo Concordato, firmato il 18 febbraio 1984 sotto il pontificato di Giovanni Paolo II ed il governo presieduto da Bettino Craxi, entrato in vigore il 3 giugno 1985, ha fatto decadere il riconoscimento del cattolicesimo come religione di stato, ha abolito il finanziamento statale alla Chiesa a favore di una contribuzione fiscale volontaria dei fedeli, ed ha stabilito l’opzionalità dell’insegnamento della religione nelle scuole dello Stato italiano.

Decretali: Atti pontifici aventi valore di leggi generali. Le D. pontificie (meglio note come lettere D.), erano redatte in forma di lettera, ed avevano forza obbligatoria per tutti i fedeli, a meno che avessero carattere di leggi particolari e di limitata applicazione. Le raccolte ufficiali di D. sono tre: la Decretalium Domini Gregorii Papae IX Compilatio, curata dal domenicano Raimondo di Pennaforte (1234), il Liber Sextus Decretalium Domini Bonifacii Papae VIII (1298), e le Clementinae Constitutiones (1314) di Clemente V. Queste raccolte ufficiali vennero poi a costituire, con il Decretum di Graziano e le Extravagantes, il Corpus Iuris Canonici.

Decretali, false: Denominazione del complesso dei Canoni ecclesiastici attribuiti ad un certo Isidoro, forse il famoso vescovo di Siviglia. Tra questi figurano sessanta lettere apocrife di papi vissuti prima del Concilio di Nicea (325), e moltissime altre lettere, sempre apocrife, di altri papi, tra i quali san Gregorio Magno (604), e san Gregorio II (715-731). Furono portate a Roma intorno all’anno 850 dalla sede vescovile di Tours, in Francia.