-Costantino I: Flavio Valerio (Flavius Valerius Costantinus, spesso indicato come Magnus, il Grande), imperatore romano (Naisso, Dacia 285-Nicomedia 337 d.C.). Figlio di Costanzo I, si distinse alla corte di Giustiniano e come ufficiale sotto Galerio, quando il padre era Cesare, e combatté poi a lungo con il medesimo in Britannia, dopo la sua nomina ad Augusto (305). La posizione di Costanzo era precaria, perché il suo collega di augustato, Galerio, cui erano fedeli i due nuovi Cesari, Severo e Massimino Daia, era il vero padrone di tutto l’impero. Quando Costanzo morì (306) le truppe della Britannia e delle Gallie acclamarono Augusto il giovanissimo C. La nomina non fu ratificata da Galerio, che però consentì a dare a C. il titolo di Cesare, mentre Augusto dell’occidente diventava regolarmente Severo. Ma la tetrarchia dioclezianea aveva dimostrato di non funzionare. A Roma i pretoriani, per non essere battuti sul tempo dalle legioni provinciali, si affrettarono a proclamare un loro candidato, Massenzio, figlio del vecchio Augusto Massimiano, che a malincuore aveva abdicato nel 305, e che si affrettò a ritornare in attività, associandosi al figlio. Ai due nuovi pretendenti finì con affiancarsi anche C. stesso, cui Massimiano conferì il titolo di Augusto insieme alla mano della figlia. Quando poi Massenzio, sventati due successivi tentativi di Severo e Galerio d’espellerlo da Roma, si liberò del padre, questi trovò protezione presso C., in Gallia, dove nel frattempo quest’ultimo s’era distinto nel difendere il confine del Reno da Franchi, Alamanni e Brutteri. Nel 308 fallì un tentativo di risolvere la questione imperiale con un accordo generale, a Carnunto; C. rifiutò di deporre il titolo d’Augusto e di ritornare Cesare. A Severo, eliminato da Massenzio, subentrava Licinio. Due anni dopo, a Marsiglia, usciva suicida dalla scena il vecchio Massimiano, dopo un ennesimo tentativo di insubordinazione. Nel 312 infine moriva Galerio, cui succedeva Massimino Daia: tra il nuovo Augusto e Massenzio si formò un’alleanza, che fu bilanciata con l’instaurazione di stretti rapporti tra C. e Licinio. Mentre Licinio affrontava Massimino in oriente, sconfiggendolo definitivamente nel 313, C. invase l’Italia, affrontò Massenzio al ponte Milvio, alle porte di Roma (v. la figura della scuola di Raffaello della visione dell’In hoc Signo vinces), e lo sconfisse; il Senato gli riconobbe prontamente il titolo di Augusto. Si inaugurava un equilibrio a due, che fu confermato nel 312 quando Licinio visitò l’Italia, si incontrò con C. a Milano, dove i due promulgarono il famoso editto che concedeva ai cristiani la piena libertà di culto, e prese in moglie Costanza, sorella di C., che però non era disposto ad accontentarsi del solo occidente. Già nel 316 scoppiò tra i due un conflitto, conclusosi con un compromesso. Nel 323 ci fu lo scontro decisivo: C. portò la guerra in Oriente, e distrusse le forze del rivale in tre grandi battaglie, ad Adrianopoli, a Crisopoli e sull’Ellesponto, restando così l’unico Augusto d’Oriente e d’Occidente. La vittoria di C. sembrò segnare solo apparentemente la crisi della riforma dioclezianea: essa in realtà, anche grazie all’eliminazione del sistema tetrarchico, fu molto rafforzata. L’impero diventava definitivamente una monarchia assoluta, governata da una gerarchia di funzionari imperiali, civili e militari, con la totale spartizione degli ultimi resti del vecchio principato augusteo. C. dedicò cure speciali al governo centrale: creò un magister officiorum, per sovrintendere a tutta l’amministrazione; un quaestor sacrii palatii, addetto all’amministrazione giudiziaria; due comites (sacrarum largitionum e rei privatae) per controllare la politica fiscale e finanziaria. Questi ed altri funzionari formavano poi il consiglio imperiale permanente (consistorium). Dal punto di vista militare, il regno di C. fu caratterizzato da un’intensa e fortunata attività contro i barbari che premevano alle frontiere: vanno registrate campagne contro i Franchi, i Sarmati, i Goti, i Daci, ecc. Per meglio controllare la frontiera strategica del Danubio, C. spostava la capitale da Roma alla nuova città da lui fondata, denominata nuova Roma, nel luogo della classica Bisanzio, nota ai posteri come Costantinopoli: Quella decisione doveva rivelarsi di estrema importanza nel processo di separazione definitiva della parte orientale da quella occidentale dell’impero. Nel 326 C. aveva fatto condannare a morte, in circostanze misteriose, il figlio maggiore Crispo, e nel 335 ripartì il governo fra i figli Costantino, Costanzo e Costante, nonché tra i nipoti Dalmazio ed Annibalino. Morì due anni dopo, di malattia, mentre si apprestava ad una guerra contro i Persiani. La storiografia medievale considerò azione più importante di tutto il regno di C. l’aver concesso la citata libertà di culto al Cristianesimo, con l’editto del 312. In realtà si trattava di un atto necessario ed improrogabile, data la diffusione di massa assunta dalla nuova religione. Già Galerio, dopo il fallimento di un’ennesima persecuzione, aveva finito per emanare editti di tolleranza. È probabile che C. avesse assunto atteggiamenti procristiani già al tempo della spedizione contro Massenzio, che era appoggiato dall’aristocrazia pagana di Roma. In seguito, dopo essersi trasferito in Oriente, comprese quanto prezioso poteva essergli l’appoggio delle Chiese per mantenere unito il suo impero, e verso di esse fu prodigo di doni e benefici. Ciò spiega la preoccupazione, che ebbe sempre, di garantire l’unità dei Cristiani, spinta al punto da convocare e presiedere il Concilio di Nicea v. (325) contro l’eresia ariana. Pur essendo nota la fede cristiana che animava la madre Elena (v.), personalmente egli non si convertì mai alla nuova fede, se non (forse) in punto di morte.

Costanza: Città tedesca (Konstanz) del Baden-Württemberg, in cui tra il 1413 ed il 1418 si tenne il 16° Concilio ecumenico della Chiesa, convocato su pressione dell’imperatore, del clero e dell’opinione pubblica dal pontefice Giovanni XXIII. Esso pose fine al grande scisma d’Occidente, dichiarando antipapi sia Giovanni XXIII che Benedetto XIII, e costringendo all’abdicazione Gregorio XII. Questi venne poi regolarmente sostituito da Martino V (Oddone Colonna) nel 1417. I Padri conciliari condannarono le tesi eretiche di G. Wijclif, di Giovanni Hus (v.) e di Gerolamo da Praga, tutti condannati al rogo. Rimase tuttavia sospesa la questione relativa alla superiorità papale sul Concilio, un problema risolto nel 1449 dal Concilio di Basilea. Nel decreto Haec Sancta vennero definiti i principi fondamentali del Conciliarismo (v.).

Costruttivismo: Termine con cui la Massoneria identifica una delle sue finalità principali. Consiste nella ricostruzione simbolica del Tempio di Salomone o di Gerusalemme, ovvero l’edificazione di una società conforme ai principi razionali, onde assicurare all’Umanità il suo perfetto sviluppo, quindi l’evoluzione che la renda degna della scintilla divina presente in ogni essere umano. Ne consegue l’esaltazione del cosmopolitismo (v.), per cui la Patria del Libero Muratore è la Terra intera, affrancandolo dalle limitazioni legate al luogo di nascita od alla collettività in cui si è sviluppato.

Cranio: L’insieme delle otto ossa unite tra loro da suture che compongono il capo, definito anche teschio. Come simbolo è stato ed è impiegato in diversi contesti, spesso unitamente a due tibie incrociate. La Massoneria dispone un C. sul tavolo del Gabinetto di Riflessione (v.), a simboleggiare la morte del profano e di quello che era, evento indispensabile per la successiva rinascita attraverso il rituale dell’Iniziazione. Sulla parete settentrionale dello stesso Gabinetto di Riflessione è raffigurato invece uno scheletro intero, di norma impugnante una falce, simbolo evidente della morte iniziatica. Il Quadro di Loggia (v.) in Camera da Maestro Massone riporta di norma ben sei C. con tibie incrociate, simbolo alchemico della fase di Putrefazione del processo di trasmutazione.

Creazione: Produzione dal nulla. Originariamente in filosofia il concetto di C. esprime l’idea di un’azione produttiva particolarmente energica e geniale, assumendo il suo peculiare significato con il cristianesimo, che attribuisce all’Essere assoluto la produzione per eccellenza. C. è dunque l’atto con cui Dio produce qualcosa di diverso da sé (il mondo), senza derivarlo né dalla propria sostanza né da un elemento preesistente, ma sostituendo in maniera assoluta il reale o esistente al nulla. Già nelle civiltà primitive si elabora variamente il concetto di C., ma la prima formulazione interessante è quella dello zoroastrismo (v.) orientale, che pone il dualismo tra C. da parte divina e C. parallela ed autonoma da parte degli esseri del male: qui è annunciato il problema cruciale del rapporto tra il bene ed il male, contingenza e libertà, finito ed infinito, che si porrà già al pensiero greco, e comunque non appena alla concezione dualistica si sostituisce quella monistica di un’unica C. Lo specifico problema dell’origine del mondo viene elaborato compiutamente solo nel corso della tradizione patristico-scolastica, la quale cerca soprattutto di liberarsi dalle ipotesi precedenti, così riassumibili: · l’ipotesi della processione o della comunicazione diretta della natura immutabile, · l’ipotesi dell’emanazione o della generazione di una realtà sostanzialmente uguale a quella dell’essere emanante, · l’ipotesi della trasformazione o della produzione di un mutamento dell’essere a causa dell’intervento di un agente esterno. Il pensiero patristico-scolastico insiste in particolare sull’elemento personalistico, che distingue nettamente la tradizione cristiana da quella greca: l’assoluto dei Greci viene inteso come persona divina che crea il mondo in piena libertà e secondo un disegno autonomo. Cadono così i concetti di fato, destino, imperscrutabilità divina, e vengono sostituiti dall’idea della libertà di Dio e della sua provvidenza. Tuttavia il problema del dualismo si ripresenta sempre nelle discussioni, che dal Medioevo si spostano fino all’epoca moderna, intorno alle differenze qualitative tra Dio ed il mondo. Se da un lato la tradizione patristico-scolastica afferma la necessaria distinzione tra caratteri divini e caratteri mondani, sostenendo la logica diversità tra Creatore e creato, il pensiero rinascimentale propende invece per la soluzione panteistica di un proporzionamento tra effetto e causa, fino all’identificazione di fatto dei due elementi (Cusano e Bruno). Un’altra posizione deviante rispetto alla linea tradizionale è quella volontaristica ed indeterministica, avviata da Duns Scoto, che si richiama alle prime affermazioni della patristica di un’assoluta libertà di Dio. Il tema dell’assoluta libertà è presente anche nella tradizione protestante, che elabora il concetto di libero arbitrio: questa impostazione sottolinea la ineluttabilità dello svolgimento del mondo, e si avvicina negli effetti ad altre posizioni moderne, come quella di Leibniz che, pur postulando come migliore e perfetto il mondo creato, lo lega alla necessità del principio di ragione sufficiente. La filosofia degli ultimi due secoli, in particolare quella idealistica, elimina il carattere di trascendenza per sviluppare un concetto di C. come atto riferito all’idea ed allo svolgimento dello spirito nei suoi diversi gradi, per cui è la ragione, non Dio, a possedere il potere produttivo e creativo. Lo schiacciante predominio dell’immanentismo nel pensiero moderno e contemporaneo si accompagna comunque ad alcuni sviluppi della linea tradizionale, come in Italia con Gioberti che postula la coincidenza di realtà ed idealità in Dio, e con Rosmini che inclina verso un ottimismo intellettualistico pratico. Y (Storia delle religioni): Il concetto di C. pura è presente presso popoli a livello etnologico: per gli indiani d’America (Sioux) e Winnebago (Nebraska orientale), il Padre crea il mondo con il pensiero e con il desiderio; gli Omaha (Sioux), vicini dei Winnebago, pongono tutte le cose nel pensiero di Wakonde, da cui l’uomo e le creature, puri spiriti, assumono "carne e sangue". Il concetto del dio creatore-demiurgo che produce per sua volontà (libera elezione) il mondo, separando acque e tenebre, prima che nella mitologia biblica (primi capitoli della Genesi), forma la base della teologia egiziana di scuola menfitica, per la quale il dio Ptah (v.) crea il mondo "dal cuore per mezzo della lingua" (v. Cosmogonia). Anche il dogma cristiano (raccogliendo l’esperienza biblica e di conseguenza le precedenti teologie egiziane e sumero-assiro-babilonesi), insegna che Dio è l’unico principio di ogni cosa, e che ha creato ogni essere spirituale e materiale, con un atto libero che ha avuto il suo effetto nel tempo: dogma affermato nel Credo niceno-costantinopolitano (v.). Nella Scrittura il primo versetto del Genesi costituisce l’elemento classico e decisivo per la formulazione della dottrina: "In principio Dio creò (ebraico bara’) il cielo e la terra" (Genesi 1, 1). La tradizione cristiana, unanime, fin dall’inizio interpretò tale passo della Scrittura leggendovi la C. del mondo come operata da Dio dal "nulla".

Credo: Formula o simbolo della professione di fede cristiana. Le tre più importanti formulazioni del C. sono il C. apostolico (II secolo d.C. ma forse precedente), il C. atanasiano (non anteriore al V secolo) ed il C. niceno-costantinopolitano (325, Concilio di Nicea, e 381, Concilio di Costantinopoli). Nel corso dell’XI secolo quest’ultimo fu introdotto nella messa romana.

Cremazione: Termine che definisce la riduzione in cenere di un cadavere umano per mezzo del fuoco. È un metodo di sepoltura usato presso molti popoli antichi e, attualmente, anche in Oriente (India). La C. come uso funerario si oppone all’inumazione, interramento della salma. Dopo il 1999 si era diffusa in Europa un’usanza funebre simile alla C., costituita dalla scarnificazione dei cadaveri mediante cottura, per conservarne le ossa ripulite. Tra gli altri vi furono sottoposti Federico I (v.) detto Barbarossa, Luigi IX di Francia ed Isabella d’Aragona. Una decretale di Bonifacio VIII (1299) colpì con la scomunica i mandanti e gli esecutori di tali operazioni. Mentre nel XIX e XX secolo la C. era accolta nelle legislazioni di tutti gli Stati (in Italia era dichiarata facoltativa con decreto del 1892), la Chiesa cattolica si rivelò contraria in modo intransigente. Il Sant’Uffizio la condannava (1886), e privava della sepoltura ecclesiastica i defunti destinati alla C. Il Codice di Diritto Canonico (can. 1203) dichiarava irrita la volontà espressa dal defunto che abbia lasciato mandato per la C., e ne vietava le esequie in luogo sacro. Pene canoniche erano disposte contro le società di C., ed anche contro coloro che avessero dato la propria collaborazione alla C. di un defunto. Una breve visita alle celle funerarie annesse ai crematori ufficiali è sufficiente ad evidenziare quanto poco tale condanna abbia influenzato il ricorso alla C., soprattutto nel corso dell’ultimo secolo. Il Concilio Vaticano II ha dichiarato lecito, ma sconsigliato, il ricorso alla C., purché non eseguita in dispregio alla dottrina della resurrezione della carne dei morti. I sostenitori della C., come gli associati alla SOCREM, un ente morale di Torino, ne evidenziano l’espressione del più profondo rispetto per la dignità di ogni essere umano, sottratto così al suo disfacimento lento e crudele. Motto significativo di tale associazione è "La terra ai vivi". Il rituale che accompagna la salma nel crematorio affronta il fenomeno "morte" in modo da mutarne il significato per i disagiati sopravvissuti da sgomento e desolazione ad incitazione alla riflessione per ritrovare il conforto, la consolazione. Vi si tende quindi a dare un senso logico alla morte ed alla vita di chi resta. Un incremento annuo degli associati di circa il 18% evidenzia il successo conseguito in Italia dall’iniziativa. Interessante notare le percentuali di adesione alla C. nei vari paesi, riportata dalla SOCREM sotto il motto "Chi pensa sa scegliere": Australia, 54%; Canada, 40%; Stati Uniti, 21%; Europa, 32%; Italia, 3%. Secondo Guy de Maupassant, "Tutto finisce subito. L’uomo accelera la lenta opera della natura, invece di ritardarla ancora con l’orrida bara dove si decompone per mesi. La carne è morta, lo spirito se ne è andato. Il fuoco purificatore disperde rapidamente quello che fu un essere vivente, lo getta al vento, lo riduce ad aria e cenere anziché ad infame putredine. È un rito pulito e sano. La putrefazione sotto terra, nella scatola chiusa in cui il corpo diventa poltiglia nera e maleodorante, ha qualcosa di ripugnante ed atroce. La bara che scende in quel buco fangoso serra il cuore d’angoscia, mentre il rogo che arde sotto il cielo ha qualcosa di grande, di bello e di solenne" (Le Figaro del 7 settembre 1884).

Cresima: Vedi Confermazione.

-Cretese-micenea, Civiltà: Complesso culturale espresso dalle civiltà che fiorirono nell’isola di Creta ed in Grecia tra il Neolitico e l’Età del bronzo, ovvero nel secondo millennio a.C. Del periodo cretese vengono distinte tre fasi: · minoico antico, · minoico medio (grandi edifici e fiorire di un’arte naturalistica), e · minoico tardo (schematizzazione delle forme ornamentali). Il centro vitale si sposta nel Peloponneso, dove per quasi mezzo millennio si sviluppò la civiltà micenea. Tipici dell’architettura C. sono i grandi palazzi sorti agli inizi del II millennio a Cnosso, Festo, Tilisso e Mallia, distrutti e ricostruiti tra il 1700 ed il 1600 a.C. Assente ogni traccia di mura, a differenza di quanto avviene nei palazzi di Micene, Tirinto e Tebe. Numerose le tombe circolari, coperte con false volte dette a tholos (tesoro di Atreo e Micene). Assai belli gli scarsi resti di affreschi, ancora visibili a Cnosso, Hagìa Triàda e Tirinto. Vastissima la produzione di ceramiche, dapprima decorate a spirali vivacemente policrome, poi con soggetti naturalistici, ed infine con motivi geometrici stilizzati, di piccole statuette di argilla, avorio e bronzo, e di oggetti di oreficeria, tra cui le rinomate maschere funerarie d’oro. Agli inizi la religione C. era politeista e naturalistica, rivelando aspetti particolari del tutto diversi rispetto alle vicine religioni asiatiche ed egiziane. In seguito si giunse ad una concezione decisamente antropomorfa della divinità (v. Antropomorfismo). Secondo il Giannelli (Le grandi correnti della storia antica, Ediz. Marzorati, 1954), il pensiero e la preoccupazione della fecondità dominano la religione minoica; presso i Cretesi sono considerati sacri animali come colomba ed il toro e, tra le divinità, il primo posto è occupato dalla Gran Madre, generatrice e nutrice degli uomini, degli animali e delle piante; regina del Cielo ed al contempo degli Inferi. A lei inferiore seppure al suo fianco sta una divinità maschile, incarnante anch’essa il principio della fecondità; suo simbolo è il toro oppure il Minotauro, il mostro umano a testa taurina, e gli è sacra la "labris", l’ascia bipenne (v.).

Cripta: Termine derivato dal greco crupth, da cruptw, nascondere, coprire. Indica la parte sotterranea di un edificio, particolarmente religioso. Vitruvio definisce così un luogo coperto, senza specificare se sotterraneo o no, con il tetto a volta. Più tardi C. indicherà alcuni tratti delle catacombe, e poi un vano, in parte p completamente sotto il livello del terreno, posto sotto l’altare o, nei casi di maggiore estensione, sotto tutto il presbiterio, dove erano conservate le reliquie o la tomba del martire. L’importanza della C. è infatti legata al culto delle reliquie, al quale sono da ascrivere anche le varie forme: anulare, formata da un lungo e stretto vano coperto a botte, che circonda la tomba del martire. Questa è probabilmente la forma più consueta a Roma, nel V e VI secolo, quale doveva trovarsi sotto l’antica Basilica di San Pietro. Nell’VII e nel IX secolo è un elemento costante sia a Roma (s. Crisogono, s. Marco e s. Cecilia) che in altre parti dell’Impero carolingio (Sant’Emmeran a Ratisbona, a Coira, a Saint Denis). C. anulari le troviamo anche nell’architettura anglosassone (Canterbury). C. a galleria, formate da una serie di piccoli ed angusti vani, di forma rettangolare, collegati tra loro, quasi sempre coperti a volta (Petersberg, a Fulda), sono da riconnettere alle tombe a camera delle catacombe. C. a navate, un vano unico con colonne più tozze e più basse del consueto, collegate da un architrave su cui poggia il soffitto piano formato da larghe lastre: il più antico esempio è Santa Maria in Cosmedin a Roma. L’esempio più complesso è dato dalla c. a cappella, caratteristica fin dall’architettura carolingia: le cappelle si sviluppano dalle forme più semplici a quelle più elaborate, fino a formare vere e proprie chiese sotterranee, la loro forma è giustificata dal desiderio di alcuni fedeli di essere seppelliti accanto al martire.

Criptico: Termine derivato da cripta (v.), dal greco crupth, da cruptw, nascondere, coprire. Significa quindi nascosto, coperto, occultato, specie in senso religioso ove corrisponde ad esoterico. Y (Massoneria) nell’ambito del Rito Americano (v.) o di York, è definito C. il Corpo Rituale intermedio tra il Capitolo e la Commendary, denominato Concilio dei Massoni Criptici, praticato soltanto nella giurisdizione settentrionale degli Stati Uniti, ed in varie altre nazioni, compresa la Germania, la Grecia e l’Italia (dal 1977). Qui è compresa tra i Corpi Rituali riconosciuti dal Grande Oriente d’Italia.

Crisma: Dal greco crisma, a sua volta da criw, ungere, è costituito da olio d’oliva misto a balsamo, consacrato dal vescovo durante la massa del giovedì santo. Il C., il cui uso risale al V secolo circa, serve per il conferimento di tre diversi Sacramenti: Battesimo, Cresima ed Ordine Sacro (ordinazione di nuovi sacerdoti).

Crisopea: Termine alchemico, sinonimo di Pietra Filosofale. La C. viene ottenuta dalla lenta cottura nell’Uovo Filosofico o Matraccio del miscuglio e della distruzione reciproca dei due componenti (Oro ed Argento dei Saggi), distruzione possibile attraverso il loro mescolarsi e confondersi insieme, in modo che "da due cose se ne formi UNA sola". Questi nove principi degli alchimisti corrispondono alle nove entità metafisiche (i nove Sephiroth cabalistici, i nbove Coregi angelici ed i nove Eoni gnostici), loro manifestazioni quindi nel seno della Materia. così come lo Spirito universale ed il G.A.D.U. massonico sono praticamente la stessa cosa. Su tale identità i Massoni alchimisti del XVII secolo non avevano dubbio alcuno. Per dissipare ulteriori dubbi su tale identità, citiamo ciò che dice la "Logia Agrafa": "Solleva le Pietre e tu Mi troverai". "Spacca il legno, perché Io vi sono dentro". Sono parole del Cristo, riportate nei "Papiri di Oxirinque" scoperti nel XIX secolo e riportati da Daniele Rops nella sua opera "Jesus en son Temps". Mentre l’Apostolo Paolo, negli Ebrei XI, 10 scrive: "Il Dio Supremo è l’Architetto ed il Fondatore". A detta degli studiosi di alchimia, se queste nove potenzialità operano e condizionano la Materia inanimata, non si può certo escludere che potrebbero fare lo stesso nel mondo dello Spirito, che non è altro che la Materia stessa nel suo aspetto più sottile.