Copti: Dall’arabo Qubt, Quft o Qift, corruzione del termine greco Aiguptioz, popolazione egiziana nel periodo compreso tra il IV secolo e la metà del VII secolo d.C. Y (Lingua): Risultano essere discendenti diretti degli egiziani dell’epoca faraonica, come evidenziato dalla loro lingua, che costituiva lo stadio finale di evoluzione dell’egizio. Loro dialetti principali sono il sahidico (da sa id, Alto Egitto), parlato nella regione di Tebe, ed il boharico (da al Boheirah, basso Egitto), parlato nella regione di Alessandria. Fin dalle origini la lingua C. fu scritta con caratteri greci onciali, la scrittura maiuscola usata nei papiri e nelle pergamene, integrati con sette segni grafici del demotico (v.) per i suoni assenti nel greco. Tranne brevi iscrizioni risalenti al II secolo, i primi testi C. apparvero nel III secolo, in traduzioni dell’Antico Testamento, poi scritti eretici, gnostici e manichei, e, più tardi, gli scritti originali dei santi Antonio e Pacomio (III-IV secolo). Dopo la conquista islamica la lingua seguitò ad essere parlata correntemente dal popolo fino al XIII secolo, quando fu spodestata dall’arabo, ma rimase nella liturgia monastica. Y (Arte): Il monachesimo cristiano, che tanta importanza ha avuto nella storia della Chiesa, ebbe inizio fra i C. d’Egitto nel 271 d.C. con sant’Antonio, ritiratosi nel deserto a vivere in preghiera, e fu proprio attorno ai santi eremiti che cominciarono a sorgere le prime espressioni dell’arte C. in architettura, scultura e pittura. La cultura C. nacque tra il III ed il IV secolo dalle posizioni antiellenistiche ed antiaristocratiche del popolo e dei primi conventi, con l’elaborazione di temi propri di altre civiltà (greca, romana, bizantina, persiana ed araba), trasformandoli in una forma stilistica originale utilizzata per finalità essenzialmente decorative. Quest’arte rifugge dall’accademismo, ed è caratterizzata dall’esasperata stilizzazione che altera le proporzioni, giungendo così ad esprimere un’armonia che non è più delle forme ma simbolica. L’architettura nacque e fiorì nella terra che aveva conosciuto la splendida esperienza faraonica. Anche se le chiese ebbero pianta basilicale, evidentemente mutuata dalla basilica romana, sorge spontaneo il parallelo con la sala ipostila del santuario faraonico, ed ai templi dell’antico Egitto richiama anche la struttura esterna, con mura robuste e prive di aperture, caratterizzate dalla mancanza di membrature, ed a volte circondata da una cinta imponente. Le chiese più antiche di cui rimane traccia mostrano piante rigidamente rettangolari, la forma del Sancta Sanctorum trifoliato con abside centrale, a nicchie semicircolari ed absidi laterali, senza nicchie, comunicanti con le navate. Tra il 395 ed il 408 l’imperatore Arcadio fece erigere sulla tomba di Santa Mena, nel deserto del Mariut presso Alessandria, un complesso basilicale a pianta cruciforme, e quindi estranea alla concezione C. Tracce di chiese antiche ma di incerta datazione, si possono trovare nel Cairo vecchio, nella cosiddetta "fortezza di Babilonia". Le costruzioni del periodo di maggiore splendore sono successive al Concilio di Calcedonia, come la basilica di Ermopoli (el-Asmuneyn); le basiliche isolate di Deyr Abu Hennis presso Antione (Monastero Bianco), fondata da Scenute nel 440 e circondata da un muro a scarpa come i modelli faraonici, e di Deyr al-Ahmar (Monastero Rosso), presso Sohag, nell’Alto Egitto; la basilica di Dendera, eretta nel recinto del tempio tolemaico dedicato ad Hathor. Più noti e studiati sono i grandi complessi conventuali, come san Geremia a Saqqara, di Sant’Apollo a Bawit, di san Simeone presso Asswan, di san Pacomio presso Ahmim, ecc. Dopo la conquista musulmana dell’Egitto furono edificate molte chiese, come quella di Abu Girge (Mari Ghiorgis, san Giorgio), di al-Mò allaqa (la Sospesa), di santa Barbara nella fortezza di Babilonia, di el-‘Adra (della Vergine) al Cairo. Le coperture sono a cupola, una sola od una fila, secondo il modello bizantino già accolto dai musulmani. La decorazione architettonica, costituita da conchiglie, archivolti, fregi e mandorle, è di stupefacente ricchezza. Il capitello è corinzio, con grande varietà di forme, o quello con figure umane od a canestro, ancora di ispirazione bizantina. Nelle arti figurative i C. adottarono inizialmente temi ispirati alla mitologia ellenica, pervenuti attraverso il filtro esoterico di Alessandria. Nel tema religioso si afferma la Madonna che allatta il Bambino, riproponente nel soggetto cristiano il mito di Iside e del figlioletto Horus, e di santa Mena fra due cammelli. Più tardi i soggetti cristiani diverranno preponderanti: la croce egizia (v. Ankh), la Vergine sul trono, l’Annunciazione e le immagini di santi monaci. Colpisce soprattutto il diverso impiego della figura umana, trattata come rappresentazione o solo come elemento decorativo, mentre nella pittura catacombale e negli affreschi sepolcrali è evidente che ogni trattazione dei temi cristiani sia influenzata dall’ellenismo orientale. I temi pagani non spariscono completamente: la danzatrice nuda con croce e corona, i riti dionisiaci, le nereidi e gli amorini entrano sempre più nella sfera della pura decorazione, staccandosi dalla funzione rappresentativa. Nel VII ed VIII secolo tornano i grandi cicli biblici, soprattutto quelli di David e Saul. La ritrattistica intanto seguiva la traccia del tipico ritratto egizio-romano, che aveva sostituito, dipinto su tavolette, poste sul viso della mummia ed inserite tra le bende, la precedente maschera funeraria dell’epoca faraonica. Gli scribi cristiani d’Egitto non diedero eccessiva importanza alla miniatura, anche se talvolta usarono ornare i margini dei manoscritti o le lettere maiuscole con motivi animali e vegetali eseguiti piuttosto grossolanamente. Solo verso l’VIII secolo apparvero le prime miniature con figure dipinte o disegnate. L’arte C. eccelle soprattutto nella decorazione di ceramiche e tessuti, spesso con soggetti pagani, realizzata sfruttando lo stile, i colori ed i procedimenti pittorici delle miniature. La tecnica della tessitura si perfeziona sempre più affermando uno stile suo proprio, derivato comunque dall’elaborazione della tessitura a nodi ereditata dalla civiltà faraonica. Y (Chiesa): Si può parlare di chiesa C. solo dopo il Concilio di Calcedonia (451), in seguito al quale la chiesa nazionale egiziana, cioè C., abbracciò il monofisismo (v.), rendendosi autonoma. Sotto l’imperatore Zenone, il patriarca bizantino Acacio compose una formula di riconciliazione (Henotikon), in base alla quale il patriarca monofisita fu riconosciuto unico capo legittimo della chiesa d’Egitto. Nonostante le sanguinose repressioni dell’imperatore Giustiniano (550), il popolo rimase fedele al monofisismo fino all’invasione dei Persiani (617), e fino alla successiva occupazione da parte degli Arabi verso la fine del VII secolo. Salve rare eccezioni, il regime musulmano non perseguitò apertamente i C., ma li oppresse con dure leggi fiscali che provocarono numerose apostasie. Nel IX secolo i C. erano già diventati una minoranza, e nel XIV secolo rappresentavano circa un decimo della popolazione. Oggi i C. sono meno di un milione. L’organizzazione della chiesa C. è profondamente diversa da quella delle chiese ortodosse (v.): il patriarca governa secondo un regime monarchico, assistito da un consiglio di quattro vescovi eletti da lui stesso. Attualmente vi sono quattordici diocesi con un migliaio di sacerdoti per seicento chiese. Per quanto riguarda la dottrina, in quanto monofisiti i C. non riconoscono i concili ecumenici a partire sa quello di Calcedonia, rifiutano l’autorità del papa, hanno i sette sacramenti e celebrano la messa di san Basilio. Tra le più caratteristiche solennità religiose, vi è la celebrazione del Ghitas, la sera dell’immersione, fra il 18 ed il 19 gennaio, in cui tutti i fedeli si tuffano in un bagno d’acqua benedetta o nel Nilo.

-Corano: In origine detto Alcorano, dall'arabo al Quran, derivato dall'aramaico qeryana, lettura a voce alta, recitazione. Nome del libri sacri della religione musulmana od islamica (v. Islam). Il C. contiene le rivelazioni dirette di Dio (Allah) al suo profeta Maometto (v.) o per il tramite dell'arcangelo Gabriele nel trentennio 609-632, ovvero fino alla morte. Inizialmente i testi coranici furono scritti in dialetto coreiscita e su mezzi di fortuna, come ossa e foglie di palma. Il C. si suddivide in 114 sure (surah, capitolo), comprendenti a loro volta più versetti (ayah), ognuno con nomi particolari derivato dalle caratteristiche del versetto stesso. È scritto in una prosa rimata di forma detta allitterante. Il primo califfo Abu Bakr, su consiglio di 'Uthman I, affidò una prima stesura del C. allo stesso segretario di Maometto, Zayd ibn Thabit. Fu il terzo califfo, 'Othman (644-655), a far riscrivere il testo sacro a quattro sapienti coadiuvati da Zayd. Questa redazione definitiva (650) dispone le sure secondo il criterio esterno della lunghezza (dalla più lunga alla più corta), con l'unica eccezione della prima (al-Fatihah). La seconda sura è di 256 versetti, la CX di 3 e la CXIV di 6. Le varianti, dovute all'assenza delle vocali (fenomeno caratteristico anche della Bibbia), originarono numerose versioni, a volte notevolmente diverse tra loro. Comunque sono solo due le versioni considerate legittime: la versione cufense, diffusa in Egitto e nei paesi limitrofi, e la versione medinese, adottata in tutto il resto del mondo islamico. Le sure più antiche, dette meccane, sono anche le più ispirate e le più ricche di pathos religioso. L'impressione provocata dalla lettura completa del C. è quella di asistematicità, iterazione, conglobamento e contaminazione. Le sure medinesi sono più lunghe e formali, a prevalente carattere ritualistico, morale e giuridico. Il contenuto pone insieme lodi ad Allah, celebrazioni delle bellezze del mondo creato direttamente da Dio, maledizioni contro gli infedeli, di norma cristiani, profezie apocalittiche sul "giorno tremendo", versioni meravigliose del paradiso, con uri, fanciulli e delizie varie, ammonizioni, racconti biblici (spesso di dubbia genuinità), storie di profeti come Abramo, Cristo ed altri, norme di carattere rituale, prescrizioni igieniche e perfino di etichetta. Un'ulteriore suddivisione contenutistica distingue tra sentenze (normative e giuridiche), storie (pseudo leggendarie), parenesi od esortazioni. Quest'ultima è sicuramente la parte più bella e più ispirata del C. Le sure meccane contengono immagini folgoranti e potenti, e scorci decisamente arditi, procedendo con uno stile spesso pregno di commozione. Anche le sure medinesi contengono brani di valore poetico, purtroppo inquinate da dispersioni polemiche che inaridiscono ed opacizzano la prosa. Come lettura liturgica il C. si divide in 30 sezioni uguali (guiz') di 60 parti ciascuna (hizh) che, in determinate ore, vengono recitate salmodiando secondo modulazioni prescritte dalla tagwig. Per i musulmani la recita completa del C. rappresenta opera altamente meritoria (khatm). È considerato non già come scrittura redatta da Maometto ma come "verbo" divino, ed è alla base del diritto musulmano. Secondo gli studiosi islamici, sui 6200 versetti, soltanto 500 circa sarebbero norme giuridiche. Un numero ulteriormente riducibile, poiché i musulmani considerano norme di diritto anche le pratiche del culto. I versetti di contenuto squisitamente giuridico in effetti sono circa un centinaio. La materia trattata è vastissima, comprendendo diritto di famiglia, successioni legittime e testamentarie, regime della schiavitù, usura, cenni sulla stesura dei contratti, compravendita, prestito, pegno, testimonianze, diritto di guerra (comprendente la ripartizione del bottino preso agli infedeli), situazione giuridica degli ebrei e dei cristiani, e norme di diritto penale, con le punizioni da infliggersi per i vari reati. Il tutto si presenta disseminato e frammentario, per cui sarebbe impossibile ricostruire il sistema sulla sola base dei versetti coranici. Inoltre vi sono molti versetti contraddittori, giustificati dall'asserzione che Allah può abrogare precedenti disposizioni, sostituendole con nuove. Alla frammentarietà, all'incompletezza come pure all'oscurità di vari versetti, ripara la sunnah, ovvero la consuetudine di Maometto, deducibile dalle tradizioni canoniche delle cose da lui fatte o dette. I seguaci dell'islamismo affermano che la sunnah è l'unico commento autenticato del C. L'ortodossia islamica non ammette traduzioni del C., un divieto confermato ancora nel 1955 nel corso di una conferenza tenuta al Cairo. Tuttavia esiste, tra l'altro, una traduzione turca edita ad Ankara. Varie traduzioni in lingua italiana sono comunque disponibili, anche se solo a partire dal 1929 in poi.

Corda: Simbolo di legame, connessione ed ascensione, si collega alla simbologia dell’Albero (v.). In Massoneria una C. a forma di cappio (o nodo scorsoio) cinge il collo dell’iniziando nel corso della cerimonia di Iniziazione, a simboleggiare tutti i legami che ancora lo avvincono al mondo profano. Nel Corano (22, 15) si legge: "Chi si illude che Dio non soccorrerà l’uomo sia in questa vita terrena che nell’altra, stenda una C. fino al cielo, poi la recida e veda se simili stratagemmi potranno dissipare tali tristi pensieri".

Cordone: Il C., normalmente di colore rosso, è dotato di sette (talvolta impropriamente dodici) nodi detti d’Amore, ed è il simbolo del legame che unisce i Fratelli, facendone una sola famiglia su tutta la Terra. Secondo il Bacci, esso simboleggia inoltre la difesa contro i pregiudizi e le passioni umane, che non debbono mai penetrare laddove è l’impero della ragione e della saggezza. Questa è la piuttosto scarna interpretazione data al simbolo del C. dagli studiosi della simbologia massonica. Per sapere qualcosa in più su questo simbolo troppo trascurato, tant’è che molti Templi muratori ne sono sprovvisti, occorre approfondirne lo studio. Storicamente è provato che antichi rituali tedeschi prevedevano l’impiego di una grossa fune (del diametro di &Mac189;, æ od 1 pollice), quindi d’una certa consistenza, che veniva usata per delimitare una porzione centrale della radura in cui si riuniva la tribù, il popolo (gruppo di varie tribù) od una Confraternita, per motivi religiosi o per discutere ed adottare decisioni amministrative o politiche. Lo spazio così delimitato era riservato ai più saggi, come anche ai più forti e coraggiosi, ed era considerato sacro poiché protetto dalla divinità. Pertanto chi vi era compreso fisicamente era ispirato dal Dio, quindi saggio abbastanza per adottare le decisioni più giuste per il bene della comunità che li circondava. Ritornando al Tempio massonico, il C. parte con un fiocco dal suo annodamento al centro della Colonna "B", sale in alto lungo la parete occidentale fino all’incontro con la volta stellata, corre poi sopra le 12 colonne zodiacali e lungo lo spigolo delle tre pareti, ritorna poi all’occidente per ridiscendere lungo la Colonna "J" al cui centro cui si riannoda, terminando infine con un altro fiocco. I nodi detti d’Amore, più noti profanamente come nodi Savoia, debbono essere sette: tre per le pareti settentrionale e meridionale, ed uno per l’Oriente. Ciascun nodo è collocato sopra il centro tra le colonne zodiacali dispari e pari, quindi a Sud tra Ariete (^ ) e Toro (_ ), Gemelli (` ) e Cancro (a ), Leone (b ) e Vergine (c ), ed a Nord tra Bilancia (d ) e Scorpione (e ), Sagittario (f ) e Capricorno (g ), Acquario (h ) e Pesci (i ). Occorre ricordare che ciascun segno è legato ad un Elemento, per triplicità, ovvero: Fuoco B (Ariete-Leone-Sagittario), Terra D (Toro-Vergine-Capricorno), Aria A (Gemelli-Bilancia-Acquario), Acqua C (Cancro-Scorpione-Pesci). Y (Interpretazione del simbolo del C.:) Per interpretare un simbolo occorre dapprima concentrarsi sulla sua origine, cioè immergersi nel contesto in cui esso è stato creato: nel nostro caso nell’ambito della Massoneria operativa dei costruttori di cattedrali. Poi occorre collegarsi mentalmente alle caratteristiche simboliche dell’ambiente in cui viene impiegato. Il C. era una robusta fune che veniva utilizzata per imbragare, spostare ma soprattutto sollevare, a mezzo di carrucole, il materiale da utilizzare indirettamente (impalcature, attrezzi, pianali ecc,) e direttamente (mattoni, pietre, malta, decorazioni, infissi, finestre, vetrate ecc.) per la realizzazione della costruzione. Inoltre tale fune serviva per imbragare gli operai, onde evitarne la caduta che poteva essere mortale. Se ne deduce che il simbolo del C. si riferisce al sollevamento, allo spostamento ed alla sicurezza, ma soprattutto al sesto principio ermetico, il Ritmo o Movimento, per cui "In tutte le cose esiste flusso e riflusso, un'oscillazione, come quello del pendolo, o dell'alta e bassa marea. Un movimento conforme al principio della polarità. Quindi c'è sempre azione e reazione (vd. La legge di Archimede), avanzamento e retrocessione, innalzamento ed abbassamento, rinascita e morte. Interessa tutto l'universo, ed avviene nei soli e nelle galassie, negli uomini e nella natura intera, nei corpi e nella mente, nell'energia come nella materia. Il principio del Ritmo risulta evidente ed incontestabile nella creazione e distruzione dei mondi, nello sviluppo e decadenza delle nazioni, nell'alternanza degli eventi storici come nella vita d'ogni essere umano, nonché negli stessi stati mentali dell'uomo". Confrontando tali significanze simboliche con le finalità del luogo attuale d’impiego, il Tempio Massonico, ovvero la Loggia, l’interpretazione possibile risulta dal collocamento di chi interpreta all’ingresso, tra le due Colonne (v.). Egli, Massone, è spoglio dei metalli e delle passioni profane, sta per accedere al Tempio, ed è rivolto verso l’Oriente. I suoi piedi sono a livello del Pavimento (v.); se mentalmente sale lungo la Colonna alla sua sinistra incontra il primo fiocco, appariscente e quindi attraente; vi penetra e sale lungo il C., fino a raggiungere la volta celeste. Continua a procedere finché incontra il primo nodo; esso presenta una curvatura, arretra per poi avanzare di nuovo; tale percorso tortuoso si ripete negli altri sei nodi; ritornato in occidente, scende lungo l’altra Colonna e raggiunge il secondo fiocco; può allora ritornare alla base della stessa Colonna, al Pavimento, infine a sé stesso. Quanto si è visto, potrebbe già meglio evidenziare l’interpretazione ricercata. Ritornando nuovamente all’inizio, vediamo che, dalla condizione profana, pietra grezza, l’Iniziato si eleva grazie alla Forza di cui è dotato (B) ed accede alla Bellezza della condizione superiore (Fiocco) da cui è attratto. Il C. rosso ricorda il Fuoco, ovvero la determinazione con cui il Massone si appresta al cammino iniziatico. Nel primo nodo avviene il suo primo processo evolutivo nel primo mondo (Minerale, tra i segni di Fuoco e di Terra), un primo iter di morte rinascita che può ripetersi innumerevoli volte (il nodo è anche simbolo dell’infinito). Acquisisce alla fine il diritto di passaggio al nodo/mondo successivo (Vegetale, tra i segni d’Aria e d’Acqua), dove ripete i cicli di apprendimento visti nel primo nodo. Al termine procede ancora verso l’Oriente, incontrando il terzo nodo/mondo (Animale, ancora tra i segni di Fuoco e Terra). Al termine della serie dei terzi cicli procede per ritrovarsi all’Oriente, nel quarto nodo/mondo (Umano, tra i segni di Fuoco ed Acqua, ovvero nel mondo del raziocinio, della ragione), in cui deve affrontare per la quarta ed ultima volta i cicli di morte rinascita, per la prima volta però (grazie alla ragione) potenzialmente consapevole della propria coscienza globalmente acquisita. Quando il suo livello evolutivo lo consente, acquisisce la capacità intuitiva, che lo avvicina alla comprensione del grande mosaico della Natura, ovvero del disegno divino. Allora finalmente la sua componente spirituale prevale su quella materiale, discende lungo la parete orientale ed incontra la scritta A.G.D.G.A.D.U. (v.), trasformandosi (o meglio trasmutandosi) in essere consapevole dello scopo reale della vita. Ridiscendendo ancora egli si ritrova infine nel Triangolo, nel Delta Luminoso (v:), nell’Occhio divino, nell’Uno che comprende il Tutto. Completa così il proprio processo evolutivo e lo stesso percorso iniziatico. Quello esaminato è il processo spirituale, avvenuto lungo la parete settentrionale del Tempio, ovvero nella parte solare (il simbolo del Sole è da quella parte, v.) e maschile (v. Rebis). Non avrebbe ora senso alcuno, e sarebbe un grave errore, continuare il percorso lungo il C., sulla parete meridionale del Tempio, per ritornare in Occidente. Infatti un processo analogo avviene per dualità alla componente materiale dell’Iniziato, lungo il C. disposto nella parte meridionale del Tempio, ovvero quella lunare (v. la Luna) e femminile. Occorre quindi ripartire dall’Occidente, salire lungo la Colonna "J" della Bellezza (esteriorità, quindi materialismo), incontrare i tre nodi a meridione, subire le tre diverse serie di cicli evolutivi migliorando dopo ogni ciclo la propria condizione fisica ed estetica, per infine ritrovarsi nell’ultimo nodo orientale con la componente spirituale. Procedendo insieme a questa verso il basso (solo metaforico) raggiunge e s’immedesima nel Delta divino. Si tratta quindi di due percorsi paralleli, dall’Occidente all’Oriente, entrambi implicanti simultaneo miglioramento sia sul piano spirituale che su quello materiale. Si può asserire che la terza componente astrale dell’essere, l’anima, segua la duplice evoluzione vista, lungo un percorso lento ma diretto, corrispondente alla via centrale cabalistica (v.), che partendo da Malkuth (Il Regno), attraverso Yesod (Fondamento) e Tipheret (Bellezza), raggiunge Kether (La Corona), il Macroprosopo o Grande Volto. È il conseguimento e la realizzazione dell’Ordo ab Chao (s), emblema di ogni corpo Massonico. Y (Conclusioni) Collegandoci alle conoscenze delle dottrine misteriche costituite dall’Ermetismo, dall’Alchimia e dalla Qabbalah, si arriva a comprendere che l’essere umano che intenda superare le Colonne (metaforicamente d’Ercole o di Enoch) che condizionano e limitano la comune scienza, andando quindi oltre le limitate leggi della ragione, perviene ad una condizione superiore, che gli compete per la sua peculiare natura analoga a quella di Dio. Il C. rappresenta quindi il percorso evolutivo, la via iniziatica, che porta dall’Occidente primordiale all’Oriente, ovvero alla sorgente della Luce, quindi alla vera e totale conoscenza. La sua collocazione in alto ricorda l’analogia ermetica e l’interconnessione spirituale tra il microcosmo ed il macrocosmo, simbolo quindi della perfettibilità caratteristica dell’Iniziato. È noto che attraverso l’unione si consegue la Forza, ed è attraverso l’armonia del Lavoro rituale collettivo che il Massone alimenta la fede nei principi insiti nella Tradizione. È questo il metodo adottato dalla Libera Muratoria per infondere nei propri adepti le energie necessarie per affrontare le difficoltà della vita, all’interno ma soprattutto al di fuori della Loggia. Quindi il C. è anche quel simbolo di compattezza visto all’inizio, che lega tra loro i Fratelli, ma anche di fermezza nel coerente e costante impiego dei principi dell’Arte Reale, strumenti indispensabili al processo evolutivo della coscienza individuale, premessa fondamentale per la successiva diffusione della conoscenza, attraverso cui conseguire il reale bene e progresso di ogni Massone, definita "costruzione del Tempio interiore", e conseguentemente l’evoluzione dell’intera Umanità.

Coriolano: Gneo Marcio (dal latino Gnaeus Marcius Coriolanus). Personaggio semileggendario dell’antichissima storia romana (VI-V secolo a.C.). La tradizione popolare sulle origini della Repubblica racconta che egli conquistò la città di Corioli, ottenendo così il proprio cognomen. In seguito C. assunse atteggiamenti autoritari e, criticato dal popolo, fuggì tra gli stessi Volsci, a capo dei quali già stava per conquistare Roma, allorché fu trattenuto dalla madre Vetruria e dalla moglie Volumnia. C. rinunciò all’impresa e fu ucciso dai Volsci. La sua è una tipica leggenda moralizzante, sulla cui formazione possono aver influito ricordi greci, come il motivo dell’ira di Achille e le vicende storiche di Temistocle e di Alcibiade.