Carpocraziani:  Settari gnostici del II secolo d.C.. la cui origine viene fatta risalire a Carpocrate, vissuto in Alessandria ai tempi di Adriano, e che avrebbe fondato la chiesa C. insieme al figlio Epifane. Secondo i C. il mondo non sarebbe opera del padre increato, ma di demoni inferiori a lui. La liberazione, o salvezza gnostica, si opera allorché l'anima, prigioniera nella materia, si riscatta con la sua evoluzione, risalendo così al Padre. Tale riscatto si realizza secondo il modello di Gesù, che è Salvatore, ma uomo eguale ad ogni altro uomo. Le anime sono in condizione di risalire al Padre solo quando siano passate attraverso tutte le esperienze morali ed immorali del mondo, il che può avvenire in una sola vita od in più vite successive, attraverso la metempsicosi (v.). I C. ripudiano la legge naturale e quella giudaica, in quanto legate alla materia.

Cartesio: Nome italianizzato di Descartes (v.) René, derivato dal latino Cartesius, filosofo, matematico e fisico francese (1596-1650).

-Cartiglio: Fregio decorativo, per lo più rappresentante una carta svolta, per apporvi iscrizioni esplicative. Il termine identifica soprattutto il fregio identificativo degli antichi faraoni: era costituito da un'area circoscritta in un perimetro oblungo, in cui venivano impressi i geroglifici con il nominativo del personaggio. È attraverso il C. che gli egittologi identificano monumenti o figure, come gli oggetti dei quali identificano il proprietario. Spesso il C. era impresso all'ingresso delle tombe sepolcrali, per cui l'archeologo sapeva a chi era stato dedicato quel luogo ancora prima di accedervi per la ricerca di eventuali reperti eventualmente lasciati dai millenari predatori di preziosi.

Case dei Pianeti:  Termine impiegato nell'Astrologia (v.) per definire i luoghi nei quali si trovano i Pianeti del sistema solare, e dai quali emanano le diverse influenze sugli esseri umani. L'oroscopo astrologico si ottiene mettendo in corrispondenza Ariete-Casa 1, Toro-Casa 2, ecc. Il significato delle dodici C. può essere ricapitolato così: · Casa 1) l'individuo sul piano psicologico e le sue tendenze di fondo; · Casa 2) le sue acquisizioni, fortuna ed affari; casa · 3) i suoi rapporti col prossimo, l'educazione, gli spostamenti e la corrispondenza; · Casa 4) le sue origini, la sua casa, i beni immobiliari e gli eredi; · Casa 5) gli svaghi, i figli, gli amori, le speculazioni e le occasioni; · Casa 6) il suo lavoro, i suoi obblighi e la salute; · Casa 7) il mondo complementare ed opposto, il matrimonio, le amicizie, le associazioni e la vita pubblica; · Casa 8) morte ed eredità, cambiamenti, inconscio e ferite; · Casa 9) vita spirituale, grandi viaggi e sogni; · Casa 10) onori, ambizione e vita sociale; · Casa 11) amicizie, protezioni e speranze; · Casa 12) prove, insuccessi, malattie, desideri repressi, nemici segreti ed imprevisti (Guida all'Occultismo di J. Tondriau, Ediz. Sugar, Milano, 1975).

Caso: Il caso non esiste. È solo il nome che si sa dare ad una legge che non si conosce (Sesto Principio di Thoth-Hermes).

Cartomanzia: Nome derivato dal termine greco manteia composto con carta, a significare il metodo di divinazione con le carte normali da gioco, quelle dei Tarocchi (v.), o di tipo creato espressamente per questo scopo. La C. si basa sull'interpretazione del seme ( le carte di cuori e fiori sono apportatrici di bene, quelle di picche annunciano avversità e lutti, quelle di quadri sono neutrali), del colore, del numero e della figura di ogni carta. Mentre alcuni ne attribuiscono le origini agli Arabi, altri la fanno risalire al XIV secolo, sostenendo che sia stata inventata per divertire Carlo VI di Francia durante la sua follìa. Il primo trattato sul modo di leggere le carte pare sia stato quello pubblicato in Francia nel 1770 da un certo Alliette, di professione parrucchiere. La C. ebbe grande fortuna in Francia, verso la fine del XVIII secolo, tanto che la cartomante mademoiselle Lenormant divenne la confidente di Giuseppina Bonaparte, e quindi anche di Napoleone.

Casta: Nome derivato dal latino castus, puro, attraverso il portoghese casta, con cui vollero rendere due diversi termini sanscriti varna, colore, e jati, razza. Indica pertanto una classe di persone che godono di determinati privilegi, e che ad essa appartengono per esclusivo diritto di nascita. Le C. erano presenti presso gli antichi Egiziani e gli Ebrei, ma anche in Grecia a designazione dei discendenti di Esculapio, dediti all'arte medica per diritto esclusivo. Le C. trovarono però piena applicazione tra gli Arya dell'India. Dove fin dai tempi vedici, inizialmente per distinguere i conquistatori arya dai vinti indigeni, si imposero quattro C. separate da norme rigorosissime: · i brahman (v.), dotti e sacerdoti; · i ksatriya, guerrieri e nobiltà terriera; · i vaisya (o baniya), commercianti ed agricoltori; · i sudra, lavoratori in generale, estromessi da templi e scuole. Al di sotto di questi stavano i paria, i fuori C. (candala, misala, ecc.), nati da matrimoni misti. Sedersi alla stessa tavola, mangiare un cibo preparato da un individuo di C. inferiore, erano azioni rigorosamente coperte da inesorabile "tabù". Era interdetto perfino l'uso intercastale della stessa acqua. Sia il buddhismo che l'islamismo attenuarono il rigore della suddivisione castale, ma con scarsi e solo temporanei risultati. Soltanto nel XIX secolo l'opera riformistica anticastale del Brahmo Samaj diede quei frutti che portarono alla definitiva abolizione delle C. nella Costituzione indiana del 1947, e nello speciale decreto del 1950. Tuttavia le C. sopravvivono ancora larvatamente nell'intero ambiente rurale indiano. La Biologia impiega questo termine per distinguere le funzioni svolte da gruppi di taluni insetti nell'ambito dell'ambiente in cui vivono ed operano, per esempio le api, le vespe, le formiche e le termiti.

Casualismo: Termine indicante tutti gli indirizzi filosofici che negano la concezione finalistica, e contrappongono all’ordine razionale del mondo un ordine derivato da combinazioni accidentali, casuali, o comunque soltanto probabili. Già l’atomismo greco antico fornisce un esempio di C., mentre un altro esempio può essere considerato l’evoluzionismo moderno. Il rapporto tra caso e natura, per cui la stessa determinazione finalistica è un caso, è presente in molta parte della riflessione contemporanea sul mondo naturale.

-Catacomba: Dal greco cata cumbz, presso le grotte, e dal tardo latino catacumba, in origine designava l'area della via Appia compresa tra l'attuale chiesa di San Sebastiano e la tomba di Cecilia Metella. È qui che è ubicato uno tra i più antichi cimiteri sotterranei cristiani di Roma, usato dal I al IV secolo d.C. e denominato ad catacumbas. Nel Medioevo tale nome venne esteso ad ogni cimitero sotterraneo in altre parti dell'Impero romano. Sono note C. sparse in tutta Italia e nel bacino del Mediterraneo. Solo a Roma ne è però possibile l'esplorazione approfondita, grazie all'elevato numero di C. rimaste. Si estendevano per oltre 100 km., con un totale di 500-750 mila tombe. Situate quasi sempre fuori dalle mura cittadine, utilizzando spesso grotte o cavità naturali, oppure cave abbandonate, le C. sono di solito costituite da un ingresso all'aperto visibile, senza caratteristiche particolari, da un atrio con panche di marmo, e da una serie di gallerie (criptae) dal tracciato irregolare che segue la conformazione del suolo, con pareti ricurve rafforzate da mattoni. In terreni pianeggianti si scende fino ad otto metri sotto il livello del suolo, per mezzo di scale da cui si dipartono varie gallerie, larghe mediamente 80-90 cm. ed alte circa 2,50 metri. Alle C. situate in terreni ondulati si accede di solito da una prima galleria più elevata, cui seguono le altre. Nel III e IV secolo l'andamento delle gallerie si fa poi più regolare e rettilineo. Lungo le pareti erano disposte le tombe (loci o loculi), a gruppi di quattro o cinque sovrapposti (pila), con il lato lungo a vista. I margini erano formati da un bordo incavato per la lastra di marmo od i mattoni, che fungevano da chiusura. Talvolta le lastre erano ricoperte da uno spesso strato di malta, su cui venivano incise iscrizioni. Un altro tipo di tomba, piuttosto raro, è quello detto ad arcosolio (v.). Ogni tanto, senza intervalli regolari, le gallerie si aprono sui cubicola, camere a pianta quadrata o rettangolare, a volta centrale e absidata, destinate alla tomba di un martire, o contenenti le tombe di qualche famiglia ricca o di qualche associazione. La copertura dei cubicoli era per lo più piana, raramente a volta, poggiante su rinforzi posti agli angoli, in mattoni, in marmo od in tufo; in essa si aprono lucernari (luminaria) per l'illuminazione. Le C. più antiche hanno anche sale per i banchetti funebri. Nei primi due secoli esistevano cimiteri all'aperto, soprattutto sulle vie Aureliana ostiense, Appia ed Ardeatina, poi vennero costruite C. sotto i mausolei di grandi famiglie, in territorio privato che veniva donato per la tomba di un martire, intorno al quale altri fedeli chiedevano di essere sepolti. Contrariamente a quanto si crede, le C, erano protette dalle leggi romane, in quanto risultavano essere tombe di associazioni o collegia di poveri, di schiavi che cercavano di evitare la sepoltura comune. Non è neanche vero che le C. servissero da rifugio ai cristiani durante le persecuzioni, cosicché ha solo valore indicativo l'espressione "chiesa delle C.", usata per designare i primi secoli della Chiesa cristiana. Dopo l'editto di Costantino (313), prevalse l'uso di seppellire i morti all'aperto, accanto alle chiese, ma le C. rimasero, ed alcune vennero addirittura ampliate. Durante l'VIII secolo le incursioni longobarde distrussero le ultime C. ancora in uso, e le altre caddero presto in totale abbandono. Le esplorazioni delle C. iniziarono nel XVI secolo, intensificandosi dal 1578 dopo la scoperta del cimitero di Priscilla.

-Catari: Nome con il quale sono indicate alcune sette ereticali dualiste, di probabile origine balcanica (Bulgaria) all'inizio del XII secolo. La dottrina dei C. subì l'influenza diretta dei Bogomili, e quella indiretta dell'antico manicheismo e della gnostica. Si diffusero poi nell'Europa occidentale, assumendo diverse denominazioni: nella Renania, in Francia (Albigesi v.), in Inghilterra ed in Alta Italia (patarini e concorrezzesi), tanto che nel 1167 poté essere tenuto il loro primo concilio a Tolosa. In seguito si ebbero anche neomanichei, apostolici, pauliciani, bulgari, ecc. La lotta organica e spietata della Chiesa contro i C. iniziò con la costituzione Ad abolendam del 1184 di Lucio III, di comune accordo con Federico Barbarossa. L'Inquisizione, istigata da Innocenzo III, s'incaricò del loro sterminio definitivo, culminante nel 1209 con la crociata contro gli Albigesi (v.), che a Beziers (Francia meridionale) vide il massacro di settemila fra donne, vecchi e bambini, e l'incendio della città e della stessa cattedrale. Nel 1129 a Parigi venne consacrata con un trattato la vittoria della Chiesa di Roma e dell'Inquisizione, grazie anche all'aiuto armato fornito dal 1126 dal re di Francia Luigi VII il Giovane. Tuttavia i C. sopravvissero in Francia fino al XIV secolo, ed in Italia fino all'inizio del XV (v. Montsegur). La dottrina dei C. è caratterizzata da un rigoroso dualismo: a Dio (il bene) si contrappone il Demonio (il male), creatore del mondo materiale; le anime degli uomini sono angeli decaduti. I C. rifiutavano l'Antico Testamento, poiché Dio vi appare come creatore della materia, la gerarchia della Chiesa, i sacramenti, il matrimonio (e la procreazione in generale), il prestar giuramento, alcuni cibi (carne, uova e latticini), la proprietà privata, l'acquisto di ricchezze, il commercio per fini di lucro, mentireb per interesse, fare la guerra, uccidere animali che non fossero rettili, il Purgatorio. Per i C. Cristo non possiede corpo fisico poichè egli è un angelo in sembianze umane (docetismo). Ideale dei C. è la endura, cioè il lasciarsi morire di fame od in altro modo purché violento. Si distinguevano in perfetti che, dopo un anno di dure prove ascetiche, ricevevano il consolamentum, con l'imposizione delle mani, avente valore battesimale, ed in credenti, che seguivano la dottrina pur restando nel mondo, e ricevevano il consolamentum solo in punto di morte, dato che un'eventuale infedeltà non comportava possibilità di remissione. La pratica religiosa dei C. consisteva unicamente di preghiere e di prediche. Il loro unico Libro Sacro era il Vangelo secondo Giovanni.

Catechesi:  Termine indicante l'azione d'insegnamento del catechismo (v.).

Catechismo:  Termine derivato dal tardo greco cathcismoz, da cathcew, istruire a viva voce, che definisce un breve compendio delle verità fondamentali della fede e della morale cristiana, espresse in modo semplice e comprensibile, sotto forma di dialogo. In origine consisteva in una serie di domande rivolte dal sacerdote ai battezzandi nell'atrio della chiesa: «Ante Baptistum fit catechismus et exorcismus» (Pietro Lombardo, Sententiae 1, 43). Quando si battezzarono anche i bambini, la Chiesa volle realizzare un mezzo d'istruzione pratico ed uniforme, e nacquero così i primi manuali. Tra i più antichi va ricordata la Disputatio puerorum per interrogationes et responsiones, dei tempi di Alcuino (735-804). Nel XIII secolo apparvero i lucidari (Elucidarium sive dialogus de summa christianae theologiae), cui seguirono i settenari, messi in voga da Ugo di San Vittore (De quinque septenis, seu septenariis). Alla diffusione contribuì ovviamente l'invenzione della stampa. Lutero (v.) nel 1529 pubblicò un piccolo C. (Der kleine Katechismus) per i fanciulli semplici, con il sottotitolo Enchiridion, ed un'edizione maggiore (Der grosse Katechismus) destinata ai parroci e redatta in forma viva e scorrevole. Anche Calvino (v.) pubblicò nel 1535 De christianae religionis institutione libri tres, che divenne il C. dei riformati francesi. La volontà di contrastare questi C. protestanti suggerì analoghe iniziative in campo cattolico. Il domenicano fra Tommaso Reginaldo nel 1540 stampò a Milano il Simbolo de Athanasio exposto per modo de dialogo e, pochi anni dopo, San Pietro Canisio pubblicava a Vienna  (1555) la Summa doctrinae christianae, detto C. maggiore, che ebbe grande diffusione. Il Concilio di Trento (v.) nominò un'apposita commissione sotto la direzione di San Carlo Borromeo, la quale nel 1566 pubblicò il Catechismus romanus. Un altro celebre C. italiano fu redatto da Mons. Casati, vescovo di Mondovì (1765), ed ebbe vasta diffusione tra la fine del XIX secolo e gli inizi del XX. Nel 1913 papa Pio X emanò un C. universale per i fanciulli, ma opera veramente notevole fu il Catechismus catholicus (1932) del Card. Gasparri, segretario di stato di Pio XI, suddiviso in tre parti: bambini, giovani ed adulti, che però non venne mai approvato ufficialmente. Dopo il Concilio Vaticano II grande notorietà ebbe il C. olandese: «Il nuovo C., un annuncio della fede per gli adulti» (1966), composto da teologi di fama mondiale, esplicitamente approvato da tutti i vescovi olandesi ma violentemente osteggiato da Roma, che dapprima volle censurarne alcune parti, poi tentò di vietarne la traduzione in altre lingue. L'opera incontrò un successo enorme, sia nel testo originale sia nelle traduzioni in tedesco, in francese, in inglese ed in italiano. Anche il problema dell'insegnamento catechistico (catechesi) fu oggetto di preoccupato interesse attraverso i secoli della storia della Chiesa. Con l'organizzazione del catecumenato (v.) cristiano, la catechesi assume un significato più ristretto, e si applica all'insegnamento orale per il battesimo (v.). Con il prevalere del battesimo impartito ai bambini, essa assunse un significato apologetico, in confutazione al paganesimo ed al giudaismo. Nel Medioevo si confondeva con l'istruzione religiosa impartita sia in seno alla famiglia sia nelle scuole ecclesiastiche. Con la decadenza di questa istruzione religiosa la necessità di una catechesi fu sentita, tanto dalla chiesa cattolica quanto da quella riformata. Si realizzò così una forma di catechesi orale itinerante, sia da parte di ordini religiosi sia da parte di protestanti. Dopo il Concilio di Trento, la catechesi cattolica assunse una caratteristica essenzialmente polemica antiprotestante. Intanto le nuove scoperte geografiche offrivano ai missionari nuove terre in cui la catechesi riprendeva l'antica caratteristica prebattesimale, dove l'istruzione religiosa doveva conformarsi alle esigenze di popolazioni diverse , che spesso possedevano tradizioni spirituali di altissimo valore. Nella legislazione moderna della Chiesa, la catechesi è regolata da apposite disposizioni del Codice di Diritto canonico, e dall'enciclica Acerbo nimis, di Pio X (1905), che è la «magna charta» dell'insegnamento catechistico attuale. Pio XI con il motu proprio Orbem catholicum (1923) costituì, presso la Congregazione del Concilio, l'Ufficio catechistico, che gestisce tutte le opere catechistiche della Chiesa.

Catecumenato: Termine derivato dal greco cathcew, insegnare a viva voce. Indica il periodo di preparazione che, nella Chiesa antica (come ancora oggi nelle missioni), precedeva il battesimo. La sua etimologia indica come la base del C. sia la formazione dottrinale. Verso il IV secolo invalse l'uso di conferire il battesimo il giorno di Pasqua; perciò il periodo del C. venne regolato sia nel tempo (che la Costituzione egiziana fissava in tre anni) sia nell'indicazione dei riti preparatori. I catecumeni erano divisi in audientes (uditori), che dovevano ricevere una semplice istruzione verbale, ed in competentes od illuminati (già dottrinalmente formati), che erano ammessi ai riti di iniziazione al battesimo: gli esorcismi (le rinunce a Satana ed alle sue opere) e gli scrutini (le promesse relative al vivere cristianamente). Nella domenica delle palme veniva consegnata solennemente la formula del Credo (traditio Symboli), seguita dalla consegna dei Vangeli (aperitio aurium) e del Pater Noster. Con il diffondersi del battesimo infantile, questi riti vennero incorporati nella liturgia battesimale, e vengono tuttora assolti dai padrini.

Catecumeni: Termine designante coloro che seguono il Catecumenato (v.).

Catena: La Massoneria definisce C. d’Amore od Iniziatica il supporto ottenuto dalla formazione di un cerchio, incrociando le braccia e stringendo le mani dei Fratelli vicini. Occorre perfezionare i punti di contatto magnetico toccandosi reciprocamente le punte dei piedi. Essa si propone di generare una sottile corrente energetica, tale da attrarre le influenze superiori (v. Eggregoro) e rafforzare spiritualmente i componenti della C. Viene solitamente formata per comunicare le parole semestrali di riconoscimento notificate dal G.O.I., oppure per indirizzare ad un fine predefinito l'energia risultante verso una persona od una finalità sociale. Può essere di tipo aperto, con le braccia semplicemente allargate, in genere usato nelle obbedienze nordiche od alla presenza di profani, e di tipo chiuso, con le braccia incrociate, braccio sinistro posto sopra il braccio destro, nelle obbedienze mediterranee. Viene formata su espresso invito del Maestro Venerabile, e sciolta su comando dello stesso. La C. ricorda che tutti i Massoni formano un'unica, grande famiglia, indipendentemente dalla razza, dalla lingua e dal ceto. Secondo il De Guaita, "il significato segreto della C. va ricercato in un Assioma, in cui i termini principali sono: creare un punto fisso su cui appoggiarsi, stabilirvi la Batteria (v.) psicodinamica e, da quel punto, scelto come centro, far risplendere attraverso il mondo la luce astrale, costretta da una volontà di natura spirituale nettamente definita".

Catene: Secondo il Troisi (Dizionario Massonico), "ornano il capitello delle Colonne del Tempio massonico, a simboleggiare che colui il quale è prigioniero delle cose terrene non può avere accesso alla sacralità del tempio. Le C. sono il simbolo del legame tra il Cielo e la terra, dell'unione e della comunicazione" (v. Cordone).

Catenoteismo:  Termine coniato da M. Müller, dal significato di «un teismo alla volta». Viene riferito alla religione dei Veda (v.), per la quale ciascun dio governa a turno il mondo, senza che ciò implichi la negazione degli altri dei.

Catilina: Lucio Sergio (dal latino Lucius Sergius Catilina), uomo politico romano (108-62 a.C.). Di nobile anche se non illustre famiglia, combatté con Pompeo Strabone (91-87 a.C.), ed in seguito fu luogotenente di Silla. Nel 68 ottenne la pretura, dopo la quale governò per due anni le province d'Africa. Al ritorno venne accusato di concussione, il che gli impedì di candidarsi alle elezioni consolari del 65 e del 64. In quegli anni abbandonò in circostanze molto oscure (i suoi avversari parlarono vagamente di una prima congiura)il partito aristocratico. Alle successive elezioni del 63 si presentò sostenuto dai principali capi democratici, Crasso e Cesare in testa. Sconfitto da Cicerone (v.), andò radicalizzando sempre più la propria politica, prendendosi cura degli interessi degli strati più inquieti della popolazione, come ex contadini espropriati, veterani di Silla scontenti, ecc. Nuovamente sconfitto alle elezioni del 62, diede vita ad una vasta congiura per appropriarsi del potere con un atto di forza. Forse alle spalle dei congiurati c'erano Cesare e Crasso, che però si ritrassero quando Cicerone, informato da alcune delazioni, rivelò pubblicamente che era in corso un tentativo rivoluzionario. In novembre C. fu costretto a lasciare Roma, ed a raggiungere un esercito di veterani, che da tempo aveva predisposto in Etruria. Mentre a Roma Cicerone provvedeva a distruggere le fila della congiura, C. fu affrontato dall'esercito regolare guidato da Caio Antonio, l'altro console in carica, ed infine ucciso presso Pistoia.

Catilinarie: Termine usato per definire le quattro orazioni pronunciate da Cicerone al popolo ed al Senato contro Catilina (v.), capo della congiura che si preparava nel 63 a.C., quando cicerone era console. Cicerone si servì’ di tutti i mezzi per smascherare la congiura, e soprattutto della sua eloquenza, e riuscì nell’impresa. Le C. infatti sono considerate tra i suoi capolavori, per la vivacità drammatica, il vigore e la perfezione dello stile.

Catone: Marco Porcio, detto il Censore (dal latino Marcus Porcius Cato), scrittore e uomo politico romano (234-149 a.C.). nato da una famiglia di agricoltori, da giovane combatté in Campania, in Sicilia ed al Metauro. Convinto a trasferirsi a Roma dal patrizio Valerio Flacco, che ne aveva intuito il talento, acquistò subito larga fama per le sue doti di oratore, e si inserì nella vita politica. Nel 204 fu questore, nel 199 edile, nel 198 pretore in Sardegna, e nel 195 venne eletto console, come esponente dell'aristocrazia tradizionale, in contrapposizione alla nuova corrente della nobiltà guidata da Scipione. Nel 184 ottenne infine la censura, la cui rigidezza restò famosa , tanto da meritargli il titolo di Censorius. Egli colpì ogni forma di lusso, ed espulse dal Senato i membri che giudicava indegni. In politica estera era diffidente sull'espansione nelle province al di fuori dell'Italia, e fu acerrimo nemico di Cartagine. È restata proverbiale la frase con cui terminava ogni suo discorso: "ceterum censeo Carthaginem delendam esse" (Del resto penso che Cartagine debba essere distrutta). C. fu un uomo tenace, aggressivo fino alla durezza, sostenitore accanito dei costumi antichi. Queste caratteristiche ritornano nelle sue orazioni, di cui restano ampi frammenti ed 80 titoli. Tra le più famose ricordiamo quella a favore dei Rodii, quella contro Minucio Termo e De sumptu (sulle spese). Il suo stile è incisivo e spezzato, talvolta oscuro, ma sempre ricco di artifici oratori e di grande passione. Scrittore eclettico, C. compose varie opere, tra le quali. Origines (Le origini), opera perduta in 7 libri; i primi 3 trattavano la preistoria di Roma e delle città italiche, gli altri 4 gli avvenimenti fino al 149. La novità di quest'opera è di aver trattato in latino una materia fino ad allora affidata al greco. Conservato è invece il De agricoltura liber, un manuale tecnico per tutte le questioni riguardanti la conduzione di un fondo agricolo. Contiene anche ricette, pratiche rituali ed argomenti di medicina. Si ricordano infine i Praecepta ad filium (Precetti al figlio), enciclopedia di ogni genere di argomenti.

-Cattedrali Gotiche: Basta trovare la pietra giusta e rimuoverla: l'intera cattedrale si affloscerà come un castello di carte. Questa è una delle numerose leggende a proposito delle C., strutture svettanti verso il cielo ed architettonicamente arditissime, sostenute da un gioco di spinte, controspinte e "chiavi di volta" tanto bilanciate da far appunto pensare che togliendo un solo elemento, la chiave di tutte le chiavi, si provocherebbe un'inarrestabile reazione a catena. C'è chi afferma che i loro costruttori fossero gli eredi spirituali di Hiram, il mitico (e biblico) architetto dell'antico Tempio di Gerusalemme: sarebbero stati i Cavalieri Templari a indagare sugli antichi segreti ebraici nascosti nel sottosuolo di quel paese, a scoprire, in qualche nascondiglio sopravvissuto alla distruzione del Tempio, le "Leggi Divine dei Numeri, dei Pesi e delle Misure" che governano questo tipo di costruzioni. Le leggende sulle C. cominciarono a nascere fin dalla loro origine, grazie anche a una serie di coincidenze che non è difficile definire misteriose. Esse, infatti, cominciarono a sorgere all'improvviso attorno al XII secolo, proprio quando i Templari ritornarono in Francia, e risulta molto difficile considerarlo una logica evoluzione del precedente stile romanico. I loro edificatori appartenevano a delle corporazioni con fortissime componenti esoteriche (i Compagnons ed i Maçons ). La maggior parte delle C. sorgono su luoghi sacri precedenti, soprattutto quelli in cui si praticava il culto della Grande Madre, oppure su punti tradizionalmente considerati nodi di correnti terrestri (v. linee sincroniche). Le decorazioni delle loro facciate, le statue che adornano i transetti e le navate, le vetrate ed i disegni dei pavimenti, sono letteralmente gremiti di simboli magici, esoterici, alchemici. Niente è casuale nelle cattedrali, da quella di Chartres (v.) e Canterbury (v.) alla più recente Sagrada Familia di Barcellona, che il suo costruttore, Antoni Gaudì, definì "la prima C. di un nuovo genere". Nel suo saggio I segreti delle Cattedrali, il Fulcanelli sostiene che le cattedrali gotiche sono veri e propri libri di pietra, gigantesche dimore filosofali che, con le loro forme e le loro decorazioni, descrivono il processo dell'opera alchemica, ovvero il percorso iniziatico (spesso rappresentato dalla presenza di un labirinto) compiuto dall'uomo per passare dallo stadio di bruto a quello di uomo-dio. Tra le tante figure simboliche ricorre la rosa, che in termini esoterici rappresenta sia il Santo Graal (v.), sia il leggendario Sigillo di Re Salomone, dotato di una potentissima magia, sia (come spiega sempre Fulcanelli), il geroglifico alchemico che indica il tempo necessario alla preparazione della pietra filosofale. La precisa disposizione delle C. le trasformerebbe in veri e propri ricevitori della potenza solare (proveniente dal Cielo) e di quella lunare (proveniente dalla Grande Madre nascosta nelle viscere della Terra). In tal modo le due forze percorrerebbero "la colonna vertebrale dei fedeli, aprendoli all'illuminazione". Nei sotterranei di molte C. si troverebbero pozzi la cui profondità corrisponderebbe all'altezza della guglia più alta, in modo da creare una sorta di simmetria tra Cielo e Terra. Una scelta di carattere simbolico oppure, come sostengono alcuni, un ulteriore artificio di natura puramente fisica per aumentare il loro potere di risonanza eterea.

Cattività Babilonese:  Termine identificante il periodo di circa 44 anni della storia ebraica che decorre dalla distruzione di Gerusalemme (586 a.C.) al 538 a.C., durante il quale gli Ebrei del Regno di Giuda furono costretti dal re Nabucodonosor a vivere in esilio a Babilonia. Secondo Ezechiele gli Ebrei nel 538 a.C. ottennero l'autorizzazione di Ciro il Grande a rientrare in patria, ma impiegarono poi circa un secolo per realizzarlo.

Cattolicesimo: Dal greco cadolicoz, universale, è un termine usato dai protestanti in contrapposizione a protestantesimo (v.), e poi assunto dai cattolici: Oggi si chiama comunemente C. la religione dei cristiani che riconoscono il papa come loro capo spirituale, erede dei poteri conferiti da Gesù a Pietro: "Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa" (Matteo 16, 18). La cattolicità della Chiesa viene sporadicamente affermata sin dai primi secoli del cristianesimo, soprattutto sulla scorta del Vangelo di san Giovanni. S. Ignazio da Antiochia, morto nel 107, impiega per primo questo specifico termine nelle sue lettere agli Smirnei (8, 1), e l’imperatore Teodosio il Grande nel 380 parla esplicitamente di "cunctos populos" (tutti quanti i popoli), cui si doveva rivolgere la predicazione della fede cristiana. Nel V secolo san Vincenzo di Lérins definì con ardita sintesi il concetto stesso di C.: "Quod ubique, quod semper, quod ab omnibus creditum est" (Quel che si è creduto ovunque, sempre, da tutti gli uomini): dunque un vero e proprio universalismo spazio-temporale. Il termine C. esprime un dato essenziale della rivelazione biblica: la Chiesa, fondata da Cristo, è universale perché aperta a tutti i popoli senza distinzione di razza, nazionalità, sesso e censo. "Andate ed insegnate a tutte le genti" (Matteo 28, 18). Il concetto è stato ripreso dal Concilio Vaticano II: "Tutti gli uomini sono quindi chiamati a questa cattolica unità del popolo di Dio … alla quale in vario modo appartengono o sono ordinati siua i fedeli cattolici, sia gli altri credenti in Cristo, sia, infine, tutti gli uomini dalla grazia di Dio chiamati alla salvezza" (Lumen gentium 2, 13). Con la Riforma del XVI secolo la parola cattolico assunse un senso strettamente confessionale, in quanto si sentì la necessitò di un termine per distinguere la comunità rimasta fedele al vescovo di Roma da quelle che erano state attratte dai nuovi riformatori. L’essenza dottrinale del C. si compendia in sette punti fondamentali: rivelazione, tradizione, Dio, creazione, peccato originale, grazia ed escatologia. La rivelazione è un atto di amore sapiente di Dio, che si rivolge all’uomo per ammetterlo alla comunione con sé. L’uomo, nel suo cammino religioso, sperimenta questa intimità con Dio, la cui pienezza è raggiunta da Cristo. Tutta la storia è oggetto della rivelazione di questa vicenda di salvezza, ed il Concilio Vaticano II ha affermato che "lo spirito di Dio anima l’universo, ed in esso nostra i disegni del Padre" (Gaudium et spes 2, 11). La tradizione è l’insieme delle verità rivelate non contenute nella Bibbia, trasmesse oralmente nella predicazione degli Apostoli alle prime comunità cristiane, poi registrate nelle opere dei Padri della Chiesa, e che il Concilio di Trento ha equiparato alla rivelazione divina. Il concetto limitato di consegna statica di un depositum dottrinale, che la tradizione aveva assunto nel passato, è stato ampliato nel Concilio Vaticano II fino ad una concezione più ampia e più profonda di comunione divina con l’uomo lungo l’arco della vita umana (Dei Verbum 1, 7). Dio (Padre, Figlio e Spirito Santo) si è manifestato ed ha parlato agli uomini in una storia di salvezza che san Paolo definisce un mistero (Efesini 1, 9; 3, 12). Il Dio vivente si è rivelato nell’antica storia di Israele, ed ha parlato "più volte ed in diverse maniere ai Padri per mezzo dei Profeti" (Ebrei 1, 1) e, secondo l’annuncio cristiano, Dio è amore (I Giovanni 4, 7). Nel quadro generale della creazione, l’uomo assume un’importanza particolare perché, creato a somiglianza di Dio, è orientato per sua stessa costituzione, alla pienezza della vita in Dio. La fede cattolica crede nell’esistenza dell’anima come componente spirituale dell’uomo. Di fronte al problema del male, che aveva sempre ossessionato l’umanità, la teologia cristiana pone il principio del peccato originale. Il racconto biblico del Genesi, con la drammatica rappresentazione della prima colpa, vale anche come affermazione simbolica di una ribellione umana verso Dio ai primordi stessi della vita umana. IL concilio di Trento annuncia il contenuto teologico della colpa originale, affermando (ca. II) che Adamo perse la santità e la giustizia non solo per sé ma anche per i discendenti. La teologia della grazia si rifà al decreto sulla giustificazione, emanato dal Concilio di Trento in contrapposizione al pensiero riformistico. Le due concezioni, luterana e cattolica, partono dal presupposto comune dell’assoluta incapacità dell’uomo a procurarsi la grazia. Ma mentre la concezione della Riforma intende escludere ogni partecipazione dell’uomo alla giustificazione, la dottrina cattolica rifiuta l’idea che l’uomo rimanga inerte e passivo di fronte al processo giustificativo, ed alla tesi protestante della "fede sola", contrappone la tesi programmatica di "la fede ed i sacramenti", e "la fede e le opere". Dal punto di vista escatologico, secondo la dottrina cattolica, alla morte segue subito il giudizio particolare che, a differenza di quello universale, riguarda solo il singolo individuo appena defunto. La sentenza, di applicazione immediata ed immutabile, si materializza nell’inferno, luogo di pena eterna costituita essenzialmente dalla perpetua privazione di Dio, oltre che da varie pene fisiche identificate, per antonomasia, nel fuoco, e nel paradiso, stato di beatitudine sintetizzato nella visione eterna di Dio. Uno stadio intermedio e di transito è costituito dal purgatorio, dove soggiornano le anime che, pur destinate al cielo, devono ancora attraversare uno stadio di purificazione prima di essere degne della visione beatifica.

Causalità: Termine indicante la relazione tra causa ed effetto, ovvero il rapporto esistente tra due eventi, il secondo dei quali sia prevedibile a partire dal primo. Nella scienza moderna è decaduta la concezione metafisica della C., per la quale la causa veniva concepita come la forza produttiva dell’effetto, e l’effetto come razionalmente deducibile dalla causa. Viceversa gode tuttora di notevole credito la concezione della C. risalente a Hume, concezione per la quale la relazione di causa-effetto si riduce alla concomitanza, invariabilmente presente nell’esperienza, di due eventi, mentre la necessità abitualmente attribuita a tale congiunzione si riduce ad un puro legame psicologico, ingannevolmente rispecchiato dal linguaggio. L’ipotesi di una C. criptica con cui alcuni scienziati, tra i quali Einstein, hanno cercato di salvare il principio del determinismo (v.), gode di scarso seguito tra gli scienziati moderni, sempre meno restii ad abbracciare una nozione puramente statistica di C.

-Cavalleria: Istituzione sociale e politica dell’epoca feudale, cui appartenevano generalmente i membri di famiglie nobili. Essa ebbe origine dalla società feudale, sotto la spinta di esigenze religiose, militari e sociali. Poiché l’esercizio delle armi era diventato un privilegio, si stabilì che l’aspirante cavaliere dovesse mostrarsi degno di portarle, segnalandosi per le sue azioni. La pratica per diventare cavaliere era piuttosto lunga e complessa. L’aspirante a sette anni entrava al servizio di un signore ed a quattordici otteneva il riconoscimento di scudiero. A ventuno era nominato cavaliere, al termine di una solenne cerimonia che comprendeva il bagno di purificazione, una notte trascorsa in preghiera e la consegna ufficiale della spada. La C. creava fra tutti i suoi membri, di qualsiasi nazione e grado di nobiltà, un vincolo fraterno, e si proponeva come scopo principale di combattere i soprusi e le violenze, di aiutare i deboli e di difendere la fede cristiana. Con la crisi delle istituzioni feudali, i vari Stati tentarono di appropriarsi della morale della C. attraverso la creazione di numerosi ordino cavallereschi, a cominciare dall’Inghilterra di Edoardo III che, nel 1344, istituì l’Ordine della Giarrettiera, i cui cavalieri sono 25, avendo per insegna una giarrettiera di velluto azzurro fissata alla gamba sinistra, una stella d’argento ed un collare a due pendenti rappresentanti san Giorgio, protettore dell’Ordine, ed il drago, con il motto "Honny soit qui mal y pense", ovvero sia disprezzato chi pensa male. Un Ordine tuttora esistente, sotto la diretta giurisdizione della casa reale inglese. In tal modo la C. si andò progressivamente svuotando del suo autentico contenuto sociale e politico, per diventare un metodo di asservimento ai sovrani, e quindi una comune decorazione. "Dalla seconda metà dell’XI secolo in poi", scrive M. Bloch (La società feudale, Ediz. Einaudi, 1949) "vari testi cominciano a menzionare che in posti diversi si è svolta una cerimonia destinata, dicono, a fare un cavaliere. Il rituale implica parecchi atti. Al postulante, di solito appena uscito dall’adolescenza, un cavaliere anziano consegna anzitutto le armi significative del futuro stato; in particolare la spada, con cui il neo cavaliere dovrà difendere la Santa Chiesa, specialmente contro i pagani; egli proteggerà la vedova, l’orfano ed il povero, senza dare mai tregua ai malvagi".

Caverna, Mito della:  Riportato in uno dei più importanti dialoghi di Platone (v.), la Repubblica, è un'allegoria impiegata dal filosofo per spiegare la teoria della conoscenza. Il Mito della C. rappresenta l'uomo incatenato come uno schiavo, che riesce a vedere soltanto le ombre delle cose proiettate sulle pareti della caverna in cui si trova (conoscenza sensibile). Uscito dall'antro, l'uomo rimane abbagliato e confuso, reputando reale ciò che tale non è (avvio della speculazione filosofica). Solo con il tempo riuscirà a distinguere gli oggetti, le stelle, ed infine anche il sole, simbolo dell'avvenuta ascesa dal mondo sensibile, il mondo delle ombre, al mondo intelligibile o delle idee. Tale ascesa, contemporaneamente gnoseologica ed etica, rappresenta la sollevazione dell'essere umano dall'opinione, o doxa, alla scienza, od episteme. Bacone, seguendo le orme di Platone, definisce «idola specus» gli errori generati dalla natura, sia del corpo che dell'anima, ed anche dall'educazione e dalle consuetudini, nonché dai vari eventi più o meno traumatici vissuti dall'uomo nel corso della vita.

-Cazzuola: Termine derivato dal tardo latino cattia, mescola. L’attrezzo che in edilizia è destinato ad impastare la malta, ed a cementare tra loro le pietre per la costruzione di un muro o di un edificio. Rappresenta il simbolo della fraternità universale, della tolleranza e dell'amore fraterno, unico e solo cemento valido di unione per la successiva edificazione del Tempio dell'Umanità. Secondo il Rituale Simbolico in Grado di Compagno d’Arte, la C. simboleggia il Lavoro che, non più individuale com’era quello di sgrossamento della pietra grezza operato dall’Apprendista, il Compagno deve compiere per inserirsi attivamente nell’opera collettiva dell’Officina di cui fa parte. Nell'idiomatica massonica dire "passare alla cazzuola" significa superare e dimenticare le ingiurie e le ingiustizie subite. La C. è quindi anche l'emblema dei migliori sentimenti di benevolenza verso il prossimo. È un attrezzo essenziale per la costituzione della Camera Criptica, il Council del Rito Americano o di York (v.)

Celestino V: Nome assunto da Pietro Anglario, od Angeleri, detto anche Pietro da Morrone (1210-1296) allorché eletto al soglio Pontificio il 29 agosto 1294. Noto come San Celestino V, fu fondatore dell’Ordine dei celestini, ed amava condurre una vita di natura eremitica. Fu uomo di eccezionale rettitudine e semplicità, che mal si adattò ai fasti in uso presso la corte papale. Resosi conto di essere soltanto uno strumento in mano ai potenti di quel torbido periodo medievale, rinunziò al Pontificato. Dante lo definì come colui "che fece per viltade il gran rifiuto" (Inferno, III, 59).

Centro:  Unitamente al Cerchio (v.), alla Croce (v.), al Triangolo (v.) ed al Quadrato (v.), il C. è uno dei simboli esoterici fondamentali. Esso rappresenta l'Uno, Dio, l'Origine di tutte le cose: ricorrendo all'accostamento con il sasso gettato nello stagno che genera onde concentriche, trasmissione del movimento originale fino all'orizzonte del creato, il C. è essenzialmente il Principio. Per gli antichi, il cielo non è che un mare, in cui la Stella Polare manifesta il punto primordiale dell'oceano celeste, del quale il mondo è solo una frangia esterna, l'ultima creata. «La Stella Polare rappresenta il C. principale, a partire dal quale tutto ha origine, il punto indiviso, senza dimensione né forma, immagine perfetta dell'Unità primigenia e finale in cui ogni cosa trova inizio e fine, perché tutte le cose ritornano a Colui che le ha create, non potendo affidare loro altro fine che la perfezione assoluta. Il C. è l'Essere puro, l'Assoluto, il Trascendente, diffuso nello spazio-tempo che non è che l'irradiazione di quest'Assoluto. Senza tale riferimento naturale, lo spazio-tempo non sarebbe che privazione, vuoto nel mitico Caos» (v. I Simboli del Medioevo, di De Champeaux e Sterckx, Ediz. Jaca Book, 1984).)

Centrus in Trigono Centri:  Espressione alchemica dal significato «il centro sta nel triangolo del centro», unitamente all'altra «Tria sunt mirabilia deus et homo, mater et virgo, Trinum et Unum» (Tre sono le cose più meravigliose: il Dio-Uomo, Cristo; la Madre o Vergina; l'Unità Trina). Essa da origine alla prima regola dell'Alchimia (v.): l'Uno sta nel tutto, l'Androgino (v.), il Caos (v.) e l'Uovo (v.).

Cerchio: Emblema tradizionale di ciò che non ha inizio né fine, formato da una linea unica le cui estremità si ricongiungono per annullarsi l’una nell’altra. Esso determina un limite separatore tra la superficie interna definita e quella esterna infinita. Cedendo all’esigenza di animare una figura geometrica troppo arida, gli alchimisti greci hanno voluto vedere nel C. un Serpente che si morde la coda, ovvero il cosiddetto Uroboros (v.). Il motto En to pan, Uno il Tutto, con cui accompagnavano il simbolo ofidico, esprimeva la loro fede dell’unità globale di ciò che esiste e può essere concepito. Per le loro speculazioni essi partivano da questa Unità, e vi ritornavano incessantemente per misurare il valore delle cose rispetto ad essa. Non si nascondevano che questo Tutto equivale a Niente per il sensista, che ritiene reale ciò che si constata oggettivamente, da cui la loro considerazione riguardo alla Materia prima della Grande Opera (v.), che gli sciocchi non vedono da nessuna parte, mentre i saggi la intuiscono ovunque. È il Tutto-Niente o Niente-Tutto, su cui usando le parole si può solo sragionare. Il C., rappresenta lo stato della sostanza primordiale, impalpabile e trasparente, uniforme ed indifferenziata, rappresentata dall’Allume degli Alchimisti, Sale filosofico per antonomasia, principe degli altri sali, dei minerali e dei metalli, secondo la definizione tramessaci da don Pernety (Dizionario mito-ermetico).

Cerimonia: Forma rituale di una funzione laica o religiosa, accompagnata da atti esteriori prescritti, di norma diretta nella sua attuazione da un cerimoniere (o maestro di cerimonie) avente il compito di assicurare il rispetto del cerimoniale o del rituale applicabile. Le varie possibili fasi della C., che può essere più o meno solenne, pubblica o privata, ribadiscono l’intento di compiere una dimostrazione d’onore, un atto di civiltà oppure l’esternazione di complimenti, di norma in forma esagerata e poco sincera e spontanea. Il termine può essere considerato sinonimo di rito, formalità, funzione, solennità, pompa, e comprende talvolta il baciamano, l’abbraccio, la genuflessione, l’inchino e la riverenza. Il cerimoniale che disciplina e regola la C. incidendo sulle prescrizioni del rito (v.), implicando l’inscindibilità della sfera profana da quella magico-spirituale, una stretta compenetrazione rimasta presente nelle civiltà storiche indipendentemente dalla precipua funzione. Una distinzione tra il cerimoniale laico e quello religioso-spirituale incomincia ad evidenziarsi solo nel Medioevo. Il cerimoniale laico si divide tra l’applicazione ufficiale di Stato e quella diplomatica: la prima, dopo aver raggiunto le sue forme più complesse con il fiorire delle monarchie assolute, si è semplificata nel corso del XIX secolo, fino a ridursi, specie nelle nazioni repubblicane come l’Italia, alle attuali regole che disciplinano l’ordine di precedenza delle funzioni pubbliche; la seconda è competenza di un ufficio direttamente dipendente dal ministero degli affari esteri, e regola lo svolgimento dell’attività diplomatica nelle relazioni internazionali. Invece il cerimoniale ecclesiastico riguarda le C. liturgiche (e no) della Curia romana (v.), ed è competenza della Congregazione dei Riti (istituita nel 1588), mentre le norme concernenti il comportamento del vescovo, le funzioni pontificali, le varie feste nelle chiese metropolitane, collegiate e monastiche, fanno parte del libro liturgico chiamato Cerimoniale dei vescovi. Y (Massoneria): Le C. massoniche si svolgono secondo precisi rituali scritti, ognuno redatto ed applicabile soltanto ad uno specifico Grado. Ciascun rituale specifica dettagliatamente movimenti, atti e parole da impiegare od attuare nel corso del Lavoro architettonico, il cui pieno rispetto viene assicurato dagli interventi del Maestro delle Cerimonie (v.). La Libera Muratoria, poiché si considera vera ed unica erede di tutte le tradizioni esoteriche, impone l’assoluto rispetto dei rituali, riconoscendo loro il simbolico spessore dei profondi contenuti magico-spirituali, talvolta mascherati dall’allegoria, ma comunque presenti.

Cerimoniale: In Massoneria il termine si riferisce alla Mazza o Bastone da Cerimonia, sempre impugnato dal Maestro delle Cerimonie (v.) nello svolgimento delle proprie funzioni, dall’apertura dei Lavori alla loro chiusura. È lungo da metri 1,50 a circa 1,80: è realizzato in legno di norma scuro, e viene rifinito secondo modalità diverse a seconda dell’Obbedienza muratoria. Generalmente reca incisi Squadra e Compasso, ed evidenzia sulla cima una sfera simboleggiante il mondo ed i movimenti di tutte le sue creature. Compito principale di chi lo impugna è l’imposizione del rispetto dei rituali, compreso il diretto controllo di ogni movimento dei Fratelli nell’interno del Tempio durante i Lavori. Prima che il Maestro delle Cerimonie svolga la propria funzione, e talvolta anche subito dopo, esso viene battuto una volta sul pavimento, allo scopo di attirare l’attenzione dei Fratelli.

Certezza: Condizione di ciò che è certo, sicuro, indubitabile. Persuasione, convinzione ferma e sicura. In ogni essere umano esistono due generi di certezze che, sebbene siano definite allo stesso modo, sembrano profondamente diverse fra di loro. Il primo genere ci deriva da una conoscenza di natura deterministica e di solito ben definita, che in genere è stata acquisita durante una qualche esperienza. Una tale certezza si riferisce a qualcosa ben identificabile, e non riveste, nei modi di essere, un ruolo particolarmente rilevante. Invece, l'altro genere di certezza, quella di natura esoterica, appartiene alla nostra interiorità: improvvisamente si manifesta ed è in noi, senza che abbia bisogno di spiegazioni. Non dipende dai nostri desideri. La riconosciamo immediatamente, e da quel momento vive in noi. Essa rappresenta una vera forza. Tuttavia l'uomo è particolarmente abile nell'ingannare se stesso. Spesso si illude di poter trasformare in certezza qualcosa che invece rappresenta solo una proiezione di un desiderio non certo esoterico. Da tempo immemorabile, dalla saggezza acquisita con l'intuizione e la conoscenza ci giunge il monito, per cui "La strada degli inferi è sempre lastricata di certezze: soltanto nel dubbio c'è crescita".