Cabala: Termine di origine araba, detto anche Cabbala, Kabbala e Qabbalah (v.).
Caduceo: Derivazione del greco chruceion , insegna dell'araldo. Era una verga di lauro o d'olivo sormontata da due ali, attorno alla quale erano allacciati due serpenti. Nell'antica iconografia il C. rappresenta l'attributo del dio Mercurio (Hermes), messaggero degli dei dell'Olimpo. Tale bacchetta, considerata magica, sarebbe stata donata da Apollo a Mercurio, e gli conferiva anche la missione di apportatore di pace tra gli esseri umani. Secondo la leggenda, egli se n'era servito per separare due serpenti in contesa, e questi vi si erano allacciati. Oggi rappresenta il simbolo dei servizi sanitari, ove i serpenti ricordano Esculapio, dio della medicina.
Caduta: Denominazione del mito secondo il quale luomo sarebbe precipitato da una perfezione originaria in uno stato di peccato e di sofferenza per non aver saputo praticare il bene (v. Apocatastasi). Nella Genesi, il primo libro sacro agli Ebrei, è evidenziata lidea della C. dellessere umano come conseguenza della perduta amicizia con Dio (Genesi 2, 16-17; I 24). La riconciliazione avverrà per opera del messia che, con la sua opera, redimerà lumanità intera. Secondo il Martinetti (Scritti di metafisica e di filosofia della religione) "la concezione di una C. dellanima, che si trova nel corpo come in un carcere in cui è caduta da uno stato primitivo ed originale di purezza e di beatitudine, ha origini mitiche e popolari. Essa passò dagli orfici ai pitagorici e ad Empedocle, ed attraverso loro a Platone, nel quale tale concezione è ancora poeticamente velata di forme mitiche. Del resto il suo carattere pratico e religioso appare anche in quanto non viene approfondito sia sulle origini che sulle ragioni della C. Locchio è volto più verso lavvenire che verso il passato, per cui essa è oggetto di speculazione solo in quanto dopo la morte vi è la possibilità per lanima di far ritorno alla beatitudine originaria. Ma è nel cristianesimo che, sotto linfluenza di elementi orientali, essa si afferma e si è svolta". Il Graves invece (I miti ebraici, Longanesi, 1980) così descrive la C. di Lucifero: "Nel terzo giorno della creazione, il primo arcangelo di Dio, un cherubino di nome Lucifero, figlio dellalba (Helen ben Shahar), si mise a camminare nellEden carico di luccicanti gioielli. Il suo corpo splendeva di cornaline, topazi, smeraldi, diamanti, berilli, onici, diaspri, zaffiri e carbonchi, tutti incastrati nelloro puro. Per un certo tempo Lucifero, nominato da Dio guardiano di tutte le nazioni, si comportò con discrezione. Ben presto però lorgoglio gli fece perdere la testa. "Io voglio ascendere sopra le nubi e le stelle", disse, "e farmi incoronare sul monte Saphon, il monte dellassemblea, e diventare così uguale a Dio". Dio, accortosi dellambizione di Lucifero, lo precipitò dallEden sulla terra, e dalla terra nello Sheol. Lucifero, nel cadere, lampeggiava come una saetta, ma fu ridotto in cenere. Ora il suo spirito vaga incessantemente e ciecamente nella profonda tenebra del pozzo senza fondo".
Cafarnao: Città della Galilea, dal nome derivato dall'ebraico Kefar Nahum, villaggio della consolazione, eletta da Gesù a sede stabile della sua predicazione, e dove compì molti miracoli. Tra questi sono famose quelle della guarigione del paralitico e della figlia di un centurione romano. La località, che secondo i Vangeli è situata sul lago di Genezareth, è stata identificata con Tell-Hum. La città fu completamente distrutta nel 665. Gli scavi archeologici condotti a partire dal 1905, hanno portato alla luce i resti di una sinagoga risalente al III secolo, edificata sul luogo dove sorgeva quella citata dagli Apostoli Luca e Matteo (4, 12-14), nonché alcuni mosaici di un'antica chiesa bizantina
Cagliostro
Alessandro: Avventuriero italiano (Palermo, 8 giugno 1743 -
San Leo, 28 agosto 1795) che, secondo una versione pontificia, sarebbe stato in realtà
Giuseppe Balsamo. Costretto a fuggire da Palermo da sporche vicende in cui era stato
protagonista, viaggiò per tutta l'Europa definendosi Conte di Cagliostro. Fu spesso
ospite di potenti, presso i quali esercitava le sue virtù di chiaroveggente, guaritore e
mago. Dotato di particolare fascino e di grandissimo ascendente su quanti gli erano
vicini; con arte insuperabile assumeva aspetto, linguaggio e gergo da Grande Iniziato,
come amava auto definirsi. Affermava di conoscere ogni segreto della natura, avendoli
scoperti con lo studio degli arcani, nascosti sotto i simboli ed i geroglifici degli
antichissimi santuari di Tebe e di Menfi. Nelle sue imprese si avvalse sistematicamente
dell'aiuto della sua compagna, l'attraente romana Lorenza Feliciani. Si guadagnò in breve
fama di grande cabalista ed eccelso alchimista, medico, taumaturgo, maestro nelle arti
occulte, veggente e restauratore dell'antica filosofia dei Rosacroce. Vendeva un'acqua di
bellezza, cambiava la tela in seta, il piombo in oro, ed ingrossava perle e diamanti. Si
vantava versatissimo in tutte le scienze occulte e nei più reconditi misteri
dell'antichità. Molti lo ritennero possessore della pietra filosofale e dell'elisir di
lunga vita. Si introdusse negli ambienti della Massoneria, fondò a Lione la Loggia "La
saggezza Trionfante" del suo nuovo Rito Egiziano (v.) di cui assunse la Gran
Maestranza con il titolo di Gran Cofto dEuropa e dAsia, mentre a Parigi
perfezionò ed istituì la Massoneria androgena, di cui si creò Capo supremo e
legislatore. Fu accolto con grandi onori dalla Loggia dei Filaleti, dove fece sfoggio
delle sue grandi doti oratorie e delle sue conoscenze dei misteri e del soprannaturale.
Presso la corte di Francia venne considerato successore di Mesmer. Coinvolto con il suo
protettore, il ricchissimo e potente cardinale Rohan (Principe dell'impero, Langravio di
Alsazia, provveditore della Sorbona e Commendatore dell'Ordine di Santo Spirito) nello
scandalo della collana della regina Maria Antonietta. Restò imprigionato nella Bastiglia
per circa una anno, ma poi evase e fuggì da Parigi: Venne respinto dall'Inghilterra, e
viaggiò attraverso la Germania e gli stati italiani centro settentrionali, dove tentò
inutilmente di ricomporre la propria immagine carismatica. Arrivava a Roma nel maggio del
1789 dove, quasi privo di mezzi, alloggiò con l'inseparabile compagna Lorenza in una
misera locanda di piazza di Spagna. Tentò invano di avvicinare una Loggia Massonica
operante in Trinità dei Monti, e fu denunciato al Sant'Ufficio, che il 27 dicembre del
1789 lo fece imprigionare in Castel Sant'Angelo. I prelati avviarono subito il suo
processo che, dopo aver spaziato sull'intero operato di C. senza trovarvi appigli a
sostegno dell'accusa di eresia, si ridusse a ritenerlo reo confesso di appartenenza alla
Massoneria. A nulla valsero le sue pur accorte difese. Per C. fu determinante il mancato
sostegno di Lorenza, anche lei processata e torturata, contemporaneamente ma
separatamente. Le scarne cronache del tempo riferiscono che lei fosse arrivata a
confermare ogni accusa contro C. che, messo a conoscenza del fatto dai suoi stessi
inquisitori, vistosi solo ed abbandonato anche dalla stessa amata compagna, sprofondò nel
dolore e cadde in profonda depressione, iniziando a considerare quel processo come l'avvio
della propria espiazione. Il Tribunale dell'Inquisizione, al termine dell'assemblea
generale tenutasi il 21 marzo 1791, emise la sentenza di condanna a morte, subito
commutata in carcere a vita da papa Pio VI. Quella sentenza della Chiesa scatenò vasta
eco in tutta l'Europa, e fu dai più giudicata inutile, ingiusta, spietata e crudele. Da
Castel Sant'Angelo C. fu trasferito nottetempo nel forte di San Leo, posto nel ducato di
Urbino. Sono rimaste avvolte nel mistero sia le cause che la stessa data della sua morte.
L'atto di morte di C. è stato però rinvenuto all'inizio del corrente secolo nelle
vecchie registrazioni in latino della parrocchia di San Leo. Tale atto recita
testualmente: "Anno del Signore 1795, giorno 28 del mese di agosto: Giuseppe
Balsamo, detto volgarmente Conte di C., di patria palermitano, per battesimo
cristiano, per dottrina incredulo ed eretico, famoso per mala fama, dopo aver disseminato
per varie province d'Europa gli empi dogmi della Setta Egiziaca, ... per sentenza della
Sacrosanta Inquisizione relegato a carcere perpetuo nella rocca di questa città finché
vivesse, se per avventura si fosse ravveduto, tollerati con ostinazione gli incomodi della
prigionia per quattro anni, quattro mesi e due giorni, colto in ultimo da veemente morbo
apoplettico, secondo la durezza della mente, la saldezza dell'animo, senza dar segno
alcuno di penitenza e senza lamenti, morì fuori della Comunione della Santa Madre Chiesa
nell'età di 52 anni, 2 mesi e 20 giorni. Nacque infelice, ancor più infelice visse,
morì infelicissimo il giorno 26 agosto del sopraddetto anno, ad ore 3 dopo la mezzanotte.
Gli fu negata, poiché eretico, scomunicato ed impenitente, l'ecclesiastica sepoltura. Il
suo cadavere fu sepolto sul ciglio del monte che guarda ad occidente, a quasi uguale
distanza fra le due case destinate ad albergo, volgarmente dette Il Palazzetto ed Il
Casino, il giorno 28 predetto ad ore 23. In fede, Luigi Marini, Arciprete".
Cainiti: Seguaci di una setta gnostica del II secolo, la cui dottrina aveva alla base una concezione antitetica dei due Testamenti: il dio del Vecchio Testamento è considerato un essere inferiore, demiurgo, tiranno del mondo, nemico del vero Dio che ha nome «Sophia» (Sofia). Primo fra i perseguitati dal dio tiranno fu Caino, generato da Eva per opera di Sophia, mentre Abele è della stirpe del demiurgo. Quando Dio inviò il Redentore, il demiurgo voleva impedirne la morte salvifica; ma Giuda Iscariota, vero figlio di Dio ed altro perseguitato, ne provocò l'uccisione, ottenendo così la redenzione dell'umanità.
Caino: Nome derivato dall'ebraico Qajin e dall'arabo Qajn, fabbro, figlio primogenito di Adamo ed Eva, fratello di Abele. Geloso del fratello, le cui offerte erano state gradite da Dio a differenza delle sue, lo uccise (Genesi 4, 3-8). Il racconto biblico, radicato nella tradizionale rivalità fra agricoltori e pastori, serve all'autore per evidenziare la triste fecondità del peccato che genera l'odio fra i fratelli. Dio chiede conto a C. del delitto commesso, lo maledice preannunciandogli la sterilità della terra, ma lo protegge con un segno dall'ira di altri uomini, promettendo che «chiunque ucciderà C. subirà la vendetta sette volte» (Genesi 4, 19-15). L'intero testo risente di un civiltà in cui l'individuo non ha alcuna garanzia di incolumità, se non per l'appartenenza ad un clan. Perciò C., scacciato dal clan originale, riceve per volontà di Dio il contrassegno di appartenenza ad un nuovo clan, dove la vendetta si esercita con una rappresaglia sette volte maggiore.
Calcinazione: Termine alchemico indicante la purificazione, ma soprattutto la polverizzazione dei corpi mediante l'impiego del Fuoco (v.), che fa evaporare liquidi ed umidità, artefici della solidità dei corpi. Definita anche corruzione o putrefazione (v.), andrebbe svolta in tre distinte fasi: · 1) corporale, implicante la C. fino al conseguimento del colore nero, cui segue la polverizzazione integrale; · 2) viene così aumentata la superficie di contatto, onde accelerare il processo di purificazione, poiché il Fuoco attacca meglio le impurità; dopo questa seconda C. e polverizzazione, il Sale (v.) assume colore grigio chiaro. Occorre eliminare con cura ogni traccia residua di carbone, e ricalcinare finché, rimestando le ceneri, non si rinvengano particelle ancora accese. Segue una triturazione omeopatica di circa quindici minuti: · 3) dopo aver lavato per tre volte tutto il sale del sale, si avvia la terza fase di C., che porta al colore bianco. L'intero processo richiede soprattutto pazienza (v. anche Opera al Nero, al Bianco ed al Rosso).
Caldea, Chiesa: Termine con il quale la Curia romana indicò i membri della fazione della Chiesa nestoriana (v.) riuniti a Roma. Il primo movimento di unione risale al XIII secolo, con il patriarca Yabbalaha (1281-1317). Ununione successiva (XVI secolo) fu il risultato di uno scisma di protesta contro la prassi instaurata dal patriarca Simone IV (1431-1497), che avevo reso ereditaria la carica patriarcale. Nel 1552 Giovanni Sulaqa venne riconosciuto patriarca dal papa Paolo III. I suoi successori inviarono regolarmente le loro professioni di fede a Roma, finché Simone XIII Denha (1662-1700) abbandonò lunione. Elia nel 1771 firmò la professione cattolica, designò suo successore il nipote Giovanni Hormizd, e lo consacrò vescovo alletà di 16 anni. Dopo la morte di Elia XI (1778) questi diventò cattolico, ma Roma non lo riconobbe per 14 anni, finché Pio VIII (1830) lo confermò patriarca di tutti i Caldei. È con Giovanni Hormizd che inizia la serie dei patriarchi caldei di Babilonia (Baghdad) che dura tuttora. I seguaci della C. sono oggi oltre 200.000, concentrati nellIraq, con gruppi minori in Iran, Turchia, Siria e Libano.
Caldei: Termine derivato dall'assiro Kaldu, dall'ebraico Kasdim e dal greco Caldaioi, designante un'antica popolazione della Mesopotania. Tale nome in origine suonava forse Kashdu, forma attestata dall'ebraico Kasdim (Ezechiele 23, 23), e che farebbe identificare i C. con i Cassiti. Di probabile stirpe aramaica, i C. provenivano dall'Arabia orientale e, dopo il 1000 a.C., si stanziarono nel Sud della Mesopotania, nella regione compresa tra la Babilonia ed il golfo Persico, detta più tardi Caldea. Vi fondarono una serie di piccoli Stati che, mirando a conquistare il predominio, vennero a conflitto con il popolo babilonese. Ukinzer fu il primo sovrano caldeo di Babilonia (732 a.C.) e gli successe Merodach-Baladan che, dopo aver resistito al potente Sargon dal 721 al 710 a.C., fu dapprima costretto a rifugiarsi presso gli Elamiti e, dopo un'effimera ripresa sotto Sennacherib (705-681 a.C.), scomparve definitivamente. Nel 682 a.C. salì al trono Mushezib-Marduk, che in seguito venne condotto prigioniero in Assiria. Soltanto nel 625 a.C., dopo una serie di tentativi infruttuosi da parte dei discendenti di Merodach-Baldan, i C. si affermarono definitivamente con l'avvento al trono di Nabopolassar, fondatore delle dinastia caldea. Con l'andar del tempo il termine Caldea, che nelle iscrizioni cuneiformi indicava la Babilonia centrale, passò ad indicare tutta la Babilonia e, per il grande impulso dato dai C. all'astronomia, il loro nome divenne nell'antichità sinonimo di astronomo ed astrologo.