Ateismo: Termine avente il significato di "senza Dio". È la definizione in cui rientrano quelle concezioni escludenti il ricorso al principio teologico come causa prima e fondamentale del mondo, negando in varie forme l’esistenza di un Dio. I teologi distinguono l’A. in due specie: · l’A. pratico, proprio di chi, a prescindere da una ben definita visione del mondo, si comporta come se Dio non esistesse, non tenendone assolutamente conto nell’orientare le proprie azioni, improntate ad un criterio di moralità puramente umana; e · l’A. teorico, che è negazione in sede filosofica dell’esistenza di Dio. Quest’ultimo può essere di vari tipi, e si presenta in modi differenziati. Ci sono · l’A. indiretto o negativo, che si basa sull’indifferenza per il problema teologico; l’affermazione perentoria della non esistenza di Dio, quasi una sorta di teologia rovesciata di segno negativo (· A. dogmatico); la tendenza a confutare razionalmente le prove addotte per dimostrare l’esistenza di Dio (· A., critico); l’inclinazione ad affermare l’impossibilità di pervenire con tali prove ad un risultato capace di porsi in termini di certezza e di verità (posizione scettica) nei confronti del problema di Dio, visto come problema non suscettibile di soluzione, anche a causa delle limitazioni umane in rapporto a tale scopo, la quale induce ad un atteggiamento basato sull’agnosticismo. I teologi sono altresì inclini a considerare cripto-atee tutte quelle concezioni religiose contemplanti l’esistenza di Dio in termini inadeguati all’attributo necessario della sua onnipotenza, tali da avvilirne la nozione. Attualmente è cambiato molto nella concezione delle chiese cristiane nei confronti delle visioni atee, non più rigidamente condannate, ma esaminate attentamente nello sforzo di cogliervi un’ispirazione tendenzialmente religiosa inconsapevole d’essere tale. Negli ultimi anni è venuta sviluppandosi una tendenza denominata · A. religioso, che identifica A. e cristianesimo, e parla della morte di Dio come della fine giusta e necessaria di un certo modo di concepire la divinità come qualcosa di nettamente staccato dall’esperienza religiosa, che potrebbe ravvivarsi solo con una ripresa del cristianesimo, con un rifarsi presente dell’esempio vivente del Cristo (negazione di un Dio padrone cui ci si rivolge borghesemente, per ottenere favori). Questo A. religioso si è concretato in forme di teologia radicale, trovando i suoi esponenti in Robinson, van Buren, Altizer, Hamilton, Gollwitzer. Bonhoeffer e Cox. Nel corso della storia del pensiero l’A. ha assunto varie configurazioni. Spesso, dal punto di vista delle varie ortodossie ecclesiastiche, sono state definite A. visioni metafisiche inclini a concepire l’assoluto in termini qualitativamente diversi dalle forme prevalenti della teologia ufficiale. Non sono mancate accuse reciproche di A. fra concezioni filosofiche la cui nozione dell’assoluto e del divino si presentavano in modi diversi e contrastanti. L’A. è assente dalla visione dei primitivi, nella quale mito e religione, convergendo insieme, escludono il ricorso ad un pensiero critico tale da porre radicalmente in discussione il principio stesso del divino. Religioni come il buddhismo (v.) ed il giainismo (v.), e con esse varie forme del pensiero filosofico indiano, sono state definite A., poiché in esse manca il ricorso ad un Dio creatore del mondo, intesi come entità personale suprema a sé stante, distinta dalla vita universale, che nel divino trova la sua causa prima. Nei Greci e nei Romani l’A. è potenzialmente presente in determinate forme di pensiero a sfondo scettico e materialista. L’accusa di A. rivolta al politeismo è scorretta, poiché presuppone che l’unica forma possibile di teismo sia il monoteismo. I moderni teologi delle varie confessioni cristiane ammettono l’inaccettabilità di tale impostazione, essendo inclini a distinguere la negazione di Dio da forme inadeguate di teismo, basate su una rivelazione puramente naturale che restano comunque teistiche. La tradizione greca sfiora l’A. con l’atomismo (v.) di Democrito, cui si rifanno Epicuro ed il poeta latino Lucrezio. Dichiaratamente atea è la corrente di pensiero che prende le mosse dai sofisti, echeggiata da Sesto Empirico. In un ambito consimile sono collocabili Diogene di Apollonia, Diagora di Melo, Teodoro di Cirene (denominato l’ateo). Germi di A. sono rilevabili nell’area del pensiero umanistico rinascimentale, mentre da Cartesio (v.) trae origine una serie di tendenze, che sboccheranno parzialmente nel materialismo ateo che è uno dei filoni dell’illuminismo settecentesco. Atei sono pure i libertini del XVII e del XVIII secolo. L’illuminismo, che dal pensiero di costoro trae non pochi spunti, si caratterizza, in senso materialistico ed anti-religioso soprattutto in Francia, mentre altrove (come in Germania) assume talvolta forme in cui si presenta incorporato ad una visione teologica. La teologia cattolica considera atee le espressioni di pensiero proprie del cosiddetto idealismo, cioè della filosofia classica tedesca (soprattutto il pensiero di Hegel, mentre Kant è stato sbrigativamente considerato un agnostico). Secondo tali teologi è ateo anche il panteismo (v.), che contraddistingue di sé il pensiero rigorosamente monistico di Spinoza. Esplicitamente atee, sia pure con diverse motivazioni, sono quelle grandi correnti di pensiero, per certi versi affini, ma nello stesso tempo profondamente contrastanti, che sono il marxismo ed il positivismo (v.). Anche un certo esistenzialismo contemporaneo non ha esitato a definirsi ateo. L’esponente più noto di tale tendenza è lo scrittore e filosofo Jean Paul Sartre.

-Atena: Dea greca, figlia di Giove, balzata fuori dalla sua dolorante testa dopo un terribile colpo infertogli, su sua richiesta, dal compiacente Vulcano. Le corrisponde la latina Minerva. Alla sua nascita l'intera natura sussultò, ed ella, nata adulta ed armata di tutto punto, con elmo, asta, scudo ed egida (formata con la pelle della capra Amaltea che aveva allattato Giove, recante al centro la testa orribile della Medusa), si presentò al padre, pronta ad aiutarlo, sia con le armi, sia con la saggezza, la prudenza e l'accortezza, sue doti sovrane. Infatti fu subito di grande aiuto nella guerra contro i Titani, e dal nome d'uno di questi da lei ucciso, prese il suo secondo nome di Pallade. Nonostante il suo aspetto guerriero A. era soprattutto dea della sapienza, della vita tranquilla ed operosa, protettrice dell'intelligenza e di tutte le Arti. Alla fondazione di Atene da parte di Cecrope, si era incerti sul nome da assegnarle. Sia A. che Poseidone pretesero d'imporle ciascuno il proprio nome. La questione venne deferita agli dei, la cui sentenza stabiliva che sarebbe prevalso il nome di chi avesse offerto all'umanità il dono più utile. Poseidone, battuto il tridente a terra, ne fece scaturire un cavallo, mentre A. faceva sorgere un ulivo carico delle sue preziose bacche. Così, senza alcun contrasto, fu prescelto il nome di A. Il suo culto fu molto diffuso, ed innumerevoli furono i templi eretti in suo onore, lungo tutte le coste del Mediterraneo. Il più famoso è nel Partenone, una meravigliosa opera d'arte pervenuta a noi solo parzialmente, spogliata nel tempo di gran parte dei suoi splendidi bassorilievi attribuiti al grandissimo scultore Fidia. Partenone in greco significa significa tempio della vergine, e tale si conservò Pallade A. che, secondo la tradizione, pur non vantando doti di castigatezza, non ebbe mai alcun amante. Le erano consacrati vari animali, simbolicamente rappresentativi dei suoi attributi divini, tra cui soprattutto la civetta (raffigurata in numerosi coni di monete ateniesi), il gallo ed il serpente.. Y (Massoneria) Nel Tempio ne viene collocata la raffigurazione nei pressi del Maestro Venerabile, ad evidenziarne la dote principale, la Sapienza, e la virtù consequenziale che lo caratterizza, ovvero la Saggezza. Da queste fortificato, egli è posto nella magica condizione di dirigere i Lavori iniziatici dell'Officina. Egli piloterà così la Loggia verso l'acquisizione dei traguardi identificati con le altre due Luci nel corso della programmazione preliminare dell'anno massonico che poi presiede e gestisce, sfruttando al meglio le capacità umane e massoniche di cui è dotato.

Athanor: Termine derivato dall’ebraico ha-tannut, fornace. Talvolta è scritto Athanor, e venne adottato dal Lullo, che lo fece derivare da adanayoz, immortale, e poi da vari altri alchimisti, per indicare il fornello a fuoco continuo in cui le sostanze che si dovevano fondere erano racchiuse in un recipiente a forma d’uovo, entro il quale gli alchimisti medievali tentavano di produrre la pietra filosofale (v.). Nella simbologia alchemica la materia chiusa nell’uovo è la materia umana prima della palingenesi (v.), la chiusura ermetica è l’isolamento dal mondo sensibile, indispensabile per raggiungerla, il fuoco del crogiolo è il potere mentale che va diretto in modo da sciogliere la coscienza dalla cognizione del corpo. Tale crogiolo fa parte degli attrezzi del laboratorio alchemico, ed è anche il recipiente impiegato sul fuoco continuo per la fusione dei metalli, nonché corpo fisico dell’uomo in cui si realizzano le fasi di purificazione degli stati di coscienza, ed è infine identificato con l’intero Universo. Vi si attuavano le trasformazioni alchemiche: la prima, quella di distillazione, era denominata "Opera al Nero" (v. Nigredo), e rappresenta la fase dell’evoluzione della Grande Opera (v.), conosciuta anche come "Testa di corvo" o "Chaos" (v.); nel crogiolo a questa segue la fase della Fusione, detta anche trasformazione in "Bianco" (v. Albedo) o Rebis (v.), che indica il compimento della prima metà dell’Opera; il processo si conclude con la Sublimazione (v.) o Trasformazione in Rosso (v. Rubedo), detta anche Azoth (v.). Secondo il dizionario mito-ermetico di Don Pernety, "I Saggi nelle operazioni della Grande Opera hanno denominato forno o fornello il terzo vaso che racchiude gli altri, conservando tutta l’Opera. Lo hanno chiamato A., poiché è depositario di un fuoco immortale ed inestinguibile. In genere dev’essere fatto in terracotta, oppure con argilla ben sminuzzata e setacciata, mescolata con escremento di cavallo e con il pelo dello stesso animale, in modo che il calore intenso non lo faccia poi scoppiare".

-Athos: Monte di 2033 metri della penisola calcidica dello Agion Oroz, sul Mar Egeo, che costituisce una repubblica monastica autonoma (336 kmq e 1713 abitanti, capol. Karyai), sotto sovranità greca. Dall’intero territorio sono escluse le donne e gli animali domestici di sesso femminile. A partire dal X secolo, quando sant’Atanasio vi fondò il primo monastero, è un centro artistico e religioso. Soprattutto i principi di Valacchia ed i monaci greci contribuirono a costruire i primi monasteri, che per lo più presentano un tipo di pianta cruciforme piuttosto complessa, detta appunto athonita. Fino ad oggi sono rimasti 21 monasteri, nei quali si trovano, oltre alla chiesa ed alle cappelle, diverse biblioteche e tesori ricchi di icone ed arredi sacri, testimonianze di un florido periodo dell’arte bizantina. L’importanza artistica del monte A. è dovuta al fatto che artisti greci, slavi e georgiani potevano scambiarsi le proprie esperienze in un luogo in cui fu sempre vivo il ricordo dell’arte bizantina. I più importanti ed interessanti conventi sono: Vatopedi, del X-XI secolo, con la pianta athonita a triconco, decorata da mosaici dello stesso periodo; il Monastero degli Amalfitani, che risale allo stesso periodo; Protato, con pianta basilicale a tre navate ed affreschi del XIV secolo; Lavra, con pianta a croce greca del X-XI secolo e con una biblioteca ricca di codici bizantini; Ghiliandari, quasi interamente ricostruito un secolo dopo. Gli influssi bizantini giunsero al monte A. attraverso Salonicco, che fu un importante centro culturale ed artistico, luogo d’incontro dell’arte orientale ed occidentale. L’arte di Costantinopoli fu quindi la componente essenziale dei dipinti e dei mosaici di quei monasteri, in un momento in cui l’arte greca aveva perso tutto il suo prestigio. I mosaici più antichi sono quelli di Vatopedi, raffiguranti la dehsiz e l’annunciazione, ideati in una tipica atmosfera monacale, densa di misticismo, con le figure rigidamente frontali tese a colori scuri. Gli affreschi più importanti sorsero quando nel XIV secolo quei monasteri divennero centro dell’esicaismo, una corrente ideologica che invitava alla solitudine ed all’allontanamento dal mondo corrotto, e che in arte portò ad un’ulteriore smaterializzazione delle figure, ad un ancor più accentuato linearismo ed a dei volti rigidi e severi. Tra i dipinti di questa scuola si devono forse annoverare quelli del convento di Protato, che sarebbero da attribuire all’allora celebre Emanuele Panselinos. Nel XVI secolo artisti cretesi lasciarono numerosi affreschi nelle chiese del monte A., ma le loro opere risentono della freddezza e dell’accademismo dell’ultimo periodo dell’arte bizantina, che ridusse le forme ad un totale astrattismo ed a un puro gioco calligrafico.

-Atlantide: Secondo Platone sarebbe stata un'isola felice, la cui storia enigmatica venne narrata a Solone da un sacerdote del dio egizio Sais. Egli faceva riferimento ad un vasto continente retto a monarchia e situato ad occidente, oltre le colonne d'Ercole (stretto di Gibilterra?), nell'antico oceano Atlantico. Tale continente si sarebbe inabissato subito dopo il Diluvio Universale, nel corso di tremendi movimenti sismici e di riassestamento della crosta terrestre, che avrebbero sconvolto l'intero pianeta. Alcuni suoi superstiti si sarebbero rifugiati nel centro America, dando origine alle civiltà Maya ed Atzeca. Molti scrittori si sono ispirati a questa leggenda e, tra questi, Bacone, che nel suo romanzo utopistico scientifico "Nuova Atlantide" fa di tale continente il simbolo dell'aspirazione umana a realizzare uno stato universale ideale. Il Fulcanelli, nelle sue "Dimore filosofali", un'opera corposa edita dalle Mediterranee e definita "labirinto in cui sono sparsi i frammenti di un grandioso disegno alchemico", asserisce che la carenza di mezzi scientifici impedisce la penetrazione dei segreti degli abissi. Tuttavia alcuni frammenti di struttura terrestre sono stati portati in superficie, rivelando la loro origine lavica cristallizzatasi a contatto diretto con l'aria. Qindi si può dedurre che i vulcani espulsori di tale lava sorgessero su terre scoperte, non ancora inghiottite dalle acque. Nulla impedisce di pensare che l'Atlantide possa aver rappresentato una realtà nella notte dei tempi, e che la civiltà vi fosse tanto sviluppata da raggiungere quell'alto grado nei valori limite fissati da Dio al progresso umano, anche in campo tecnologico e scientifico. È il fatidico "tu non andrai oltre", un confine oltre il quale si manifestano i sintomi della decadenza che ne accelera la caduta definitiva, quando la rovina pressoché totale non è accentuata dall'inatteso scoppio di un colossale flagello, certamente imputabile alla volontà se non alla provvidenza divina.

Atma: Denominazione di uno dei componenti della triade indiana, una ed eterna; gli altri due sono Buddhi (l’anima celeste) e Manas superiore (il corpo astrale). L’A. è il settimo principio umano, che si identifica con lo Spirito Universale; secondo la Blavatsky (v.) l’uomo, nella sua essenza vera e propria, è uno con esso. L’espressione A.-Vichiara, che in sanscrito significa "indagine sulla natura dell’A.", è la forma più elevata di cultura spirituale, che conduce direttamente alla suprema esperienza della realtà, e quindi alla conoscenza della Verità.

Atman: Termine sanscrito dal significato di soffio, che nei più antichi testi indiani (Rigveda) si trova con il significato originario, mentre in seguito passò ad indicare l’anima che si incarna temporaneamente nel corpo, dai cui peccati non può essere corrotta. Alberga in tutti gli esseri umani, e rappresenta la coscienza della propria esistenza di cui ognuno è dotato. In opposizione a quanto è contingente, l’A. è l’immenso complesso delle apparenze che fluttuano intorno a noi, il tessuto stesso del mondo, composto con la trama dei nostri sogni; è l’infinito mutare delle immagini che ci fa credere a qualcosa di reale al di fuori di noi. In senso metafisico rappresentava il principio dell’essere, opposto prima al corpo e poi al non-essere. Per un naturale sviluppo cosmologico, l’A. divenne poi, nella Brhadaranyaka Upanisad (v. II, 5, e seg.), il principio essenziale del mondo, e come tale si identifica con il Brahman (v.), in una concezione che tende ad assorbire l’anima individuale nell’anima del mondo. Secondo il Wolpert (La Civiltà indiana, Ediz. Fabbri, 1985), "Molti discepoli trovarono difficile accettare l’idea che qualcosa di invisibile potesse essere l’essenza del cosmo. Tra questi Svetaketu, un giovane presuntuoso che si credeva saggio per aver studiato per dodici anni con dei brahamani tradizionalisti. Suo padre però lo istruì sulla realtà dell’A., chiedendogli di prendere un fico: Il dialogo tra loro prosegue così: "Eccolo signore – Dividilo – L’ho diviso signore – Che cosa ci vedi? – Dei semi molto piccoli signore – Dividine uno, per favore – L’ho diviso signore – Che cosa ci vedi? – Niente del tutto, signore – In verità, mio caro, quella sottilissima essenza che non riesci a percepire, in verità, mio caro, è proprio da quella finissima essenza che nasce questo grande albero Nyagrodha (fico sacro). Credimi, mio caro, proprio quello che è la sottilissima essenza, l’intero mondo ce l’ha come sua anima. Questa è la realtà. Questo è l’A. Questo sei tu, Svetaketu"".

Aton: Antica divinità egiziana, il cui nome geroglifico è Itn, il disco solare vivente. Viene menzionato già nella teologia solare di Eliopoli durante l'Antico Regno. Attraverso l’epurazione di tutti gli altri dei e dei loro templi, venne esaltato dal faraone mistico Amenofi IV (Akhenaton) nel corso della XVIII dinastia, che quindi fece di A. l’unico vero Dio, istituendo così per la prima volta in Egitto il monoteismo. Aton non è il sole, ma l'energia invisibile che in ogni istante crea e santifica il mondo. Egli dona la vita e la luce, penetrando nei cuori e diventando Amore. Nel pensiero di Akhenaton, A. appare come la percezione istantanea del divino, senza intermediari e mitologia. A. si manifesta attraverso la bellezza di tutte le cose, la verità, l'equilibrio e la fratellanza tra tutte le creature. La sua luce è portatrice del soffio vitale. "Tu sei l'Aton vivente che trionfa sulla sua montagna di luce".

Aton, Inno ad:  Il dio Aton fu proclamato unico oggetto di culto dell'antico Egitto durante il sesto anno del regno di Akhenaton (v.), il faraone eretico, in epoca amarniana. Il faraone si proclamò suo unico sacerdote e profeta, e scrisse un inno nel quale veniva esaltata la grandezza del Sole, creatore di tutte le cose, e l'eguaglianza fra tutti gli uomini. La grande somiglianza tra questo inno ed il Salmo 104 del Libro dei Salmi dell'Antico Testamento, fa pensare che la religione egizia e quella ebraica abbiano avuto per un certo periodo di tempo una convergenza di elementi dottrinali. Il testo integrale dell'Inno di A. recita: «Compari pieno di bellezza nell'orizzonte del cielo, disco vivo che hai dato inizio alla vita. Non appena ti sei innalzato nell'orizzonte orientale, hai riempito ogni paese della tua perfezione. Sei bello, grande, brillante, alto sul tuo universo. I tuoi raggi abbracciano i paesi fino alla fine di tutto ciò che hai creato. Poiché sei il Sole, li hai conquistati fino ai loro limiti, e li tieni legati per il tuo amato figlio. Anche se sei lontano, i tuoi raggi toccano la Terra. Stai davanti ai nostri occhi, ma il tuo cammino continua ad essere per noi sconosciuto. Quando ti poni nell'orizzonte occidentale, l'universo resta sommerso nelle tenebre, come morto. Gli uomini dormono nelle case, con la testa coperta, e nessuno di loro può vedere il proprio fratello. Ma all'alba, non appena ti innalzi all'orizzonte, e brilli, disco solare, nel corso della giornata, fai fuggire le tenebre e diffondi la tua luce. L'universo esiste grazie alle tue mani, con cui lo hai creato. Se tu sorgi, vive; se tramonti, muore. Tu sei la durata della vita stessa, si vive grazie a te. Gli occhi contemplano la tua perfezione senza fine, fino al tuo tramonto, Quando ti poni ad occidente cessa ogni lavoro. Non appena sorgi, fai crescere ogni cosa per il re, e tutti vanno di fretta, da quando hai organizzato l'universo, ed hai fatto in modo che sorga per tuo figlio, uscito dalla tua persona, il re dell'Alto e del Basso Egitto che vive di verità, il Signore del Doppio Paese, Neferkheperure Uaenere, figlio di Ra, che vive di verità, Signore delle due corone, Akhenaton. Che viva a lungo. Ed alla sua grande sposa da lui amata, la Signora del Doppio Paese, Neferneferuaton Nefertiti, sia concesso di vivere e di tornare giovane, per sempre, eternamente».

Attis: Nome greco (Attiz) di un'antica divinità della Frigia. La mitologia parla di un tentativo operato da Zeus per possedere Cibele, la Gran Madre degli dei, dal quale nacque l'androgino Agdistis, che venne privato del suo sesso maschile dagli dei decisi a domarlo. Dal sesso perduto nacque una pianta, il cui frutto fecondò Nana, figlia del re Sangrario, che lo aveva raccolto. Nacque così A. che, cresciuto bellissimo, fu amato da Agdistis, ma volle sposare una mortale, la figlia del re Mida. Per questo la dea lo punì con la follia che lo spinse ad evirarsi, a morire per poi rinascere. Successe a Sabazio, re dei frigi, e come questi fu subito onorato con un culto di carattere orgiastico, apparendo come un dio della vegetazione. La sua automutilazione venne interpretata come un trasferimento delle energie umane nella natura, per accrescerne le forze fecondanti. In Frigia nacquero anche dei misteri di A., di cui si ignorano particolari, ed il cui culto si diffuse con quello di Cibele in Grecia, durante il periodo classico. Fu poi introdotto a Roma verso il 204 a.C., ma ormai privo della compartecipazione di A. Nell'iconografia A. appare come un giovane imberbe, con berretto frigio sul capo, o con una verga da pastore. Spesso fu raffigurato con pantaloni aperti, onde lasciar visibili sia il ventre che i genitali, per evidenziare il suo carattere ermafrodito. Un tipo particolare di raffigurazione di A. è quello funerario, sui sarcofagi romani, ove appare in attitudine palesemente melanconica.

Attore: Chi recita o interpreta una parte in uno spettacolo, chi partecipa attivamente e direttamente ad una vicenda. Visti in chiave esoterica, gli esseri umani, rispetto agli eventi e nella loro interiorità, si possono proporre come soggetti attivi o passivi. La natura umana ci porterebbe ad interpretare, di preferenza, il ruolo di attori piuttosto che di spettatori. Ci si deve allora porre la domanda se tale nostra natura è solo frutto di una causa senza particolari spiegazioni, oppure se giustifica qualcosa di molto più profondo, ossia l'esistenza di una condizione potenziale, di grande significato nei riguardi delle nostre proiezioni verso la Vita. Se fosse vera la seconda ipotesi, si dovrebbe scendere molto più in profondità in noi stessi, per cercare di comprendere meglio il rapporto esistenziale che intercorre tra noi e gli eventi. Ovviamente fa parte della ricerca del buddistico "Sé".

Attribuzioni del Gran Maestro: Il Gran Maestro eletto, subito dopo il suo insediamento, nomina il gran Segretario e, successivamente, un Grande Oratore aggiunto, un Gran Segretario aggiunto, un Gran Tesoriere aggiunto ed i Grandi Ufficiali previsti dalla Tradizione. Il G.M. convoca e presiede la Gran Loggia e la Giunta del Grande Oriente d'Italia. Egli presiede ogni altro consesso rituale al quale partecipi. Provvede con decreto al rinnovo, alla composizione ed alle convocazioni del Consiglio dell'Ordine. Il G.M. si avvale della collaborazione dei Grandi Maestri Aggiunti, che lo sostituiscono in caso di assenza o di impedimento temporaneo (Art. 31 della Costituzione dell'Ordine).

Atum: È il demiurgo di Iunu-Eliopoli. Il suo nome significa il Compiuto è Colui che non è. A. si è autocreato sorgendo dalle acque primordiali sotto forma di collina originaria, per espettorare poi Shu (aria) e Tefnut (il fuoco). Rappresenta ciò che nel linguaggio alchemico viene definito il fuoco stitico, ovvero l'agente coagulante. A. fu, ancor prima di Ra (v.), il primo neter di Eliopoli, e solo durante la XIII dinastia si fuse con lui. L'animale a lui sacro è il cobra acciambellato, che ricorda la sua origine ctonia (la materia inerte, serbatoio di vita). Sono a lui consacrati anche l'anguilla e la mangusta. Il suo nome si scrive con il segno della slitta, "5", che significa essere completo, giungere a compimento, ma anche non essere. "5" è il principio che governa la creazione, l'equilibrio cosmico, la vita e la morte. Associato a Ra diventa il movimento manifestato attraverso la luce. Con lo scarabeo Khepri, A. è l'indefinito nel suo atto creativo. Khepri-Ra-Atum esprime il ciclo vitale. "Do vita al mio corpo grazie ai miei poteri magici. Ho creato me stesso e mi sono formato come desideravo, secondo il mio volere".

Atzechi:  Denominazione impropria talvolta attribuita agli Aztechi (v.).

Augure:  Presso le antiche popolazioni italiche e presso i Romani era l'interprete del volere degli dei, che si rivelava per mezzo di segni dati soprattutto dagli uccelli. In Roma gli A. erano considerati gli interpreti ufficiali degli auspici di Stato. L'origine del collegio degli A. è attribuita a Romolo, tuttavia venne organizzato da Numa, che ne portò i membri da tre a cinque. A partire dal 300 a.C. gli A. divennero nove (Lex Ogulnia), quattro patrizi e cinque plebei. Con Silla il numero dei membri del collegio salì a quindici, con Cesare a sedici, crebbe in epoca imperiale, finché l'augurato divenne una carica onorifica. L'elezione era a vita, e veniva fatta dal popolo in base alla Lex Domitia de sacerdotibus (104 a.C.). Come segno distintivo gli A. avevano la toga listata di porpora (trabea), ed un bastone ricurvo (lituus) con il quale delimitavano gli spazi (templa) in cui si potevano osservare i segni divini. Si riunivano alle none di ogni mese. Non erano celebranti del rituale, ma interpreti dei segni inviati dagli dei. In periodo repubblicano ebbero anche importanza politica. Cicerone (v.), definendo la loro funzione in rapporto a quella dei pontefici, dice: «I pontefici presiedono gli atti sacri, gli A. gli auspici». Questo significa che essi avevano la possibilità di bloccare il funzionamento delle istituzioni politiche: per esempio, dichiarando prima di un'elezione che gli dei erano irritati, facevano sì che lo scrutinio non avesse luogo.

Aum: Parola sacra, frequente all’inizio di molti Mantras (v.), come indicazione di saluto alla divinità. Il termine si può trovare contratto in "Om". La sillaba A. (od Om) è lo stesso Braman (v.), come la stessa Trimurti (v.). Secondo la tradizione indiana l’A. ha potenti poteri occulti: infatti sarebbe il suono originario che, attraverso le caratteristiche vibrazioni dell’apparato vocale, porta all’estasi dell’assoluto. Sono stati dedicati vari testi alla spiegazione del come possa avvenire questa rivelazione organica. Nel Medioevo le tre lettere erano mantenute divise e, a seconda della loro vibrazione, A significava Vishnù, U significava Shiva, ed M significava Brahma: il Tre in Uno, il più profondo mistero di Dio, per la cui comprensione la ragione non è sufficiente, essendo necessaria la tecnica dell’estasi-Yoga. Da notare che gli indù ortodossi usano tuttora scrivere in testa alle loro lettere la parola "Om".

Aumento di salario: Detto anche A. di paga, è un’espressione massonica che indica il passaggio o l’avanzamento da un grado a quello superiore, come da Apprendista Libero Muratore a Compagno d’Arte, e da Compagno d’Arte a Maestro Massone.

Ausonia: Regione italica che nell'età del bronzo fu teatro preistorico della civiltà ausonica, originaria delle isole Eolie. È dal popolo degli ausoni che buona parte della regione litoranea campana prese il nome di A. (Ausonia), nome che più tardi venne esteso a tutta l'Italia. Y (Massoneria) La Massoneria era presente in Piemonte fin dalla metà del XVIII secolo, ma tutte le logge (quasi esclusivamente militari) costituitevi a Torino, Pinerolo, Casale, Cuneo, Asti, Alessandria ed in altri grossi centri urbani, erano collegate ad obbedienze straniere, soprattutto francesi, come francese era il loro nome distintivo. La casa Savoia, pur avendo dovuto formalmente proibire (con editti del 1794 ribaditi nel 1814) le adunanze massoniche, in pratica si era sempre mantenuta su ambigue posizioni di compromesso, senza seguire troppo le direttive ecclesiastiche che richiedevano un deciso intervento soppressivo, in linea cioé con le varie scomuniche comminate alla Libera Muratoria. I regnanti sabaudi d'altronde erano stati parecchio turbati dai postumi della rivoluzione d'oltralpe, ed avevano già avuto parecchi problemi con la setta valdese (v.), insediatasi soprattutto nella val Pellice, a poca distanza dalla capitale. Vittorio Amedeo III era solito dire "non voglio altre grane co' preti, portate pazienza ché anch'io ne ho", una sorta di invito ai massoni a vivere ed a lasciar vivere. A. è il nome italiano distintivo della Loggia definita "Madre", fondata a Torino l'8 ottobre 1859 ad opera di sette fratelli già iniziati. Grossi nomi rinforzarono presto il piedilista della Loggia Madre A., che al secondo piano di via Stampatori 18, diedero vita al "Grande Oriente Italiano sotto il titolo di Grande Oriente d'Italia.". Fu da quel momento che cessò di esistere la Massoneria piemontese, e prese avvio la storia moderna della Massoneria italiana. Il Maestro Venerabile della Loggia A., Filippo Delpino, veniva eletto primo Gran Maestro il 20 dicembre 1859, ricoprendo tale carica fino al 20 maggio 1860, quando veniva sostituito ad interim da Livio Zambeccari, poi dal reggente Felice Govean, ed infine dallo statista diplomatico canavesano Costantino Nigra (3.10.1861-31.1.1862). La Loggia A. si fece promotrice della Costituzione del G.O.I., le cui idee madri erano impregnate di encomiabili proponimenti politici ed economici a base etica, come educazione, nazionalismo, cosmopolitismo, antimonopolitismo, associazionismo, ecc., nonché di scientismo (scienza come antichissimo culto massonico). Intorno all’A. orbitarono subito combattive Logge legate soprattutto allo Scozzesismo palermitano, il che portò alla formulazione di una nuova Costituzione unitaria, promulgata nel 1874 in Roma, da quattro anni capitale d’Italia.

Auspicio: Termine derivato dal latino Auspicium, formato da avis, uccello, e specio, vedo. Forma di investigazione della volontà divina, che gli antichi Romani attuavano originariamente osservando la direzione e la quota del volo, il numero, la specie e la voce degli uccelli. Sul finire dell’età repubblicana l’A. era però ormai preferibilmente ricavato con l’osservazione dei fulmini e dei tuoni (auspicia celestia), o del modo di mangiare dei polli sacri (auspicia pullaria). Gli A. potevano essere sia privati che pubblici. I primi, caduti presto in disuso, erano presi dal pater familiae, da solo o con l’assistenza di un augure (v.). I secondi avevano carattere ufficiale per lo stato romano, e nessuna azione pubblica poteva essere avviata senza ricavare l’A. preliminare. Gli A., ancora in età repubblicana, persero progressivamente il loro carattere religioso, per acquisirne uno più propriamente politico, e vennero infine sostituiti dall’aruspicina (v.).

Autocefalia: Termine che definisce chiese particolari, che non dipendono da nessun’altra Chiesa, e si amministrano da sé, in modo indipendente ed autonomo. In senso assoluto, secondo la concezione cattolica, esiste una sola Chiesa A.: quella di Roma, il cui vescovo è il successore di Pietro nella giurisdizione universale. In senso relativo esistono nella storia vari esempi di autocefalia: i quattro patriarcati di Costantinopoli, di Antiochia, di Gerusalemme e di Alessandria; la Chiesa di Cipro, sottratta dal Concilio di Efeso (431) alla giurisdizione di Antiochia. Queste Chiese si governavano in modo autonomo, ma il vescovo di Roma conservava un diritto d’intervento, specie in tema di fede. L’autocefalia assoluta cominciò quando talune Chiese si staccarono da Roma per scisma: così i gruppi monofisti di Egitto, di Siria, di Armenia, e la chiesa di Persia (624). Le Chiese A. sono sorte per ragioni razziali o filetiche, come le Chiese A. monofisite, oppure per ragioni nazionaliste. Questo fatto è specialmente all’origine delle Chiese A. di rito bizantino, che si sono moltiplicate in conformità al sorgere di nuovi stati indipendenti: prima del 1914 si contavano 16 Chiese A., e tale numero era quasi raddoppiato dopo la prima guerra mondiale. Le Chiese A. bizantine sono interamente indipendenti le une dalle altre; l’unica autorità comune e suprema riconosciuta è il concilio ecumenico, che è però da considerarsi come un evento mitico, poiché dopo lo scisma non si è mai più riunito. Infatti l’ultimo fu il II di Nicea, tenutosi nel 787. Di fatto queste Chiese subiscono l’autorità del potere secolare, che in esse rappresenta praticamente quello che è il papa nella Chiesa cattolica.

Avatara: Termine sanscrito dal significato di discesa, od incarnazione di Dio. Indica un antichissimo concetto delle religioni indiane, in particolare il Vishnuismo (v.), che adombra l’incarnazione di Dio sulla terra, per sottrarre gli uomini alle potenze del Male, e per affermare il principio del Bene. In germe comprende la teoria della metempsicosi (v.): "Il processo dell’A. è una metempsicosi a rovescio. Mentre per i mortali la reincarnazione presuppone un’ascesa spirituale attraverso la liberazione, l’A. è una discesa". Come idea filosofica l’A. potrebbe essere rintracciato anche nel significato vedico del Dio, in quanto sacrificio. Nel Rg-Veda (v.) si dice misteriosamente che l’Ente Supremo fece il mondo "soltanto con una parte di se stesso". Irrilevante quale e quanta parte sia stata impiegata, mentre importante resta il fatto che qualcosa rimane sempre nell’Immanifestato. Si sottintende che se il Purusha (v.) viene immolato nel sacrificio cosmico, la parte essenziale dell’assoluto non discende. Per contro, secondo gli "Dei dell’India di A. Morretta (Ediz. Longanesi)", Vishnù puranico si assume proprio il ruolo di discendere e di incarnarsi, per diventare un A. Le Upanishad hanno minutamente classificato ogni stadio d'avanzamento spirituale. Un siddhi (essere perfetto) è progredito dallo stato di jivanmukta (liberato mentre vive) a quello di paramukta (supremamente libero), avente pieno potere sulla morte): quest'ultimo si è completamente sottratto alla schiavitù della maya e al suo ciclo di reincarnazioni. Il paramukta, perciò, raramente ritorna in un corpo fisico; se vi ritorna è un A., un essere prescelto da Dio per apportare superiore benedizione al mondo. Un A. non è soggetto all'economia universale; il suo puro corpo, visibile quale immagine di luce, è libero da ogni debito verso la natura. Lo sguardo distratto può non scorgere alcunché di straordinario nelle fattezze di un A., ma egli non getta ombra, né lascia tracce di passi sul suolo. Queste sono simboliche prove esteriori dell'assenza di oscurità interiore e di legami materiali. Solo un tale uomo divino conosce la Verità celata dietro la relatività della vita e della morte. Il Cristo espresse la propria libertà in altra maniera: "Allora, uno scriba gli si accostò per dirgli: - Maestro, io ti seguirò dovunque tu vada. - Gli rispose Gesù:- Le volpi hanno delle tane e gli uccelli dell'aria hanno dei nidi, ma il Figliolo dell'Uomo non ha dove posare il capo (Matteo, 8, 19-20)". Immenso nella sua onnipresenza, il Cristo non poteva certo essere seguito da alcuno, fuorché nelle sfere dello Spirito. Krishna, Rama, Buddha e Patanjali erano antichi A. indiani. Una ricca letteratura poetica in tamil è sorta attorno ad Agastya, un A. dell'India meridionale. Egli compì molti miracoli durante i secoli che precedettero e seguirono l'era cristiana, e si crede che egli serbi la sua forma fisica ancora oggi. I grandi profeti, quali Cristo e Krishna, vennero sulla terra con una missione specifica e clamorosa, e se ne andarono appena l'ebbero compiuta. Altri A. svolgono un'opera che favorisce il lento progresso evolutivo dell'uomo, nel corso dei secoli, piuttosto che renderli protagonisti di un grande, storico evento. Tali Maestri si celano sempre allo sguardo della massa, e hanno il potere di rendersi invisibili a volontà. Per queste ragioni, e anche perché solitamente essi ordinano ai discepoli di mantenere il silenzio su di loro, molte altissime figure spirituali rimangono ignote al mondo. "Ogni qualvolta un devoto pronunzia con reverenza il nome dell’A., attira su di sé un'immediata benedizione spirituale". Il corpo del Guru immortale non mostra alcun segno degli anni; il suo aspetto è quello di un giovane di non più di venticinque anni. Pelle chiara, statura e corporatura medie. Il sempre bellissimo e vigoroso corpo dell’A. irradia una visibile luce. Ha occhi neri, calmi, teneri; ed i suoi lunghi e lucidi capelli hanno il colore del rame.

Ave Maria: Sono le prime parole impiegate nella breve preghiera d’invocazione a Maria Vergine, la Madonna, la madre di Gesù, nella sua parte iniziale ripresa dal saluto rivoltole dall’Arcangelo Gabriele all’inizio dell’evento chiamato Annunciazione: "Ave, o piena di grazia, il Signore è con te" (Luca 1, 28); la seconda parte venne aggiunta nel XIII secolo. La preghiera, detta anche "salutatio angelica", ebbe larga diffusione con l’istituzione del santo Rosario da parte di San Domenico di Guzmàn (v.).

Averno: Palude nei pressi di Cuma, in Campania, cinta da rupi scoscese e paurose, dove la leggenda pone l'entrata agli Inferi. Per questa ragione si diceva che dalle sue acque stagnanti venissero emanate pestifere esalazioni che facevano cader morti gli uccelli che la sorvolavano.

Avvenire della Massoneria: Secondo il Wirth (La Massoneria, Vol. I, Ediz. Atanor, 1992, pag. 77) occorre conoscere male la Libera Muratoria per vedervi un’Istituzione invecchiata, pronta a sciogliersi dopo aver compiuto la parte più essenziale del suo compito. Ad un esame approfondito risulta evidente che, lungi dall’essere moribonda, la Libera Muratoria non abbia ancora vissuto, essendo appena uscita dalla sua fase infantile. Nata ieri, in quanto Istituzione storica, si è sviluppata, ingrandita, ma non ha ancora raggiunto l’età adulta, la fase cioè che consente agli esseri umani d’essere padroni di sé stessi. Come Ercole, essa ha potuto, ancora nella culla, soffocare i serpenti che una dea gelosa le aveva eccitato contro. Ma questo fatto diventa insignificante di fronte ai compiti che la attendono. La Libera Muratoria è infatti chiamata a rifare il mondo, ed il compito non è affatto superiore alle sue forze, purché divenga ciò che deve essere. Può diventarlo, poiché ha la facoltà di perfezionarsi e di acquisire quanto ancora le manca. Quanto le fa difetto è soprattutto la coscienza di sé stessa. Oggi si presenta come l’adolescente che sente risvegliare in sé il senso del pensiero. Finora i Massoni hanno agito per istinto, guidati da sentimenti talvolta confusi, raramente per discernimento ragionato. Ma la ragione si è manifestata in loro con quello spirito di rivolta che li induce a domandarsi. "perché?" Rifiutandosi di subire usanze unicamente perché antiche, ognuno intende sapere che cosa le giustifica. È giunto il momento di far conoscere la Massoneria. Essa non deve più limitarsi ad essere semplicemente simbolica, occorre che diventi veramente iniziatica. Allorché i Massoni saranno opportunamente istruiti, quando saranno dei veri iniziati, dei pensatori nel vero senso della parola, la loro potenza diverrà illimitata. Hanno già fatto tanto, anche agendo solo inconsciamente, anche soltanto vivendo coerentemente i principi appresi in Loggia, tanto da modificare l’aspetto delle cose e da assicurare la salvezza, l’evoluzione e la stessa emancipazione collettiva dell’Umanità intera.

Avventisti:  Denominazione di alcune sette protestanti di origine nord-americana, i cui fedeli credono in una prossima venuta di Cristo sulla terra. Il predicatore battista William Miller (1782-1849) nel 1831 cominciò ad annunciare a Dresden (Massachussetts) l'imminente ritorno di Cristo. Citando il testo di Daniele (8, 14) «Fino a 2500 ore e mattine; quindi si renderà giustizia al santuario», ed interpretando quel numero come gli anni trascorsi dal ritorno di Esdra a Gerusalemme (457 a.C.) egli indicò la data della prossima parusia (v.) fra il 21.3.1843 ed il 21.3.1844. Il mancato evento allontanò da lui numerosi seguaci, ma con l'aiuto della visionaria Ellen Goulden White, il Miller spiegò al gruppo rimastogli fedele che nel 1844 Cristo avrebbe avviato il giudizio annunciato da Pietro (I Pietro 4, 17) contro il peccato del mondo, dopo di che sarebbe venuto per eseguire la condanna. Poiché uno dei peccati più gravi commessi dalla cristianità sarebbe la sostituzione della festività del sabato con la domenica, dal 1860 il gruppo si chiamò Seventh-Day Adventists (A. del settimo giorno). Essi respingono il battesimo dei bambini, celebrano la commemorazione dell'ultima cena  (nel rito riformato) ogni tre mesi, rifiutano la carne, gli alcolici ed il fumo. Svolgono una vasta attività missionaria, e contano nel mondo circa 12.500 comunità, con oltre un milione di fedeli. Altri gruppi di A. separatisi dal ceppo originario hanno portato alla costituzione di altre sette, formatesi negli Stati Uniti nel corso del XIX secolo, ovvero: Advent Christians (A. Cristiani), Church of God (Chiesa di Dio), The Life and Advent Union (Unione della vita e dell'avvento), Churches of God in Christ (Chiese di Dio in Cristo), ecc.

Avvento:  Inizio dell'anno liturgico in preparazione al Natale. Nel rito romano consta di quattro settimane, con inizio nella domenica più prossima alla festa di Sant?Andrea apostolo, ovvero dal 27.11 al 3.12. Nel rito ambrosiano e nella liturgia greca dura sei settimane, iniziando con la prima domenica dopo la festa di San Martino (11.11). L?A. ha un duplice carattere: penitenziale e gioioso. Il primo è espresso dalla soppressione del Gloria in excelsis e dal colore violaceo dei paramenti; il secondo è indicato dal canto dell'Alleluja. Nel V secolo appaiono due aspetti dell'A.: il documento di Ravenna, un rotolo con 43 orazioni preparatorie al Natale, esprime lo spirito teologico di origine orientale; nella Gallia invece l'A. ha l'aspetto ascetico penitenziale simile alla Quaresima. I riti mozarabico (Spagna) ed ambrosiano (Milano) costituirono una fusione dei due aspetti dell'A.

Ayatollah: Titolo onorifico in uso nei Paesi islamici di fede sciita (v.), che viene attribuito alle supreme autorità religiose.

Azione: Manifestazione energetica, di forza fisica o spirituale. Implica una decisione di operare, di passare cioè dalla potenza all'atto. Ogni volta che si agisce ci si manifesta. La manifestazione implica perciò una "forma" di espressione. Ne consegue che ogni "azione" è un atto, che dovrebbe associare responsabilmente la volontà con l'espressione, oppure, detto in altre parole, la Forza con la Bellezza. Tutto questo è indipendente dall'entità o dall'importanza dell'azione. Nella maggior parte dei casi che avvengono nella vita, non si presta particolare attenzione alla forma delle azioni che vengono compiute, specialmente se non sono rilevanti. Tuttavia si dovrebbe doverosamente considerare che la vita ci offre continuamente occasioni per realizzare le nostre piccole "opere d'Arte". Ogni opera d'Arte, vissuta esotericamente nell'interiorità, appare indipendente dall'entità o dall'importanza dell'azione stessa.

Azoth:  Denominazione alchemica del Mercurio (v.). Il Fuoco (v.) e l'Azoto (v.) lavano e purificano le scorie del male, ovvero la terra nera, privandola del colore oscuro. È anche elemento di conservazione, principio e fine di ogni corpo. A. è soprattutto il titolo di una famosa opera di Basilio Valentino (v.), pubblicata a Francoforte nel 1613 dall'editore Johann Bringern in una doppia versione tedesca e latina. Consta in «un trattato suddiviso in due parti: 

Aztechi: Nome della tribù dei Nahua, che prese il nome dal suo mitico paese d'origine, Aztiàn, la terra degli aironi. Nel XIV secolo si stabilirono lungo la valle del Messico. Tenochtitlàn, l'odierna Città del Messico, costruita secondo la leggenda verso il 1325 od il 1370 su un'isola del lago Texcoco, fu la prima sede della monarchia azteca, iniziatasi con Acamipichtli (1375). Successivamente l'imperatore Itzcatl (1360- 1449) fece di Tenochtitlàn il centro dell'espansione azteca, che raggiunse il golfo del Messico e l'Oceano Pacifico. Si creò così un vasto stato a sistema federativo, di cui facevano parte le città conquistate. La spedizione spagnola agli ordini di Hernàn Cortés (1485-1547) riuscì a catturare l'imperatore Montezuma II, poi lapidato dal suo stesso popolo mentre tentava di evitare una rivolta armata, che considerava suicida, contro i potenti conquistatori. Cortés distrusse l'impero azteco (1522), massacrandone gli abitanti ed uccidendo l'ultimo dei suoi sovrani, l'imperatore Cusuhtémoc (1525). La società azteca aveva una rigida organizzazione verticale: sacerdoti, guerrieri, mercanti, popolo e schiavi, cui corrispondeva una ripartizione orizzontale: la terra apparteneva alla comunità, suddivisa in calpulli (quartieri o villaggi), probabilmente remote unità culturali collegate all'organizzazione in clan. Ogni lotto (tlalmilli) era proprietà di un membro della comunità, che poteva lasciarlo in eredità ai figli. Soltanto la parte del calpulli le cui rendite erano destinate al sostentamento dei deboli e degli inabili, al pagamento delle tasse ed all'amministrazione centrale, era veramente proprietà comune. Le funzioni giudiziarie, civili e militari, erano rigidamente centralizzate. Di derivazione olmeca erano la cultura del mais, il sacro gioco della palla, la numerazione vigesimale ed il calendario sacro di 260 giorni. La moralità pubblica ed il codice etico degli A. contrastavano in modo stridente con la pratica dei sacrifici umani, ai quali però i Messicani non attribuivano alcun significato di crudeltà, facendone solo il riflesso terrestre dell'ineluttabile lotta cosmica. La vita dell'individuo e della società degli A. era basata sulla religione. Dal famoso calendario all'organizzazione politica e sociale, tutto era subordinato a scopi religiosi. Dio del sole era Tonatiuh, dea della luna Metzli, dio della pioggia Tlaloc, dea del mais Centeotl, dio dell'inverno il terribile Tezcatlipoca (v.), vendicatore delle colpe umane, e Quetzalcoatl (v.), il serpente piumato, era il dio della civiltà e della tolleranza, costretto all'esilio da Tezcatlipoca, ma destinato a ritornare dall'Oriente. L'imperatore Montezuma II credette di riconoscere nello straniero di pelle bianca e dalla lunga barba di nome Cortés proprio il divino Quetzalcoatl, un errore che doveva anticiparne la tragica fine. L'arte atzeca in ogni sua manifestazione appare legata, più che ad esigenze estetiche, a motivazioni religiose. La scultura, di aspetto monumentale anche quando è di piccole dimensioni, tende ad effetti drammatici della rappresentazione della divinità, mentre i rilievi zoomorfi e le figure umane sono resi con acuto realismo. Numerosi gli oggetti legati al rito del sacrificio umano, come urne cinerarie e coltelli sacrificali in ossidiana: Vastissima anche la produzione di oreficeria, pressoché scomparsa con la conquista spagnola.

Azzimo: Termine derivato dal greco azumoz, senza lievito, pane non fermentato. Nell’Antico Testamento l’accenno al pane A. esprime una situazione di fretta precipitosa, quale si realizzò per gli Ebrei all’atto della loro fuga dall’Egitto: "Il popolo portò con sé la pasta prima che fosse lievitata; essi avevano sulle spalle le loro madie avvolte nei mantelli" (Esodo 12, 34). In memoria di quest’evento nella legge mosaica è stabilito che l’obbligo di mangiare A. per giorni, a partire dalla sera della vigilia di Pasqua: "Osservate gli A., perché in questo stesso giorno io ho fatto uscire le vostre schiere dal paese d’Egitto" (Esodo 12, 17). Donde il nome di "Pasqua degli A.", per indicare la maggior festa religiosa degli Ebrei. La questione se Gesù abbia usato pane A. nell’ultima cena (la cosa è accennata da tre vangeli sinottici ma ignorata da Giovanni) diede origina nell’XI secolo alla lunga "Controversia degli A." fra la Chiesa greca e la Chiesa di Roma. Il patriarca di Costantinopoli, Michele Cerulario, nel 1053 contestò la validità della consacrazione del pane A., considerata un residuo del giudaismo. La polemica, inasprita da motivo politici, fu conclusa dai Concili di Lione (1274) e di Firenze (1439), in cui fu sancita la validità della consacrazione sia lievitato che A. Attualmente il pane fermentato è usato dai cristiani orientali, con l’eccezione di Armeni, Maroniti e Malabaresi, mentre per tutti i riti occidentali è prescritto il pane A.