Aristotele: Grandissimo filosofico greco (Stagira 384 a.C. - Calcide 322 a.C.), forse secondo solo a Platone (v.) di cui fu allievo nell'Accademia, dove entrò a soli diciassette anni. Fu poi fondatore di una sua scuola, il Liceo, dove portò a compimento la grande sintesi enciclopedica del sapere, già presente come tendenza presso Platone ed i suoi allievi. Profondo studioso di tutte le scienze e sostenitore del primato della realtà oggettiva contro il platonico mondo delle idee, costituì la filosofia prima o metafisica come scienza universale ed assoluta dell'ente, fondando la logica analitica e deduttiva quale rigoroso strumento d'accesso al potere. Alla morte di Platone (347) lasciava l'Accademia per trasferirsi prima ad Asso, dove rimase tre anni a dirigere la locale scuola filosofica, poi a Mitilene, dove acquisì un consistente seguito di discepoli, ed infine alla corte di Filippo di Macedonia, ove fu nominato precettore del giovanissimo Alessandro, che provvedeva ad educare alla cultura greca. L'accettazione da parte sua di quell'incarico era stata subordinata all'accordo sulla politica estera macedone che, nelle intenzioni di A., doveva guidare una coalizione greca contro Demostene. Alla morte di Filippo (336) il quattordicenne Alessandro assumeva il potere e continuava a perseguire tale politica. Un anno dopo A. ritornava ad Atene, dove apriva una propria scuola nel ginnasio dedicato ad Apollo Liceo, scuola che assunse il nome di Liceo o Preripato, dai giardini che la circondavano, in cui era possibile tener lezione passeggiando. Fu organizzata secondo la rigorosa mentalità scientifica del maestro, distinguendovi le varie discipline, promuovendo il lavoro di gruppo e servendosi di una biblioteca (modello delle future biblioteche ellenistiche) nonché di un museo di scienze naturali. Fu qui che A. tenne i suoi corsi, sviluppando una ricerca approfondita e differenziata, interessandosi particolarmente alle varie scienze e nello studio degli animali. Nel 323 moriva improvvisamente Alessandro, ed A. divenne oggetto della persecuzione dei seguaci del grande sovrano macedone, essendo Demostene ritornato dall'esilio. Accusato di empietà, lasciò Atene per rifugiarsi a Calcide, dove morì quasi subito per una malattia di stomaco. Tra le sue opere occorre ricordare già la prima, l'Eudemo, un'opera essoterica (destinata al pubblico) nei cui dialoghi viene sostenuta la teoria dell'origine ultraterrena dell'anima e della sua immortalità. In seguito scrisse una serie di critiche a Platone, in particolare Peri yilosojiaz (sulla Filosofia), un testo molto importante di cui ci rimangono vari frammenti ed abbondanti testimonianze. In questa sua opera A. combatte la distinzione tra individuale ed universale, evidenziando un interesse nuovo per la ricerca oggettiva rivolta agli individui reali ed ai loro mutamenti. Sono compiti assunti e risolti in svariate direzioni, attraverso l'insieme delle sue opere esoteriche, che sono tradizionalmente suddivise in quattro diversi gruppi: 1) gli scritti di logica, che compongono Organon (l'Organon, metodo o strumento); 2) i quattordici libri del Ta meta ta fisica (Metafisica, così definiti perché nel catalogo occupavano il posto dopo la fisica); 3) gli scritti di fisica, di storia naturale, di matematica, di astronomia e di psicologia Peri ynchz (l'Anima); 4) gli scritti di carattere etico, politico, economico, poetico e retorico. A. amava distinguere le scienze pure e teoretiche, come matematica, fisica e metafisica, dalle scienze pratiche, riguardanti la formazione dell'uomo e del cittadino. Questo grandioso complesso di scritti, che stanno alla base di tutto il sapere occidentale, ebbe una sorte avventurosa. Infatti vennero dapprima conservati dai discepoli, poi nascosti, quindi portati da Silla a Roma. La prima vera edizione venne prodotta soltanto nel corso del I secolo a.C. da Andronico da Rodi, undicesimo scolarca del Liceo. V. Aristotelismo.

Aristotelismo: Corrente di pensiero propria del mondo classico medievale e moderno che si ispira alla filosofia di Aristotele (v.). La filosofia aristotelica ha avuto e continua ad avere un influsso enorme sulla cultura occidentale. Con la diffusione in oriente della civiltà ellenistica, essa è giunta a contatto con la cultura arba, attraverso la quale è tornata in occidente (dove era conosciuto soltanto l'A. logico), influenzando decisamente la visione medioevale tomistica, filosofica ed in generale culturale. È sufficiente pensare anche soltanto a Dante Alighieri. L'A. ha in seguito conosciuto un nuovo vigore durante l'Umanesimo ed il Rinascimento, soprattutto per l'aspetto naturalistico. In epoca moderna, nel mondo laico è rimasto fortemente sensibile il contributo della sua logica deduttiva, mentre il mondo religioso neo-scolastico ne ha mantenuto l'eredità metafisica, specie attraverso le meditazioni di San Tommaso (v.).

Armena, Chiesav. Chiesa Armena. 

Armeno, Ritov. Rito Armeno.

Arminianesimo: Teoria sulla predestinazione cosiddetta dal nome del suo dotto elaboratore e primo sostenitore olandese, Jakobus Arminius (1560-1609), grande predicatore e scrittore di opuscoli famosi per chiarezza, vigore e precisione di linguaggio. In opposizione alla dottrina calvinista (v.) della predestinazione assoluta, gli armiani sostenevano che Dio intende salvare tutti gli uomini, e Gesù Cristo è morto per tutti loro. Soltanto la condotta degli esseri umani può mutare questa volontà. All’A. si opposero i seguaci di Calvino, e soprattutto il teologo belga Francois Gomar (1563-1641), capo della comunità fiamminga di Francoforte (1587-97), le cui dottrine, grazie all’appoggio dello Statolder Maurizio di Nassau, si imposero al Sinodo di Dordrecht (1618-19), dove l’A. fu duramente condannato.

Armonia: Concordanza di suoni e voci, ed affiatamento di idee e sentimenti. L'Armonia è un attributo importantissimo del modo di essere in ogni istante presente. In analogia con la musica, possiamo ritrovare nella vita i medesimi elementi che caratterizzano ogni musica, che analogamente si compenetrano a vicenda per creare una manifestazione dell'Arte avente un preciso significato. Il nostro cammino può essere paragonato allo svolgersi di una melodia. Il ritmo della vita trova il suo corrispondente nella musica. Tuttavia, può talvolta assumere aspetti sacrali che possono far concepire la vita come un rituale che viene vissuto direttamente. L'Armonia presenta aspetti molto arcani, come del resto la musica. Lo svolgersi dinamico degli istanti, ognuno avente una propria armonia, crea rapporti tra la nostra manifestazione e l'universo di tutte le altre manifestazioni, in superiori armonie o cacofonie, secondo le nostre libere scelte. Si deve considerare attentamente la responsabilità di ciascuno di noi nella creazione delle Armonie, specie nel tempio massonico. È compito specifico del 1° Sorvegliante assicurare il costante mantenimento dell'Armonia nell'ambito della Loggia. Compito di primaria importanza, in quanto soltanto nell'Armonia possono essere condotti in modo giusto e perfetto i cosiddetti Lavori.

Arnaldo da Villanova: La vita di Arnaldo da Villanova, detto il Catalano, è tuttora avvolta nell’oscurità. Le informazioni e i dati riguardanti la sua vita sono piuttosto scarse. Nato intorno al 1240 in Provenza, intraprese gli studi classici presso Aix, dopo di ché si trasferì a Montpellier per studiare medicina. Terminò i suoi studi a Parigi, dove si laureò verso il 1270. A Parigi ebbe la possibilità di seguire i corsi di Alberto Magno (1200 ca.-1280), dalle cui opere nacque l’interesse di Villanova per l’Alchimia. Successivamente Arnaldo viaggiò molto, al fine i perfezionare i suoi studi di medicina; visitò diverse scuole e Università italiane, tra cui quelle di Bologna, Firenze, Perugia e Roma. Si recò a studiare anche a Napoli ed a Salerno, dove era attiva la famosa Scuola Medica Salernitana, autrice del "Regimen sanitatis salernitanum", il più consultato testo di medicina del Medioevo. Tornato in Francia, esercitò la professione di medico in diverse località, stabilendosi infine a Parigi dove rimase per diversi anni. Qui incontrò Raimondo Lullo, futuro grande alchimista, che divenne suo discepolo. Si recò poi in Spagna alla corte di Pietro III d’Aragona (1240-1285), visitando diverse città spagnole, come Barcellona, Valencia, Tarragona e Madrid. Non dimenticò di recarsi a Toledo, città che all’epoca era un famoso punto d’incontro tra Ermetisti provenienti da tutta Europa. Nel 1286 Arnaldo insegnava a Barcellona dove ebbe modo di apprendere la lingua araba e di allargare i suoi studi, interessandosi sempre di più alla religione e alla politica, e scrivendo diverse opere a sfondo escatologico. A Barcellona divenne medico e consigliere di Giacomo II d’Aragona (1264-1327), figlio di Pietro III, esercitando una certa influenza politica in Spagna, in Francia e in Italia. Inviato nel 1301 da Giacomo II a Re Filippo IV di Francia (1268-1314), fu arrestato appena giunto a Parigi, per certe affermazioni teologiche di carattere sospetto contenute nei suoi libri. Appellatosi a Filippo IV ed a Bonifacio VIII (1235-1303), fu liberato ed ottenne di poter lasciare la Francia. Venuto in Italia, seppe farsi apprezzare come medico anche dal Papa (a cui fornì le sue cure contro i calcoli renali) che si mostrò con lui molto tollerante. Tuttavia, nonostante le simpatie del Papa, subì ugualmente condanne e carcere, sia a Roma che a Perugia. Rifugiatosi in Sicilia, alla corte di Federico II d’Aragona, Arnaldo scrisse l’opuscolo De Cymbalis Ecclesia, dove fece professione di fede e di obbedienza al Papa per ingraziarselo. Si narra che proprio di fronte a Bonifacio VIII, Arnaldo compì una delle sue prime trasmutazioni pubbliche, a dimostrazione del suo sapere, ottenendo verghe d’oro purissimo. I suoi rapporti con il Papato migliorarono con il successore di Bonifacio VIII, Benedetto XI (1240-1304), che fu Papa dal 1303 al 1304, e con il successore di questi, Clemente V, eletto nel 1305 per volontà del Re di Francia. Clemente V favorì gli studi di medicina e di lingue orientali, istituendo cattedre universitarie e promulgando editti. Si fece però artefice e responsabile, insieme a Filippo IV, della distruzione e della spoliazione dei beni dell’Ordine del Tempio. Nel 1305 l’inquisizione catalana proibì la lettura dei libri di Arnaldo, che spaziavano dalla Medicina all’Astrologia, dalla Teologia all’Alchimia, ecc., nei quali, con uno spirito apocalittico, il Villanova prevedeva per la metà del XIV secolo, la fine di un’era e la venuta dell’Anticristo. Arnaldo fu chiamato ad esporre le sue teorie di fronte al Sacro Collegio riunito ad Avignone; in questa occasione si espresse contro i governi temporali, rompendo definitivamente ogni rapporto con Giacomo II, del quale, fino a quel momento, era stato medico e consigliere. In Francia, Arnaldo riorganizzò gli studi della Scuola di Montpellier, di cui divenne rettore e professore. Qui, nel 1939, secondo un programma sanzionato da una bolla di Clemente V, pose le basi che trasformarono questa Scuola in Università e compose vari testi medici, diventando famoso per le sue polemiche contro la medicina araba e galenica e opponendo alla cultura dei libri l’esperienza pratica. Anche Clemente V apprezzò personalmente le sue qualità di medico, mostrandosi anche interessato alle sue opere alchemiche (interesse che fu già di Bonifacio VIII). Lasciata la Francia, Arnaldo fece ritorno in Sicilia alla corte di Federico II e si recò forse persino in Africa. Per conto di Federico svolse numerosi incarichi e missioni diplomatiche, recandosi spesso a Palermo, Parigi ed Avignone. Fu durante uno di questi viaggi verso Avignone che Arnaldo morì in mare presso Genova, nell’anno 1313. Dopo la sua morte, nel 1316 i suoi libri furono confiscati e bruciati dall’Inquisizione di Tarragona. Sono sopravvissute molte delle sue opere; tra quelle alchemiche ricordiamo: Flos Florum (Libro del Perfetto Magistero, Sear 1986); Epistola Super Alchimia (Lettera sull’Alchimia al Re di Napoli, Sear 1986); Novum Lumen; Il Rosario dei Filosofi; Domande sull’Essenza e sull’Accidente; Lo Specchio dell’Alchimia; Carmen; Semita Semitae; Testamento; La Practica (Breviarium Librorum Alchemiae); De Decotione. A Lione tra il 1520 e il 1532, ed a Basilea tra 1585 e il 1699, fu pubblicata l’Opera Omnia Arnoldi de Villanova.

Arte Reale: Il termine Arte Reale (Ars Regia) proviene dalla Tradizione, e sta a significare il "modus operandi" del vero artista. È una delle varie denominazioni della Massoneria, di probabile origine rosacrociana, intesa come insieme delle scienze e degli insegnamenti che l'Istituzione propone ai suoi adepti. Il termine "reale" indica che l'essere umano, attraverso la pratica muratoria, si realizza integralmente, fino a diventare iniziaticamente un vero "re", in grado di validamente contribuire al rinnovamento dell'Umanità. Molteplici sono le implicazioni che si riferiscono al modo di vivere l'Arte Reale nei confronti della Trascendenza. L'artista, in quanto sovrano o re di se stesso: a) non può servire padroni interiori, b) agisce direttamente nella propria opera, c) è l'unico responsabile della propria vita. Egli, in quanto artista: 1) deve saper cogliere l'ispirazione della Trascendenza, 2) deve avere la coscienza della Bellezza che lo circonda, 3) deve produrre solo vere opere d'Arte.

Arte: Abilità, accorgimento, attività umana regolata da accorgimenti tecnici e fondata sullo studio e sull'esperienza, azione individuale o collettiva che origina prodotti culturali o comportamentali, oggetto di giudizi di valore o reazioni di gusto, risultato di quest'attività. L'Arte ci consente di interpretare le ispirazioni che spesso illuminano la nostra vita, ma che altrettanto spesso sono profondamente velate dagli eventi. La piena comprensione dell'Arte ci consente di concepire la nostra esistenza come una grande opera di Artisti. In tale senso è possibile concepire uno scopo della nostra esistenza che trascenda la contingenza dei fatti di tutti i giorni. L'Arte consente agli uomini di vivere in armonia tra loro. Come sostengono "gli Antichi Doveri", se un uomo ha bene inteso l'Arte, non potrà mai essere uno "stupido ateo" né un "irreligioso libertino".

Arti liberali: Secondo antiche tradizioni indoeuropee, erano così definite la retorica, la grammatica, la dialettica, l’aritmetica, la geometria, la musica e l’astronomia. Secondo il Rituale del Grado Simbolico di Compagno d’Arte, il Quadro delle A.L. collocato all’Oriente del Tempio Massonico comprende invece la Grammatica, la Geometria, la Filosofia, la Poesia e la Musica: "Esse suggeriscono che la mente deve indagare liberamente in ogni campo della conoscenza, evitando qualsiasi dogmatismo limitatore".

Artista: Chi opera nel campo dell'arte, chi ha e manifesta sensibilità per le opere d'arte, esperto artigiano, artiere. L'Artista rappresenta, idealmente, un modello al quale è possibile fare riferimento nel corso della realizzazione della nostra ricerca interiore. La ricerca dovrebbe essere considerata soprattutto come un adeguamento cosciente e coerente ai nostri valori interiori, piuttosto che un raggiungimento di specifiche conoscenze. L'Artista cerca di percorrere la strada della potenza delle ispirazioni, vissute in chiara coscienza, mentre diffida profondamente del falso potere che talvolta deriva dall'apparente "possesso" dell'atto. Il vero Artista non baratterà mai la propria ispirazione interiore, che proviene dal futuro, per una sterile esistenza basata sul solo presente. Evidente che un vero buon Massone non può che essere un vero Artista.

Artù: Leggendario re di Bretagna, protagonista di un ciclo di opere di prosa e di poemi denominato della Tavola rotonda (v.). Artù (od Arturo) sarebbe nato verso la fine del V secolo, ed avrebbe regnato sulla Bretagna meridionale, lottando contro i Sassoni invasori. Il suo nome appare per la prima volta nella Historia Brittonum di Nennio (VIII secolo). Mentre se ne parla assai più diffusamente nella Historia Regnum Britanniae di Geoffrey di Monmouth (1135). La saga di A. e dei suoi cavalieri è stata trasferita nel mondo moderno (come ne La terra desolata di Thomas Stearns Eliot) o in quello futuribile della fantascienza e della phantasy (da Paul Anderson e Roger Zelasney); è stata interpretata in chiave esoterica, religiosa, psicanalitica, politica, satirica. Insomma, come testimoniano i numerosi rimandi ad altri argomenti che compaiono alla voce Re A., è al centro di un vastissimo e variegato universo, e, millequattrocento anni dopo la sua nascita, continua a essere, come è scritto su una lapide ad Avalon, "Rex Quondam, Rexque Futurus" Re una volta, Re per il futuro. Per alcuni studiosi, A. è un personaggio ispirato a Cu Chulainn, protagonista di poemi epici irlandesi; per altri un dio del pantheon celtico, forse il simbolo della terra stessa (Art = roccia, da cui Earth ), poi trasformato dalla leggenda in un essere umano. C'è invece chi ritiene che sia esistito veramente: nel VI secolo d.C. fu forse il Re o il capo di una tribù Britannica impegnata nella resistenza contro gli invasori Sassoni. Purtroppo dell'A. storico, se mai c'è stato, si conosce ben poco: lo stesso nome "Arthur" (così si chiama in Inglese) non fornisce indicazioni sulla sua origine. Potrebbe derivare dal latino Artorius (in tal caso A. era forse un Comes Britanniarum, ovvero un rappresentante locale dell'Impero Romano), dal celtico Artos Viros o dal corrispondente gaelico Arth Gwyr (uomo orso), od ancora dal già citato Art (Roccia in irlandese). Un principe britanno chiamato Arturius, figlio di Aedàn mac Gabrain Re di Dalriada, è citato dall'agiografo Adomnan da Iona nella Vita di San Colombano (VIII secolo); nella Historia Brittonum (IX secolo) lo storico Nennio racconta che il dux bellorum Artorius uccise personalmente novecentosessanta Sassoni durante la battaglia di Mons Badonis (Bath); gli Annales Cambriae (X secolo) descrivono la sua morte e quella del traditore Medraut (Mordred) nella battaglia di Camlann nell'Anno 93 (539 d.C.); ma altri storici dell'epoca, tra cui Gildas e il Venerabile Beda, non fanno alcun cenno a un condottiero chiamato A.. All'A. storico sono stati attribuiti convenzionalmente una data di nascita e di morte (475-542 d.C.), ma c'è chi lo identifica con personaggi più antichi: secondo Geoffrey Ashe poteva essere Riothamus, Re britannico del V secolo; per B. Le Poer Trench si trattava del ribelle Arviragus, che combattè contro i Romani nel I secolo; questi avrebbe dato inizio a una stirpe di differenti A., Sacerdoti del Culto della Grande Madre. Tra i molti eroici guerrieri che si alternarono alla Tavola Rotonda (poi il loro numero venne fissato a ventiquattro o a dodici) solo Drustan (Tristano) è esistito veramente: era figlio di Re Cynfawr, ed i resti del suo castello si possono ancora ammirare sulla collina di Castle Dore, in Cornovaglia. La ricerca delle prove storiche dell'esistenza di A. continua, appassionata ed ininterrotta, fin dal 1190, quando i monaci di Glastonbury identificarono la sede della loro Abbazia con la mitica Avalon, ove il sovrano era stato trasportato dopo essere stato mortalmente ferito a Camlann. I luoghi e i tempi delle imprese di A. variano di narrazione in narrazione, e spaziano dal Galles, alla Cornovaglia, all'estremo nord dell'Inghilterra, rendendo le indagini particolarmente complesse. Il volume The Quest for Arthur's Britain di Geoffrey Ashe propende a identificare Avalon con Glastonbury, e Camelot, il mitico castello dei Cavalieri della Tavola Rotonda, con la fortezza neolitica di Cadbury, ai confini tra il Somerset e il Dorset. Esistono tuttavia molte altre collocazioni diverse: Sir John Rhis elenca dieci possibili isole di Avalon (Glastonbury, Gower, Aberistwyth, Gresholm, Shilly, Bardsey, Puffin, Man, Tory, Anglesey), ma il leggendario luogo di sepoltura di A. è stato identificato anche con una Avallon in Burgundia, e persino con la Sicilia (da Gervase di Tilbury e dall'anonimo autore del romanzo Floriant et Florete, 1250). In King Arthur - Il mito della Tavola Rotonda, (1986), la ricercatrice Norma Lorre Goodrich rifiuta recisamente la tesi di Glastonbury, e sostiene che Avalon è il castello di Peel nell'Isola di Man; Camelot sarebbe invece il castello di Greenan, a nord di Glasgow. L'edificio è da tempo di proprietà dei Kennedy, cosicché, per un certo periodo, la stampa ha diffuso la notizia che il defunto presidente fosse discendente di Re A.. Arthur diventa protagonista o comprimario di narrazioni gallesi intorno al 600 d.C.; in un poema del ciclo Gododdin attribuito al bardo Aneirin è descritto come un guerriero invincibile, una sorta di Conan ante litteram. Preiddeu Annwn (Il sacco dell'Inferno), The Black Book of Carmanthren e Culhwch ut Olwen sono racconti tratti dai lai (cantate) dei Bardi, messi per iscritto soltanto intorno al XII secolo, ma che riferiscono narrazioni celtiche del VII-VIII secolo; nel Preiddu Annwn, attribuito al bardo Taliesin, A. discende agli inferi per recuperare un magico calderone; in The Black Book of Carmanthren si afferma per la prima volta che nessuno sa dove si trovi la sua tomba; in Culhwch ut Olwen, uno degli undici racconti in lingua gaelica che compongono la raccolta Mabinogeon, aiuta il nipote Culhwch a superare quaranta prove per garantirsi la mano della figlia del gigante Ysbaddadenvi. Qui A. è già circondato dalla sua corte, composta da Gwenhwyfar (Ginevra), Myrddin (Merlino), Keu (Kay), Bedwyr (Bedivere o Beduero), Gwalchmai (Gawain), Owein (Ivano) e Medrawt (Mordred). Tradizioni orali a proposito dell'A. celtico si sono sviluppate in un'epoca imprecisata, probabilmente posteriore a quella dei miti gallesi, anche in Bretagna, dove i Cavalieri giungevano dall'Inghilterra camminando su un ponte di isole (?). Un famoso luogo arturiano, la foresta di Broceliande, è stato localizzato con una certa sicurezza presso Paimpont, nel Pays de Rennes; qui si trova anche una chiesa nota popolarmente come l'Eglise du Saint Graal . I Cavalieri della tradizione bretone sono Ban de Benoic, Bonhor de Gannes, Hector des Mares e Guivret de Lamballe. Nell'XI secolo A. era considerato dagli inglesi un eroe nazionale, e le sue imprese, diffuse dalle cantate dei Bardi, erano note non solo in Gran Bretagna, Irlanda, nord della Francia, ma anche nella lontana Italia: lo dimostra un bassorilievo sulla Porta della Pescheria del Duomo di Modena, realizzato intorno al 1120 (e cioè con almeno dieci anni di anticipo sul ciclo di narrazioni scritte) in cui sono raffigurati Artus de Bretania, Calvagin (Gawain), Galvarium (Galeron) ed altri cavalieri. Ma l'A. celtico-britannico era un personaggio che i romani avrebbero definito un barbaro: un Re robusto e coraggioso quanto rozzo ed incolto. La sua notorietà internazionale impose, come diremmo oggi, un'operazione di rinnovamento dell'immagine, allo scopo di nobilitare la sua figura. Fu l'inglese Geoffrey di Monmouth a dare il via al processo che avrebbe trasformato Re A. da monarca barbaro a simbolo messianico di Re-Sacerdote e unificatore globale, ed i suoi cavalieri in un perfetto modello per le istituzioni cavalleresche medioevali. Tra il 1130 e il 1150, nell' Historia Regum Britanniae, nelle Prophetiae Merlini e nella Vita Merlini, Geoffrey tracciò una precisa quanto fantasiosa genealogia del sovrano, recuperò e interpretò in chiave cristiana (e non più celtica) Merlino (v.) e gli altri comprimari, e pose alcuni capisaldi del futuro ciclo, battezzando con il nome Avalon il sepolcro da cui A. sarebbe risorto quando l'Inghilterra avrebbe avuto ancora bisogno di lui. Più che nella nativa Inghilterra, la cosiddetta Materia di Bretagna conobbe il massimo sviluppo oltre Manica, presso la corte anglo-normanna dei Plantageneti. Le ragioni dell'attrazione esercitata sui francesi nei confronti di un mito "estraneo" sono state a lungo discusse, senza mai arrivare a una spiegazione univoca; non è impossibile che certi autori abbiano voluto entrare in contrapposizione con la popolare Materia di Francia, dedicata a Carlo Magno ed al paladino Orlando. Nel 1155 Robert Wace terminò il primo poema del ciclo, Le Roman de Brut: si trattava di una traduzione in normanno dell'Historia Regum Britanniae, ripulita dai particolari più crudi. Per esempio non vi si dice che durante la guerra contro gli Scoti e i Pitti, A. li assediò per quindici giorni facendoli morire di fame a migliaia, e poi si abbandonò a indicibili violenze senza risparmiare quelli che cadevano nelle sue mani. Lo integrò inoltre con altri elementi, menzionando per la prima volta la Tavola Rotonda. Verso il 1190 Chretien de Troyes, nel poema (incompiuto) Perceval le Gallois ou le Conte du Graal, introdusse nella materia il tema della Ricerca del Santo Graal. Egli battezzò Camelot la reggia di A., e inventò alcuni grandi protagonisti del ciclo, tra cui il già citato Percival e Lancillotto, eroe del Lancelot, ou Le Chevalier de la Charrete. Le opere del cosiddetto Ciclo della Vulgata (la Queste del Saint Grail e la Mort Artu, attribuite a Walter Map, il Joseph d'Arimathie ou Estoire del Sant Graal e l' Estoire de Merlin attribuite a Robert de Boron e altre narrazioni in versi o in prosa), scritte tra il 1200 e il 1215, arricchirono ulteriormente la saga. Nello stesso periodo nuove avventure del Re e dei suoi cavalieri cominciarono a venir prodotte autonomamente in vari paesi d'Europa. Proprio un poema straniero, il Parzival, scritto intorno al 1210 dal tedesco Wolfram Von Eschenbach, privilegiò per primo gli elementi esoterici e simbolici del ciclo nei confronti di quelli avventurosi. L'epopea arturiana venne definitivamente messa a punto verso il 1450, ne Le Morte Darthur di Sir Thomas Malory. Qui si trovano tutti gli ingredienti alla base di centinaia di opere successive (tra cui il bel film Excalibur di John Boorman): la nascita di A. da Ygerne e Re Uther Pendragon; la tutela da parte di Merlino, l'ascesa al trono dopo aver estratto la spada dalla roccia; la vicenda dell'Excalibur, la più famosa delle spade incantate; l'istituzione della Tavola Rotonda a Camelot, l'amore proibito tra Lancillotto e Ginevra, la nascita di Mordred, concepito da un rapporto incestuoso tra A. e la sorellastra Morgana; l'avvento del Wasteland o terra desolata, ed infine la ricerca del Santo Graal (v.) da parte di Percival e Galahad, che lo ritroverà, e la morte di A. nella battaglia contro Mordred, con il trasferimento della sua salma ad Avalon.

Aruspicina: Interpretazione della volontà degli dei attraverso vari fenomeni. Secondo la tradizione, fu rivelata agli Etruschi da Tagete. I precetti dell’A. vennero raccolti da Tarconte in appositi libri, chiamati etrusci libri o Tagetici. L’A. prendeva in considerazione tre generi di fenomeni: exta, le viscere degli animali; monstra, avvenimenti straordinari di diversi generi; fulgura, le folgori. Tra questi tre tipi di fenomeni, i più importanti erano senza dubbio gli exta. Oggetto di particolare osservazione era il fegato, allora considerato sede della vita. La scienza che studiava tale organo, già in uso presso i Babilonesi, passò poi agli Hittiti, e molto probabilmente da questi agli Etruschi. È certo che gli Etruschi, come i Babilonesi, creavano dei modelli di fegato su cui si potevano studiare i vari fenomeni da predire. Famoso è il fegato in rame conservato nel museo civico di Piacenza. Aruspice era il sacerdote, in genere di origine etrusca, a cui era affidata l’A. Erano aruspici i principes etrusci, convocati spesso a Roma dove coprirono incarichi importanti. Si sa che un Ordo LX haruspicum era esistente a Roma nel periodo finale della repubblica. Più tardi, in età imperiale, l’A. andò acquistando sempre maggiore importanza. Furono infatti suoi sostenitori, sotto Cesare Ottaviano Augusto, il celebre Mecenate e, sotto Tiberio, Seiano. In seguito gli astrologi caldei contesero la funzione divinatoria agli aruspici, ma l’importanza di questi ultimi non declinò neanche dopo gli editti di Costantino e Teodosio. La prima traduzione latina dei libri etruschi sull’A. si deve a Tarquinio Prisco, alla metà del I secolo a.C., ma ce ne rimangono pochi frammenti. In seguito si occuparono di A. Aulo Cecina e Publio Nigidio Figulo. Sotto Augusto ne scrissero Giulio Aquila, Clodio Tusco e, più avanti, Attalo, maestro di Seneca ed Unbricio Meliore. Alla corte di Galba scrissero di A. (metà del III secolo) Aurelio Gentiliano Tusco, allievo di Plotino (v.), Apuleio, Ammiano Marcellino ed altri.

Arverni: Popolo della Gallia celtica, che diede il nome all’odierna Alvernia. Nel II secolo a.C. gli A. erano riusciti a formare attorno al loro territorio un vasto Stato, comprendente gran parte della Gallia, con capitale Gergovia (6 km. A Sud di Clermont-Ferrand). Nel 121 a.C. Bituito, re degli A., fu sconfitto dai Romani e morì in battaglia. Verso l’80, con il re Celtillo, gli A. tuttavia si ripresero, e poterono poi, sotto la guida di Vercingetorige, figlio di Celtillo, opporre una tenace resistenza alla conquista romana (52 a.C.). Il paese fu compreso nella provincia di Aquitania, ma gli A. mantennero sempre una certa egemonia sugli altri popoli della Gallia, specie per il culto nazionale di Mercurio, cui era stato eretto un grande tempio sulla cima del Puy-de Dome.

Arya Satya: Espressione della lingua indi indicante le Quattro Grandi Verità affermate da Gotama Buddha (v. Buddhismo): · 1) Il dolore è la condizione totale dell’esistenza; · 2) la genesi del dolore è il desiderio, ovvero la brama di esistenza; · 3) l’eliminazione del dolore consiste nell’annullamento del desiderio (v. Nirvana) e del ciclo delle nascite; · 4) la strada che porta al Nirvana è il Dharma (v.).

Asava: Termine della dottrina buddhista, indicante i quattro elementi che deteriorano le facoltà razionali dell’essere umano: · Kamasava, il veleno del desiderio; · Dhavasava, il velenodell’esistenza; · Ditthasava, il veleno della speculazione intellettuale; · Avijasava, il veleno dell’ignoranza.

Ascesi: Termine derivato dal greco aschsiz, da ascew, esercitare, praticare. In origine era riferito all’allenamento ginnico ed atletico (Tucidide, Senofonte); in seguito esso indicò lo sforzo morale e spirituale per raggiungere la sapienza e la virtù (Platone, Demostene, gli stoici), ed infine la pratica religiosa (Isocrate, Filone). Queste due ultime accezioni furono accolte nella spiritualità cristiana fin dall’epoca di Clemente Alessandrino (A. gnostica). L’A. cristiana parte dal presupposto di una situazione di conflitto naturale ed insanabile fra il piano fisico ed il piano spirituale dell’uomo, per cui la mortificazione (castigatio) del corpo diventa il presupposto necessario ed indispensabile per la liberazione dello spirito. Si distingue comunemente a seconda della loro finalità, fra A. mortificatoria ed A. estatica: la prima, di carattere negativo, tende a reprimere gli istinti organici per liberare da ogni impaccio corporeo le forze spirituali; la seconda mira a sfruttare elementi positivi (piacere sessuale, droghe, alimenti) per provocare un contatto estatico con il mondo divino. La distinzione però è meramente formale, e talvolta aleatoria. Nell’Antico Testamento, oltre le numerose prescrizioni circa l’astinenza (v.), erano imposti digiuni pubblici (Levitico 23, 27-33; Numeri 29, 7-12), e in occasione di pubbliche calamità erano praticati digiuni d’iniziativa privata (Giuditta, Esther). Nel Nuovo Testamento l’A. è raccomandata da Gesù non sotto forma imperativa assoluta, ma piuttosto esortativa (rinnegamento di sé stessi, assumendo la propria "croce": Matteo 15, 24). Caratteristica dell’A. evangelica è il suo fondamento in una religiosità interiore, senza la quale gli atti esterni non hanno valore alcuno (Matteo 6, 1-33). Nella concezione dell’A. vi è una fondamentale distinzione fra A. sistematica ed A. occasionale: la prima investe la totalità della vita, ed ha come modello classico il monachesimo (v.) e la pratica dei voti religiosi (povertà, castità ed obbedienza); la seconda è rappresentata da taluni comportamenti occasionali (digiuni, astinenze, mortificazioni corporali) che possono derivare dall’obbedienza ad un precetto collettivo (p. es. i digiuni e le astinenze precettate dalla Chiesa) o da una libera scelta individuale. Fra i protestanti Lutero (v.), conseguentemente alla teoria dell’inutilità delle opere buone, si dichiarò inizialmente contrario all’A.; Calvino (v.) invece impose a tutti un’A. quasi monastica. Dal XIX secolo sono sorti, anche fra i protestanti, esperimenti di vita religiosa in comune, pur senza voti irrevocabili. Il Concilio vaticano II, proseguendo nella sua via di adattamento della pratica cristiana alle esigenze della vita moderna, ha ridotto notevolmente gli impegni esterni dell’A. (digiuni, astinenze) sottolineandone invece l’aspetto intimo e spirituale.

----Ascia: Attrezzo da taglio simile alla scure ma più piccolo, impiegato per il taglio di legname, caratterizzato da un corto manico di legno e da un tagliante a forma lunata. Strumento antichissimo, già nel Neolitico se ne trovano esempi di pietra verde o di calcare selcioso, scheggiati o levigati, che in alcuni casi presentano un foro per il fissaggio del manico. Con l’era dei metalli l’A. di pietra diventa più piccola, ed assume carattere di amuleto, mentre per il lavoro si usa un’A. di metallo, dapprima piatta e poi con i margini rialzati. Nell’età del ferro subentra l’A. a cannone, con un incavo nella testa per farvi passare il manico. All’A. semplice o doppia, detta bipenne (v.), nel mondo mediterraneo e fin dall’età preistorica è stato attribuito un significato simbolico. Creta è forse uno dei luoghi in cui la si ritrova più frequentemente fra i simboli religiosi, specie quella bipenne. Costruita in oro, argento, bronzo o -pietra, rappresentava la divinità e la sua presenza, soprattutto il fulmine ed il dio che lo scaglia. In età classica l’A. sopravvive nel culto nel culto di Dioniso a Tenedo, e nei sacrifici delle Dipolie celebrati in onore di Zeus Polieo, sull’Acropoli di Atene. Nella figura sono rappresentate: · 1) A. neolitica tagliata e levigata; · 2) A in rame del IV millennio a.C.; · 3) A. romana piatta in rame; · 4) A. levigata di nefrite e serpentino, Odessa, II millennio a.C. Presso gli Etruschi l’A. bipenne inserita in un fascio di verghe (come quella trovata nella tomba detta del Littore a Vetulonia) volle significare, oltre alla forza del dio folgorante, l’autorità suprema del nume depositario della giustizia che regola e punisce. Tale concetto passò dall’Etruria a Roma, dove il simbolo del fascio littorio (in cui però l’A. bipenne venne sostituita dalla scure), espresse la santità del vincolo sociale tutelato dalla legge. Per tutta l’epoca romana l’A. bipenne fu comunque l’arma tipica impiegata nei sacrifici di tori e di altri animali, ed in tale veste la si trova rappresentata in scene sacrificali di vari monumenti onorari. Nel Medioevo l’A venne anche adottata per gli scontri nei tornei cavallereschi, ordalia (v.) compresa. Infine il fascio littorio venne adottato quale simbolo del Fascismo, che da esso prese il nome (v. nella figura una moneta d’argento da L. 2 del 1924).

-Asclepieo: Dal greco (‘Asclepeion), è il nome dato ai santuari di Asclepio (v.). Il nucleo più antico era costituito da una fonte o da un pozzo, situati all’interno di un recinto boscoso sacro, intorno al quale erano sorti vari altri edifici. Il malato che voleva chiedere al dio il risanamento veniva sottoposto a lavacri e ad un digiuno purificatore, e partecipava a sacrifici propiziatori; dopo di che, a sera, dormiva nella parte più recondita dell’A. (abaton). Il giorno seguente un sacerdote, che spesso era anche un medico, interpretava il sogno che il malato aveva fatto, spesso per suggestione, e stabiliva la diagnosi e la terapia. Gli A. più noti furono ad Epidauro (fu tra tutti il più famoso, 380 a.C.), a Coo, ad Atene ed a Trikka.

Asclepio: Divinità sotterranea dell’antica Grecia (Asclhpioz), noto soprattutto come inventore e dio della medicina. La leggenda (Pindaro, Pizie III) narra che era figlio di Apollo e di Coronide; affidato al centauro Chirone (v.), dopo che la madre fu uccisa da Apollo per vendetta, imparò le virtù segrete delle erbe, ed acquistò così il potere di guarire tutte le malattie. Ades, adirato perché l’opera di A. impediva ai mortali di raggiungere gli inferi, pregò Zeus di punirlo. Il re degli dei uccise A. con un fulmine, ma subito dopo si pentì del suo atto e lo chiamò accanto a sé sull’Olimpo. Nella mitologia romana A. venne chiamato Esculapio (v.). Secondo alcuni studiosi, sarebbe stato un medico realmente vissuto nell’XI secolo a.C. in Tessaglia, forse a Trikka, (v. a fianco il rilievo greco del IV secolo a.C., raffigurante A. e la sua scuola) dove più tardi venne edificato un grande tempio in suo onore. Dopo la sua morte, in epoca molto tarda, sarebbe stato deificato. Altri santuari sorsero successivamente in suo onore ad Epidauro (rimasto il più famoso di tutti, del 380 a.C.), a Coo, a Pergamo ed a Corinto. In origine il culto praticato in questi luoghi era prevalentemente religioso: i malati, accolti ed ospitati in appositi edifici nei pressi del tempio, dopo una preparazione piuttosto complessa, venivano guariti durante l’incubazione, ovvero mentre dormivano sotto il portico di fronte al tempio. Un questo avvenimento miracoloso sembra che i serpenti (da sempre presenti nella storia della medicina), custoditi nei sotterranei, svolgessero un ruolo di primaria importanza. Con il tempo le pratiche religiose vennero gradualmente sostituite da vere e proprie pratiche mediche.

Aseità: Termine indicante l’essere a sé stante, in sé e per sé, L’Ente indispensabile che ha in sé causa e principio della propria esistenza, ovvero la condizione dell’Essere Supremo, che non trae da altro il proprio essere. San Tommaso la riferisce a Dio, mentre Spinoza la pone in stretta relazione con la sostanza delle cose. Schopenhauer la collega invece alla volontà, mentre Hartman la riferisce all’inconscio. L’A. è l’opposto di abalietà (v.).

Ashkenaziti: Termine derivato dall’ebraico "Ashkenaz", indicante la popolazione discendente da Japhet e denominata anche Ashkenazim. (I figli di Japhet sono Gomer, Magog, Madai, Javan, Tubal, Mosoc e Tiras. I figli di Gomer sono Ashkenaz, Rrifat e Togorma – Genesi 10, 2-3), È stanziata a settentrione della Siria attuale. Con tale nome sono anche identificati gli ebrei dell’Europa centrale ed orientale, che ebbero in Germania il loro centro di diffusione, per distinguerli dai Sefarditi. Attualmente costituiscono la maggioranza della popolazione ebraica dello stato di Israele, degli stati dell’ex Unione Sovietica e delle Americhe. Il loro rituale liturgico è del tutto peculiare, pur restando aderente al rituale palestinese, e si distiguono per la particolare pronuncia della lingua ebraica. Sono molti gli ebrei italiani che seguono il rito ashkenazita.

-Ashmole Elias: Erudito antiquario inglese (1617-1692), iniziato alla massoneria in una Loggia di Warrington, cittadina della contea di Lancastre, il 16 Ottobre del 1646. Egli fu quindi uno dei primi Massoni accettati. Nel 1660 fondò la Royal Society, tempio ideale della scienza. Vari storici massonici lo giudicano alchimista e membro della Fratellanza Rosacrociana, che contribuì all’evoluzione del pensiero speculativo muratorio, erigendosi a precursore della moderna Massoneria, concretizzatasi poi nel 1717 con la Costituzione detta di Anderson (v.). Al contrario di taluni avventurieri, come il Cagliostro ed il Conte di Saint Germain, A. seguì con sincerità e purezza di intenti l’insegnamento della dottrina dell’ordine Rosa+Croce. Inoltre si occupò intensamente della ricerca alchemica, seguendo scrupolosamente le tracce di Alberto Magno e Ruggero Bacone, arrivando a porsi almeno allo stesso livello dei grandi alchimisti rinascimentali, come Arnaldo da Villanova, Paracelso, e Cardano (v. Alchimia). I Massoni inglesi ne fecero presto un personaggio da leggenda, attribuendogli l’intero merito della riforma attuata. Secondo il Ragon ed altri eminenti storici, sarebbe stato lui, un Rosacroce, ad imprimere un carattere iniziatico ai primitivi rituali operai muratori. Invece secondo il Wirth in effetti non è così, poiché l’influenza esercitata da questo studioso di scienze occulte sulla Massoneria fu assolutamente nulla. Infatti, deluso dalla natura da lui ritenuta povera dei misteri rivelatigli al momento della sua iniziazione, non riapparve in loggia che dopo ben 36 anni, il 15 Marzo 1682, per la seconda ed ultima volta nella sua vita, come attestato dal suo diario (diary) che tenne giornalmente con scrupolosa pignoleria.

Asilo: Rifugio, ricovero, ricetto. Anche luogo in cui si raccolgono persone bisognose di assistenza ed aiuto. Denominazione degli istituti pedagogici prescolastici, oggi scuole materne. (politico) Inviolabilità accordata allo straniero rifugiatosi per motivi politici in territorio estero od in luoghi che godono dell'extraterritorialità. È il nome antico del luogo in cui veniva offerta ospitalità e sicurezza contro qualsiasi persecuzione, anche a quanti si fossero sottratti al rigore delle leggi. Essi si mettevano al sicuro rifugiandosi nei templi o nei boschi sacri agli dei. A Roma era concesso il diritto d'A. in un bosco di querce posto tra il Campidoglio e la rupe Tarpea, nonché nel tempio consacrato a Diana, sul monte Aventino. L'imperatore Tiberio abrogò poi, con apposita ordinanza, ogni tipo di diritto d'A. Tale diritto viene tuttora riconosciuto dal vigente diritto canonico, che tutela ed assicura l'inviolabilità del rifugiato in una chiesa.

Asmonei: Termine usato dagli scrittori ebraici per indicare i membri della famiglia sacerdotale dei Maccabei. Secondo una versione storica, venne impiegato per la prima volta nel I secolo d.C. dallo storico ebreo Giuseppe Flavio, che lo ricavò da Asmon, bisavolo del sacerdote ebreo Mataria. Secondo altri il termine è di origine ebraica, e significa ricchi, potenti. Gli ultimi A. vennero annientati da Erode il Grande nel 30 a.C., unitamente al loro pontefice Ircano II.

Aspirante: Termine indicante la persona che aspira ad un impiego, ad un titolo oppure alla mano di una donna; indica anche chi intende far parte di un’associazione, per cui richiede la propria ammissione ad essa. Y (Massoneria) Nel linguaggio massonico indica colui che richiede l’iniziazione, e quindi di entrare a far parte della Massoneria. Dopo l’accettazione preliminare da parte della Loggia cui ha richiesto l’ammissione, viene definito candidato, e dopo l’iniziazione neofita ed Apprendista Libero Muratore (v.).

Aspirazione: Brama, desiderio, intento, tendenza. Desiderio ardente di qualcosa. Suscita meraviglia il riscontrare che, al di là delle circostanze che spesso riducono le aspirazioni a sogni ad occhi aperti, esiste una componente che talvolta agisce sull'uomo in modo indipendente dall'oggetto delle aspirazioni. Una tale componente ci rivela la natura superiore, "divina o trascendente" che dir si voglia, insita nella Vita. La coscienza che tutti si dovrebbe avere di tale natura comune, ci dovrebbe rendere molto tolleranti nei riguardi delle aspirazioni umane, specialmente degli altri. Mentre la natura superiore è comune a tutti, spesso l'oggetto delle aspirazioni viene manifestato in modo molto imperfetto, proprio a causa della nostra peculiare natura umana.