-Apocalisse: Dal greco Apocaluyiz, rivelazione, libro profetico, ultimo del Nuovo Testamento. Il nome deriva dalle prime parole del testo (Rivelazione di Gesù Cristo). L’autore dell’A. è un Giovanni menzionato nella introduzione "Egli l’ha manifestata inviando il suo angelo al suo servo Giovanni" (1, 1). Nella prima tradizione ecclesiastica questo Giovanni veniva concordemente identificato con l’autore del quarto Vangelo; ma le profonde differenze di lingua, di stile, di contenuto fra le due opere indussero già Dionigi d’Alessandria (III secolo) a suggerire che esse appartenessero a due diversi autori. Alcuni critici moderni, specialmente protestanti, aderiscono all’obiezione di Dionigi; altri, in maggioranza cattolici, la respingono, e spiegano le innegabili differenze formali come conseguenze della diversità della materia trattata, forse anche per l’intervento di segretari diversi. Comunque tutti concordano nell’includere l’A. nella cosiddetta letterature giovannea. L’opera fu scritta a Patmos, isola del gruppo delle Sporadi (Egeo). L’epoca di composizione coincide, secondo la tradizione più accreditata, con gli ultimi anni del regno di Domiziano (81-96). L’A. è scritta in forma di messaggio alle sette chiese d’Asia, cioè, dato il significato della forma retorica usata, alla totalità delle chiese. Lo scopo del messaggio è di rincuorare la comunità cristiana che è sottoposta ad una terribile prova: dopo il magnifico sviluppo all’epoca della sua fondazione, ora la Chiesa pare seriamente minacciata nell’unità della fede (movimenti ereticali), nella purezza dei costumi (rilassamento della vita religiosa, raffreddamento della carità) e dall’imminenza delle persecuzioni. Giovanni intende sostenere il coraggio dei cristiani fino alla morte (2, 14), ed intanto li rassicura sulla presenza divina di Cristo, che sarà vincitore del Dragone. L’opera, oltre una introduzione (1, 1-8) ed un epilogo (22, 6-21), consta di due parti: la prima, di carattere pastorale (2, 3), contiene le lettere alle sette chiese (Efeso, Smirne, Pergamo, Tiatira, Sardi, Filadelfia e Laodicea), dettate all’autore da un figlio di uomo apparsogli glorioso fra sette candelabri d’oro; la seconda è di carattere profetico-escatologico (4, 22). Questa seconda parte rappresenta il centro essenziale dell’opera, e comprende due visioni parallele: la prima visione riguarda i destini del mondo, la seconda concerne l’avvenire della Chiesa. La prima visione si apre con la presentazione del trono di Dio e dell’Agnello vittorioso (5, 1-14), e s’incentra in due motivi: l’apertura dei sette sigilli (6, 1; 8, 1), simbolo della preparazione in celo dei flagelli che colpiranno il mondo )dal primo sigillo usciranno i famosi quattro cavalli), ed il suono delle sette trombe (8, 2; 11, 189, che significano l’esecuzione di quelli sulla terra. La seconda visione inizia con una duplice vicenda: in cielo la lotta del dragone (Satana) contro la donna (che rappresenta il popolo eletto) (12, 1-18), e sulla terra le due bestie (simboleggianti l’impero romano ed i falsi profeti) (13, 1-18); a questa duplice scena si contrappone l’apparizione dell’Agnello sul monte Sion, seguito dallo stuolo dei fedeli (14, 1-5). Il giudizio escatologico è espresso da varie figurazioni: i sette flagelli e le sette coppe (15-16), segue la condanna della grande meretrice (Roma, novella Babilonia) (17-18), quindi la vittoria sulle bestie (19, 11-21) e sul dragone, con cui s’inaugura il regno millenario di Cristo (20, 1-10), ed infine la vittoria definitiva sul male (20, 11-25), che si conclude con la visione della Gerusalemme celeste (21, 1; 22, 5) (v.).

Apocatastasi: Termine avente il significato di restaurazione, di ristabilimento. Indica il concetto del ritorno di tutte le creature a Dio, ovvero la reintegrazione nella divinità di ogni cosa creata. Come eresia scaturisce da Origene (v.), uno dei fondatori della teologia cristiana, noto soprattutto per il suo tentativo di armonizzare il pensiero cristiano con quello filosofico greco. Egli infatti non accettò il concetto di A. come restaurazione universale, sostenuto da San Pietro (Atti 3, 21), ma come conciliazione finale di tutti gli esseri intelligenti con Dio, compresi Satana e gli angeli ribelli. Secondo Origene, "Se la fine sarà un ritorno al principio ed il compimento delle cose, riportate alle origini ristabilirà la creatura razionale in quella condizione in cui si trova quando non brama il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male, in modo che soltanto Dio unico buono, sia per lei tutto; ed ancora, in modo tale che Egli non sia tutto soltanto in alcuni pochi od in molti, ma lo sia in tutti: E quando infine non vi sia più la morte, né il dardo della morte, quando il male sia completamente abolito, allora Dio veramente sarà Tutto in tutti" (De principiis, III, 6, 1, 3).

Apocrifi: Dal greco apocaucoz (nascosto, segreto, criptico), definisce gli scritti giudaici e cristiani che si presentano quali libri biblici e che, secondo criteri differenti, Ebrei e Cristiani escludono dal Canone (v.). Nel cristianesimo con il termine A. sono indicati libri che, occultandosi sotto il nome di profeti, patriarchi od apostoli, pretendevano di essere equiparati a quei libri della Bibbia cui la Chiesa riconosce carattere d'ispirazione divina. I libri A. risalgono ad un periodo compreso tra il II secolo a.C. ed il IV-VI secolo d.C. San Girolamo (Prologus galeatus) definisce A. anche un gruppo di libri controversi (antilegomena) oggi riconosciuti autentici e detti deuterocanonici, I protestanti usano la parola A. proprio per indicare i deuterocanonici, mentre definiscono pseudepigrafo gli A. dei cattolici. Gli A. dell'Antico Testamento sono pervenuti tutti in lingua greca, anche se taluni furono scritti in ebraico od in aramaico. Sono tutti ispirati al desiderio di far risaltare le glorie del popolo eletto, alleviando il dolore per la sorte presente con le speranze per il futuro. Generalmente si distinguono tre diverse categorie di A.: storici (Libro dei Giubilei, II di Esdra, III dei Maccabei, Vita di Adamo ed Eva, Ascensione di Isaia, Paralipomeni di Geremia, Preghiera di Aseneth, Testamento di Giobbe e Testamento di Salomone); morali o didattici (Testamento dei XII Patriarchi, Salmo idiografico di Davide, Salmi di Salomone, Preghiera di Manasse, IV dei Maccabei); profetici od Apocalissi. Nel Nuovo Testamento gli A. sono tutti di origine cristiana, ed hanno tutti l'intento di completare le scarse notizie sulla vita di Gesù e degli apostoli tramandata dagli scritti canonici. Secondo il loro contenuto sono suddivisi come gli scritti canonici, ovvero: Vangeli (vangelo degli Ebrei, degli Egiziani, degli Ebioniti, dei XII Apostoli, protovangelo di Giacomo, vangelo arabo dell'infanzia del Salvatore, storia di Giuseppe il falegname, vangelo di Nicodemo con gli atti di Pilato, transito di Maria, vangelo di Pietro, ed altri vangeli ancora praticamente intestati ad ogni apostolo); Atti (atti di Pietro, predicazione di Pietro, atti di Paolo, di Giovanni, di Andrea, di Tommaso, di Filippo, di Matteo e di Barnaba); Lettere (di Gesù e di Abgar re di Edessa, degli Apostoli, di Paolo ai Laodiceni, agli Alessandrini, ai Corinti III, di Paolo a Seneca e di Seneca a Paolo); Apocalissi. Lo studio degli A. illumina su taluni aspetti della pietà cristiana primitiva, e rivela l'influenza liturgica che essi ebbero talvolta sulla Chiesa: dal protovangelo di Giacomo è nata la festa della Presentazione di Maria al Tempio (21 novembre), come dal IV libro di Esdra deriva l'invocazione per i defunti Requiem aeternam. Anche nell'arte gli A. ebbero grande influenza. Solo alla loro luce appaiono comprensibili talune figurazioni ed opere letterarie. La Divina Commedia riecheggia spesso racconti degli A., ed ancor più essi ispirano opere quali la Leggenda aurea di Jacopo da Varagine.

Apollinarismo:  Denominazione di un'eresia sorta nel IV secolo, dal nome del suo fondatore, Apollinare di Laodicea (310-390). Questi, nel tentativo di sostenere le due diverse nature di Gesù Cristo contro le affermazioni dell'Arianesimo (v.), prese posizione a favore del Verbo incarnato in sembianze umane, anima sensibile (psiché) ma non intellettuale (nous). L'eresia fu condannata in diversi Concili, tra i quali quello di Alessandria (3789, Antiochia (379) e Costantinipoli (381).

Apologisti:  Scrittori italiani del II secolo, detti anche Apologeti, che difesero il Cristianesimo e, in particolare, i Cristiani perseguitati, rivolgendo suppliche e preghiere ad Imperatori e magistrati. Tra questi vanno menzionati i greci Aristide, San Giustino, Atenegora, Graziano e Teofilo di Antiochia, nonché i latini Tertulliano, Minucio Felice, Cipriano e Lattanzio.

Apostasia: Dal greco apostasia, defezione, definisce uno dei principali delitti ecclesiastici, commesso da colui che, essendo stato battezzato, ripudi totalmente la fede cristiana. La sanzione ecclesiastica per l’A. è la scomunica e la privazione di ogni officio, o dignità dell’apostata. L’A. fu anche considerata un delitto dal punto di vista dell’ordinamento giuridico civile. L’imperatore Costanzo, nel 357 d.C., ordinò la confisca dei beni a danno dei cristiani che avessero abbandonato il giudaismo. Durante il Medioevo si giunse a comminare la pena di morte agli apostati. Dopo il XII secolo si distinse chiaramente il delitto ecclesiastico di eresia (v.) da quello di A., pur prevedendo per i due delitti sanzioni analoghe. Con il decorso del tempo gli effetti nell’ambito civile del delitto ecclesiastico andarono scomparendo, salvo limitatissimi casi. L’attuale Concordato fra la Chiesa e lo Stato italiano impedirebbe tuttora che un sacerdote apostata fosse incaricato di un servizio per conto dello Stato che lo mettesse a contatto con il pubblico, per es. nell’insegnamento. Il termine indica anche, nel diritto greco antico, un’azione privata che il padrone poteva esercitare contro lo schiavo affrancato (liberto), il quale fosse vento meno ai suoi doveri nei suoi confronti. Qualora l’ex padrone provasse in giudizio il suo assunto, il liberto veniva nuovamente ridotto in schiavitù. In caso contrario veniva assolto, e non era più possibile intentargli una seconda volta un processo per A. Tali processi erano molto comuni nell’antica Grecia. Nella religione, l’A. è l’abbandono della vita religiosa da parte di un professo vincolato da voti perpetui, il quale incorre nella scomunica latae sententiae, riservata al superiore religioso od all’ordinario del luogo. È anche l’abbandono dell’abito ecclesiastico da parte di un chierico insignito degli ordini maggiori (almeno suddiaconato), il quale persista in tale atteggiamento dopo l’ammonizione. Il colpevole è punito con la deposizione.

Apostoli: Termine con cui vengono indicati i dodici collaboratori scelti da Gesù fra i suoi discepoli. Nei sinottici (v.) il nome dodici o apostoli è usato indifferentemente. "Ecco i nomi dei dodici A.: primo, Simone, chiamato Pietro, ed Andrea, suo fratello, Giacomo di Zebebeo e Giovanni suo fratello, Filippo e Bartolomeo, Tommaso e Matteo il pubblicano, Giacomo di Alfeo e Taddeo, Simone il Cananeo e Giuda l’Iscariota, che poi lo tradì" (Matteo 10, 2-4). Il numero dodici ha un evidente valore escatologico, secondo la parola stessa di Gesù: "Quando il figlio dell’Uomo si assiderà sul trono della sua gloria, sederete anche voi su dodici troni, per giudicare le dodici tribù d’Israele" (Matteo 19, 28). Anche Giovanni, nella sua visione profetica, vede le mura della nuova Gerusalemme che "hanno dodici basamenti, e su di essi sono i dodici nomi dei dodici A. dell’Agnello" (Apocalisse 21, 14). L’importanza attribuita dagli A. a questo numero risulta dalla preoccupazione degli undici rimasti, dopo il tradimento e le morte di Giuda, di eleggere un altro discepolo al suo posto: "Gettate le sorti … e la sorte cadde su Mattia, che fu aggregato agli undici A." (Atti degli A. 1, 26). Alla luce della critica moderna, non vi sono argomenti per affermare o negare che Gesù abbia usato la parola A.; essa invece fu particolarmente diffusa da s. Paolo che dice di sé: "ultimo di tutti, come un aborto … sono l’infimo fra gli A., neanche degno di venire chiamato A., perché ho perseguitato la Chiesa di Dio" (I Corinzi 15, 8-9). A lui invece la Chiesa ha attribuito il titolo di A. delle genti. Il compito affidato da Gesù agli A. era universale e perpetuo: "andando annunciate che il Regno dei cieli è vicino" (Matteo 10, 7): essi, dopo l’Ascensione di cristo, provvedevano al governo dei fedeli, con prescrizioni non solo nel campo dottrinale, ma anche il quello disciplinare (Atti degli A. 15). Da Gerusalemme gli A. controllarono il diffondersi della buona novella fra i pagani: talvolta agirono direttamente, con interventi personali (Pietro e Giovanni), oppure per mezzo di discepoli forniti di incarichi specifici. Così, nella nascente struttura gerarchica della Chiesa, essi assunsero quella mansione direttiva poi trasmessa ai loro successori, i vescovi. Nella storia del cristianesimo la parola A. verrà spesso usata in senso equivalente a missionario; ma si tratta di un ampliamento improprio nel significato iniziale dell’espressione evangelica.

Apostolici:  Nome con il quale si autodefiniscono alcune sette di eretici, sorte nel Medioevo a partire dal XII secolo, che aspiravano a ripristinare la purezza di dottrina e di vita della Chiesa dell'epoca apostolica. Predicavano tutte la disobbedienza al pontefice, la possibilità della predicazione ambulante da parte dei laici, l'imminenza del castigo celeste provocato dal decadimento dei costumi ecclesiastici, la stretta osservanza dei precetti evangelici e la povertà assoluta. In Italia ne fu portavoce Gherardo Segarelli, arso vivo nel 1300. Il movimento fu continuato da fra Dolcino della diocesi di Novara, figlio naturale di un sacerdote, fino al 1307, insieme alla sua compagna Margherita. In quell'anno la congregazione apostatica degli A. venne distrutta a mano armata, e fra Dolcino condannato al rogo.

Apotattici:  Nome di derivazione greca, avente il significato di «mi astengo, rinuncio». Designa una setta eretica sorta agli albori del Cristianesimo, i cui seguaci sostenevano che Gesù avesse imposto a tutti gli uomini la rinuncia ai propri beni come condizione indispensabile per la salvezza dell'anima. Erano profondamente ascetici, ed avversavano il matrimonio, sostenendo che chi si ripromette di perpetrare la specie umana commette peccato.

Apotropaico: Termine derivato dal greco apotropaios, che allontana. È un aggettivo riferito ad oggetti, atti, iscrizioni o formule verbali che, per la loro particolare carica magica, sono ritenuti atti ad allontanare od a distruggere gli influssi malefici provenienti da persone, da cose, da animali o da avvenimenti particolari.

-Apprendista: Nella Loggia rappresenta il primo Grado della gerarchia massonica. Nel Tempio ogni A. prende posto lungo la Colonna "J", posta a settentrione, e si trova sotto la guida, la tutela e la vigilanza del Secondo Sorvegliante della Loggia. Suoi strumenti di lavoro sono il Maglietto (v.) e lo Scalpello (v.), indispensabili per squadrare la pietra grezza, compito fondamentale dell'A. espresso simbolicamente. In Loggia l'A. deve osservare il silenzio più assoluto, e non ha alcun diritto alla parola. Il rituale dell'A. evidenzia le generalità del Grado: un A. ha massonicamente tre anni; e come parola di passo ha Tubalcain (obbedienze nordiche). Richiesto della parola sacra deve rispondere: "non so né leggere né scrivere, so solo compitare: ditemi la prima lettera ed io vi darò la seconda". Ciò perché non è ancora in grado di comprendere il senso dei simboli ed il significato dei riti a cui partecipa. Durante i Lavori indossa il grembiule bianco ricevuto al termine della cerimonia di iniziazione, che porta con la bavetta rialzata, e calza sempre guanti bianchi. La batteria del Grado consiste in tre colpi battuti con le mani ritmicamente. Il grado di A. è il primo dei tre gradi simbolici, detti anche azzurri, il colore della volta del cielo sotto il quale opera. Il suo rituale risale all'inizio del XVIII secolo, allorché venne redatto dalla Gran Loggia di Londra. Molteplici, fondamentali ed importantissimi sono i Doveri che riguardano l'A.: suo primo dovere è di meditare sugli insegnamenti elargiti dal rituale, onde conformarvi la sua condotta. Si tratta di un dovere essenziale, che racchiude praticamente tutti gli altri; prima di ricevere la Luce, l'A. si impegna all'assoluto rispetto degli obblighi che lo riguardano nella sua condizione di Iniziato, ovvero: Tacere di fronte ai profani, cercare la Verità, volere la Giustizia, amare i Fratelli e sottomettersi alla Legge; non parlare per meglio ascoltare è un'eccellente disciplina intellettuale per imparare a riflettere. Infatti le idee maturano attraverso la meditazione, che non è altro che una conversazione con sé stessi; le opinioni ragionate risultano da dibattiti intimi che avvengono nel segreto del pensiero; è importante ricordare sempre che il Saggio parla poco e pensa molto; deve mostrarsi riservato, e gli è negato il proselitismo poiché non è ancora in grado di esercitare questa importante ma estremamente delicata operazione, garanzia di sopravvivenza dell'Istituzione muratoria; non esiste peggiore errore della verità mal compresa; parlare col rischio d'essere frainteso è al contempo pericoloso e nocivo; tentare di stupire attraverso l'esposizione di idee troppo avanzate è essenzialmente antimassonico; è disumano intimidire o coercizzare gli spiriti timorosi; l'intelletto necessita di adeguata preparazione per ricevere la Luce: una luce improvvisa abbaglia od acceca, ma non illumina. Allorché la benda simbolica è caduta dagli occhi, ogni A. può constatare come l'offuscamento produca una sensazione molto prossima al dolore; occorre prestare attenzione a non contrariare alcuna convinzione sincera, indipendentemente dal tema e da chi la manifesta; occorre ascoltare tutti con benevolenza estrema, senza palesare la propria opinione sull'argomento trattato; imparare infine a mai giudicare se non intendiamo rischiare d'essere a nostra volta giudicati: comunque mai giudicare a partito preso, perché solo così si può sperare di diventare pensatori liberi ed indipendenti. È compito del Secondo Sorvegliante della Loggia seguire da vicino il processo d'apprendimento dell'A., se necessario provvedendo ad istruirlo direttamente. Di norma, a distanza di circa un anno dalla sua Iniziazione (v.), l'A. presenta un Tavola (v.) su un argomento di sua scelta o prescelto dalla sua guida e Tutore (il Secondo Sorvegliante), in cui esporrà sinteticamente impressioni, idee e pensieri, preferibilmente riassuntivi di quanto appreso e compreso nel corso del periodo trascorso nell'Istituzione Muratoria. In particolare sarebbe opportuna l'esposizione degli eventuali cambiamenti caratteriali e di pensiero verificatisi nella propria natura od identità, di cui l'A. è consapevole della correlazione con una nuova visione della vita, essendo questi esclusiva conseguenza delle conoscenze massoniche acquisite. Allorché l'A. viene considerato dalla Loggia maturo, e meritevole di ricevere il cosiddetto aumento di salario, sarà ricompensato attraverso il passaggio al Grado di Compagno d'Arte (v.), ovvero passerà simbolicamente dalla Perpendicolare alla Livella.

Aquila: Genere di uccelli rapaci falconiformi della famiglia Accipitridi e sottofamiglia Accipitrini. Ne esistono varie specie, tra cui l’A. reale (emisfero settentrionale), la rapace (Africa ed Asia), l’imperiale (accidentale), l’anatraia (specie migratoria) e l’audace (Australia). La sua apertura alare raggiunge i 2,5 m., e vive nelle regioni montane, di norma in aree protette essendo in pericolo d’estinzione. Y (Simbologia) Presso i Romani l’A. era simbolo di Giove, e fu da Caio Mario in poi usta come insegna delle legioni, e dal I secolo a.C. divenne unico contrassegno militare. Nel corso dell’intero Medioevo, da Carlo Magno in poi fu simbolo degli imperatori, come anche di fedeltà all’impero: fu infatti adottata dai Ghibellini. Nel XIII secolo nell’araldica cominciò ad apparire l’A. bicipite, che su due colli uscenti da un solo corpo ha due teste, che guardano una il fianco destro e l’altra quello sinistro. Una testa guarda il passato, l’altra l’avvenire, fondendo così i due aspetti in quello dell’eternità. Era l’insegna delle case imperiali d’Austria, e dallo zar Pietro I (1721) in poi anche di quelle di Russia. Napoleone Bonaparte sostituì il simbolo del Gallo con quello dell’A., adottato quale simbolo della Francia. Y (Massoneria) Il simbolo dell’A. compare negli Alti Gradi massonici a partire dal XXX grado del Rito Scozzese Antico e Accettato (v.), nonché dell’Antico e Primitivo Rito di Memphis e Misraim (v.), quello di Cavaliere Kadosh. Uno dei quattro appartamenti del Tempio del XXX grado denominato Sala del Consiglio, è parato in rosso, ed al suo Oriente è sistemato il trono sormontato dall’A. bicipite, sulla cui testa vi è una corona; ha le ali aperte ed un pugnale tra gli artigli, sul petto ha un Triangolo (v.) equilatero, al cui centro è impresso in ebraico il termine Adonai (v. Javhé o Yahweh). Nel XXXI grado, di Grande Ispettore Inquisitore Commendatore, il gioiello del grado è rappresentato da un’A. bicipite. Nel XXXII, di Sublime Principe del Real Segreto, l’A. bicipite figura in uno dei cinque stendardi che ornano il Tempio del grado: essa stringe una spada con la zampa destra ed un cuore insanguinato con la sinistra. Infine nel XXXIII grado, di Sovrano Grande Ispettore Generale, troviamo l’A. bicipite cinta una corona su cui vi è un Triangolo con al centro lo Jod ebraico; la corona simboleggia il potere effettivo quale emanazione dello Jod, simbolo del Potere Spirituale. Nel linguaggio ermetico l’A. indica il Mercurio (v.) dopo la fase di sublimazione; tale accostamento nasce dalla constatazione che esso è molto volatile, ma anche dalla considerazione che, come l’A. divora ogni altro uccello, così il Mercurio dei Saggi divora e distrugge tutto, riportando la materia allo stadio primitivo.

Ara Pacis: Detta "Augustae", è un altare dedicato alla Pace, su modello delle are celebrative ellenistiche. L’edificazione dell’A.P. fu decisa con decreto del Senato di Roma nell’anno 13 a.C., al ritorno di Cesare Ottaviano Augusto dalle campagne militari in Spagna ed in Gallia. Fu ufficialmente inaugurata il 9 a.C. In origine venne collocata all’aria aperta, dietro la via Flaminia, con l’ingresso sulla sua facciata occidentale. Nel 1930 fu spostata dalla sua posizione originale, ov’era stato eretto un palazzo rinascimentale, e collocata nei pressi del Tevere. È stata allora rinchiusa in una moderna struttura coperta con l’attuale orientamento, con l’accesso meridionale. L’altare è circondato da pannelli in marmo, sui cui lati lunghi sono scolpite figure in rilievo probabilmente raffiguranti la processione in occasione del sacrificio inaugurale del 13 a.C. Sui lati corti vi sono quattro pannelli allegorici. La zona più bassa dell’esterno del pannello contiene rilievi della voluta a scollo, tra cui sono presenti uccelli, piccoli animali ed insetti. All’interno del pannello vi erano sculture di ghirlande e di Bucrania, crani di bue stilizzati, ed arredi sacrificali. La superficie dell’altare, raggiungibile per mezzo di una scala interna, era fiancheggiata da pannelli in rilievo od ali, sulla cui parte esterna erano riportate figure in rilievo di una processione sacrificale, forse quella dell’inaugurazione del 9 a.C. Sulla facciata meridionale (prima occidentale) un pannello raffigura Enea nell’atto si sacrificare una scrofa ai Penati. Su quella orientale (prima meridionale) vi è una processione raffigurante Augusto (la quarta figura frammentaria da sinistra), con i suoi littori e le autorità religiose (notare l’alloro dei flamini), seguito dalla famiglia imperiale. In questa parte della processione della famiglia imperiale l’alta figura velata a sinistra è Agrippa, dietro il quale vi è il giocane Caio (il futuro imperatore Caligola), che ha accanto Giulia, la figlia di Augusto. Sulla facciata occidentale (prima a settentrione) è raffigurata una processione di senatori e dignitari dello stato con le loro famiglie. Sul lato settentrionale (in origine orientale, quindi rivolto verso la via Flaminia) è raffigurata la Terra (Terra Mater) o la Pace, con due bimbi. Una figura a sinistra cavalca un cigno e simboleggia l’aria, mentre a destra, a cavallo di un mostro marino, una figura simboleggia le brezze marine. Al di sotto, al centro vi sono una pecora ed una mucca, sulla sinistra un fiume (simboleggiato da un’urna ed un canneto), mentre a destra si vedono le onde del mare. Nel suo insieme l’allegoria rappresenta la fertilità dell’Italia, rinnovata dalla Pax Augusta. La parte interna è ornata con festoni di fiori e frutti sospesi a bucrani.

-Ara: sinonimo latino di altare. Fin dai tempi più antichi rappresenta l'elemento centrale dei luoghi di culto. È costruita in varie dimensioni, forme e con diversi materiali, sempre riconducibili alla funzione svolta presso tutte le religioni, quella di mensa divina. Le forme più antiche di A. rinvenute sono rappresentate da tavole di pietra quadrate o rettangolari, sulle quali sono talvolta scolpite od incise le vivande offerte agli dei, od ancora più semplicemente si tratta di piani tagliati nella roccia, talvolta provvisti di gradini d'accesso. È la tipologia classica delle A. primitive, mentre presso gli Egiziani è più frequente la tavola scolpita. La tavola era a sua volta sorretta da un unico supporto centrale o da quattro gambe poste agli angoli, ma il basamento più frequente era il parallelepipedo, anch'esso di pietra e spesso finemente lavorato e decorato. Presso gli Ebrei all'A. classica, detta mizbeah (ciò su cui si immola), vennero aggiunti nuovi elementi: dapprima quattro robusti rami fissati agli angoli, impiegati per trattenere le vittime animali sacrificali, in seguito sostituiti da quattro corna, usate per lo stesso scopo e per facilitarne il trasporto. In seguito tali corna venivano ritualmente unte con il sangue delle vittime, ed il loro contatto conferiva l'immunità di asilo ai rei (Levitico 4, 25-34). Anticamente l'A. veniva eretta su alture, ed era anche impiegata per offrire roghi di sacrificio o fumate propiziatorie (di norma d'incenso) alle divinità. Talvolta veniva usata per stipulare patti solenni con Dio, come quella costruita da Noè sull'Ararat (Genesi 8, 20), da Abramo a Sichem, Bethel, Mambre e sul Moria (Genesi 12, 7-8; 13, 18; 22, 9); da Isacco a Bersabea (Genesi 26, 25). Quando Mosè stipulò il patto d'alleanza con Jahveh, ai piedi del Sinai costruì un'A. con 12 stele (masseboth) per le 12 tribù di Israele (Esodo 24, 4). In seguito ne vennero aumentate le dimensioni, fino ad assumere proporzioni monumentali, come l'A. di Zeus ed Atena a Pergamo, ed ancor più l'A. Pacis Augustae a Roma. Y (Massoneria) L'Ara massonica viene impiegata per formalizzare solennemente il patto di associazione tra l'adepto e l'Istituzione. Questa serve sempre da supporto alle tre Luci Maggiori della Loggia (Libro sacro o della Legge, Squadra e Compasso) e, talvolta, alla Menorah. Qualche studioso ne ha definito la forma strutturale a capitello corinzio, il più elaborato ed appariscente tra gli stili architettonici, complemento della colonnina mozza posta sul tronetto del Maestro Venerabile, mentre quelle dorica e ionica ornano le postazioni dei due Sorveglianti della Loggia.