Amor Sacro ed Amor Profano: Famoso quadro del Tiziano (Vecellio) custodito presso la Galleria Borghese di Roma. È un olio su tela di 118 x 279 cm., dipinto nel 1515-16 per il gran cancelliere di Venezia Niccolò Aurelio. Ai lati di un antico sarcofago ornato di sculture (adibito a fontana), verso il quale si china un amorino, stanno le due figure femminili che forniscono il titolo al dipinto: una è sontuosamente abbigliata, e l’altra nuda, e di classica e rigogliosa bellezza. Sullo sfondo un vasto paesaggio al tramonto. A sinistra si vedono i tetti di un villaggio, raccolto attorno ad un torrione, a destra cacciatori e cani, pastori e greggi, ed un lontano villaggio sulle rive di un lago. Un campanile aguzzo si staglia contro il cielo solcato da nubi, illuminate dai riflessi del sole morente. Il motivo è giorgionesco, ma le figure hanno una loro vita autonoma, mentre il paese svolge un armonioso contrappunto alla scena del primo piano. La sontuosità cromatica del dipinto è ottenuta con il sapiente accostamento e la contrapposizione di pochi colori fondamentali, nella ricchissima gamma dei loro valori tonali. Y (Simbologia) Conoscendo il titolo del quadro, verrebbe subito da pensare che la figura vestita a sinistra rappresenti l’Amore Sacro, per la sua aria mite e composta, vestita di tutto punto, mentre l’altra figura nuda a destra dovrebbe rappresentare l’Amore Profano. Un giudizio logico e naturale in base alla morale cristiana. Ma non era affatto a tale morale che Tiziano si ispirava ed intendeva illustrare. Una interpretazione corretta può sgorgare solo dall’attento esame delle differenze fra le due figure femminili: nell’abbigliamento, nei colori, nello sfondo, nella posizione, nel gesto ed nel contrasto tra scrigno e bacile. Occorre innanzitutto tenere presente che nell’antichità la nudità era considerata simbolo di purezza, di genuinità, di virtù, di candore, e soprattutto di assenza di finzioni (pura verità e nuda verità sono tuttora sinonimi). Quindi l’Amor sacro è raffigurato nudo, mentre l’altro, quello profano, e vestito sontuosamente in quanto sono appunto gli abiti e l’acconciatura i più importanti artifici a cui ricorre l’Amor profano , meno bello del sacro, per aumentare artificiosamente l’attrazione tra i due sessi. Tra l’altro non è vero l’Amore sacro sia nudo, poiché è abbigliato con un mantello rosso che peraltro copre appena il braccio sinistro, a significare che la sua presenza non intende menomare la bellezza del nudo integrale, ma che è solo simbolo : infatti con il suo fluttuare liberamente al vento indica la spiritualità della figura che adorna, e con il suo color rosso evidebzia la natura ardente e superiore della figura stessa. Inoltre un velo copre il pube della figura nuda, ma essendo leggerissimo, quasi inconsistente, anche la sua presenza (come quella del mantello) non contamina l’integrità del nudo, servendo solo ad evidenziare che il sesso è estraneo alla scena, quindi è velato. L’Amore Sacro sfoggia soltanto un mantello rosso, classico segno dell’amore profano; ma non bisogna dimenticare che i neoplatonici (Marsilio Ficino e Pico della Mirandola in testa) ritenevano l’estasi sacra pari alla voluttà più intensa, ossia la paragonavano all’esasperata voluttà terrestre, e che ermeticamente il rosso è l’ultimo ed il più perfetto dei tre colori ermetici (gli altri due sono il nero ed il bianco), e che esso simboleggia il compimento della Grande Opera alchemica. Essendo il rosso, colore puro come il giallo ed il blu) il solo colore prossimo all’Amore Sacro, esso indica semplicità e purezza, doti evidenziate già dalla nudità. Infine il rosso è anche simbolo di superiorità e di regalità, nonché dell’Arte reale. Perciò il color rosso indica il più elevato grado ermetico, la purezza, la regalità ed anche l’amore ardente di natura superiore, spirituale, la pura e divina voluttà dell’estasi che spazia verso l’alto, nel puro cielo dipinto anch’esso del puro color blu. In contrasto con l’unicità cromatica dell’Amor sacro, spicca la molteplicità dei colori di quello profano, tutti attenuati e mancanti comunque del rosso: un pallido rosa fa capolino tra le maniche del vestito. I colori sono tanti perché pure tanti sono gli amori profani: carnale, materno, fraterno di patria, ecc., e sono attenuati perché nessuno di essi è puro. Ad accentuare ancor più la differenza tra le figure femminili, l’autore ha posto loro sfondi differenti. L’Amor profano ha sfondo oscuro, con una collinetta ed un castello, simboleggianti la non elevatezza e la precarietà (castello) proprie della mondanità. Invece l’Amore Sacro si staglia su un ampio e luminoso orizzonte, ove il cielo predomina (bellezza celestiale), ed una chiesa con campanile svettante verso l’alto, ad indicare che si tratta di nudità Sacra. La posizione delle due donne: quella nuda è alta, slanciata, ed occupa una posizione più eminente, che evidenzia come sia lei il primo piano dell’opera. Inoltre è seduta sull’orlo del sarcofago, ma vi si appoggia lievemente, come se dovesse presto alzarsi, mentre l’altra appare stabilmente seduta, più in basso e più formosa, pesante, evidenziando la sua stabile materialità nei confronti dell’aerea spiritualità della sua compagna nuda. Nella gestualità poi, mentre l’Amore Sacro ha un braccio alzato verso il cielo, l’altro indicante la terra in basso, formando un gesto ieratico richiamante l’Aleph ebraico, e ricordando il detto della Tavola di smeraldo (v.): "ciò che è in basso è simile a ciò che è in alto". Una mano contiene un vaso di fuoco ed un’altra indica una rosa: la prima simboleggia gestualmente l’Amore elevato, celeste, spirituale, inestinguibile Amore divino, mentre la seconda ricorda invece l’effimero (la rosa dura un solo giorno)ed è piena di spine. Le mani del profano sono l’una in grembo e l’altra appoggiata su uno scrigno; la mano destra si trova nella stessa posizione del velo dell’altra figura, indicando ciò che il velo adombra, ovvero il sesso. Visto che l’altra mano dell’Amore profano è posata su uno scrigno, il confronto va fatto con il bacile prossimo alla mano di quello sacro. Lo scrigno è chiuso, il bacile è sprovvisto di coperchio, aperto a tutti. La prima scena (profano) simboleggia l’egoismo, la mano posata sullo scrigno è atto di possesso e di impedimento ad altri di aprirlo per vederne il contenuto, mentre il bacile indica l’altruismo infinito, aperto ed illimitato, come la trascendenza dell’Amore Sacro. Lo scrigno chiuso è simbolo di strettezza, di limitazione, il bacile aperto di immensità. Infine si può osservare il mirto che corona l’Amor profano, che indossa una cintura. Nessun confronto è possibile con la figura nuda dell’Amore Sacro, ma i due ornamenti citati contengono significanze antitetiche tra loro: la cintura è chiusa, a simbolo dell’attaccamento e della fedeltà, fissando le vesti aderenti al corpo; essendo possibile scioglierla, indica la possibilità che la profanità possa subire un cambiamento, una trasformazione, e diventare sacra. Il mirto, nobile arbusto dedicato a Venere ed a Cupido, simboleggia l’Amore lecito ed onesto, ma sempre profano: il suo stesso nome officiale è Myrtus coniugalis. Però con il mirto, come con l’alloro, era usato per commemorare un sacrificio, una vittoria, il trionfo delle legioni romane, ed a coronare poeti ed eroi. Quindi il mirto è simbolo dell’Amore profano, ma anche di riconosciuta elevazione spirituale, simboleggiando la possibile sublimazione dell’Amore profano fino al punto da diventare sacro. La terza figura è un amorino che gioca scherzosamente con l’acqua della fontana. Esso porta a tre i simboli dell’Amore; la cosa non deve stupire, se si considerano le correnti neoplatoniche (v.) dell’epoca (inizio del XVI secolo), e l’insieme del trio di figure e la loro collocazione, porta alla considerazione delle tre Grazie (le ancelle di Venere), nella loro simbolica progressione amorosa, per cui dalla Bellezza (Pulchritudo), per intercessione dell’Amore (Amor), si arriva alla Voluttà (Voluptas), che rappresenta "il fine al quale Amor aspira", ovvero si perviene all’Estasi Sacra.

Amore: Nella filosofia indiana ed in quella greca presocratica (Esiodo, Empedocle), fu un principio cosmico, la forza che armonizza tutte le cose. Per Platone l’A. (eroz) è desiderio della tensione ideale, fra mondo reale e mondo delle idee. Aristotele scorge in esso il principio in base al quale il primo motore, come oggetto di desiderio, muove le altre cose attraendole a sé. Nel neoplatonismo l’A. è la via preparatoria di accesso all’assoluto. Il cristianesimo insegna l’A. di Dio per l’uomo (grazia) e l’A. degli uomini tra loro (comandamento dell’A. per il prossimo): questo A. è agape (caritas), ovvero è disinteressato, volto al bene dell’altro, ed è contrapposto all’eros, che è desiderio interessato. Nel Seicento e nel Settecento l’A. torna ad essere interpretato come passione, il cui fondamento è di natura sensibile. Il Romanticismo rivendica la portata metafisica dell’A. Esso rompe l’individualità egoistica, ed è manifestazione dell’assoluto, che chiama a sé tutte le opposizioni ed ogni molteplicità. L’A. è simbolo dell’unione od identità di finito ed infinito, ed insieme vivente presenza dell’infinito nel finito. Nel Novecento l’A. è stato analizzato da Freud come sublimazione della libido.

Amuleto: Termine derivato dall’arabo himalah, pendaglio. Oggetto di varia materia (animale, vegetale, minerale) che avrebbe il potere di stornare mali e pericoli da una persona, se questa lo reca addosso, o da una famiglia se appeso in qualche punto significativo dell’abitazione. L’A. non va confuso con il talismano (v.), poiché a quest’ultimo spetterebbe invece il compito di incentivare le fortune e la crescita dei beni. Il valore dell’A. è dato dalla natura della materia di cui è composto (oro: incorruttibilità, corallo: impedimento al malo influsso, ambra: potere di magnetizzazione, erba ruta: contro l’invidia, ciclamino: aiuto alle partorienti, ecc.) oppure dalla forma naturale od artificiale (oggetti puntuti che infilzano il male, organi genitali che garantiscono la fertilità, fasi lunari per diverse necessità). È presumibile che il primo impiego di questo strumento magico debba farsi risalire alla più lontana preistoria, come lascerebbero indurre numerosi reperti archeologici. Tuttavia l’A. non può essere considerato un tipico prodotto di culture primitive. Accertamenti condotti presso le comunità arcaiche viventi (Pigmei, Fuegini) hanno infatti permesso di appurare che non vi è fra i loro membri una particolare fioritura di pratiche scongiuratorie con oggetti del genere. Si può anzi affermare che l’ideazione e la fabbricazione di A. sia sempre stato un fenomeno ricorrente, connesso con lo sviluppo delle civiltà agricole, ma che non ha conosciuto barriere fra campagna e città, o fra epoche storiche. Limitandoci ad accennare a qualche dato storico solo occidentale, possiamo rammentare che larghissima fu la diffusione di A. nelle aree greca e romana, dove speso assunsero carattere priapico. La chiesa cristiana condannò tali usanze, e con il Concilio di Costantinopoli (692) inflisse sei anni di scomunica ai venditori di A. Ma gli A., in particolare oggetti di ferro, come le scritte e le figure su pergamena, permasero inalterati nel favore popolare, e successivamente, con l’interpretazione dei famosi bestiari e lapidari, si trovarono rinnovati spunti ed ispirazioni, tanto che si giunse ad una stretta correlazione tra astrologia e tempi di creazione degli A. La credenza nei poteri dell’A. è tutt’altro che scomparsa nel mondo moderno, anche a prescindere dalle sacche di cultura ancora contadina.

Anabattisti: Movimento evangelico radicale della Riforma, nato a Zurigo nel XVI secolo, e diffusosi rapidamente in tutta l’Europa. Il nome deriva dalla pratica di conferire il battesimo solo agli adulti (vennero perciò detti anche Wiedertäufer, ribattezzatori). Quando sorse la prima comunità A. (1524), e dopo i primi battesimi di adulti (gennaio 1525), il Consiglio comunale di Zurigo (con Zwingli v.) li minacciò di esilio, ma gli A. ignorarono la minaccia. Espulsi dalla Svizzera, si diffusero nella Germania meridionale, in Austria, in Boemia ed in Moravia. Il primo gruppo, detto dei Fratelli svizzeri, ebbe contatti con Thomas Münzer, e la rivolta dei contadini; il loro capo Hubmaier morì sul rogo a Vienna (1528). Altri gruppi furono gli Hutteriti, da Jacob Hutter, che fu arso vivo ad Innsbruck (1536); i Münsteriti o Melchioriti, da Melchior Hofmann, i quali, dopo la sua incarcerazione, guidati da Jan Beukels (Giovanni di Leida) vollero insediare a Münster (donde il nome) la "Nuova Sion" (1535) ma, assediati dalle truppe del vescovo di Münster e del principe protestante d’Assia, furono sgominati ed in gran parte giustiziati. Gli A. più moderati si riunirono con l’ex sacerdote Menno Simons (donde il nome di Mennoniti). Alcuni si trasferirono nel Nord dell’Europa, altri in Transilvania ed in Ucraina (1870), donde passarono poi negli Stati Uniti (1874). Gli A. accettavano le dottrine trinitarie e cristologiche della Chiesa antica, e la giustificazione per fede. Interpretavano la Bibbia in senso letterale e legalista, affermando una rispondenza fra la parola esteriore delle sacre scritture e la luce interiore dello Spirito Santo. Rifiutavano il battesimo dei bambini, considerandolo un atto di rigenerazione semplicemente individuale, mentre il battesimo del credente adulto rappresentava una incorporazione nella comunità visibile. Il comandamento dell’amore e della non violenza li portava alla comunanza dei beni (che a Münster arrivò all’eccesso di un vero comunismo poligamico), al rifiuto dell’uso di qualsiasi arma e della partecipazione ai pubblici uffici. Pur riconoscendo lo Stato come istituzione necessaria per l’ordine esteriore della società, rifiutavano in forma radicale ogni accostamento fra comunità cristiana e comunità civile, contestando in modo assoluto l’ambiguità della tesi costantiniana della Chiesa e dello Stato.

Anacoreta: Termine derivato dal greco anacwrew, ritirarsi, che definisce l’uomo il quale, abbandonato il consorzio sociale, si ritira in luogo solitario per darsi alla vita ascetica. Nella storia del Monachesimo (v.), gli A. costituiscono uno stadio intermedio fra l’ascetismo individuale e la vita cenobitica o conventuale. Caratteristiche dell’anacoretismo sono l’isolamento assoluto o relativo, ove quest’ultimo si riferisce a vari A. riuniti in celle separate, la preghiera, il lavoro manuale necessario per il proprio sostentamento, la massima austerità, e l’assenza di una regola e di un superiore religioso. Gli A. si diffusero in Oriente nel corso del III e IV secolo, specialmente in Egitto, Siria, Palestina e Tebaide. Notissimi A. furono San Paolo di Tebe (234-347), Sant’Antonio eremita (251-356) e Macario il Grande (300-391), comuni tra loro nella longevità. Nel IV secolo l’Anacoretismo si diffuse anche in occidente: San Benedetto stesso iniziò la vita religiosa come A. Nell’XI secolo furono istituite varie congregazioni eremitiche con la regola benedettina, come a Fonteavellana, a Camaldoli ed in Vallombrosa. Nel 1256 Alessandro IV approvò l’ordine degli Eremitani di Sant’Agostino (v.).

Anacoretismo: Termine con cui viene definita la particolare tendenza all’abbandono del consorzio sociale, per ritirarsi in luogo solitario e darsi alla vita contemplativa od ascetica (v. Anacoreta e Monachesimo).

Anagni: Comune in provincia di Frosinone, ubicato a 424 m. su un’altura dominante il fiume Sacco. Tipico centro medievale, con un duomo romanico dell’XI secolo ed il palazzo reale. Fu residenza del papa Bonifacio VIII che, nel settembre 1303, poco prima di promulgare il decreto di scomunica contro il re di Francia Filippo IV il Bello che aveva ordinato la soppressione delle decime pagate alla Chiesa, vi fu catturato dagli emissari di quest’ultimo, Guglielmo di Nogaret e Sciarra Colonna. Tramandato dalla leggenda lo schiaffo che Sciarra avrebbe dato al papa, e da cui prese nome l’episodio, noto come lo schiaffo di A.

-Anahata: Nome del quarto Chakra, quello del Cuore, che è collocato sullo sterno, all’incirca all’altezza della linea mediana orizzontale dei seni. Questo centro energetico è associato al cuore, ai polmoni, al timo, agli arti superiori, alla circolazione ed al sistema linfatico; le patologia connesse al suo squilibrio sono asma, ipertenzione arteriosa, patologie cardiache, patologie polmonari, ecc. Nel caso di funzionamento disarmonico, sul piano fisico si potranno avere sintomi a livello del torace, quali senso di costrizione, dispnea, aritmie, tachicardia, palpitazioni, asma e via dicendo, senza peraltro avere riscontri oggettivi dalle indagini cliniche. Dal punto di vista psichico ed emozionale, si tende ad amare gli altri solo in funzione dei riconoscimenti e della gratitudine che questi possono dare in cambio. Qualora invece il Chakra fosse ipofunzionante, a livello fisico si evidenzierà un cattivo funzionamento del diaframma, con problemi respiratori e cardiaci, mentre dal punto di vista psichico ed emozionale si tenderà ad esprimere sentimenti d’odio e rancore, oppure di freddezza, indifferenza od insensibilità. L’A. è il centro dell’intero sistema energetico dei Chakra; infatti esso collega i tre centri inferiori, di natura fisica ed emotiva, legati alla terra, con i tre superiori più mentali e spirituali, legati al cielo. È per mezzo dell’attività armonica di questo Chakra che le persone sono in grado di entrare in empatia con tutto ciò che esiste, e di coglierne la bellezza e l’armonia. Infatti la funzione di questo centro energetico è quella della capacità di esprimere amore puro e incondizionato. L’A. è il centro che consente lo sviluppo e l’utilizzo della capacità di trasformazione e guarigione di sé e degli altri. Gli alimenti in relazione a questo CHAKRA sono i vegetali, poiché racchiudono in sé l’energia vitale della luce solare (cielo), e contemporaneamente l’energia vitale che proviene dalla terra. Le pietre collegate con l’A. sono: Quarzo Rosa, Kunzite, Rodocrosite, Rodonite, Tormalina Rosa, Tormalina Rosa/Verde, Tormalina Verde, Dioptasio o Pietra Delle Fate, ed Olivina o Peridoto o Crisolito (v. Chakra).

Analogia: Affinità, correlatività, metafora, nesso, parentela, somiglianza. Relazione di somiglianza tra cose distinte o diverse. Vi si ricorre specialmente per la spiegazione di cose o concetti ignoti o di ardua comprensione, sfruttando somiglianze comprensibili ed accettate. Il Cristo usava spesso questo espediente per illustrare concetti altrimenti incomprensibili per il popolo, per i profani. Tale metodo fa di norma parte del linguaggio essoterico. L'uso di analogie o metafore non è peraltro escluso per semplificare e rendere meglio accessibile lo stesso linguaggio esoterico.

Ancillare: Termine derivato dal latino ancilla, ovvero schiava, serva, domestica. Viene impiegato in filosofia per definire un rapporto di sudditanza, di subordinazione o di sottomissione di un’idea, di una teoria o di una dottrina rispetto ad un’altra predominante, che le è superiore in importanza od in consistenza.